Celebrato solennemente il 5 gennaio, vigilia dell’Epifania, nella cattedrale di Santa Maria Assunta in Terni il primo anniversario dell’ordinazione episcopale e dell’ingresso nella diocesi di Terni-Narni-Amelia di mons. Francesco Antonio Soddu.
Presenti alla liturgia, concelebrata dal vicario generale mons. Salvatore Ferdinandi e dal parroco emerito mons. Carlo Romani, i sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, rappresentanti delle associazioni e movimenti, il sindaco di Terni Leonardo Latini, il presidente della Provincia di Terni Laura Pernazza, l’assessore regionale Paola Agabiti e altre autorità civili e militari della città. La celebrazione è stata animata dai canti della corale diocesana diretta da don Sergio Rossini.
Una significativa occasione per manifestare coralmente la gratitudine al Signore per il dono che ha fatto alla Chiesa di mons. Francesco Antonio Soddu e per esprimere al vescovo la gioia di averlo come pastore, santificatore e maestro. «Oggi io nasco Vescovo di questa Chiesa, qui, in questa comunità ecclesiale, accoglietemi e sentitemi uno di voi, fratello, amico e, per grazia di Dio, anche padre» furono le parole di saluto del vescovo il giorno dell’ordinazione nel 2022. Un anno trascorso nella comunità in un cammino sinodale condiviso e allargato, nel quale mons. Soddu ha visitato diverse parrocchie della diocesi, incontrando famiglie, giovani, adulti e anziani, malati e carcerati, condividendo la gioia dell’incontro e portando la speranza in ogni ambito ecclesiale e sociale.
«Ringrazio il Signore – ha detto il vescovo Soddu nell’omelia – e con voi chiedo la grazia di essere sempre strumento della presenza viva di Gesù Buon Pastore, avendo sempre la capacità di fare ogni cosa con e nella carità».
Una riflessione quindi sulla festività dell’Epifania quale momento propizio per «farsi condurre alla scoperta, sempre nuova del senso profondo della nostra vita. Lo facciamo in compagnia dei Magi che tra l’immensità delle stelle viste, visibili e osservate, ne scoprirono una tutta speciale e intuirono immediatamente che una luce così speciale non poteva essere circoscritta, racchiusa entro un semplice fenomeno astrale, ma doveva contenere in sé già ciò che significava, ossia il Re, che è luce in sé stesso. Il Signore è nato, e oggi anche nel nostro tempo, non si trova –diremmo- in un’altra dimensione. Egli si è fatto uomo, è il Dio fatto uomo, e perciò intende dare all’umanità la luce divina di cui essa necessita, affinché possa vivere bene orientandosi in mezzo alle tante tenebre. Questa luce brilla comunque; cerchiamo perciò di scoprirla oppure di riscoprirla anche noi, mettendoci in viaggio, anzi in cammino, senza mai demordere dalla nostra ricerca, anche se impegnativa o faticosa. Egli dunque abita in noi; la sua luce dissipa le nostre tenebre, perché in Lui noi posiamo essere luce. Desidera oggi essere ospitato nella nostra persona e nella nostra vita. Non perché abbia necessità di un luogo in cui potersi impiantare, come se fosse una sorta di parassita, quanto piuttosto perché senza di Lui la vita delle persone, la nostra vita, non ha senso, oppure naviga a seconda delle mode, delle emozioni, delle contingenze, dei successi o degli insuccessi. La domanda dei Magi e la loro ricerca, possiamo dire, siano la domanda di ricerca di senso del mondo di oggi, della nostra società che, in maniera consapevole oppure indiretta, si rivolge a noi credenti, e ci chiede conto della luce di Cristo ricevuta nel Battesimo. Non capiti che costoro, ossia i magi di oggi, i ricercatori di Dio, non vedano più in noi o dalle nostre parti, riflessa la luce di Gesù che ci è stata comunicata nel sacramento della nostra rinascita! Scrutando nel buio e alzando il capo, lontano dagli inquinamenti luminosi generati dall’uomo possiamo vedere la sua stella. Chiediamo perciò al Signore che ci conceda la forza di attenuare e progressivamente spegnere tutti i finti bagliori che circondano la vita personale; e nel buio buono dello spazio che saremmo stati capaci di ottenere, essere in grado di intercettare, nel firmamento dei molteplici astri, l’unica stella polare capace di orientare e dare senso alla nostra esistenza.
Gesù Cristo, tra l’infinità di luci che possono pur brillare, ha una luminosità particolare, e perciò la si desidera e la si ricerca, perché di Dio, sebbene qualcuno possa ritenere il contrario, non se ne può far a meno. Egli è l’unico che accoglie, è l’unico che si è fatto umile sino alla morte per darci la vita, egli si è fatto carne, si è fatto debole. Infine si è donato totalmente fino a farsi pane perché potessimo nutrircene».
«Il desiderio dei Magi è chiaramente espresso – ha aggiunto il vescovo – trovare questo re e mettersi davanti a lui in adorazione, un termine così desueto, non più ordinariamente utilizzato; al contrario, a ben considerare la realtà, troviamo sia molto esercitato nella quotidianità dell’agire, in modo purtroppo fuorviante o comunque non corretto.
Adorare infatti, comprendendo i sinonimi di venerare, onorare, divinizzare, amare, riverire, idolatrare, prediligere, ci ragguaglia sul fatto che anche nella nostra epoca -che si ritiene emancipata- esiste un gran numero di adoratori di falsi miti o di falsi valori, i quali piuttosto che comunicare vita esprimono possesso, manipolazione, violenza, diseguaglianze e, in non pochi casi, anche morte. Ne deriva che l’adorazione in questo senso, invece di promuovere e liberare, genera una sorta di dipendenza, di asservimento e di schiavitù.
Dall’esperienza dei Magi, apprendiamo che l’atto di adorazione è così silenziosamente profondo che, da una parte conclude coronandolo un percorso, ossia quello della ricerca, e dall’altra illumina ulteriormente il successivo riprendere il cammino».
Ed infine un invito a riscoprire la luce della parola di Dio per dare senso alla vita e «scoprire il compito che il Signore ci affida. La vita di ciascuno di noi è una chiamata del Signore. Ognuno deve scoprire la propria vocazione, quella che Dio ha pensato unica, originale, irripetibile, per ogni singola persona e ogni giorno verificarla, di modo che si possa essere “sale della terra” e non a caso anche “luce del mondo”. Fuori da questo criterio ci sono soltanto sotterfugi, doppi giochi, progetti negativi di sopraffazione.
Il mistero dell’Epifania sia per noi, per la nostra società, per la nostra diocesi, il criterio affinché, costruttori collaborativi del Bene attraverso la corale partecipazione, possiamo essere manifestazione luminosa e punto di riferimento anche e soprattutto in questi tempi complessi».
Al termine il saluto e il ringraziamento del vicario generale mons. Salvatore Ferdinandi ela consegna del dono di un mantello da parte della comunità diocesana.
5