Nel pomeriggio di mercoledì 5 aprile 2023 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha presieduto nella Basilica Cattedrale di Spoleto la Messa Crismale con i presbiteri e numerosi fedeli. Vescovo e preti si sono ritrovati alle 16.30 nella chiesa di S. Filippo Neri per la liturgia penitenziale dove hanno avuto modo di confessarsi; poi, processionalmente hanno raggiunto il Duomo, hanno varcato la Porta Santa dell’825° anniversario della sua dedicazione e finalmente hanno celebrato l’Eucaristia ed hanno rinnovato le promesse fatte il giorno della loro ordinazione. In questa liturgia, che rivela ogni volta un fascino particolare e che manifesta visibilmente la Chiesa in tutte le sue componenti riunite attorno al Vescovo nella Cattedrale, vengono benedetti gli oli per i sacramenti: il Crisma per i Battesimi, le Cresime, le Ordinazioni sacerdotali ed episcopali; l’Olio dei Catecumeni usato nei Battesimi; e l’olio per l’Unzione degli Infermi. É stata anche fatta memoria dei presbiteri tornati alla Casa del Padre dalla scorsa Messa Crismale ad oggi (mons. Giampiero Ceccarelli, don Guerrino Conti, don Gaetano Conocchia, don Antonio Diotallevi, don Gianfranco Formenton) e si è ringraziato Dio per quanti quest’anno celebrano un anniversario particolare di ordinazione (don Luciano Avenati e don Salvatore Piga 50 anni; don Jozef Gercàk, don Kamil Ragan e P. Pio Spigarelli, Ofm Capp., 25 anni). La Messa è stata animata nel canto dalla corale diocesana diretta da Mauro Presazzi, con all’organo Angelo Rosati.
Una sofferta carenza di clero. Nell’omelia mons. Boccardo ha condiviso con i presbiteri e i fedeli la grave preoccupazione per la carenza di clero, situazione che interpella la coscienza di tutti, che deve provocare una seria riflessione e che richiede a tutti un coraggioso impegno. Con chiarezza il Presule ha fornito i numeri: «Con meno di 30 sacerdoti sotto i 75 anni di età e con l’aiuto prezioso di alcuni presbiteri religiosi, occorre provvedere a 71 parrocchie. Con sano realismo, dobbiamo prendere atto di non poter più assicurare al ministero pastorale le modalità pratiche che abbiamo ereditato da chi ci ha preceduto e che fino ad oggi abbiamo più o meno conservato». La riflessione dell’Arcivescovo però non è stata fine e a stessa, non è stata un piangersi addosso, ma un punto reale dal quale partire per individuare un modo rinnovato per trasmettere il Vangelo, per stare come Chiesa tra le case della gente. Ha detto, infatti: «Se noi siamo ora di fronte ad una sofferta carenza di clero – e dobbiamo prevedere che essa andrà crescendo in maniera preoccupante almeno per i prossimi anni -, occorre che ci riportiamo agli atteggiamenti della Chiesa primitiva e proviamo ad imitarla sia nella fiducia nella Provvidenza, che suscita sempre collaboratori adatti per il ministero, sia nell’ingegnosità e nell’apertura a tutte quelle soluzioni che una riflessione ragionevole ci ispira».
Scelte pastorali nel segno della sinodalità. Di questa situazione già ne hanno riflettuto a lungo, con attento discernimento, i membri del Consiglio episcopale e quelli del Consiglio presbiterale: hanno visto che è giunto il momento di mettere in atto delle forme di pastorale coraggiose e innovative. E per facilitare la realizzazione di questo progetto hanno già rimesso nelle mani dell’Arcivescovo il loro mandato di parroci. «Un gesto di autentica corresponsabilità ecclesiale», lo ha definito mons. Boccardo. Una scelta, va chiarito, non dettata da una ritirata strategica fronte della realtà, ma generata dallo sforzo di leggere i segni dei tempi. Ciò richiede una grande disponibilità e una grande libertà interiore da parte dei presbiteri che, su questo percorso che si apre, avranno dei colloqui personali con l’Arcivescovo durante il tempo pasquale.
Le nuove Pievanie. «Si è dunque unanimemente deciso – ha detto l’Arcivescovo – di confermare l’istituzione della Pievania, nella quale convergono le parrocchie di una intera zona pastorale, dando origine ad un unico soggetto canonicamente costituito, con figure ministeriali destinate al suo servizio e provvisto di alcuni elementi identificativi, quali una sede e una denominazione. Ciò richiederà anche la ricollocazione ministeriale dei sacerdoti e una diversa definizione di quelle comunità che da tempo non sono più in grado di assicurare gli elementi fondamentali necessari per essere considerate parrocchia. Un solo presbitero – con il titolo di pievano – sarà riferimento unitario per la Pievania, essendo anche canonicamente parroco di tutte le singole parrocchie che la compongono (can. 526 § 1). Egli eserciterà il ministero con i sacerdoti del territorio e ne sarà coordinatore, in stretta comunione di intenti e di atteggiamenti, per la realizzazione di un medesimo progetto pastorale, anche con forme concrete di vita condivisa, all’interno di una più intensa relazione con i fedeli laici che partecipano con un proprio specifico contributo alla cura pastorale della comunità. Sarà prezioso in questo ambito il coinvolgimento dei diaconi permanenti, con l’attrattiva del realismo umano e pastorale che nasce dalla ordinarietà di vita di cui ciascuno di essi fa esperienza».
Una maggiore corresponsabilità dei fedeli laici. Al pievano e ai sacerdoti della Pievania verrà affiancata nella responsabilità della cura d’anime una Équipe pastorale nominata dal Vescovo con una apposita “Lettera di missione” e composta da alcuni fedeli laici scelti tra quanti si vogliano dedicare in modo più stabile al servizio della comunità nel suo insieme. «Essi – ha detto ancora nell’omelia il Presule – dovranno essere opportunamente accompagnati ad acquisire una adeguata formazione spirituale e ministeriale, per poter rispondere con efficacia al compito loro affidato. Mentre il Consiglio Pastorale di Pievania continuerà ad essere promotore e animatore della vita delle comunità, luogo di sinodalità e corresponsabilità, scuola di ascolto e di discernimento».
Nessuna comunità sarà abbandonata. È importante sottolineare un principio fondamentale: «In forza del mandato di Cristo e della nostra responsabilità come sacri ministri – ha detto mons. Boccardo – nessuna comunità sarà lasciata senza una adeguata cura pastorale, nessuna comunità sarà abbandonata. Anche dove non è più possibile esprimere le funzioni tipiche della parrocchia, persisterà per il Vescovo e per la Diocesi l’obbligo della cura della gente che vi risiede. Non ci proponiamo quindi di ridurre l’attività pastorale, bensì di farne di più, meglio organizzata e condotta, assicurando modalità di1verse di presenza e di servizio, non necessariamente identiche a quante messe in atto finora».