Mercoledì 27 marzo 2024 nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la Messa crismale con tutti i sacerdoti della Diocesi. La celebrazione è stata animata dalla corale diocesana diretta da Mauro Presazzi, con all’organo Angelo Silvio Rosati. Diversi anche i fedeli presenti: si è espressa così un’unità di fede e di intenti tra Vescovo, presbiteri e popolo di Dio. Una bella varietà di esperienze che fa emergere la ricchezza della Chiesa: tutte le membra diverse, eppure unite nella fede e nell’amore per Dio. La Messa del Crisma, poi, è caratterizzata anche dalla benedizione degli olii santi: il crisma usato per i battesimi, la cresima e l’ordinazione dei sacerdoti e dei vescovi; l’olio dei catecumeni utilizzato nel battesimo; l’olio per l’unzione degli infermi.
OMELIA ARCIVESCOVO – FOTO GALLERY – VIDEO INTEGRALE MESSA
Una Chiesa “in stato di formazione”. «Il cammino intrapreso con le pievanie – ha detto l’Arcivescovo nell’omelia – esige di riservare particolare attenzione alla formazione dei sacerdoti e dei fedeli laici. Si tratta di ridare vigore dell’esistenza cristiana, perché la freschezza del Vangelo incontri la vita degli uomini e accenda la scintilla della vita buona del testimone di Gesù. Non abbiamo bisogno di cristiani “padroni della fede” o “gestori della parrocchia”; abbiamo uno straordinario bisogno di credenti e di preti umili e coraggiosi, tenaci e appassionati, liberi di cuore e testimoni credibili, perché tutti possano incontrare il Signore risorto e vivente. Vediamo questa situazione nel progressivo costituirsi delle nuove parrocchie, i cui membri scoprono e sperimentano la bellezza e la fecondità del pensare insieme, dello stare insieme, del celebrare insieme, facendo della comunità che si aggrega per la celebrazione della liturgia, specialmente la domenica, il segno visibile della presenza sacramentale di Cristo nel mondo. Il convergere delle differenze rivela la bellezza e la ricchezza della nostra Chiesa, aiuta a superare resistenze e campanilismi, alimenta la nostalgia di essere un luogo di fraternità e di comunione dal quale traspaia la gioia del Vangelo accolto, assimilato e vissuto. E si scopre che il condividere quanto si è e ciò che si ha non costituisce un impoverimento ma un arricchimento reciproco; che è meglio fare un po’ meno ma insieme, piuttosto che correre isolati su strade diverse, spesso in modo disordinato».
Il Vescovo ai preti: è necessario aver cura delle relazioni, dei beni, degli affetti, della bocca e del cuore. «Non c’è nessuna cura del popolo di Dio – ha detto l’Arcivescovo rivolto ai “suoi” preti – che non si accompagni alla cura di sé. La cura di sé è lo specchio in cui si riflette la cura che abbiamo per la nostra gente. E la gente ama il suo prete, talvolta anche gli perdona le debolezze, talaltra lo ammira, talaltra ancora lo critica ferocemente, ma è necessario che egli sappia comunque proporsi come umile esempio di testimone da imitare. Non possiamo continuare ad essere preti senza rimanere profondamente uomini e cristiani. Perciò vi dico fraternamente e paternamente: è necessario aver cura delle relazioni, dei beni, degli affetti, della bocca e del cuore. Specialmente, la cura della bocca e del cuore invita a custodire la parola e le intenzioni. Domandiamoci onestamente: se il popolo cristiano ascoltasse i nostri discorsi ne rimarrebbe edificato perché sentirebbe che in essi trapela passione per il Vangelo? Oppure ne resterebbe sorpreso e scandalizzato per l’invidia e la gelosia che talvolta li attraversa, o addirittura per la maldicenza che deforma anche le imprese più belle? Non è forse questa la causa di un ministero deludente e deprimente, che sottrae energia ad un ministero entusiasta e tonico?».