Perugia – omelia-messaggio augurale dell’arcivescovo Maffeis per il nuovo anno, pronunciata alla celebrazione con il canto del Te Deum del 31 dicembre. «Ciascuno faccia la propria parte perché nessuno si senta dimenticato o escluso dalla tavola della vita»

Diversi eventi pesanti, di cui siamo testimoni – a partire da guerre, violenze e sopraffazioni – fanno sì che il bilancio sull’anno che sta per finire sia adombrato di disincanto, di pessimismo e di paura. Questa percezione diffusa porta a sentire il futuro più come una minaccia che non come una promessa, per cui si rischia di chiudersi ancor più nel privato, frenati nell’assumere scelte impegnative e responsabilità che espongono, tanto più in un clima spesso segnato soprattutto da emotività, se non anche irragionevole e aggressivo.
Maria, Giuseppe e i pastori erano circondati a loro volta da motivi di preoccupazione e da segnali di morte; tuttavia, in quella Notte santa hanno saputo riconoscere i segni della speranza, che ha permesso loro di camminare anche nei giorni oscuri senza perdere la fiducia.

Trovare la forza per affrontare i problemi
Questa sera siamo qui perché intuiamo la nostalgia e la necessità di quello sguardo, che non sottovaluta difficoltà e problemi, ma trova la forza per affrontarli. Siamo qui perché abbiamo bisogno di considerare quanto avviene, di rifletterci in silenzio e di confrontarsi con la Parola del Signore, cercando di far spazio dentro di noi a quella sapienza di cui è maestra la Vergine Madre: “Maria custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
L’augurio che vi faccio, che ci facciamo reciprocamente, è appeso proprio a questo verbo, custodire, con cui Maria raccoglie nel suo cuore gli eventi, ne scruta le profondità, ne attende il compimento, senza sottrarsi alle responsabilità che le sono affidate.

Iniziare con il piede giusto anche il 2024
È questa la via per concludere anche quest’anno ringraziando Dio per la sua fedeltà e la sua misericordia, per la sua presenza che parla in tanti segni di bene, che ci aiutano a iniziare con il piede giusto anche il 2024.

A Servizio del bene sociale, civile ed ecclesiale
Penso alla fedeltà con cui, in mezzo a diverse difficoltà, tanti – nel mondo delle Istituzioni, della pubblica amministrazione, del lavoro, della sanità, della scuola, della comunicazione e della cultura – lavorano a servizio del bene sociale e civile, si impegnano nella ricerca della verità, della giustizia, della cura, di una migliore convivenza.
Penso alla fede operosa di tanta gente, che ho incontrato quest’anno nelle nostre comunità: quanti sacerdoti, diaconi, ministri, religiosi e religiose, quante persone mettono a disposizione tempo, passione ed energie… Quante persone ammalate pregano e accompagnano il cammino della nostra Chiesa…

Nessuno si senta escluso dalla tavola della vita
Ancora. Penso all’amore concreto che attraversa tante famiglie: famiglie spesso ferite, ma che ogni giorno affrontano sacrifici con pazienza e fiducia, e propongono quella condivisione di affetti, di valori, di significati che è alla base di ogni altra condivisione umana. Quello che respiriamo in famiglia ci accompagnerà sempre.
Penso alla disponibilità generosa e gratuita di tanti educatori, alla stima che nutrono per i giovani, di cui si fanno discreti e attenti compagni di viaggio. Le esperienze della Gmg di Lisbona, degli oratori, dei grest e dei campi scuola parlano in questa direzione.
Penso alla solidarietà a cui tanti si aprono per sovvenire alle necessità di famiglie provate da varie forme di difficoltà e di povertà: è un’attenzione che chiede a ciascuno di fare la propria parte, perché nessuno si senta dimenticato o escluso dalla tavola della vita.

Non lasciarsi tentare dalla rassegnazione
Vedere, valorizzare e ringraziare per i segni di bene che ci sono è decisivo, sia per non far torto alla Provvidenza, che continua a operare nella storia – anche nella nostra – sia per rincuorarsi e rincuorare, evitando la tentazione della rassegnazione, che produce soltanto sfiducia, disimpegno e passività. Per questo chiediamo al Signore di renderci come i pastori, che tornarono da Betlemme “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano visto e udito”.

Crescere nella fraternità, nell’ascolto reciproco…
Come Chiesa diocesana è partendo da questo patrimonio che, alla luce delle indicazioni sinodali, possiamo crescere nella fraternità, nell’ascolto reciproco, nell’incontro e nella capacità di prendere insieme le decisioni migliori, alla luce dei cambiamenti in atto.

Lo chiediamo in forza della benedizione che Mosè elargisce a tutto il popolo: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Questo volto divino, che in Gesù si è fatto uomo, porti ciascuno a volgere il proprio sguardo con benevolenza sugli altri. Lo chiediamo, mentre rilanciamo la parola e l’azione di Papa Francesco, che non si stanca di invocare la via del disarmo e del dialogo per il rispetto e la pace di ogni popolo.