Perugia – celebrata la festa del patrono dei giornalisti e degli operatori dei media San Francesco di Sales

Più di 50 comunicatori hanno raccolto l’invito all’incontro con l’arcivescovo Ivan Maffeis promosso dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali insieme alla sezione umbra dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI); incontro tenutosi in cattedrale, il 24 gennaio, con la celebrazione eucaristica a cui è seguito uno scambio di opinioni con il presule nella sala del Dottorato delle Logge della Cattedrale. All’iniziativa hanno aderito e partecipato l’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, l’Associazione Stampa Umbra – ASU-FNSI, la Scuola di Giornalismo radiotelevisivo del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo della RAI e dell’Università degli Studi di Perugia, diversi direttori dei principali media regionali e responsabili di Uffici stampa di enti pubblici e privati.

L’Omelia di mons. Maffeis alla celebrazione
“Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”. Forse il commento a questa espressione di Gesù, che ci riporta a ciò che conta davvero, ce lo offre proprio San Francesco di Sales laddove, in una delle sue opere principali, spiega che cosa sia la falsa devozione; lo fa – come osserva Papa Francesco nella Lettera apostolica scritta nel IV centenario della morte del Santo – con “una efficace punta di sano umorismo”.
Ecco le parole di San Francesco di Sales: “Chi si consacra al digiuno, penserà di essere devoto perché non mangia, mentre ha il cuore pieno di rancore; e mentre non se la sente di bagnare la lingua nel vino e neppure nell’acqua, per amore della sobrietà, non avrà alcuno scrupolo nel tuffarla nel sangue del prossimo con la maldicenza e la calunnia. Un altro penserà di essere devoto perché biascica tutto il giorno una filza interminabile di preghiere; e non darà peso alle parole cattive, arroganti e ingiuriose che la sua lingua rifilerà, per il resto della giornata, a domestici e vicini. Qualche altro metterà mano volentieri al portafoglio per fare l’elemosina ai poveri, ma non riuscirà a cavare un briciolo di dolcezza dal cuore per perdonare i nemici; ci sarà poi l’altro che perdonerà i nemici, ma di pagare i debiti non gli passerà neanche per la testa; ci vorrà il tribunale…”.
In positivo, cosa significa, dunque, “fare la volontà di Dio”? Qual è l’autentica devozione? Ho provato a bussare un momento alla porta di questo nostro Patrono e gli ho chiesto che ci affidi qualche indicazione per la nostra professione. Ecco la sua riposta, che mi permetto di mediare dal Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che viene reso noto proprio oggi.

Cari amici, sembra dirci San Francesco di Sales, se volete realizzare una buona comunicazione imparate a “parlare con il cuore”. No, non si tratta di tacere la verità, quando risultasse scomoda a qualcuno, ma piuttosto di stare attenti a non raccontarla mai senza carità.
Parlare con cuore richiede, innanzitutto, di purificarlo, per andare oltre l’apparenza e il rumore: penso, a questo riguardo, oltre che al cammino interiore di ciascuno, anche al contributo dei percorsi di formazione.
In un contesto culturale segnato da “polarizzazioni e contrapposizioni”, parlare con cuore richiede di saper “custodire la lingua dal male”, evitando una comunicazione aggressiva per non fomentare “un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro”, invece di “aiutare le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono”.
Parlare con il cuore, infine, rimanda a “una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare”. Anche la Chiesa ha “urgente bisogno” di questo tipo di comunicazione; ha bisogno – abbiamo bisogno – di “mettere al centro la relazione con Dio e con il prossimo” ed “accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale”.
Come sottolinea il Messaggio, San Francesco di Sales può parlare con cognizione di causa, in quanto fu vescovo di Ginevra in anni di dispute accese: “il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione a dialogare pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava lo resero un testimone straordinario dell’amore misericordioso di Dio”.
Proprio per questo, il Papa ci esorta a lasciarci ispirare a nostra volta da questo “santo della tenerezza, ricercando e raccontando la verità con coraggio e libertà”.
In questi primi mesi che sono tra voi posso dire di aver incontrato e, soprattutto, di essere testimone di una comunicazione portata avanti con questa qualità professionale, caratterizzata da disponibilità, sensibilità e cordialità. So che non è facile, in un cambiamento d’epoca come quello che stiamo attraversando. A maggior ragione, è giusto, doveroso e bello darvene atto con riconoscenza.
Affido ciascuno di voi, il vostro lavoro, le vostre preoccupazioni e i vostri affetti al Signore con la preghiera posta a conclusione del Messaggio:
“Il Signore Gesù, Parola pura che sgorga dal cuore del Padre, ci aiuti a rendere la nostra comunicazione libera, pulita e cordiale.
Il Signore Gesù, Parola che si è fatta carne, ci aiuti a metterci in ascolto del palpito dei cuori, per riscoprirci fratelli e sorelle, e disarmare l’ostilità che divide.
Il Signore Gesù, Parola di verità e di amore, ci aiuti a dire la verità nella carità, per sentirci custodi gli uni degli altri”.

Don Ivan, vescovo