INTRODUZIONE MONS. RENATO BOCCARDO

«Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù… E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo» (Fil 1, 3-6. 9-10).

Faccio mie volentieri, insieme e a nome dei Vescovi umbri, le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Filippi per dire un saluto di pace e benedizione a voi, cari fratelli e sorelle convenuti dalle otto diocesi della nostra Regione per questa Assemblea Ecclesiale, alla quale recate la testimonianza della fede e della carità delle nostre Chiese.

Un saluto deferente rivolgo alle Autorità civili e agli altri illustri Invitati che ci onorano della loro presenza, manifestazione eloquente dell’impegno condiviso per la costruzione del bene comune a servizio di tutte le componenti della società in cui viviamo.

Come è noto, questo nostro incontro nasce dal desiderio di rispondere all’invito rivolto da Papa Francesco alle Chiese che sono in Italia in occasione del Convegno di Firenze nel 2015, quando disse: ««Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà… Cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni … Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio».

Celebriamo dunque una Assemblea Ecclesiale con l’intento di essere «audaci e creativi nel compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle nostre comunità» (EG 33), affinché la nostra gioia sia piena (cf 1 Gv 1, 4) e la possiamo condividere con gli uomini e le donne della nostra Regione. Perché «essere Chiesa significa … essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino» (EG 114)».

Il nostro convenire di questa sera, pensato e programmato da oltre un anno, si colloca in ideale continuità con i Convegni regionali dei decenni scorsi ed è stato preceduto a livello diocesano da un lavoro lungo e approfondito, che ci ha permesso di rivolgere alle nostre comunità uno sguardo concreto e fiducioso, per verificare quanto siano abitate della gioia del Vangelo e quanto, per mezzo della loro vita e testimonianza quotidiana, la stessa gioia raggiunga e attraversi la terra umbra.

Si è trattato di una vera esperienza di “sinodalità”, quella raccomandata da Papa Francesco, che ci ha offerto la grazia di incontraci nella gratitudine per il nostro essere popolo santo di Dio e ci ha dato la possibilità di guardare al presente con discernimento e al futuro con speranza. Il frutto del lavoro compiuto costituisce la base del dialogo e della condivisione che siamo chiamati a mettere in atto in queste giornate. Forniranno valido stimolo alla nostra riflessione gli interventi del Prof. Luca Diotallevi, Ordinario di sociologia all’Università di “Roma Tre”, e di Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara e Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. A loro fin da ora, con il saluto cordiale, il ringraziamento vivissimo per l’aiuto prezioso che offriranno al nostro cammino.

Che cosa faremo pertanto oggi e domani? Si tratterà innazitutto di assumere un autentico atteggiamento di ascolto, perché «una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo Spirito della verità, per conoscere ciò che Egli dice alle Chiese» (Francesco, discorso per il 50. mo dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). Occorre dunque assicurare alla nostra Assemblea una dimensione interiore e spirituale, che ci permetta di porci in sintonia con lo Spirito di Dio e con i fratelli. Non dunque un ascolto unilaterale, quale può essere l’acqui sizione di informazioni, di dati e di analisi accurate della realtà, ma un tempo di dialogo, di confronto, di scambio su convinzioni e pareri, anche diversi;  un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare.

E poi – nei “tavoli di lavoro” – bisognerà confrontarci con le domande della vita, con i mutevoli contesti storici e sociali; riflettere sul nostro contributo di cristiani alla società in cui viviamo, sui nostri modi di celebrare, di annunciare e di servire Cristo nel prossimo; esaminare la nostra prassi pastorale alla luce della parola di Dio e della vita quotidiana delle persone. Con l’intento di trovare sintonia nello stile evangelico, sinergia nell’impiego delle forze, simpatia e passione nel guardare la vita della gente. Senza sognare soluzioni facili per una realtà complessa né cedere alla tentazione di diagnosi deprimenti; ma cercando piuttosto di individuare rimedi incoraggianti. Non dunque una operazione di “ingegneria pastorale”, bensì un reale esercizio di comunione fraterna e un atto di autentico amore nei confronti delle nostre Chiese.

Vorremmo individuare processi che, pur nella varietà e nella diversità delle diocesi, possano essere condivisi a livello regionale, per essere comunità incisive e profetiche, propositive e significative, richiamo forte e riferimento bello per le donne e gli uomini del nostro tempo. Infatti, una Chiesa che si limitasse alla sola gestione del “dimagrimento” in atto del proprio corpo istituzionale (diminuiscono i preti, cala la frequenza domenicale, sempre meno sono quelli che si sposano in Chiesa, dopo la catechesi i fanciulli e i giovani se ne vanno…) diventerebbe una Chiesa ben presto incapace di dire parole significative ad una cultura in profonda trasformazione.

Dovremo perciò domandarci come mostrare che la fede è in grado anche oggi di fornire strumenti ed energie per la nascita di una forma inedita di umanesimo, favorendo l’insorgere di nuove esperienze e di nuove pratiche di vita cristiana. Non dobbiamo tanto preoccuparci della tenuta del nostro tessuto organizzativo, ma concentrarci nella ricerca delle modalità e dei luoghi in cui oggi possa prendere forma un’esperienza cristiana in grado di dire il senso della vita, della solidarietà, della cura del prossimo e del creato. E il frutto del lavoro dei 28 tavoli verrà consegnato ai Vescovi perché ne traggano orientamenti e linee concrete per una azione pastorale capace di caratterizzare il cammino delle nostre Chiese.

In questo speciale “mese missionario”, è bello riaffermare che la missione non è un segmento della pastorale, ma ne rappresenta l’anima, il cuore pulsante di cui un cristiano non può fare a meno. La missione è nel DNA di ogni seguace di Gesù, perché lo è stata per  Gesù stesso; è la via ordinaria e quotidiana attraverso cui ogni battezzato realizza la sua chiamata a seguire il Signore e ad annunciare a tutti il suo Vangelo.

Ascoltiamo Papa Francesco: «Pecchiamo contro la missione quando, anziché diffondere la gioia, ci chiudiamo in un triste vittimismo, pensando che nessuno ci ami e ci comprenda. Pecchiamo contro la missione quando cediamo alla rassegnazione: “Non ce la faccio, non sono capace”. Ma come? Dio ti ha dato dei talenti e tu ti credi così povero da non poter  arricchire nessuno? Pecchiamo contro la missione quando, lamentosi, continuiamo a dire che va tutto male, nel mondo come nella Chiesa. Pecchiamo contro la missione quando siamo schiavi delle paure che immobilizzano e ci lasciamo paralizzare dal “si è sempre fatto così”. E pecchiamo contro la missione quando viviamo la vita come un peso e non come un dono; quando al centro ci siamo noi con le nostre fatiche, non i fratelli e le sorelle che attendono di essere amati… Una Chiesa missionaria è una Chiesa che non perde tem po a piangere le cose che non vanno, i fedeli che non ha più, i valori di un tempo che non ci sono più. Una Chiesa missionaria non cerca oasi protette per stare tranquilla; desidera solo essere sale della terra e lievito per il mondo… Coraggio, Madre Chiesa: ritrova la tua fecondità nella gioia della missione!» (cf Omelia nella celebrazione dei Vespri per l’inizio del mese missionario, 1° ottobre 2019).

Ne siamo certi: la nostra Chiesa ritrova la sua fecondità nella gioia della missione. Preghiamo insieme allora, perché sul questa Assemblea il Signore effonda la sua grazia e la sua benedizione.