Venerdì 24 gennaio nei secondi vespri per la Solennità della Festa del Patrono e Martire San Feliciano Mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo della Diocesi di Foligno, in chiusura della seconda visita pastorale, ha sottolineato che “C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze …. C’è bisogno di riconoscere che il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”.
Il testo dell’omelia di mons. Gualtiero Sigismondi
“Fratelli carissimi, la Passio sancti Feliciani disegna la biografia del nostro Patrono piuttosto che gli Atti del suo martirio. La parola dell’apostolo Pietro, che abbiamo ascoltato, si rivolge a quanti, come san Feliciano, hanno sofferto a causa del Vangelo: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi” (1Pt 4,13). La ragione di questo invito alla gioia è duplice: la sopportazione delle sofferenze, patite per il nome di Cristo, assicura la partecipazione alla sua gloria e permette allo Spirito di Dio di trovare riposo nel cuore dei suoi fedeli.
Che lo Spirito santo riposi nei nostri cuori ho potuto sperimentarlo, con meraviglia nuova, durante la Visita pastorale, conclusa con la processione appena terminata. Cammin facendo, oltre a riconoscere i “semi del Verbo” sparsi ovunque – al quadrivio della nostra città, ai crocicchi delle strade e all’interno di tante abitazioni –, mi sono reso conto che, come discepoli del Signore, il problema non è essere poco numerosi – i giovani sono l’indice più alto di questo processo –, quanto piuttosto diventare insignificanti. C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze. C’è bisogno di una Chiesa che faccia squadra: è la condizione per camminare insieme. C’è bisogno di riconoscere che “il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”. A questa diagnosi, compiuta da Benedetto XVI, Papa Francesco risponde con la terapia indicata nella Evangelii gaudium, in cui invita ad essere audaci e creativi nel “ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi dell’evangelizzazione”. Non si tratta di preparare piani pastorali elaborati, ma di riproporre la missione come esperienza nativa e costitutiva della Chiesa, riconsegnando alle comunità cristiane gli Atti degli Apostoli.
Fratelli carissimi, il libro degli Atti chiama i primi cristiani “quelli della Via” (cf. 9,2), quelli che seguono Cristo: “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6). Consapevoli della responsabilità che questo nome comporta, è necessario progettare nuovi percorsi di iniziazione cristiana: si tratta di ridire la fede in modo nuovo, di riscoprire l’amicizia come luogo dell’annuncio e di evangelizzare casa per casa. “Cammin facendo, predicate” (cf. Mt 10,7): questa missione, che Gesù affida ai Dodici, san Feliciano l’ha vissuta “fino alla fine”. La morte non l’ha rapito a casa, ma per strada. I suoi piedi, stretti tra l’incudine del carico degli anni e il martello dei persecutori, hanno ceduto prima ancora che il suo cuore cessasse di battere. Hanno ceduto lungo la via consolare Flaminia che l’avrebbe condotto a Roma, caput et mater omnium ecclesiarum. Il sangue di san Feliciano non è rimasto senza frutto: ha posto il seme della fede apostolica nella nostra terra; il suo sangue, dello stesso “gruppo sanguigno” degli Apostoli, ha edificato la nostra città e diocesi. I carnefici hanno osato legare le sue mani, ma non sono riusciti a restringere l’abbraccio del suo sguardo benedicente”.
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