Il sindaco Luciano Bacchetta e il vescovo di Città di Castello mons. Domenico Cancian nella mattina di sabato 28 marzo 2020 si sono recati nella Chiesa della Madonna delle Grazie per un momento di raccoglimento e preghiera. Era presente anche il parroco don Andrea Czoterk.
“La mia presenza qui si innesta in una tradizione plurisecolare che vede la Chiesa e il comune gestire insieme il culto alla Madonna delle Grazie – ha detto il sindaco Luciano Bacchetta – Fin da quando venne dipinta, nel 1456, l’immagine della Madonna fu concepita con un significato di protezione sulla città, disegnata ai piedi della Vergine e da Lei, insieme a san Florido, presentata a Gesù perché la benedica. Nei secoli il Comune ha più volte accolto la grande sensibilità mariana dei cristiani tifernati proclamando Città di Castello come Città di Maria nel 1622 e riconoscendo ufficialmente la Madonna delle Grazie quale patrona cittadina nel 1783. Fino al terremoto del 1789 anche nel Palazzo Comunale si conservavano più riproduzioni della Madonna delle Grazie, un affrescata sulla volta della Sala Consiliare e un’altra su tavola negli uffici.
La mia presenza oggi vuole esprimere la partecipazione di tutti gli amministratori pubblici alla preoccupazione della cittadinanza e di tutta la comunità altotiberina e la nostra vicinanza alle famiglie che hanno avuto defunti o malati, come anche a tutti coloro che sono sottoposti alle forme di prevenzione del contagio o che mettono a rischio la loro vita per assicurare, attraverso il loro lavoro, i necessari approvvigionamenti e servizi. È un momento difficile, che supereremo con l’impegno comune e con una ritrovata unità. Ringrazio tutti gli operatori sanitari, le forze dell’ordine, i volontari e quanti, in questo tempo di sacrifici, si impegnano per sconfiggere il contagio, lenire le sofferenze e garantire la vita sociale così come oggi è possibile”.
“Nella Chiesa della Madonna delle Grazie preghiamo perché il virus sia sconfitto e per le persone che hanno combattuto o stanno combattendo ad ogni livello contro questa terribile pandemia. Abbiamo ripetuto l’antica preghiera Maria mater Gratiae, Tiferni suscipe curam, con la quale Città di Castello ha chiesto aiuto in occasione di altre emergenze, dal 1500 alla Seconda guerra mondiale. È una storia che continua e costituisce uno degli elementi caratteristici dell’identità tifernate. Per questi motivi abbiamo voluto un momento di preghiera personale, come manifestazione di vicinanza alle persone, nel solco di una storia plurisecolare” ha detto il vescovo mons. Domenico Cancian, che ha pronunciato questa preghiera. “Vergine Santissima delle Grazie, raccolti con devozione ai piedi della tua antica immagine in questo momento di grande preoccupazione, rinnoviamo la nostra fiducia in te, madre e mediatrice della grazia divina. Con gratitudine ricordiamo la devozione dei nostri padri che ti hanno invocata in tempo di contagio, di siccità, di inondazione, di terremoto e di guerra. Vergine Santissima delle Grazie, continua a volgere il tuo sguardo d’amore su di noi, sulla nostra città, sulla nostra diocesi e sul mondo intero flagellato dal contagio: accogli le nostre gioie e le nostre speranze, sostienici nelle tristezze e nelle angosce, rendici fedeli alla carità evangelica. In questo tempo nel quale sperimentiamo la fragilità della condizione umana affidiamo alla tua materna intercessione i malati e le loro famiglie, tutti coloro che se ne prendono cura, i pubblici amministratori chiamati a prendere decisioni sagge ed efficaci, quanti sono impegnati nella ricerca scientifica: benedici, Madre della Divina Grazia, l’impegno di tanti uomini e donne di buona volontà, ottieni per tutti i popoli la liberazione dall’epidemia perché in ogni parte della Terra si possa tornare sereni alle nostre occupazioni quotidiane rafforzati nell’unità, nella solidarietà e nell’amore e lodare Dio con un cuore rinnovato. Vergine, Madre di Dio e della Chiesa, sii per noi mediatrice di grazie. Amen
L’immagine sacra. L’immagine della Beata Vergine Maria della Chiesa della Madonna delle Grazie, edificata nel 1306 dai Servi di Maria, è una tavola raffigurante la Madonna in trono tra i santi Florido e Filippo Benizi, commissionata nel 1456 da Giovanni di Piamonte, collaboratore di Piero della Francesca. Nell’immagine la Vergine Maria è rappresentata nell’atto di indicare Città di Castello al figlio Gesù Città di Castello, affinché la benedica; questo gesto è condiviso con san Florido. La tavola, esposta all’esterno, fu da subito oggetto di una grande venerazione e quindi nel 1500 fu protetta in una cappella laterale da una confraternita per la gestione del culto e scoperta ogni 25 anni. Il pannello poteva essere aperto con l’impiego contemporaneo di tre chiavi, tenute rispettivamente dal priore della confraternita, dal priore del convento e dal magistrato cittadino, cioè dal comune. In realtà veniva scoperta anche in condizioni critiche per la città: il primo caso noto risale al 1514, quando la Madonna delle Grazie viene portata in processione per chiedere la fine di una pestilenza scoppiata l’anno prima. Altrettanto avvenne nel 1525, nel 1527 e nel 1545.
Nel 1630 la peste, quella raccontata da Alessandro Manzoni, che a Monterchi risparmio solo 20 persone su 500, risparmiò Città di Castello il comune organizzò una pubblica cerimonia di ringraziamento alla Madonna delle Grazie.
Poi i terremoti: del 1730-31 quando ci furono anche pellegrinaggi da tutta la Valtiberina e preghiere collettive. Nel 1741, nel 1752, nel 1781 fu il comune a decretare lo scoprimento dell’immagine, perché il terremoto non produsse vittime e nel 1783 il comune proclamò la Madonna delle Grazie patrona della città. Il terremoto del 1789 lesionò la cappella: l’immagine della Madonna delle Grazie venne portata processionalmente attorno alle mura e poi esposta alla venerazione presso il torrente Cavaglione. Sopra l’ingresso della casa colonica “La Commenda”, al numero 20 di Viale Angelo Zampini, è ancora presente un’epigrafe su marmo che ricorda il fatto. Anche nelle epidemie ricorrenti di tifo e colera del 1800 l’immagine della Madonna delle Grazie fu un riferimento e in occasione dei due conflitti mondiali il santuario ha ospitato preghiere per la pace, sia in forma privata che pubblica. Alla fine del secondo conflitto mondiale l’immagine è stata portata in tutte le parrocchie e in quasi tutte le case della diocesi, che allora aveva parrocchie anche in Toscana e nelle Marche.