«L’Umbria è traversata da una storia di entusiasmo e il Cristianesimo è anche storia di entusiasmo e quando l’entusiasmo si espelle dall’istituzione ecclesiale prende altre vie. Io credo che questo libro se lo leggiamo, lo sfogliamo, ci meditiamo…, ci fa capire questo carattere particolare, spirituale del Cristianesimo umbro, che è come un’isola vicina e lontana da Roma. Questa grande storia cristiana di venti secoli è un’eredità per la Chiesa e per i cristiani, ma anche per tutti gli umbri. Senza il Cristianesimo non si comprende una parte dell’Umbria». Lo ha precisato il prof. Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già ministro della Repubblica, nel rilasciarci una breve intervista a margine della presentazione dell’opera in due tomi della Storia del Cristianesimo in Umbria per i tipi della Libreria Editrice Vaticana (LEV), tenutasi a Perugia, il 23 aprile, in una gremita sala dei Notari del palazzo comunale dei Priori, promossa dalla Conferenza Episcopale Umbra (CEU).
Riccardi, parafrasando il filosofo liberale per eccellenza, Benedetto Croce, “perché non possiamo non dirci cristiani”, ha commentato: «perché davanti a una storia così grande, così importante, noi non possiamo non sottovalutare quanto non si capisce l’Umbria senza il Cristianesimo e quanto questo Cristianesimo, per credenti e non credenti, ha influito profondamente e ha segnato tutta la regione ed anche, come ha detto il cardinale Giuseppe Betori, “l’Umbria fuori dall’Umbria”. L’Umbria non è un cristianesimo provinciale, è la metà di pellegrinaggi, è attrattiva, da Carlo Carretto ad Aldo Capitini, all’Eremo di Maria di Campello a tanti uomini e donne di fede, dì santità, che sono venuti in questa regione e si sono installati fino ai nostri giorni, come il giovane Carlo Acutis. C’è un’attrazione spirituale dell’Umbria che ha radici stratificate e molto profonde, che hanno avuto la massima espressione e testimonianza, influenzando non poco l’intera storia della Chiesa e non solo, in Benedetto da Norcia e in Francesco d’Assisi».
Riccardi, soffermandosi sulla storia del cattolicesimo dopo il Concilio Vaticano II, ha precisato: «ha una sua forza tutta particolare e io questo lo credo e mi sembra molto importante il tema post-conciliare dell’Umbria. La vicenda post-conciliare è stata una vicenda di entusiasmo se penso a figure di preti intellettuali, modernisti in gioventù, che disserro e scrissero: “con il Concilio i nostri sogni sono realizzati”. Non è vero che il Concilio è una continuazione del Modernismo, ma è una primavera e l’Umbria ha vissuto pienamente questa primavera».
Oltre all’ex ministro Riccardi sono intervenuti alla presentazione il cardinale Giuseppe Betori, originario di Foligno, culture della materia, la presidente della Regione Donatella Tesei, mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della CEU, e padre Marek Inglot (SJ), presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, l’organismo vaticano che ha accolto la pubblicazione di quest’opera in una sua prestigiosa collana.
Il cardinale Betori, in sintesi, ha rilevato quanto l’Umbria, pur piccola regione, «è sorgente di spiritualità che ha saputo influenzare la storia dell’umanità intera ad iniziare dal principio di interiorità». Per l’arcivescovo presidente della CEU mons. Renato Boccardo, come ha sottolineato nella presentazione di quest’opera, «non si tratta di procedere alla semplice riscoperta di tempi passati, né tanto meno di rivisitare una cultura datata, ma di ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità». Anche la presidente della Regione Donatella Tesei, soffermandosi sui numerosi contributi di studiosi e ricercatori raccolti nei due tomi, ha evidenziato quanto essi «pagina dopo pagina, ci fanno scoprire e riscoprire il messaggio cristiano e il lungo filo di continuità che quel messaggio ha mantenuto nella cultura umbra, attraversando con forza i secoli della storia della nostra regione».
Prima di menzionare ciascun autore (oltre trenta), inclusi i tre curatori della pubblicazione, non si può non sottolineare la prestigiosa collana “Atti e Documenti” del Pontificio Comitato di Scienze Storiche della Santa Sede presieduto padre Marek Inglot. Collana che ha avviato la sua attività nel 1980 nell’ospitare studi su tutti gli ambiti della Storia della Chiesa, dall’Antichità al Medioevo, sino all’Età Moderna e Contemporanea. E la Storia del Cristianesimo in Umbria rientra totalmente in questa attività. Nell’intervenire alla presentazione, il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha richiamato l’’importanza “scientifica” di quest’opera nel suo insieme, tassello significativo dell’intera Storia del Cristianesimo, contribuendo a colmare lacune dovute alla narrazione frammentata e incompleta, in tempi passati, della Storia.
Sono gli stessi curatori dei due tomi, gli storici Andrea Maiarelli, Pierantonio Piatti e Andrea Possieri, a scrivere che «l’amplissimo argomento godeva già di larga trattazione, affrontato in vario modo e in stagioni storiografiche diverse da specialisti di molteplici ambiti disciplinari», ma a tutt’oggi «esso risultava carente di uno strumento di sintesi che permettesse la ricostruzione organica di quasi due millenni di storia». Un periodo amplissimo e complesso anche per l’Umbria, nel corso del quale, evidenziano i tre curatori, «il mutevole intreccio tra società civile e Cristianesimo ha delineato i caratteri propri di questa terra».
Chi sono gli autori di oltre 1.100 pagine complessive dei due tomi che compongono questa monumentale Storia del Cristianesimo in Umbria? Menzionati in sommario: Fabio Fatichenti, Andrea Maiarelli e Daniele Sini per il capitolo dell’“Introduzione generale”; Francesco Marcattili, Giorgio Bonamente, Donatella Scortecci, Pierantonio Piatti, Alessio Pascolini e Giovanni Riganelli per il capitolo “Antichità ed alto Medioevo”; Nicolangelo D’Acunto, Stefania Zucchini, Andrea Czortek, Luigi Pellegrini, Enrico Menestò, Stefano Brufani, Giovanna Casagrande, Emore Paoli, Valeria Danesi e Mirko Santanicchia per il capitolo “Basso Medioevo”; Mario Tosti, Chiara Coletti, Alessandro Serra, Mauro Papalini, Rita Chiacchella e Laura Teza per il capitolo dell’“Età moderna”; Maria Lupi, Giancarlo Pellegrini, Andrea Possieri, Alessandro Ronci, Valerio De Cesaris, Luciano Tosi, Andrea Riccardi, Mauro Papalini e Alessandra Migliorati per il capitolo dell’“Età contemporanea.
Tutti gli autori hanno contribuito a redigere una “Storia di popolo, non solo di Chiesa”, titola il settimanale cattolico umbro La Voce, nel numero in edicola venerdì 26 aprile, nell’intervistare uno dei tre curatori, il prof. Andrea Possieri, che ha sottolineato: «Non raccontiamo solo la dimensione ecclesiale ma anche sociale, politica e culturale». Un’opera, questa, come ricorda lo stesso docente di Storia contemporanea, «intuizione felicissima dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti (1933-2021) non dimenticata, anzi sviluppata dai suoi successori, in particolare dall’attuale presidente della CEU l’arcivescovo Boccardo, che ha creduto sin da subito nell’opera e l’ha portata a termine con successo».
Un ruolo non secondario nella realizzazione e pubblicazione della Storia del Cristianesimo in Umbria, come ha sottolineato lo stesso mons. Boccardo, a conclusione della presentazione, è stato ricoperto dal cardinale Gualtiero Bassetti e dal dott. Amilcare Conti, segretario organizzativo della CEU.
Significativa anche la partecipazione dell’Episcopato umbro all’evento di presentazione con l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Ivan Maffeis, dal vescovo di Terni-Narni-Amelia Francesco Antonio Soddu e i vescovi emeriti Mario Ceccobelli e Riccardo Fontana. Quest’ultimo vice presidente della CEU quando si iniziò a pensare al progetto che ha poi portato alla realizzazione di quest’opera.
Riccardo Liguori
Apr, 2024
“Storia del Cristianesimo in Umbria” nella collana del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, edizioni Libreria Editrice Vaticana. Presentazione a Perugia con il card. Betori e Andrea Riccardi il 23 aprile
Vede la luce, dopo anni di accurata ricerca-studio a più mani, l’opera della Storia del Cristianesimo in Umbria, che sarà presentata a Perugia, presso la Sala dei Notari del Palazzo dei Priori, martedì 23 aprile, alle ore 17, dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, originario di Foligno, cultore della materia, e dal prof. Andrea Riccardi, ordinario di Storia e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. La prima copia dell’opera è stata donata a papa Francesco dai vescovi umbri in occasione della loro recente Visita ad limina apostolorum.
Introdurrà e presiederà la presentazione mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu, e porteranno i saluti istituzionali la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, e il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, padre Marek Inglot (SJ), l’organismo vaticano che ha accolto in una sua prestigiosa collana quest’opera edita dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV).
A cura degli studiosi Andrea Maiarelli, Pierantonio Piatti e Andrea Possieri, la Storia del Cristianesimo in Umbria si presenta in due volumi per un totale di oltre mille pagine, «ideata anni fa dall’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti – scrive nell’invito il presidente della Ceu –, è stata fortemente voluta dai vescovi ed ha incontrato il patrocinio della Regione Umbria». I tre curatori «ne hanno coordinato la realizzazione – prosegue l’arcivescovo – coinvolgendo un nutrito numero di qualificati studiosi, che raccontano la presenza e lo sviluppo del Cristianesimo nella nostra regione dagli albori fino all’attuazione del Concilio Vaticano II».
Interessante quanto affermano, in sintesi, gli studiosi Maiarelli, Piatti e Possieri: «La storia del Cristianesimo in questa regione è rilevante nella storia d’Italia ed è assolutamente fondamentale in quella della Chiesa». Quanto si presenta nei due volumi, aggiungono i curatori, «ha l’ambizione di costituire una sintesi ampia, attenta e complessiva, di una vicenda che ha segnato profondamente la storia dell’Umbria ‒ intesa secondo i suoi attuali confini ‒, non in chiave esclusivamente religiosa, ma anche sociale, istituzionale, economica, culturale».
Un’opera che si compone di cinque sezioni, «la cui mole complessiva ha suggerito di distribuire in due tomi», non trascura l’aspetto «di assoluta e costante innovazione in ambito religioso» fornito dall’Umbria attraverso le grandi figure di santità quali Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi. Affronta anche il tema della «nuova centralità guadagnata dall’Umbria attraverso l’intuizione wojtyliana dello “spirito di Assisi”». È una pubblicazione, precisano i suoi curatori, che va «a colmare una lacuna storiografica fino ad ora particolarmente sentita da tutti coloro che si approcciavano alla storia della Chiesa in Umbria cercando un’ampia visione d’insieme, fossero essi studiosi, studenti o appassionati della materia».
Riccardo Liguori
Apr, 2024
Rendiconto 2022 dell’8xmille alle Diocesi dell’Umbria”. 22 milioni di euro complessivi alle otto Diocesi umbre per le opere di culto e pastorali, socio-caritative, edilizia di culto e beni culturali, e sostegno dei sacerdoti
“Il rendiconto 8Xmille 2022 delle diocesi dell’Umbria – Da 40 anni progetti, opere e benefici per la comunità” documenta con trasparenza quanto in Umbria le risorse dell’8xmille si traducano in progetti e opere.
E’ un lavoro divulgativo, una pubblicazione con grafici, immagini significative e codici “QR”, curata della Conferenza episcopale umbra (Ceu).
Attraverso la scelta di destinare l’8x mille alla Chiesa Cattolica, i cittadini possono contribuire attivamente al sostegno di istituzioni religiose e organizzazioni diocesane che operano per il bene comune nel sociale e nei beni culturali; opere per il futuro dei giovani con programmi educativi, formazione professionale, supporto alle famiglie; comunione e solidarietà nel sostenere chi è in difficoltà o promuovere valori di condivisione e aiuto reciproco che ritornano con ricadute sul territorio in modo organizzato ed efficiente grazie alla rete Caritas. otto per mille Rendiconto_Umbria_2022_web
Rendiconto_2022 (scarica il documento completo)
Apr, 2024
Perugia – “Rendiconto 8xMille 2022” diocesano. L’arcivescovo Maffeis: «Risorse per 2 milioni e 200mila euro di cui la nostra Diocesi ha potuto far tesoro»
È di 2.196.662,76 di euro la somma derivante dalle firme dell’8xmille che la Cei ha destinato, nel 2022, all’Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È quanto emerge dal “bilancio economico e sociale” fornito in conferenza stampa, il 20 aprile, a Perugia, durante la presentazione diocesana del “Rendiconto 8xMille 2022”. Pubblicazione contenente dati e attività socio-pastorali regionali e di ciascuna delle otto Diocesi dell’Umbria consultabile e scaricabile anche sul sito ufficiale della Ceu: www.chiesainumbria.it .
All’incontro sono intervenuti l’arcivescovo Ivan Maffeis, neo presidente del Comitato nazionale per il Sovvenire, don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana e delegato della Caritas regionale, Daniele Morini, direttore de La Voce, e il diacono Giovanni Lolli, coordinatore diocesano e regionale per il Sovvenire.
A beneficio di tutti. «Sono risorse per circa 2 milioni e 200mila euro di cui la Diocesi ha potuto far tesoro – ha precisato monsignor Maffeis –, con interventi che spaziano dalle iniziative di accoglienza e solidarietà della Caritas, al Villaggio Santa Caterina, da Fontenuovo alle Case della Carità, dalle iniziative e dalle strutture educative, sportive e formative delle nostre parrocchie e dei nostri Oratori, fino al restauro delle chiese e al mantenimento dei beni culturali. A queste cifre vanno ad aggiungersi i contributi che l’Istituto Centrale ha erogato nel 2022 per il sostentamento del clero».
«Un grazie sincero a chi con la sua firma continua a dare fiducia alla Chiesa – ha proseguito l’arcivescovo –: tale vicinanza è motivo di riconoscenza e ci impegna a una testimonianza limpida, che passa anche dalla trasparenza dei bilanci economici. Ne guadagnerà la stessa condivisione: la nostra gente, quando informata, si rivela generosa nel rispondere alle necessità che si presentano».
I dati diocesani. Infatti, nella Diocesi perugino-pievese, è stato possibile contribuire alle opere di culto e attività pastorali per 719.813,01 euro, a finanziare interventi di edilizia di culto e di conservazione e valorizzazione di beni culturali per 791.893,75 euro, a promuovere opere di carità per 684.956,00 euro. Si tratta di un contributo, quello dell’8xmille, alle suddette “macro voci di spesa” non sufficiente alla loro totale copertura se non ci fossero altri strumenti-entrate di finanziamento derivanti dalle campagne periodiche di raccolte offerte (anche deducibili/detraibili) promosse dallo stesso Sovvenire, dalla Caritas, dalle Opere Missionarie, da altri organismi ecclesiali impegnati in attività socio-caritative a livello locale, regionale e nazionale, dalla generosità di tanti benefattori e del mondo produttivo, come anche i contributi di istituzioni pubbliche e private attraverso progetti mirati in ambito sociale e culturale.
Oratori e opere segno. Nel rendiconto 2022, dalla relazione dell’economo diocesano, dott. Bruno Bandoli, emergono «i fondi per le attività pastorali che hanno ripreso a funzionare dopo il Covid, prima fra tutte la pastorale destinata ai giovani per i quali le realtà parrocchiali e gli oratori in particolare hanno rappresentato un importante punto di ripartenza della vita sociale». Basti pensare i 34 “Gr.Est.” (Gruppi Estivi) attivi negli Oratori, frequentati anche tutto l’anno da migliaia di fanciulli e giovani animatori che insieme vivono un’esperienza di forte amicizia, condivisione e fede. Inoltre le diverse opere di carità, ricordate dal direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, dove hanno trovato nell’ultimo anno ascolto, accoglienza e sostegno migliaia di persone in gravi difficoltà (circa 1.750 famiglie solo nei cinque Empori della Solidarietà). Opera segno presentata nel rendiconto è il “Villaggio Santa Caterina” a Solfagnano, a 15 km da Perugia, che dà ospitalità ad anziani oltre i 65 anni in 12 miniappartamenti dove fino ad oggi hanno accolto 135 persone anziane, oltre a distribuire pasti a domicilio per tante altre persone bisognose del territorio. Per il responsabile del “Villaggio Santa Caterina”, Mauro Grilli, «l’8xmille per noi è vitale e gli dobbiamo molta gratitudine, come a chi ha firmato».
Educare alla responsabilità. L’arcivescovo Maffeis, nella nota introduttiva del “Rendiconto 8xmille 2022” – ricordando i primi 40 anni (1984-2024) dalla revisione del Concordato tra lo Stato e la Chiesa, che ha introdotto lo strumento dell’8xMille -, sottolinea l’importanza dell’«educare la comunità cristiana alla responsabilità verso coloro che la servono e la presiedono», che, precisa l’arcivescovo, «rimane un obiettivo decisivo: non solo per evitare il pericolo di dare per acquisito il meccanismo dell’8xmille che può tramontare, ma anche e soprattutto per maturare in ogni battezzato un senso di partecipazione e di corresponsabilità, quale segno di appartenenza ecclesiale. In tal modo si eviterebbe, inoltre, di sottrarre fondi alla carità, come pure all’edilizia di culto e ai beni culturali».
L’importanza della firma 8xmille. «Sentiamoci chiamati a questa missione – è l’invito rivolto dal diacono Lolli – di sostenere economicamente la nostra Chiesa e affrontiamola con serenità, ricordando ai nostri amici che attraverso l’8xmille la Chiesa moltiplica il bene, sostiene i sacerdoti, ci permette di costruire e di ristrutturare i nostri edifici di culto e il loro patrimonio d’arte e di fede, attraverso gli oratori educa i nostri giovani e li aiuta a guardare con speranza al futuro, attraverso la rete delle Caritas raggiunge i bisognosi e le famiglie in difficoltà di ogni razza e credo religioso».
Apr, 2024
Perugia-Città della Pieve – verso la Missione Giovani
È iniziato domenica 7 aprile, il lavoro preparatorio che porterà la diocesi alla “Missione Giovani”, prevista dal 18 al 27 ottobre. Molti i giovani che hanno offerto la loro disponibilità a coinvolgersi per favorire ai loro coetanei l’incontro con la proposta della fede.
Il prossimo appuntamento è per mercoledì 15 maggio, alle 21, presso il complesso parrocchiale del Girasole di San Mariano, in concomitanza con la Preghiera vocazionale, mentre sono in calendario due fine settimana, il 20-22 e il 27-29 settembre, per un ritiro spirituale che aiuti a diventare missionari tra i giovani.
Dopo 13 anni si ripete, così, a Perugia l’esperienza della “Missione Giovani” promossa dalle Pastorali giovanile, universitaria e vocazionale con il coinvolgimento di associazioni, movimenti e aggregazioni laicali diocesane. L’ultima si svolse nel 2011 e vide la presenza, presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi, del cardinale Angelo Bagnasco, allora presidente della CEI.
La “Missione Giovani 2011” ha dato i suoi frutti, ha ricordato don Simone Pascarosa, vicario per la Pastorale, nell’introdurre il primo incontro preparatore per dare vita alla “fraternità missionaria” indispensabile alla buona riuscita della stessa missione, la cui finalità è quella di essere disposti ad andare nei luoghi maggiormente frequentati dai giovani, soprattutto in quelli poco convenienti e più scomodi, per fare sentire le persone di essere cercate da Chi dà un senso alla loro vita.
L’incontro ha avuto tre momenti: la celebrazione eucaristica, l’agape fraterna e la formazione-preparazione alla missione. Quest’ultimo a cura di fra’ Alfio Vespoli, responsabile del settore missione ed evangelizzazione dell’Ordine dei Frati Minori dell’Umbria. Presenti all’incontro insieme all’arcivescovo Ivan Maffeis diversi sacerdoti e i seminaristi tra cui i responsabili degli Uffici pastorali diocesani promotori della “Missione Giovani”.
«Il fine di questa missione – ha commentato il francescano a margine dell’incontro – non è quello di riportare i giovani alla frequenza religiosa, perché siamo consapevoli che il mondo sta cambiando radicalmente come anche la scelta religiosa. Prima si era cristiani cattolici perché si era italiani, adesso si è cristiani perché si incontra Gesù, che è il fine della missione: permettere ai giovani di incontrare Cristo attraverso l’incontro personale, l’incontro con l’annuncio della Parola attraverso momenti di ascolto-annuncio e di catechesi».
Mons. Maffeis, prima di impartire la benedizione a conclusione dell’incontro affidando alla protezione della Beata Vergine Maria il lavoro preparatorio per la missione, ha detto ai giovani: «Siete un dono grande e io ringrazio il Signore per ciascuno di voi, per quello che siete e per quello che fate e per essere qui insieme e nella fraternità, per avere ancora modo di dire una parola a questo tempo, a questo mondo, ai nostri coetanei. Chiediamo al Signore quella gioia che ci permette di attraversare le difficoltà di ogni giorno, che diventa bellezza perché di questa gioia abbiamo bisogno tutti e le persone che incontriamo».
Sempre don Simone Pascarosa, al termine della serata, ha annunciato i giorni della “Missione Giovani 2024”, dal 18 al 27 ottobre, e gli altri incontri preparatori. Il prossimo, mercoledì 15 maggio, ore 21, si terrà presso il complesso parrocchiale del Girasole di San Mariano, in concomitanza con la Preghiera vocazionale. «A questo incontro – ha sottolineato il sacerdote – i giovani sono invitati ad allargare l’invito ai loro amici. Per preparare bene la missione tutti gli interessati si ritroveranno gli ultimi due fine settimana di settembre, il 20-22 e il 27-29 settembre, per vivere un ritiro spirituale per diventare giovani missionari».
Mar, 2024
Spoleto – Solennità di Pasqua. L’Arcivescovo nell’omelia: «Andare verso questo mondo ferito, confuso e disorientato, he sembra avere smarrito il senso della vita e della verità»
«La risurrezione è il trionfo della fedeltà: del Padre che non abbandona Gesù nella morte, e di Gesù che non abbandona i discepoli nella disperazione». Così l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo nell’omelia al pontificale del giorno di Pasqua celebrato nella Basilica Cattedrale di Spoleto. Dinanzi a tantissimi fedeli, il Presule ha indicato la strada ai cristiani di questo tempo: «A noi, discepoli del Risorto, è chiesto oggi di “andare”: andare verso questo mondo ferito, confuso e disorientato, un mondo che sembra avere smarrito il senso della vita e della verità, perché preda degli idoli che gli hanno rubato il cuore: potere, ricchezza, delirio di onnipotenza! È infatti l’idolatria la vera responsabile di ogni sangue sparso, di ogni guerra e violenza: quando un essere umano ne opprime un altro; quando uccide, umilia o riduce in schiavitù i suoi simili, mostra di essere egli stesso schiavo degli idoli che lo abitano. Infatti è quando ci rendiamo schiavi dei nostri idoli, che diventiamo oppressori di altri e spargitori del loro sangue. Perché l’idolo, quando si insedia nel nostro cuore, ci rende insaziabili e capaci di ogni genere di offesa e di sopruso». Ancora mons. Boccardo: «Proprio a questo mondo ci è chiesto di “dire”: dire non con le parole o con effetti speciali ma con una esistenza coerente e gioiosa, con un intreccio di relazioni buone e fraterne, che la risurrezione del Signore illumina il nostro pellegrinaggio nel tempo, gli conferisce un senso e un fine, gli dona consolazione e speranza, e che pertanto la forza della ragione può e deve avere il sopravvento sulla ragione della forza, e che la pace, bene supremo dell’umanità, deve essere ricercata e realizzata ad ogni costo da tutti e da ciascuno». La mattina di Pasqua, alle 9.00, l’Arcivescovo si è recato in visita all’Hospice di Spoleto dove ha celebrato la Messa con i malati e il personale sanitario.
Mar, 2024
Celebrazione della Veglia pasquale nella Cattedrale di Terni – Mons. Soddu: “I sepolcri della violenza umana continuano a moltiplicarsi in tutte le nazioni, sembra quasi non ci sia alcun freno o limite alla violenza e alla crudeltà. Per il cristiano, per noi, il fondamento della rinascita è Cristo”
Celebrata la veglia pasquale nella Cattedrale di Terni con la suggestiva liturgia, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, iniziata sul sagrato della chiesa con la benedizione del fuoco nuovo e con l’accensione del cero pasquale, portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale al canto del Lumen Christi.
È seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi la liturgia battesimale con la benedizione dell’acqua del fonte battesimale, il rinnovo delle promesse battesimali e l’aspersione dell’assemblea. Con l’acqua del fonte battesimale sono stati battezzati Dante, Edoardo, Olga e Joachim, che, insieme ad altri 17 adulti, hanno terminato il percorso del catecumenato, guidati da don Pio Scipioni, ed hanno ricevuto il sacramento della Confermazione.
«E’ un momento carico di emozione quello che viviamo – ha detto il vescovo – radunati nel cuore della notte per rivivere e incontrare il Signore risorto, questa realtà fondamentale della nostra fede è per l’umanità intera e quindi per ciascuno di noi il dono essenziale in forza del quale, liberati dal peccato, abbiamo l’opportunità di vivere in Cristo Gesù come figli di Dio. La risurrezione di Gesù è fondamento di una vita nuova, quella battesimale: la nostra vita in Cristo, l’ essere rinati a vita nuova. Gesù ci indica la via della salvezza, lungo la quale dobbiamo progredire e rivisitare ogni giorno per essere da lui dissetati».
Domenica 31 marzo, Pasqua di Risurrezione, il vescovo Soddu ha celebrato la solenne messa nella Concattedrale di Narni, concelebrata dal parroco don Sergio Rossini.
L’omelia:
«Cristo ha vinto la morte! In questo giorno, in questa nuova creazione, come fu per l’origine del mondo, il Signore dà innanzitutto la luce, ma non più semplicemente come elemento fisico, Egli da sé stesso Luce del mondo. Il Signore è la luce che vince le tenebre. Egli è la luce che illumina e dà il senso all’esistente; Egli è la luce che riscalda le fredde giornate della vita; disgela e scalda il cuore delle persone, dalle quali fa rinascere la primavera di un mondo nuovo.
Siamo chiamati a vivere questo primo giorno della settimana, nella piena consapevolezza che è anche il primo e il fondamento di una vita nuova, quella battesimale: la nostra vita in Cristo.
Siamo chiamati a percorrere questo tratto di strada insieme a Maria di Magdala; un tratto di strada che però dilata e prolunga, fino agli insondabili orizzonti della salvezza, l’intera esistenza di tutti coloro che nella fede sono disposti a porne i primi passi. Passi che, come per Maria di Magdala, iniziano nel buio, sia fisico che spirituale ed esistenziale, ma certamente proiettati verso la luce del giorno.
Tra il cuore della Maddalena e il sepolcro vi è una sorta di compenetrazione e di identificazione. Mentre si avvicina al luogo della sepoltura si accorge però che la pietra con la quale era stato chiuso è ribaltata; entrata costata che il corpo di Gesù non c’è più. Si trova in una situazione davanti alla quale non ha più neanche un corpo su cui piangere. In Maria di Magdala si possono condensare le tante madri, sorelle figlie delle quali vediamo nei reportage delle guerre del nostro tempo. Il suo cuore, già pieno di morte si riempie di ulteriore dolore. Dolore che non può subito non condividere con coloro che erano stati toccati e travolti dalla medesima tragedia.
Dalla tomba vuota inizia l’edificazione della fede
«Dopo Maria di Magdala gli apostoli Pietro e Giovanni si recano al sepolcro vuoto. Di Giovanni, entrato dopo Pietro, si dice. “vide e credette”; credette perché fino a quel momento “non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.
Dalla tomba vuota inizia la edificazione della fede dei discepoli del Signore. La tomba vuota è e rimane l’espressione eloquente di una presenza differente dalla morte, diversa dal cadavere, tutt’altro che tomba sepolcrale.
La tomba vuota esorta tutte le esistenze, ad iniziare da quella di Maria di Magdala fino alle nostre, ad essere liberate dalla presenza lugubre, tetra e inesorabilmente corrosiva della morte.
Dalla tomba vuota, da quel primo giorno dopo il sabato, iniziano a dipanarsi le manifestazioni del Risorto. E se la tomba vuota aveva destato (come può destare anche a noi) perplessità, ancora di più le manifestazioni del Risorto avrebbero suscitato interrogativi. Il riconoscimento del Signore infatti come sappiamo non avviene istantaneamente, automaticamente. Il risorto è lo stesso di prima ma differente, ecco perché non si riconosce. Così è di colui e colei che vive la vita battesimale, pur essendo sé stesso vive di Cristo, vive e comunica una realtà inspiegabilmente nuova, positiva, piena di luce, accogliente e colma di vita; per dirla con s. Paolo: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”
La fede nel risorto, la fede pasquale, la nostra fede battesimale ci esorta a ribaltare tutto ciò che impedisce ai nostri cuori, ossia il peccato, di essere l’espressione di questa vita nuova.
I sepolcri della violenza e la ricerca della pace
«Morti al peccato, rinati a vita nuova ed esserne testimoni. La testimonianza in questo senso riguarda il senso pieno della vita non racchiuso e mai limitata a una esperienza esclusivamente sensoriale. Essa parte dalla fede e in forza della fede gli apostoli ricevettero le apparizioni e in forza della fede ottennero tutti i doni dei misteri di Cristo.
Certamente si potrebbe storcere il naso, come di fatto molti tendono a fare, rinnegando le proprie radici ed abdicando anche a quanto di più sacro possa esserci nel profondo del cuore umano.
Nel nostro tempo, per fare un esempio, si cercano vie percorribili affinché si possa arrivare alla conclusione delle guerre e a instaurare la pace. Sarà per questo necessario porre il fondamento di una pacificazione che parta dalla riconciliazione, pena l’accrescimento degli egoismi e delle violenze.
È necessario che tutti, ad iniziare da ciascuno di noi, facciamo il percorso dei primi testimoni: Maria di Magdala, Pietro e Giovanni. I sepolcri della violenza umana continuano a moltiplicarsi in tutte le nazioni, in tutte le città, in tutte le vie; sembra quasi non ci sia alcun freno o limite alla violenza e alla crudeltà. Le strategie politiche in merito, si riducono più che altro a ripetere dichiarazioni senza alcun fondamento. Per il cristiano, per noi, il fondamento della rinascita è Cristo. Non è possibile altra via. Pertanto: “se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù”. La ricerca della Maddalena si esaurisce nel percorso fino al sepolcro e prosegue nelle “cose di lassù”. Questo giorno possa in noi e per mezzo nostro diventare l’alba di un mondo nuovo, laddove le cose di lassù non sono “cose appese o sospese nel vuoto”, ma sono la realtà di Dio che si è calato nella nostra umanità e nella morte e risurrezione del Figlio l’ha redenta. “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo».
Mar, 2024
Perugia: Celebrata in cattedrale la Veglia pasquale nella Notte Santa. L’omelia dell’arcivescovo Ivan Maffeis: «La luce del Risorto affascina anche oggi, ci esorta a non attardarci nell’oscurità del Sabato Santo»
Abbiamo iniziato questa solenne celebrazione con un segno che parla al cuore: il buio della notte è stato rischiarato da un fuoco nuovo, da un cero acceso, da cui la luce si è propagata, fino a raggiungere ciascuno, fino a riempire tutta la Cattedrale.
È un segno che, forse, è importante non mettere da parte troppo in fretta.
Il buio esprime bene la nostra condizione. Nel lungo Sabato Santo che stiamo attraversando la luce è soffocata da violenze senza fine, che diffondono un sentimento di impotenza e di paura, tutt’altro che vinto dalla prova di forza che le potenze internazionali cercano di mostrare.
In tanti momenti il buio ce lo sentiamo anche dentro. Gli ha dato un nome Papa Francesco, in una delle meditazioni della Via Crucis di ieri sera: “Quando mi sento schiacciato dalle cose, bersagliato dalla vita e incompreso dagli altri; quando avverto il peso eccessivo e snervante della responsabilità e del lavoro, quando sono compresso nella morsa dell’ansia, assalito dalla malinconia…, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi accorgo che non sono diverso…”.
Il buio che avvolge questo tempo ci ha indebolito la memoria: stentiamo a sentirci partecipi di una Tradizione viva, nella quale la fede cristiana non solo ha costruito Cattedrali, ma ha promosso la dignità della persona, ha dato slancio e contenuto alla cultura, ha innervato di santità diffusa il nostro popolo, ha dato vita a tante esperienze di carità.
Oltre alla memoria del passato, il buio stende il suo velo anche sul nostro presente: è il buio di certe solitudini disperate, di relazioni ferite, di quella sfiducia che porta ad abbassare la serranda, a vivere ripiegati, distanti dal sentirci responsabili di una famiglia o di comunità, per la quale spendersi con generosità.
Nel buio diventa difficile anche immaginare il futuro. Più che essere atteso o desiderato, più che essere visto come la terra verso la quale tendere per realizzare progetti di vita, il futuro è avvolto da incertezze e inquietudini.
Torniamo a quel fuoco nuovo, a quel cero acceso. Sono segni, attraverso i quali la Chiesa ci educa, ci apre un percorso di fede, condividendoci l’annuncio centrale dell’esperienza cristiana: il Signore è risorto. È Lui l’Alfa e l’Omega, il Signore del tempo e della storia. È Lui la nostra luce. Una luce che consola, provocandoci a integrare anche l’esperienza del buio o del fallimento in qualcosa di più grande, a recuperare uno sguardo d’insieme, a saper ricondurre i diversi tasselli in un disegno unitario, che dà significato a quello che siamo e a quello che facciamo. A questo miravano le letture bibliche: aiutarci a far memoria della storia della nostra salvezza, attraverso le grandi tappe di questo cammino – la creazione, la liberazione dalla schiavitù… – tappe che trovano il loro compimento nella luce del Cristo Risorto.
In tanti uomini e donne di oggi questa luce genera fede, speranza e carità; uomini e donne che sentono che la vita non è frutto del caso, ma è vocazione che attende la risposta di una vita buona, riconciliata, sobria, fraterna; una vita che ritrova il profumo della gratuità, del dono di sé.
Questa luce vive nella pazienza e nella perseveranza di chi si fida della fedeltà di Dio, per cui resiste nella prova, accompagnato da una forza più grande di ogni stanchezza, una forza che è grazia.
Questa luce affascina anche oggi: questa sera ce lo testimoniano tre ragazze – Almira, Kisiana e Sara – che, dopo un percorso di formazione, hanno chiesto di ricevere il battesimo. Grazie, perché la vostra scelta ci esorta a non attardarci nell’oscurità del Sabato Santo, per lasciarci raggiungere da un raggio di Pasqua e diffonderla con la nostra vita.
Don Ivan,
Vescovo
Mar, 2024
Terni – processione del Cristo Morto del venerdì santo
Tante persone, famiglie, i sacerdoti delle parrocchie di Terni centro, dame e cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, hanno partecipato venerdì sera alla processione del Cristo morto presieduta dal vescovo Francesco Soddu. La processione aux flambeaux con la statua del Cristo morto e della Madonna addolorata, partita dalla chiesa di San Francesco, si è snodata lungo le vie centrali della città, passando per piazza della Repubblica dove c’è stata la sosta davanti all’edicola della Madonna del Popolo con la lettura del vangelo e la meditazione, per proseguire poi fino alla Cattedrale.
Sono stati letti brano del Vangelo di Giovanni e preghiere di invocazione perchè cessino babarie e violenze dei nostri giorni.
Il vescovo ha ricordato come il momento della celebrazione del venerdì santo con la processione cittadina del Cristo morto e della Madonna Addolorata dia testimonianza dell’amore di Gesù: “Apriamo il nostro cuore a Gesù che ancora una volta dice “ho sete”, chiede di dargli da bere. Gesù ha sete della nostra fede, perchè possiamo accedere alla sorgente zampillante della sua grazia. In quest’ora, appeso sulla croce Gesù ha ancora sete. Qui si gioca la nostra fede cristiana: mettiamo la nostra vita nelle sue mani di chi ci ha donato la salvezza nel Battesimo? oppure distratti dagli avvenimenti della storia non riusciamo a capire che Gesù ha chiesto a noi una goccia d’acqua e invece gli portiamo l’aceto del nostro essere amari, avvelenati dalla vita. In questo vi è la scena del mondo che non riesce a condividere l’acqua bella della sussitenza umana e che scambia l’aceto della morte, della distruzione, della guerra, della sopraffazione, degli interessi personali e nazionali facendoli passare per un distillato di un diritto che non ha nessun fondamento. Questo è Gesù appeso alla croce, al quale l’umanità poggia la spugna imbevuta di aceto. A Gesù che ha dato la sua vita per noi, diciamo il nostro rendimento di grazie e chiediamo la pace per il mondo, passando attraverso la nostra vita, una vita rinnovata. Chiediamo al Signore unità e comunione e saperlo sempre testimoniare nella nostra vita e nel mondo, facendo in modo che la nostra preghiera per la pace, per l’unità passi non soltato simbolicamente ma effettivamente nella nostra vita. Solo nell’amore totale possiamo avere la piena freschezza della vita, che dal sepoclro di Cristo si apre a vita nuova”.
Mar, 2024
Perugia – La Via Crucis del Venerdì Santo nel centro storico
La Via Crucis del Venerdì Santo nel centro storico di Perugia. Percorse le XIV Stazioni nella suggestiva cornice di Piazza IV Novembre con la splendida Fontana Maggiore, tra la Cattedrale di San Lorenzo e il Palazzo comunale dei Priori. Animata da una rappresentanza di cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e dal gruppo di Comunione e Liberazione, la Via Crucis è stata guidata dall’arcivescovo e seguita con particolare raccoglimento da numerosi fedeli.