Perugia – celebrata dal cardinale Bassetti la messa della Domenica delle Palme nella cattedrale di San Lorenzo: «Nel grido di Cristo in croce tutti i drammi dell’umanità…, anche tutti i drammi che l’umanità vive in questi giorni».

«Carissimi fratelli e sorelle, coi vespri di ieri sera siamo entrati nella Settimana Santa. Oggi celebriamo la liturgia della Domenica delle Palme e della Passione del Signore. In tutte le diocesi del mondo si fa anche memoria della 35° giornata mondiale della gioventù». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha introdotto l’omelia della celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme (5 aprile), pronunciata in una cattedrale di San Lorenzo vuota, a “porte chiuse”, nel tempo del “Coronavirus”, trasmessa in diretta da Umbria Tv, Umbria Radio InBlu e sui social media ecclesiali.

L’invito del Papa a far fruttare bene questo tempo. «Desidero anzitutto far mio il pensiero, che venerdì sera, durante i telegiornali – ha ricordato il cardinale –, il Santo Padre ha rivolto alla nostra nazione. Ha parlato di un periodo di difficoltà e sofferenza per tutte le famiglie, chiuse nelle loro case; delle persone sole e degli anziani; ha ricordato tutti gli ammalati, ha sottolineato la generosità di chi si espone per la loro cura, ed ha avuto un pensiero per i detenuti nelle carceri e per coloro che non hanno fissa dimora, e soprattutto per chi si trova in ristrettezze economiche. Il Papa ci invita a sfruttare bene questo tempo, ad essere generosi, a cercare per telefono o coi social le persone più sole, e soprattutto ci invita a pregare, ora che abbiamo più tempo. Mi ha molto colpito questo pensiero che vi trasmetto con le sue stesse parole: “anche se siamo isolati, il pensiero e lo spirito possono andare lontano con la creatività dell’amore”. Ed ha aggiunto: “questo oggi ci vuole, la creatività dell’amore”. Ed ha così concluso: “in Gesù morto e risorto, la vita ha vinto la morte. Questa fede pasquale nutre la nostra speranza, e la speranza non delude, perché non è un’illusione. Gli uni accanto agli altri, nell’amore e nella pazienza, possiamo preparare in questi giorni un tempo migliore”».

La prima Pasqua ridotta e a casa. «Consentitemi ora un breve pensiero sull’odierna liturgia: ci viene ricordato che “i fanciulli degli ebrei agitavano rami di ulivo andando incontro al Signore”. I bambini si contentano sempre di poco. Per loro è stato sufficiente un ramo di ulivo, una palma per dare gloria a Dio. Purtroppo, fratelli miei, in duemila anni di cristianesimo è la prima volta che celebriamo la Pasqua in una maniera così ridotta, e questo, credetemi, è una grande sofferenza per tutti voi, ma anche per noi sacerdoti e vescovo, vostri pastori. Ma, come quei bambini, cercate di ritrovare anche voi, pur restando nelle vostre case, il gusto dello stupore, della bellezza della nostra fede e la gioia di seguire Gesù che ci precede portando la sua croce».

Fedeli e coerenti al Vangelo. «Fratelli, come i bimbi di cui parla la Liturgia odierna – ha evidenziato il cardinale –, non vergogniamoci mai della nostra fede e dei riti così belli della nostra religione. Ricordiamo, con commozione, come anche noi, da piccoli, abbiamo vissuto la nostra fede semplice e il nostro incontro con Gesù. Lui un giorno ha detto: “se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Ed ora, che siamo adulti, dimostriamo, cari amici, la nostra fedeltà e la nostra coerenza a vivere il Vangelo, anche quando ci chiama, come oggi, a seguire Cristo lungo la via della Croce. Questo è l’unico modo per potere con Lui risorgere nella Pasqua. E come facevamo da piccoli, affidiamoci anche in questa terribile calamità, al nostro Padre misericordioso, a Gesù fratello nostro, alla sua grazia, alla sua parola, alla preghiera. Vi supplico, tornate a pregare…!».

Gli studenti che non hanno lasciato Perugia. «Permettetemi, a conclusione di questa breve omelia, un pensiero sulla Giornata Mondiale dei giovani. Cari giovani, forse in questo tempo siamo più portati a rientrare in noi stessi e a dialogare con chi ci sta vicino. Mi auguro che ciascuno di voi ritrovi nella sua famiglia quella piccola chiesa domestica che gli possa essere d’aiuto; ma in questo momento penso anche a tutti gli studenti universitari, che non hanno lasciato Perugia, e sono lontani dal calore delle loro famiglie. A tutti voi vorrei riuscire a dire una parola, che riscaldi il vostro cuore».

La morte in croce è atroce, si muore soffocati. Il cardinale Bassetti, nel commentare il Vangelo, ha detto: «Abbiamo ascoltato, dalla lettura della passione secondo San Matteo, le ultime parole che Gesù pronuncia sulla croce prima di morire: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. La morte in croce è atroce, perché si muore soffocati; proprio come sono morti tanti nostri fratelli colpiti dal virus; perciò questo grido a Gesù deve essergli morto sulla gola. Qualcuno si domanda: ma Gesù ha forse perso la fiducia nel Padre avendo detto “Padre, perché mi hai abbandonato?”. No, ha voluto soltanto gridare la sua solitudine, il suo strazio, lo stato di abbandono in cui veniva a trovarsi, lui che aveva preso su di sé tutto il male e i peccati del mondo! E tutto questo stato d’animo, in quel momento si concentra in un grido. In quel grido, cari giovani, ci sono i drammi di tutta l’umanità, i nostri peccati, ci sono le nostre incoerenze, ci sono le nostre paure e, perché no, anche tutti i drammi che l’umanità vive in questi giorni. Gesù nella sua umanità può avere anche lui temuto per un attimo l’abbandono del Padre, ma nel momento in cui è spirato ha riacquistato tutta la sua fiducia: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”».

Il mondo ha bisogno dei giovani per cambiare. «Cari giovani, imitate Gesù: vivete la vostra vita con una passione forte e con tanta generosità – è stato l’auspicio del cardinale –. Coltivate le amicizie, incontrate la gente. Il mondo ha bisogno di voi giovani per cambiare; la società ha bisogno di giovani forti, abbiate voi in nome del Vangelo il coraggio di diventare anche coscienza critica per tanti sbagli che si compiono nella società. Cari ragazzi, vorrei dirvi, con le parole di un grande maestro dei giovani, don Tonino Bello, che voi “non siete inutili: siete irripetibili”. La Chiesa fa affidamento sulla riserva di speranza che voi nutrite. E nessuno vi tolga la capacità di sognare, perché i vostri sogni precedono sempre l’aurora».

Il vescovo “santo” Tonino Bello e i giovani. «Voglio concludere con le parole che lo stesso don Tonino Bello rivolse ai giovani che stavano attorno al suo letto quando mancavano tre giorni alla morte, che avvenne il 20 aprile 1993; la sua voce era flebile e appena percettibile: “Cari ragazzi, auguro a tutti voi una vita splendida, illuminata dal sole che è Cristo. Voglio solo chiedere a Lui di benedire i vostri passi fino all’ultimo momento. Su tutte le orme dei vostri passi possano crescere tanti fiori… Tutta la gente che incontrerete possa benedirvi per avervi conosciuti. E quando la sera andrà a dormire, possa dire: ‘grazie Signore che mi hai fatto incontrare Michele, Angela, Antonella’… E tutti possano benedire il cielo perché, sulla loro strada, hanno incontrato voi…”. Amen».

Spoleto – domenica delle Palme in tempo di Coronavirus, in assenza di fedeli. L’arcivescovo Boccardo: «In Gesù si ritrova tutta la vicenda del dolore umano. In lui crocifisso vediamo oggi tutta l’umanità ferita e dolorante a causa della terribile pandemia».

Con la Domenica delle Palme, o più propriamente Domenica della Passione del Signore, è iniziata la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa, nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, morte e sepoltura e infine la sua Risurrezione.

Celebrazione a porte chiuse. Quest’anno le celebrazioni, a causa della Pandemia del Coronavirus, avvengono senza la partecipazione dei fedeli, a porte chiuse. A Spoleto domenica 5 aprile 2020 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha presieduto due momenti di preghiera nel Duomo di Spoleto: la celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi (alle 9.00) e la Messa delle Palme (alle 11.00). Entrambi sono stati trasmessi in diretta sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi. La diretta streaming, coordinata dall’Ufficio stampa diocesano, è stata realizzata grazie alle professionalità di Matteo Brocanello e Luca Starpi. Alla celebrazione, secondo quanto stabilito dall’autorità governativa, erano presenti, oltre naturalmente all’Arcivescovo e ai preti della Città che hanno concelebrato: il diacono, i lettori, l’organista, un numero esiguo di cantori e gli operatori per la trasmissione video in diretta. Tutti costoro, ha scritto il Ministero dell’Interno, “hanno giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle Forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso dagli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’epidemia da Covid-19”.

Omelia dell’Arcivescovo. «In Gesù – ha detto mons. Boccardo – si ritrova tutta la vicenda del dolore umano. In lui crocifisso vediamo oggi tutta l’umanità ferita e dolorante a causa della terribile pandemia che tutti minaccia e continua a mietere vittime. Gesù raccoglie in sé tutte le lacrime e tutte le lacerazioni fisiche ed interiori per portarle a Dio e dar loro un senso che solo Dio può trovare. Nella morte in croce di Gesù, senza fraintendimenti, si svela in pienezza il suo segreto: egli non era un messia politico trionfatore ma è il Figlio di Dio che donandosi salva. Ed è a questa professione di fede che siamo oggi invitati e condotti dalla liturgia attraverso la proclamazione della passione, proprio in un tempo – ha detto il Presidente della Conferenza episcopale umbra – in cui ci sentiamo minacciati da un nemico potente e invisibile e ci riconosciamo più che mai bisognosi di difesa e di salvezza. Solo accettando la “miseria” del Gesù uomo e il paradosso della croce potremo scoprire il Figlio di Dio».

Terni – domenica delle Palme. Mons. Piemontese: “Nei momenti critici dell’esistenza affiorano le domande cruciali della vita. E la risposta non può essere quella dettata dalla paura di una pandemia. La risposta è Gesù”.

Con la celebrazione della Domenica delle Palme, che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, hanno avuto inizio le liturgie pasquali della Settimana Santa, segnate dalla pandemia da Covid-19 che ha causato migliaia di morti.
La celebrazione nella Cattedrale di Terni, senza il concorso di popolo, presieduta dal vescovo Giuseppe Piemontese, è stata introdotta con il rito della benedizione dei rami d’ulivo e la lettura del brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, cui è seguita la processione dei sacerdoti concelebranti, don Alessandro Rossini parroco della Cattedrale, don Carlo Romani, don Stefan Sallisanimarum, padre Mario Lendini, don Roberto Cherubini parroco di Santa Croce, che hanno percorso la navata centrale verso l’altare maggiore al canto dell’osanna. Il rito è proseguito con la lettura della Passione di Gesù e la celebrazione eucaristica.
L’OMELIA DEL VESCOVO
“Iniziamo insieme una Settimana particolare per la Chiesa; è chiamata santa per il mistero che si ricorda e si rinnova: la Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo, il suo esodo, fatto di passione, morte e risurrezione.
Due momenti, in questa celebrazione delle Palme si intrecciano: mistero di gloria e di passione. Infatti dopo la commemorazione dell’ingresso in Gerusalemme, abbiamo proclamato il racconto della passione di Gesù secondo l’evangelista Matteo. E’ lo stesso mistero della nostra esistenza, strettamente intrecciato, sull’esempio di Gesù, dalla sofferenza, dalla passione e dalla morte come esperienza di amore, che viene trasformata dalla risurrezione.

La condizione particolare in cui la nostra nazione, anzi gran parte del mondo, si trova quest’anno per l’epidemia di Coronavirus e l’impossibilità di essere presenti fisicamente in chiesa alla celebrazione dei santi misteri della nostra Redenzione, che si rinnovano nei giorni santi della settimana santa, ci aiuta ad attrezzare il nostro mondo interiore per rapportarci con più profonda spiritualità a Cristo che comunque rinnova per noi il mistero pasquale.
Siamo passati da una disponibilità di celebrazioni ad ogni ora e per ogni gusto alla condizione di chi non può fare altro che partecipare nel desiderio o attraverso i media ai santi riti che ci mettono in contatto con Gesù e con la Chiesa, comunità viva.
A cominciare da questa giornata, domenica delle palme, spiritualmente siamo parte del corteo dei discepoli e della folla che accompagna Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme, cantando l’osanna a Gesù e disponendoci a seguirlo nella sua passione e morte per essere parte della sua risurrezione. In questi giorni molti di noi si sono uniti dalle finestre delle case al coro virtuale fatto di condomini e di concittadini per esprimere col canto la speranza e la gratitudine per chi è negli ospedali. Tutti noi, credenti, discepoli di Gesù, impediti di essere riuniti nelle nostre chiese per partecipare ai santi misteri, possiamo unirci spiritualmente con la preghiera, col canto, con l’ascolto attento, dinamico e dialogante della Parola della Liturgia di questi giorni, particolarmente ricca.
Nessuno potrà consolarci per la privazione dell’Eucarestia, ma possiamo ugualmente far risuonare nella nostra casa-chiesa domestica la Parola di Dio con la proclamazione “drammatizzata” da parte di tutti, adulti e ragazzi, delle letture proposte dalla Liturgia per questa giornata. La Parola che risuona nella casa sarà più forte ed efficace del Coronavirus, che si aggira minaccioso intorno a noi.
Il racconto, fatto dall’evangelista Matteo, dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, dalla tonalità festosa ed osannante, si conclude con questa domanda:
“Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
Nel volgere delle ore di questi giorni, miste di silenzio, di noia, di ozio e di relazioni virtuali, il tutto avvolto dalla sensazione di angustia, generata dalla minaccia oscura del Coronavirus, anche noi vogliamo interrogarci «Chi è costui».
Nei momenti critici dell’esistenza personale e comunitaria affiorano le domande cruciali, che sono alla base della filosofia della nostra vita.
Per un cristiano, come lo fu per gli apostoli e i discepoli, questa è “la domanda”: “chi è Gesù”.
E la risposta non può essere quella dettata dalla paura o dalla contingenza di una pandemia dallo svolgimento drammatico per la presenza di migliaia di morti e per l’esito incerto e imprevedibile, ma è quella che scaturisce dalla lucidità di una riflessione non distorta dalle distrazioni consumistiche e dall’offuscamento mentale riverso su uno stato di benessere unicamente materiale e di piaceri mondani. Una risposta che lucidamente fa riferimento ad una storia di amore, di amore totale che Gesù di Nazareth ha vissuto e testimoniato nei confronti di Dio Padre, dell’umanità intera e di ciascuno di noi.
La proclamazione delle letture della messa e in particolare del racconto della Passione di Gesù secondo Matteo concorrono e delinearci la figura di Gesù, così come è stata preannunziata nell’Antico Testamento (Prima lettura e Vangelo), come è stata interpretata da Paolo (Seconda lettura).
Matteo ci accompagna passo dopo passo dietro a Gesù che vive il mistero dell’iniquità dalla notte del tradimento, del rifiuto da parte dei capi e del popolo, dell’abbandono dei suoi discepoli, fino alla crocifissione e alla morte. Ma che sperimenta anche il conforto di Maria, delle donne, del Cireneo, di Giuseppe d’Arimatea, di Nicodemo e del Padre che lo innalza nell’alto della croce e della risurrezione
Attraverso questa santa celebrazione, anche noi, con l’aiuto dello Spirito, insieme a tutta la Chiesa, vogliamo professare come la folla di Gerusalemme: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea», e infine come il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù ai piedi della croce: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Il salmo responsoriale, che abbiamo proclamato, si intitola Canto dell’isolamento ed è risonanza della situazione e della riflessione di questi giorni di isolamento.
E’ il canto di chi, per un motivo o un altro, cade in disgrazia di fronte agli altri: di chi è colpito dalla malattia, dalla sofferenza che sembra senza sbocco, dalla morte dei cari, dalla perdita del lavoro, da una prospettiva di futuro economico incerto e di precarietà, di relazioni interpersonali diverse da quelle passate.
Un canto doloroso che diventa uno sfogo per una situazione che, nella sua ineluttabilità, bisogna accettare. E’ il canto di Gesù tradito, umiliato e abbandonato.
Ma anche il canto della comunità dei discepoli, colpita da tragedie e ora dalla epidemia, dalla paura del futuro.
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Ma anche la preghiera che canta la speranza di una situazione transitoria che è nelle mani di Dio, che ha l’ultima parola. “Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto”.
In questa preghiera sono presenti i fratelli. “Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea”, richiamo all’assemblea che si ricostituirà per sperimentare l’unità di popolo, per lodare il Signore. Fa riferimento alla discendenza di Giacobbe, alla comunità dei discepoli, alla chiesa salvata dalla passione, morte e risurrezione del Signore.
La settimana santa, la Pasqua del Signore, la primavera che ci avvolge con i fiori e i colori, la generosità di tanti uomini e donne, la fede e l’amore per il Signore di migliaia di fratelli, i santi misteri che ovunque nel mondo, nelle chiese, nelle case celebriamo, ci annunciano la speranza che il mondo cambierà, gli uomini saranno salvati, un tempo nuovo di bellezza e di amore tornerà.
Perché Gesù è morto ed è risorto… per noi.
Quest’anno non vi sarà la distribuzione né lo scambio dei rami di ulivo.
Solo un ramo uscirà dalla Chiesa, portato misticamente dallo Spirito nelle vostre case, come uscì dall’arca di Noè quale premessa e segno di speranza perché l’arcobaleno tornerà a ristabilire l’alleanza di Dio con l’umanità.

Spoleto – Sussidio per vivere in famiglia il Triduo Pasquale al tempo del Coronavirus. L’Arcivescovo: «Vivrò il Triduo a porte chiuse, ma vi porterò tutti attorno all’altare del Signore». Le celebrazioni diretta su Facebook e YouTube

Con la Settimana Santa si entra nel cuore del mistero cristiano, che svela il senso della vita, della sofferenza e della morte. Vi si entra sui passi di Gesù, avvolti da un amore donato fino in fondo. Vi si entra consapevoli che, dalla sua morte e risurrezione, fioriscono per tutti – anche in un tempo difficile come l’attuale – la salvezza, la speranza e la pace.

«La situazione eccezionale che stiamo vivendo – scrive l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo – non ci permetterà quest’anno di partecipare alle liturgie del Triduo Pasquale, ma non può farci rinunciare a vivere la Pasqua. L’impossibilità di celebrare e ricevere il sacramento eucaristico e di incontrarci con la comunità parrocchiale non impedisce di pregare insieme e di gustare in profondità la bellezza della liturgia familiare. Immagino che anche voi, care famiglie cristiane, genitori e figli, in questi giorni santi desideriate unirvi con i gesti della fede alla preghiera della Chiesa nella vostra Chiesa domestica. E allora abbiamo predisposto alcune pagine che vogliono essere un piccolo strumento per accompagnare e sostenere questi momenti privilegiati. I sacerdoti e il Vescovo – conclude mons. Boccardo – vivranno il Triduo Pasquale “a porte chiuse” a causa delle ragioni di sicurezza e prudenza che ben conosciamo, ma vi assicuro che vi porteremo tutti con noi attorno all’altare del Signore, dove deporremo a nome vostro gioie e dolori, fatiche e speranze, invocando sulla vostra casa la pace e la consolazione che il Signore risorto dona ai suoi amici».

Le celebrazioni della Settimana Santa che l’Arcivescovo celebrerà in Cattedrale, in assenza di fedeli, verranno trasmesse in diretta streaming sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi. Calendario:

5 aprile, Domenica delle Palme: ore 11.00, Messa.

9 aprile, Giovedì Santo: ore 18.00, Messa in coena Domini.

10 aprile, Venerdì Santo: ore 18.00, Celebrazione della Passione del Signore.

11 aprile, Sabato Santo: ore 21.00, Veglia pasquale.

12 aprile, Domenica di Pasqua: ore 11.00, Messa.

 

Spoleto – Sussidio per vivere in famiglia il Triduo Pasquale (download)

Perugia – la Settimana Santa 2020 nel tempo del “Coronavirus”. Le celebrazioni presiedute dal cardinale Gualtiero Bassetti nella cattedrale di San Lorenzo:

Con la Domenica della Palme (5 aprile), che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, i cristiani entrano nella Settimana Santa: Passione, Morte e Risurrezione del Signore, il cuore dell’Anno liturgico. Quest’anno l’intero tempo di preparazione alla Pasqua, la Quaresima, è stato caratterizzato dalla pandemia da Covid-19 che ha causato in Italia fino ad oggi quasi 15mila morti (il numero dei soli decessi avvenuti nelle strutture ospedaliere), tanta sofferenza nel corpo e nello spirito e non poche limitazioni delle libertà costituzionali per contenere il più possibile il contagio. Una situazione, a memoria d’uomo, che non ha precedenti nel nostro Paese.

Mancheranno, soprattutto ai credenti praticanti, i tradizionali riti della Settimana Santa che si sarebbero dovuti aprire in ogni parrocchia di città, di periferia e di paese con la “processione delle palme”, i ramoscelli d’ulivo che si portano a casa come segno di pace e di benedizione.

La Quaresima 2020 è stata vissuta nella sua pienezza cristiana, con fede, speranza e carità, elevando al Signore incessanti preghiere da casa, divenuta «piccola chiesa domestica», come ha ricordato più volte il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei. A testimoniarlo sono anche i dati di ascolto di milioni di persone nel seguire messe e momenti di preghiere attraverso tv, radio, internet e social media. I credenti sono stati avvicinati ancor più alla sofferenza, alla solitudine e alle privazioni di Gesù nei quaranta giorni trascorsi nel deserto.

Altra sofferenza per i fedeli è quella di essere privati dalla partecipazione diretta ai riti della Settimana Santa. Questi, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, saranno presieduti dal cardinale Bassetti. Il presule invita i fedeli a viverli con particolare raccoglimento tra le mura domestiche per accogliere ciascuno nel proprio cuore Gesù, che «è veramente Risorto», ricordando a tutti che il Triduo pasquale è il «centro della nostra fede e della nostra vita cristiana».

Le celebrazioni della Settimana Santa nella cattedrale di San Lorenzo saranno trasmesse in diretta da Umbria Tv, Umbria Radio InBlu e sui social media ecclesiali: Domenica delle palme, 5 aprile, ore 10, Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme e Messa della passione del Signore; Giovedì Santo, 9 aprile, ore 17, Messa nella Cena del Signore; Venerdì Santo, 10 aprile, ore 15, Celebrazione della Passione del Signore; Sabato Santo, 11 aprile, ore 21, Veglia pasquale nella notte santa; Domenica di Pasqua, 12 aprile, ore 10, Messa della Risurrezione del Signore.

Vescovi Umbri – alla pandemia del Coronavirus sostituiamo la pandemia della preghiera e della tenerezza

Il diffondersi impressionante dell’epidemia da Coronavirus ha reso necessaria l’assunzione di numerose drastiche misure per la tutela della salute pubblica. Tra queste, anche quella – accolta non senza difficoltà e sofferenza – di celebrare la liturgia, compresa la S. Messa, senza la partecipazione della comunità credente. Nelle stesse condizioni dovremo vivere la Settimana Santa ormai alle porte, con il Triduo Pasquale e la Pasqua di risurrezione, centro dell’anno liturgico. Per ogni fedele questa situazione costituisce una amara esperienza di autentico “digiuno”: egli deve infatti rinunciare ad accostarsi alla mensa eucaristica e a condividere con gli altri fratelli e sorelle questo momento essenziale e costitutivo della vita cristiana.

Le diverse liturgie che – nel rispetto delle norme di sicurezza stabilite dalla competente autorità – si terranno nelle chiese Cattedrali e nelle parrocchie saranno comunque e sempre a nome e a beneficio di tutto il popolo fedele, raccolto idealmente attorno all’altare per il mistero della comunione dei santi. Perciò i Vescovi, attingendo al Magistero e alla Tradizione della Chiesa, hanno ritenuto di qualche utilità fornire in proposito alcuni elementi chiarificatori, che favoriscano una serena comprensione del momento difficile che stiamo vivendo.

1. La riforma del Concilio Vaticano II auspica che «i fedeli prendano parte alla celebrazione consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (SC 11), e raccomanda ai battezzati la comunione al sacrificio eucaristico – alle condizioni richieste – come partecipazione più perfetta al sacrificio stesso (cf SC 55).
Le indicazioni conciliari non significano tuttavia che la validità della celebrazione eucaristica dipenda o sia condizionata dalla presenza del popolo. La “materia” imprescindibile della Messa sono il pane e il vino, così come la “forma” è data dall’atto celebrativo presieduto dal sacerdote. Quando un presbitero celebra l’Eucaristia «con l’intenzione di fare ciò che vuole fare la Chiesa», quella Messa attualizza oggettivamente il mistero pasquale di Cristo. È dottrina di fede infatti che nella memoria eucaristica «è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo che si offerse una volta in modo cruento sull’altare della croce… Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi» (DS 1743). Oltretutto, se la “materia” fosse l’assemblea si dovrebbe pensare paradossalmente ad una sua trasformazione o addirittura ad una sua “transustanziazione”, concetto del tutto estraneo alla tradizione cattolica e alla teologia dell’Eucaristia.

2. L’assemblea partecipa alla celebrazione ma non è la protagonista costitutiva dell’atto sacramentale, come lo è invece il ministro ordinato, presbitero o vescovo. Egli stesso d’altronde non è ministro di se stesso, ma solo di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa. La presidenza eucaristica infatti, come ha sempre insegnato il Magistero, è un agire “nella persona stessa di Cristo” (in persona Christi), tanto è vero che il ministro in quel momento non si esprime in terza persona, bensì in prima: «Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue». È chiaro che da un punto di vista pastorale la presenza del popolo è quanto mai auspicabile, così come è raccomandato «che i fedeli non assistano come estrani o muti spettatori e vi partecipino anzi consapevolmente, piamente e attivamente» (SC 48). Teologicamente, tuttavia, l’attuazione oggettiva della pasqua di Cristo nell’azione eucaristica della Chiesa non dipende dalla loro presenza. Una cosa è la validità oggettiva, altra la fecondità o la fruttuosità soggettiva. Il celebrante e l’assemblea dei fedeli svolgono un ruolo di rappresentanza visibile, ma il ministro originario dell’azione eucaristica è lo stesso Signore Gesù, eternamente glorificato presso il Padre, Lui che «possiede un sacerdozio che non tramonta» (Eb 7, 24; cf 7, 25-26; 8, 1-2; 9, 12. 24). Lo stesso vale per la presenza eucaristica di Cristo nei segni sacramentali del pane e del vino.

3. La presenza del popolo di Dio non è accessoria e il sacerdozio battesimale è inseparabilmente unito a quello ministeriale (cf LG 10). La Messa però non dipende dal sacerdozio battesimale. I fedeli «compiono la propria parte nell’azione liturgica» (LG 11), ma non sono loro che attuano e rendono presente il gesto di Cristo che si offre al Padre ogni volta che, obbedendo al suo comando, il ministro – a nome della Chiesa e in persona Christi – fa memoria della sua pasqua. (A questo proposito, è quanto mai urgente una appropriata catechesi che educhi la comunità alla piena partecipazione all’azione eucaristica; sarà anzi indispensabile operare in questa linea appena si possa tornare alla normalità).

4. La liturgia è un’azione comunitaria, ma quando si parla di comunità e di comunione si deve avere la consapevolezza che essa va al di là dei confini visibili; è una comunione di grazia che unisce sempre realmente tutti i battezzati nell’unico corpo mistico di Cristo. Ciò significa che i fedeli sono inclusi in ogni celebrazione eucaristica, alla quale si possono unire spiritualmente pur non essendo visibilmente presenti. È bello ricordare cosa fece P. Theilhard de Chardin quando, nel deserto di Ordos in Cina nel 1923, nel giorno della Trasfigurazione, trovandosi senza pane e senza vino, celebrò “la Messa sul mondo”, presentando a Dio la storia dell’universo come una grande oblazione che, per mezzo di Cristo nello Spirito, sale al Padre: «Poiché … sono senza pane, senza vino, senza altare, mi eleverò al di sopra dei simboli alla pura maestà del reale, e ti offrirò, io tuo sacerdote, sull’altare della terra totale, il lavoro e la pena del mondo» (“La Messa sul mondo”», in Inno dell’universo, Brescia 1992, p. 9). Il “digiuno eucaristico” a cui i fedeli sono costretti in questo momento diventa un’opportunità per educarsi a fare di tutta la propria esistenza un’offerta vivente a Dio, secondo quel “culto spirituale” tanto raccomandato da San Paolo (cf Rm 12, 1-2), e costituisce un’occasione preziosa per riscoprire la bellezza e la grandezza di potersi comunicare, non appena sarà possibile, al corpo e sangue del Signore Gesù. La Messa che i sacerdoti celebrano ogni giorno da soli, non senza una loro grande sofferenza per l’assenza dei fedeli, rappresenta un segno di comunione soprannaturale di tutta la Chiesa e dice “in atto” come i battezzati siano chiamati a farsi «pietre vive, costituiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt 2, 4-5).

5. La decisione assunta non è dunque di sospendere le Messe, ma di celebrarle senza il popolo; una scelta obbligata, che ovviamente non esclude che si debbano incrementare molteplici forme di preghiera e di carità e ricercare i tanti tipi di presenza e dialogo con i fedeli resi possibili dai moderni mezzi di comunicazione, per mantenere viva la fede e la comunione con la Chiesa in un tempo in cui nemmeno è permesso incontrarsi in gruppo per la catechesi e per altri momenti di formazione e condivisione. La mancanza della Messa coram populo chiama tutti i fedeli ad educarsi o ri-educarsi ad un rinnovato clima di ascolto della Parola di Dio, riflessione e preghiera per riscoprire la comunità familiare come “chiesa domestica” o piccola chiesa nella grande Chiesa (cf LG 11; AA 11).

La certezza che ogni giorno numerose azioni eucaristiche sono celebrate vicino alle nostre case rappresenta una grazia e una benedizione per tutti. Ad esse ci uniamo spiritualmente ed offriamo al Signore le nostre sofferenze e lo stesso “digiuno eucaristico”, affinché Dio ci aiuti a superare questo momento doloroso e sia vicino a quanti soffrono nel corpo e nello spirito. E accogliamo fiduciosi il duplice invito del Santo Padre: alla pandemia del coronavirus sostituiamo la pandemia della preghiera e della tenerezza.

Assisi, 31 marzo 2020.

+ Renato Boccardo

Arcivescovo di Spoleto-Norcia

Presidente della Conferenza Episcopale Umbra

Nota dei Vescovi umbri circa la celebrazione di Prime Comunione e Cresime in tempo di Coronavirus

A seguito della diffusione dell’epidemia da Covid-19, al fine di tutelare la salute di persone e comunità e ovviare alle incertezze che gravano su impegni pastorali programmati da tempo, considerato che l’attuale situazione non sta consentendo una adeguata preparazione dei fanciulli e dei ragazzi, i Vescovi dell’Umbria hanno stabilito che le celebrazioni della Messa di Prima Comunione e della Confermazione – programmate dal tempo pasquale fino all’estate – vengano rinviate ad altro momento opportuno, quando lo consentiranno le condizioni generali. Per le stesse ragioni, sono soppresse o rinviate le manifestazioni esterne di pietà popolare solite compiersi durante la Settimana Santa.

Assisi, 28 marzo 2020.

+ Renato Boccardo
Arcivescovo di Spoleto-Norcia
Presidente della Conferenza Episcopale Umbra

Terni – la lettera del vescovo alla diocesi per la Pasqua. “Questi giorni santi, trascorsi nell’intimità delle nostre case, siano riempiti da una liturgia spirituale ed esistenziale, dalla personalizzazione più diretta del rapporto con Gesù”. LE CELEBRAZIONI PASQUALI IN DIRETTA

La traversata del deserto quaresimale, particolarmente aspra e faticosa, condivisa con una umanità alle prese con la lotta, corpo a corpo, con il Coronavirus, intravede la città santa di Gerusalemme, quale oasi di ristoro e locanda di medicazione e guarigione. Qui, quest’anno, nei giorni della Settimana Santa, saremo in condizione di comprendere nelle ferite inferte alla nostra carne, al nostro corpo, ai nostri affetti, alle nostre comunità, particolarmente preoccupate per il presente e per un futuro incerto, la vicinanza di Gesù, che “si è addossato i nostri dolori” e per primo ha fatto sue le nostre insicurezze esistenziali. La passione della nostra società e della Chiesa, provocata dalla epidemia più che mai diventa la passione. di Cristo, viene assunta da Cristo che si fa nostro Cireneo, compagno di viaggio verso il Golgota della malattia e della solitudine, in attesa della guarigione-risurrezione. Gesù vuole associarsi a noi come conviandante nel cammino di ripresa e di guarigione, dentro e fuori della città, verso Emmaus della delusione per spiegarci e recuperare le ragioni di un nuovo significato della esistenza, provata dalla delusione improvvisa e inaspettata. Gesù anche quest’anno rinnova il suo esodo, passando attraverso l’umiliazione e la sconfitta della morte e ci annuncia la vittoria della risurrezione. E’ lui il maestro paziente, che ascolta le lagnanze impetuose e disordinate, cariche di lacrime di chi, quasi senza avvedersene, ha assistito da lontano alla morte dei propri cari. E’ Lui il mite Agnello, testimone delle pretese orgogliose e irrazionali di menti presuntuose che non hanno saputo prevedere né porre argine a comportamenti irresponsabili e solo galvanizzati dalla ricerca dissennata del benessere smodato, del consumismo fine a se stesso, a scapito della creazione sfruttata e umiliata.
E così, in questo tempo di ritiro forzato, ognuno può prendere consapevolezza della preziosità e bellezza della vita, della propria responsabilità in ordine alla vita sociale, al destino ultimo, che transita attraverso il passaggio della morte, ed è aperto all’orizzonte di Dio e dell’eternità.
Questi giorni santi, trascorsi nell’intimità delle nostre case, siano riempiti da una liturgia spirituale ed esistenziale, dalla adorazione in spirito e verità, dalla personalizzazione più diretta del nostro rapporto con Gesù, che sempre sta con noi e per noi muore e risorge, per promuovere e favorire la conversione delle nostre esistenze, per una fecondità di bene e di vita. La comunità cristiana, temporaneamente dispersa e in diaspora, si ritrova in Gesù. Il Papa, i vescovi, il vostro vescovo celebreranno i santi misteri della passione, morte, sepoltura e risurrezione di Gesù a nome di tutta la Chiesa, del Popolo santo fedele di Dio, di tutti voi. Troviamo il modo di manifestare partecipazione, vicinanza e comunione spirituale, sentimentale, virtuale. Il digiuno eucaristico sia saziato, per quanto è possibile, dalla condivisione del pane della Parola e del pane della carità, in famiglia, con i vicini, con chi soffre o è nel bisogno, ciascuno secondo le proprie possibilità e la ricchezza del suo cuore.

Spoleto – Lettera dell’Arcivescovo Boccardo ai fedeli in tempo di Coronavirus. Le celebrazioni della Settimana Santa in streaming su Facebook e You Tube

In questo tempo di Coronavirus l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha scritto una lettera alla comunità diocesana dei Santi Ponziano e Benedetto, Rita e Chiara della Croce.

Uno schiaffo brutale. «Abbiamo ricevuto all’improvviso – scrive il Presule – come uno schiaffo brutale: siamo stati costretti da un giorno all’altro a cambiare totalmente abitudini e consuetudini; a rimanere chiusi in casa, smarriti e preoccupati per il futuro; privati di una vicinanza, quella vera e reale, fatta di abbracci, di baci, di strette di mano. Ogni giorno possiamo constatare la fragilità e la precarietà dell’essere umano, nonostante gli impressionanti e meravigliosi progressi della scienza, della tecnica e della medicina. Anche il ritmo normale della vita cristiana è stato interrotto, con le celebrazioni eucaristiche domenicali e feriali che nutrono la fede e sostengono la carità; i diversi momenti di condivisone, formazione e fraternità».

Non saremo più quelli di prima. Mons. Boccardo, che dall’8 marzo scorso ogni giorno feriale alle 18.00 (i festivi alle 11.00) celebra la Messa dal Duomo di Spoleto e trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della Diocesi, scrive che «Non sappiamo quanto durerà questa crisi, né dove ci porterà. Sappiamo, però, che non saremo più gli stessi di prima». E si domanda: «Cosa possiamo imparare da questa situazione? La solitudine e il silenzio che abitano le nostre giornate ci possono insegnare innanzitutto a coltivare uno sguardo contemplativo ed accogliente sulle persone, sulle vicende e sul mondo; a crescere nella pazienza rinunciando alla tentazione disumanizzante del “tutto subito”; a trovare libertà nella attenzione all’essenziale, non solo quanto all’avere ma anche quanto al fare: fare meno per imparare a fare meglio e insieme; assaporare la grazia della fraternità e dello stare in famiglia; coltivare relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal reciproco perdono; possiamo riscoprire la bellezza della sobrietà che fa posto alle gioie dell’interiorità, quelle che purificano lo spirito, liberano l’anima e restituiscono lucentezza allo sguardo».

La benedizione dal balconcino del palazzo vescovile. «Come ho confidato in occasione del X anniversario della mia presenza tra voi, dal balconcino del primo piano del palazzo vescovile traccio tutte le sere un segno di croce per invocare la benedizione di Dio su ogni casa e su ogni abitante della Diocesi. Contate su questo gesto orante, che assume in questi mesi una valenza particolare: vuole dire la sollecitudine, l’amicizia e la preghiera con le quali il Vescovo condivide con tutti i suoi diocesani il tempo della prova».

Perugia, Spoleto, Terni, Città di Castello – Le preghiere dei vescovi nei cimiteri cittadini

Il cardinale Bassetti e il sindaco Romizi in raccoglimento e preghiera per le vittime del “Covd19″. Il presule: «Abbiamo in prima linea, anche per il numero di morti, medici, infermieri, sacerdoti e tutti coloro che prestano un servizio diretto alle persone colpite»
Anche i cipressi del Cimitero monumentale di Perugia, con le cime piegate dal forte vento, si sono “inchinati” nel rispetto della morte, gesto che simbolicamente ha compiuto l’intera città con il raccoglimento di alcuni rappresentanti delle sue Istituzioni civili e religiose all’interno della chiesa cimiteriale, nella mattina del 27 marzo. Un giorno particolare per la Chiesa universale ed italiana. Quest’ultima lo ha chiamato «il Venerdì della misericordia, un venerdì di Quaresima nel quale lo sguardo al Crocifisso invoca la speranza consolante della Risurrezione», affidando a ciascun vescovo «un segno di suffragio e di consolazione» per tutte le vittime della pandemia da “Covid19” e i loro cari, raccogliendosi in preghiera in uno dei cimiteri delle proprie diocesi.
Il cardinale Bassetti ha scelto il monumentale di Perugia, accompagnato dal sindaco Andrea Romizi e dall’assessore Edi Cicchi ed accolto in chiesa dal parroco e dal vice parroco del quartiere di Monteluce don Nicola Allevi e don Giordano Commodi e dal cappellano del vicino “Hospice” don Domenico Lucchiari. Una scelta non casuale perché il Cimitero monumentale del capoluogo umbro potrebbe accogliere, nel suo impianto di cremazione, alcune salme delle persone decedute in Lombardia.
«Un luogo che ci fa sentire ancora più vicini a quanti, a causa di questa pandemia, non hanno potuto portare alcun conforto ai propri congiunti, morti isolati, senza ricevere una carezza e nemmeno i sacramenti». Ha commentato il cardinale Bassetti prima di raccogliersi in preghiera, aggiungendo: «i nostri cimiteri, come le nostre chiese, sono luoghi benedetti. Qui infatti riposano, in attesa della risurrezione, i nostri cari. Purtroppo il mondo intero sta attraversando una crisi epocale, dovuta a questa terribile pandemia. Come in tutte le guerre i primi a cadere sono quelli sul fronte, perché sono i più esposti. Abbiamo in prima linea, anche per il numero di morti, medici, infermieri, sacerdoti e tutti coloro che prestano un servizio diretto alle persone colpite. Io sono convinto che, quanto tutto sarà passato, perché non ci mancherà lo sguardo misericordioso di Dio Padre e l’intercessione della Madre delle Grazie, emergeranno tante figure, che, nell’adempimento eroico del loro dovere, hanno sacrificato la vita sapendo di sacrificarla. Un medico, un infermiere, un sacerdote sanno bene cosa rischiano».
Nell’introdurre la preghiera il cardinale ha detto: «da questa terra santa e benedetta, dal nostro cimitero, si innalzi stamani la nostra preghiera, assieme a quella dei Pastori di tutti le Chiese d’Italia, per quelli che ho appena ricordato e per tutti coloro, sono migliaia nel nostro Paese, che hanno perso la vita e sono stati sepolti senza quei conforti necessari e cristiani che noi riserviamo a tutti i nostri cari».
Al termine il cardinale Bassetti ha ricordato ai pochi presenti e ben distanziati tra loro, che la giornata del 27 marzo ha una duplice valenza, perché oltre al momento di preghiera dei vescovi nei cimiteri delle proprie diocesi, papa Francesco, nel pomeriggio, in Piazza San Pietro vuota, si raccoglierà in preghiera per l’adorazione eucaristica, unendosi spiritualmente a tutti i cristiani che vorranno farlo attraverso i media, concedendo l’indulgenza plenaria e impartendo la benedizione Urbi et orbi.
Il sindaco Andrea Romizi, a margine della preghiera nel Cimitero monumentale, ha commentato la giornata per le vittime del “Coronavirus” promossa dalla Cei. «E’ una iniziativa che abbiamo molto apprezzato, perché ci consente di rivolgere un pensiero come italiani alle migliaia di vittime di questo virus terribile. Stiamo vivendo da diverse settimane una situazione che colpisce un po’ tutti, chi più e chi meno, ma sappiamo cosa vuol dire in particolare per la Lombardia e per altre regione, come la vicina Marche. Anche noi stiamo piangendo i nostri morti e, in molti casi, sono persone che non hanno avuto una carezza, come giustamente ha fatto presente il nostro cardinale. Oggi, con questa preghiera, abbiamo avuto l’occasione di ricordare e di accompagnare spiritualmente i nostri morti». Il primo cittadino di Perugia ha anche detto che «la nostra Amministrazione ha dato la sua disponibilità, in caso di necessità, ai Comuni di Bergamo, Brescia e di altre zone della Lombardia, di accogliere le salme dei loro cittadini per la cremazione nell’impianto del nostro Cimitero monumentale».

SPOLETO
Venerdì 27 marzo 2020 alle ore 15.00 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza Episcopale Umbra mons. Renato Boccardo si è recato, da solo, in unione con tutti i Vescovi d’Italia, che hanno compiuto lo stesso gesto, al cimitero monumentale di Spoleto per pregare per i defunti a causa del Coronavirus, per tutte quelle persone che sono andate incontro alla morte senza la compagnia e la presenza dei familiari, senza il conforto dei sacramenti. «Noi sappiamo bene – ha affermato il Presule – che Dio va al di là dei sacramenti, raggiunge il cuore degli uomini e accoglie la loro verità e la loro dedizione e dona loro la salvezza. Però li vogliamo accompagnare con la nostra preghiera di suffragio». L’Arcivescovo affiderà alla bontà e alla misericordia del Signore tutti i defunti: quelli del Coronavirus, ma anche quelli che sono sepolti nei cimiteri della Diocesi di Spoleto-Norcia.
Tornando dal cimitero di Spoleto, mons. Boccardo si è fermato presso la Basilica di S. Ponziano: al patrono della Città ha rivolto la preghiera di supplica affinché ci difenda dal male. «Noi veneriamo S. Ponziano – ha detto il Presule – come patrono dal terremoto e gli si attribuisce nella tradizione popolare quella promessa “Spoleto tremerà, ma non crollerà”. E allora chiederò a nome vostro a S. Ponziano di continuare a proteggere Spoleto e quando pensiamo Spoleto pensiamo a tutta la Diocesi».
Il video del momento di preghiera si trova al seguente link: https://youtu.be/73V_4RZRDgc

TERNI
In comunione con tutti Vescovi d’Italia venerdì 27 marzo, il vescovo Piemontese si è recato al Cimitero civico di Terni per un momento di raccoglimento, preghiera e benedizione, “intendendo così affidare al Padre tutti i defunti di questa pandemia, manifestare la vicinanza della Chiesa a quanti sono nel pianto e nel dolore e ricordando in particolare nella preghiera i defunti del territorio della Diocesi, per i quali non è stato possibile celebrare il funerale”. Con il vescovo hanno pregato il cappellano del cimitero di Terni, padre Mario Lendini, il diacono Daniele Martelli e il sindaco di Terni, Leonardo Latini, che si è unito a questa preghiera a nome proprio e in rappresentanza di tutta la cittadinanza nel gesto di vicinanza a quanti sono nel dolore. La preghiera e cominciata davanti ai cancelli del cimitero, quindi il piccolo corteo è entrato percorrendo il viale principale dove il vescovo ha benedetto le tombe estendendo la benedizione a tutti i defunti lì presenti.
“In questi giorni una tragedia si è abbattuta sull’Italia e sul mondo intero – ha detto il vescovo Piemontese -. Migliaia di persone sono decedute nell’anonimato e senza conforto, tante altre persone non hanno potuto salutare i loro cari, dare loro il conforto religioso e l’ultimo saluto. Noi vogliamo ricordarli tutti indistintamente, uno ad uno, così come sono davanti al Signore. Vogliamo rendere onore alle loro persone, e mi auguro che il Signore voglia dare una carezza a tutti i familiari che hanno perso i loro cari, ai nostri concittadini, agli abitanti della nostra diocesi, come conforto e consolazione, in attesa della resurrezione. Dinanzi le tombe dei nostri defunti, ci troviamo vivi tra i viventi: dalla vittoria di Gesù risorto sulla morte noi riceviamo la speranza che le tombe si apriranno, che nessuno sarà più prigioniero della terra; nel ricordare tutti i nostri cari, noi vogliamo proclamare che c’è una luce oltre le tenebre, che c’è una vita oltre la morte”.

CITTA’ DI CASTELLO
Mons. Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello, ha risposto all’invito della Conferenza Episcopale Italiana e si è recato nella mattina odierna al cimitero monumentale di Città di Castello. Nella cappella del cimitero – dove Nemo Sarteanesi ha dipinto i santi ed i tre santuari mariani principali della diocesi tifernate – ha impartito la benedizione su tutti i defunti. Con il tono rotto dall’emozione mons. Cancian ha voluto testimoniare la vicinanza della Chiesa tifernate a tutti coloro che soffrono in questi drammatici momenti. Non ha mancato di rivolgere la seguente riflessione. “Per me (e penso anche per vescovi e preti che sono potuti andare al cimitero) è stata un’esperienza unica, molto commovente. Ho pregato, insieme al parroco della Cattedrale don Alberto Gildoni, in un cimitero senza nessuno, in un silenzio… tombale, sentendo molto vicine innumerevoli persone che, nel mondo, in Italia e anche da noi, rinchiuse nelle loro case, stanno piangendo i loro defunti vittime della pandemia. Dopo aver letto il brano della morte di Gesù in croce e della sua sepoltura, ho detto che solo alla luce della morte in croce di Gesù e della sua risurrezione possiamo cercare di accettare le angoscianti sofferenze di questi giorni. Come sappiamo sono ormai migliaia le persone che ci hanno lasciato, tanti anziani ma anche giovani, perfino medici e infermieri, e chi si stava dedicando completamente agli altri. Persone morte da sole senza conforti umani e nemmeno spirituali. E a casa, isolati, parenti e amici che ancora stanno piangendo. Con in testa quella domanda angosciante: ma perché tutto questo?” “Vescovi e preti d’Italia hanno deciso in questo venerdì di Quaresima di andare al cimitero, purtroppo da soli per motivo di sicurezza. In cimitero a nome di tutti quelli che non ci possono andare a piangere le persone care. Per dare una benedizione a nome di tutta la comunità. Avevo in mente la processione dei mezzi militari che trasportavano centinaia di salme nei vari cimiteri, immagine simbolo della tragedia che stiamo vivendo. Ho cercato di ricordarli tutti, quelli che ho conosciuto e gli altri che mi sono stati notificati, con l’impegno di ricordarli in modo degno appena possibile. Li ho affidati al Padre misericordioso che tiene in mano le nostre sorti, ci vuole bene e metterà fine a questo brutto male. Sia Lui ad abbracciarli e a stringerli al suo cuore, ad accoglierli nella sua dove la gioia non conosce lacrime. E la Pasqua sarà eterna. E a voi carissimi – ha concluso Cancian – che siete con le lacrime negli occhi e il vuoto nel cuore giunga il mio affettuoso abbraccio, le vive condoglianze di tutta la comunità e la benedizione per continuare insieme con fiducia e con coraggio il nostro cammino.” Domani sabato 28 Marzo 2020 alle ore 11.00 presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie in via XI Settembre il Vescovo, Monsignor, Domenico Cancian, il parroco Don Andrea Czortek e il sindaco, Luciano Bacchetta, parteciperanno ad una breve cerimonia religiosa per “affidare la protezione del comune alla Beata Vergine Maria Madre della Grazia Divina, patrona di Città di Castello e della Diocesi tifernate”. Un momento di preghiera e raccoglimento che durante il corso della storia si è verificato in occasione di eventi eccezionali di particolare difficoltà come quello che il paese sta vivendo nel fronteggiare l’emergenza del Coronavirus”. Sarà una iniziativa in forma privata a seguito delle note disposizioni previste dal Dpcm del governo che vietano qualsiasi assembramento. L’agenzia stampa del comune in collaborazione con il Servizio Comunicazione della Diocesi tifernate ne darà adeguato riscontro fotografico-video con nota allegata.