Un pellegrinaggio spirituale dei ternani verso la basilica del patrono della città e dell’amore san Valentino, nel tempo del Coronavirus, per chiedere la protezione del santo, perchè con il suo sguardo benigno possa intercedere presso il Signore per liberarci dal male che ci avvolge.
Così, rappresentando l’intera comunità diocesana, il vescovo Giuseppe Piemontese ha celebrato la messa della seconda domenica di Pasqua nella basilica di San Valentino alla presenza del sindaco di Terni Leonardo Latini, del vicario generale della diocesi don Salvatore Ferdinandi, del parroco di San Valentino padre Johnson Perumittath e della comunità dei frati Carmelitani. Sul sagrato della chiesa ha benedetto la città di Terni e l’intera Diocesi con le reliquie del patrono san Valentino.
“Anche noi, come gli apostoli, siamo rinchiusi nelle nostre case a motivo del Coronavirus e siamo assaliti da varie paure – ha detto il vescovo nell’omelia -. E’ una sensazione nuova, che può aiutarci a comprendere gli apostoli e a fare l’esperienza del Risorto. Abbiamo sperimentato in queste ultime settimane cosa significhi vivere come comunità dispersa dei discepoli del Signore, impedita di incontrarsi per provare in pienezza la dimensione della Chiesa. Innanzitutto deve affiorare una maggiore consapevolezza del dono che ci viene fatto quando possiamo incontrarci come comunità cristiana per celebrare i santi misteri. Troppi cristiani ritengono non necessario se non superfluo partecipare alle assemblee eucaristiche ed ecclesiali di vario genere”.
E quindi l’invocazione a San Valentino “che col suo patrocinio protegga l’umanità, la nostra città, la nostra diocesi dalla pandemia del Coronavirus, così come in passato ha protetto la società da altri flagelli. Ci aiuti a imparare l’amore verso Dio e verso il prossimo, incontrato secondo lo sguardo di Gesù.
Ci insegni il vero amore: tra genitori e figli, tra sposi, tra fidanzati; l’amore umano nella sua tenerezza e interezza, segno e orma di quello pieno che Dio ha seminato nel cuore dell’uomo, scala che conduce al Cielo”.
Apr, 2020
Il cardinale Bassetti al personale sanitario ospedaliero: «Voi non siete fuggiti»; e agli ammalati Covid-19: «abbiate anche fiducia di questi “angeli” che vi curano»
Il cardinale arcivescovo di Perugia e Città della Pieve e presidente della CEI Gualtiero Bassetti è intervenuto questa mattina con una semplice cerimonia presso l’Ospedale di Perugia per una testimonianza di solidarietà e condivisione del periodo di emergenze a pazienti e personale sanitario.
S.Em. Bassetti prima di una preghiera e della solenne benedizione nell’atrio dell’ospedale ha voluto ispirarsi alle parole del Papa pronunciate una settimana fa. “Mi hanno colpito le parole di Papa Francesco e anche io come lui penso alle tante storie di crocifissi, a quelli di oggi, a questa pandemia: medici, infermieri, tutto il personale di servizio, sacerdoti, suore, morti al fronte come soldati che hanno dato la vita per amore”. Il cardinal Bassetti è stato accolto al Santa Maria della Misericordia da una piccola delegazione di sanitari guidata dal commissario straordinario Antonio Onnis e dal sindaco di Perugia Andrea Romizi: “Se qualcuno dicesse a voi sanitari che questa è la vostra missione e la vostra professione, io rispondo no, perché ci state mettendo molto di più. Chi nella vita non ha la tentazione di fuggire davanti ad un nemico? Voi non siete fuggiti!. Se c’è una categoria di persone che conosce i rischi a cui si espone, affrontando questo tipo di pandemia, siete proprio voi, e a medici, infermieri ed operatori aggiungo anche i cappellani di questo ospedale. Sono qui – ha proseguito Bassetti – a nome della Chiesa per dirvi grazie e per ricordare tutti i sanitari deceduti in Italia. Il Papa li ha definiti “i Santi della porta accanto”, io ho guardato una per una le loro foto riportate sui giornali, volti belli di uomini e donne generosi e forti”.
Ha poi rivolto un pensiero agli ammalati prima di effettuare un collegamento via skipe con uno dei reparti di degenza Covid-19 per parlare con alcuni di loro e con il personale sanitario. “Abbiate fiducia in Dio Padre che non ci abbandona mai e abbiate anche fiducia di questi “angeli” che vi curano. Vi ho molto pensato in questo periodo in cui anch’io vivo in clausura forzata. L’ospedale è la vera casa di tutti il luogo della fiducia, dell’affidamento dove ci si mette nelle mani di un’altra persona come si faceva da bambini in braccio alla mamma”.
Il cardinale Bassetti ha voluto infine ricordare come nella chiesa dell’Ospedale ci sia la tomba “di un medico buono e generoso”, che ha saputo dare tutto se stesso al prossimo come buon samaritano: il Venerabile Vittorio Trancanelli. “Cari ammalati invocatelo che il Signore per mezzo di lui possa venire in soccorso di chi è particolarmente colpito dal male. A ciascuno di voi dico: coraggio, coraggio, coraggio non temere non sei solo”.
La fase della visita si è svolta nell’aula Montalcini del CREO, dove sono intervenuti alcuni dei professionisti impegnati in prima linea nella cura e assistenza dei malati Covid-19. Testimonianze forti, molto partecipate, a tratti commoventi proprio perché: “Abbiamo anche noi sofferto non poter fare una carezza ai pazienti, parlando con loro solo con i nostri sguardi”. E’ stata che sottolineata dagli stessi professionisti lo spirito di coesione messo in campo per fare squadra, per scambiare esperienze professionali e umane.”
Il commissario Onnis nel ringraziare il cardinal Bassetti ha voluto ripercorrere le fasi drammatiche in cui l’ospedale si è trovato nell’affrontare un fenomeno completamente nuovo, dando merito ai professionisti di aver saputo interpretare al meglio le esigenze assistenziali e organizzative di una gestione assistenziale molto complessa e sconosciuta: “Resa possibile con uno spirito di generosità e altruismo che mi ha commosso”.
Il ringraziamento finale è toccato al sindaco di Perugia Andrea Romizi “Non dimenticheremo mai questa fase della nostra vita vissuta con paura, preoccupazione e davvero abbiamo avvertito tutti come il nostro ospedale abbia arginato bene questa pandemia. – continua Romizi – Sono rimasto molto toccato dalle testimonianze dei medici e avverto in questa situazione che nessuno avrebbe dovuto vivere un clima di rinascita, come se sia nato un nuovo ospedale”.
Apr, 2020
Perugia: “Una speranza che non delude”. La sesta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale Bassetti alla comunità diocesana nel tempo del “Coronavirus”. Annuncio delle visite all’Ospedale e al Carcere di Capanne.
Tra le immagini della Quaresima appena vissuta, che difficilmente riusciremo a dimenticare, ci sono quelle della «lunga fila di camion militari che lasciano Bergamo con il loro carico di morte…», ma anche «i primi timidi sguardi di coloro che sono guariti. Sguardi persi, ancora un po’ spaventati, ma pieni di stupore». In quelle immagini si coglie «metaforicamente il mistero vissuto nel triduo pasquale: la morte, il silenzio, la risurrezione. E ancora: il dolore, la paura, la gioia. C’è tutto questo nella Pasqua: il passaggio dalla morte alla vita. Il passaggio dall’angoscia alla speranza: dallo scandalo della croce alla promessa della vita eterna». Lo scrive il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti nella sesta “Lettera settimanale di collegamento” alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve, nel tempo del “Coronavirus”, dal titolo: “Una speranza che non delude”, una sua meditazione contenuta in un articolo pubblicato da Avvenire domenica di Pasqua. Il testo integrale della lettera è scaricabile all’indirizzo: http://diocesi.perugia.it/la-vi-lettera-settimanale-collegamento-del-cardinale-gualtiero-bassetti-alla-comunita-diocesana-nel-tempo-del-coronavirus-martedi-14-aprile-2020/ .
Gesù, la porta aperta verso il Cielo. «So bene che molti italiani in questi giorni stanno piangendo i propri defunti e sono in trepidazione per amici e parenti ammalati –sottolinea il cardinale –. È un dolore che ci unisce profondamente in una comunione spirituale quotidiana e ininterrotta. Una comunione con il Padre che non può essere interrotta dalle difficolta della vita presente che colpiscono ognuno di noi. Chi ci separerà dall’amore di Dio? Non certo l’angoscia e la persecuzione. Nella celebrazione pasquale noi siamo “vincitori” proprio “grazie a colui che ci ha amati”. Gesù è la porta sempre aperta verso il Cielo. Dobbiamo gridarlo con gioia e senza paura».
Le prime visite nel tempo di Pasqua. Con questo spirito il cardinale Bassetti si recherà in visita, nel fine settimana, all’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Perugia e al Carcere di Capanne. A questi due luoghi-simbolo della sofferenza umana, nel periodo del “Coronavirus”, il presule dedica le sue prime visite nel tempo di Pasqua. In Ospedale si recherà venerdì 17 aprile, alle ore 11; mentre in Carcere sarà sabato 18, alle ore 10. Per tutti coloro che incontrerà avrà una parola di “speranza che non delude”: il messaggio pasquale della salvezza.
Chiese aperte e liturgia domestica. Ritornando alla sua lettera alla comunità diocesana, essa si conclude con «alcune note importanti per affrontare le ristrettezze che siamo chiamati a vivere in questo tempo». In primis «l’apertura delle nostre chiese – scrive il cardinale –. Esse rimarranno aperte tutti i giorni, almeno la cattedrale e quelle parrocchiali, secondo orari stabiliti… In secondo luogo, alcuni suggerimenti circa la liturgia domestica. In questo tempo nel quale le celebrazioni con adunanza di popolo non possono essere praticate, oltre al lodevole servizio che le emittenti televisive, come quelle radio, ed anche i social media, stanno dando, nella trasmissione della celebrazione eucaristica e di altri momenti di preghiera o catechesi, non possiamo dimenticare una dimensione particolare della liturgia che è quella familiare, riconoscendo alla famiglia la sua identità di chiesa domestica… Nulla potrà mai sostituire la celebrazione comunitaria dell’Eucarestia, fonte e culmine della vita cristiana (cfr. LG 11), altresì nulla può sostituire il focolare domestico quale luogo originario della trasmissione della fede come dell’iniziazione alla preghiera».
Apr, 2020
Perugia, celebrazione della Notta di Pasqua in cattedrale. Il cardinale Bassetti: «Cristo Risorto ci aiuta ad uscire fuori dal sepolcro del nostro egoismo, che uccide più della morte»
«Fratelli e sorelle, più di ogni altro Sabato Santo, questo è stato per noi il giorno del silenzio. Gesù nel sepolcro ha voluto condividere con l’umanità il dramma della morte e dello smarrimento. Anche noi in questi giorni del Triduo Pasquale abbiamo sofferto e stiamo soffrendo paura, angoscia, incertezza. Quante persone care ci hanno lasciato, o Signore! Quante persone colpite, anche in Umbria 1.300! Quante famiglie in difficoltà. Nei miei 78 anni di vita questa è per me la Pasqua più sofferta e, lasciatemelo dire, più drammatica…». Ha esordito con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti nell’omelia della celebrazione eucaristica della Notte di Pasqua, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, segnata dal tempo della pandemia, presieduta insieme al vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e trasmessa in diretta dai mezzi della comunicazione sociale e sui social ecclesiali (il testo integrale dell’omelia è sul sito: www.diocesi.perugia.it).
Il cero pasquale riaccende la speranza. «Con il cero pasquale – ha proseguito il cardinale –, la speranza si riaccende e la speranza cristiana non è un’illusione: è una persona viva, è il Risorto! E Cristo Risorto è la luce del mondo, capace di abbattere ogni tenebra. Pasqua: passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce. È vero che soprattutto in questo periodo ci sentiamo oppressi dalla fatica del vivere, ma la nostra vita è chiamata a partecipare alla Risurrezione di Cristo. Cristo Risorto ci aiuta ad uscire fuori dal sepolcro del nostro egoismo, che uccide più della morte. Cristo Risorto ci aiuta a uscire fuori dalla nostra superbia, dalla presunzione di sentirci meglio degli altri. Cristo Risorto ci dice che la gioia della vita sta nell’amore disinteressato e nel donare. Cristo Risorto ci aiuta ad abbattere la tomba del pregiudizio, e del dito sempre puntato verso gli altri».
Strappare dalla morte i fratelli. «Gesù, dopo la Tua morte, scendesti agli inferi, il luogo della dimora dei morti, per prenderli e portarli nel tuo paradiso; mediante la tua Pasqua di Risurrezione, continua a scendere negli inferni di questo mondo, per strappare dalle mani della morte i fratelli e le sorelle, aggrediti dal male e abbattuti da questa spietata pandemia. Conduci in cielo le anime dei troppi caduti, con le parole che rivolgesti dall’alto della croce, a chi era crocifisso con te: “oggi sarai con me in paradiso”».
Non abbiate paura. «Pasqua, il giorno più felice, perché fatto dal Signore, impensabile per noi uomini – ha sottolineato il cardinale –. Perciò, fratelli, non lasciate che i nostri animi si intristiscano. Nutrite i vostri spiriti nella fiducia del bene, e abbiate sempre il coraggio di esserne i promotori. E per voi più poveri, per voi che avete subito le ingiustizie degli uomini, per voi che ora piangete, per voi che avete fame e sete di giustizia, per voi che volete essere operatori di pace, il Risorto, statene certi, continuerà a cantare le beatitudini evangeliche. Ricordate cosa disse l’Angelo alle donne, che di buon mattino si erano recate al sepolcro? “Non abbiate paura, voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. È risorto, non è qui”. È il Vangelo della Resurrezione».
Rimuovere le pietre pesanti. «La Resurrezione è un annuncio che scuote l’intera esistenza degli uomini – ha ricordato il presule –. La scuote da capo a fondo per ridarle un nuovo volto: rimuove le pietre pesanti che gravano sui nostri cuori per renderci liberi, illumina il buio che grava sulla nostra vita per manifestare il chiarore della misericordia… “Cristo è Risorto, veramente è Risorto!”, anche se la nostra cattedrale è vuota e questo è una immensa pena nel mio cuore».
Non mancherà l’aiuto della Chiesa. «Buona Pasqua, alla città di Perugia, alla Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. A tutte le istituzioni, cominciando dai sindaci, ai sacerdoti, ai consacrati, ai giovani, ai carissimi ragazzi, alle famiglie, ai malati, ai carcerati, ai poveri. A chiunque si trovi in difficoltà economica non vogliamo far mancare il nostro aiuto e la nostra solidarietà – ha concluso il cardinale –. A tutti coloro che sono impegnati in politica, a tutte le persone di buona volontà che si impegnano per il bene comune, sappiate che la Chiesa vi sostiene con la sua preghiera e la sua carità. Diceva un saggio maestro di vita spirituale: da soli noi siamo soltanto capaci di perderci, ma insieme a Cristo saremo certamente salvati».
Apr, 2020
Spoleto – Pasqua di Risurrezione. Mons. Boccardo: «Guai a noi se sprecassimo nell’impazienza di far tornare tutto come prima la lezione di vita nascosta negli eventi di queste settimane»
«Gesù risorto è perfino in mezzo alle situazioni di peccato come misericordia, pronta ad attendere fino alla fine». È questo uno dei passaggi dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra ha tenuto il giorno di Pasqua, domenica 12 aprile 2020, in una Cattedrale di Spoleto vuota di fedeli a causa del Coronavirus, ma piena di spirito di compartecipazione. «Ciò che noi chiamiamo la risurrezione di Gesù – ha proseguito mons. Boccardo – attesta che tutto è cambiato. Nell’intimo di ogni realtà sono sconfitti la caducità, il peccato e la morte e in ogni nostra azione quotidiana è presente il seme dell’eternità. Il Risorto è nella nostra storia personale, è in tutte le lacrime e in ogni morte come la forza segreta di una vita che vince anche quando sembra morire; è nell’uomo che soffre, al quale ci facciamo prossimo; è nella nostra impotenza come la potenza che può permettersi di apparire debole perché è invincibile».
Poi il passaggio sulla pandemia del Coronavirus: «Veniamo da una Quaresima – ha detto il Presidente dei Vescovi umbri – segnata profondamente dal digiuno: digiuno dalle abituali sicurezze, digiuno dalle relazioni e dai contatti che danno calore alla vita, digiuno anche dai sacramenti e dall’azione pastorale. Nella pedagogia della Chiesa, il digiuno è da sempre proposto come occasione propizia per riscoprire ciò che è essenziale, distinguendolo da ciò che è soltanto importante o ritenuto tale. Guai a noi se sprecassimo nell’impazienza di far tornare tutto come prima la lezione di vita nascosta negli eventi di queste settimane. Saremmo davvero dei poveri uomini, immersi nella superficialità, votati alla delusione e perciò infelici. Dobbiamo imparare piuttosto a leggere dentro le giornate che stiamo vivendo e – senza nasconderci la tragica situazione di tante famiglie ferite dalla morte di qualche congiunto, dalla perdita del lavoro, dall’incertezza per il futuro – guardare avanti con fiducia sicuri che anche il nostro oggi abitato da tanti segnali di morte racchiude in sé dei germi di vita».
L’Arcivescovo ha esortato i fedeli che seguivano la celebrazione sui canali social della Diocesi (Facebook e YouTube) a far emergere il grido della Risurrezione in questa società a volte triste e contraddittoria. «Mi piace riconoscere questo grido nascosto – ha detto mons. Boccardo – nella dedizione di tanti operatori sanitari e volontari che donano tempo e professionalità – e qualcuno anche materialmente la vita – a servizio dei malati di Coronavirus e delle loro famiglie. Lo sento questo grido nei tanti gesti dalla origine più svariata, che offrono tempo, competenza e aiuto materiale affinché il nostro progetto di solidarietà denominato “Su questa barca ci siamo tutti” possa farsi prossimo a chi è nel bisogno a causa della grave crisi che stiamo attraversando. Da questo altare desidero far giungere a tutti il mio vivissimo grazie».
E nel pomeriggio del Sabato Santo, 11 aprile, l’Arcivescovo è andato in visita al Centro Caritas per l’emergenza Covid-19 allestito al Centro diocesano di pastorale giovanile a Spoleto e coordinato da don Edoardo Rossi. Ha salutato i volontari presenti, ringraziandoli a nome dell’intera Diocesi e da quel luogo significativo ha annunciato un nuovo servizio: uno dei quattro numeri attivati (328 7253937) sarà dedicato prevalentemente per l’ascolto di persone anziane e sole. «So di tante persone – afferma l’Arcivescovo – in là con gli anni che stanno vivendo questa quarantena in piena solitudine, con i figli magari che vivono altrove. Ho pensato allora che un altro sostegno che la Caritas può assicurare nel mezzo di questa pandemia è quello del semplice ma importantissimo ascolto. Al numero dedicato risponderà una ragazza, Lucia, che volentieri e con entusiasmo ha accettato».
Apr, 2020
Terni – celebrazione della Pasqua. Mons. Piemontese: “Che quel macigno, ribaltato dal sepolcro di Gesù, possa chiudere definitivamente il sepolcro nel quale, con corale responsabilità, confinare il Coronavirus con tutte le sue conseguenze di sofferenza e di morte”.
Nella cattedrale di Terni, il vescovo Giuseppe Piemontese ha presieduto la solenne celebrazione della Pasqua di Risurrezione, senza la presenza dei fedeli, e concelebrata don Alessandro Rossini parroco della Cattedrale, don Carlo Romani, don Stefan Sallisanimarum, padre Mario Lendini cappellano del cimitero di Terni.
Nella serata di sabato si è tenuta la celebrazione della veglia pasquale con la suggestiva liturgia, nel buio totale della chiesa del rito della benedizione del fuoco e l’accensione del cero pasquale, portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale al canto del Lumen Christi. E’ seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi il rinnovo delle promesse battesimali.
L’omelia del vescovo Piemontese:
“Una Pasqua singolare questa del 2020. La comunità civile si trova da oltre un mese in quarantena. La comunità cristiana in più vive una diaspora silenziosa, una dispersione che procura indicibile tristezza. Neanche durante la guerra mondiale i cristiani sono stati impediti di celebrare comunitariamente i santi misteri della Pasqua.
In questa interminabile quarantena tutti abbiamo potuto ammirare la gara di solidarietà avviata tra la gente: medici, infermieri, volontari, forze dell’ordine, persone comuni. Il mondo ecclesiale vi ha partecipato con intensa carità. Tanti sono i cristiani anche delle nostre città, dediti a sollevare i bisognosi: sacerdoti e laici impegnati nella Caritas diocesana, nell’Associazione di Volontariato San Martino, presso la mensa San Valentino e in tante altre opere di emergenza; si è avuta la bella testimonianza dei giovani dell’AC, della Comunità di Sant’Egidio, del Cammino neocatecumenale, del Movimento per la Vita, dell’Agesci, della Gifra e di altre associazioni che si sono attivati per servire anziani a domicilio. E tanti altri singoli che hanno inventato piccole e grandi forme di amore e di solidarietà direttamente e a distanza. Questi sono l’espressione della pasqua vera, premessa di speranza: a tutti rinnoviamo il nostro grazie!
Il Cambiamento d’epoca, preconizzato da papa Francesco, si va delineando con crudezza imprevista. Molti miti stanno crollando, cresce la consapevolezza delle ricchezze alternative che abbiamo dilapidato: la preziosità e bellezza del creato, il valore delle relazioni interpersonali “dirette” e non solo virtuali in famiglia e con gli amici, la scoperta di ciò che è essenziale all’esistenza, la centralità della fede e della spiritualità che orientano la vita e il valore supremo dell’amore in tutte le sue accezioni in questo tempo di Coronavirus.
La passione della nostra società e della Chiesa, provocata dalla epidemia viene assunta da Cristo: Lui si fa nostro Cireneo, compagno di viaggio nella lotta contro la malattia e la solitudine, in vista della guarigione-risurrezione.
A Pasqua Gesù vuole associarsi a noi come conviandante nel cammino di ripresa e di guarigione, dentro e fuori della città, verso Emmaus della delusione per spiegarci e recuperare le ragioni antiche e nuove del senso della esistenza, provata dalla delusione improvvisa e inaspettata.
L’augurio è che si avviino progetti di ripartenza con fiducia e speranza, facendo tesoro della lezione offerta all’umanità dall’imprevisto ostacolo-nemico rappresentato dal Coronavirus.
Gesù a pasqua si ripropone a noi come colui che ha vinto la morte e tutto ciò che è ad essa collegato: sofferenze, malattia, egoismo, distruzione, odio, rancore, peccato, violenze, guerre e morte. Con Lui e con la sua vittoria troveremo la nostra.
Che quel macigno, ribaltato dal sepolcro di Gesù, possa chiudere definitivamente il sepolcro nel quale con corale responsabilità si possa confinare il Coronavirus con tutte le sue conseguenze di sofferenza e di morte.
Auguro a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, alle vostre comunità di trascorrere la Pasqua con intima gioia. La Parola di Dio e la carità vissuta suppliscano alla privazione dell’Eucarestia. La fame di Gesù purifichi la nostra vita cristiana e ci prepari alla grande festa, quando potremo tornare a nutrirci del Pane della vita, conforto dei sofferenti e forza dei pellegrini. BUONA PASQUA!”
Apr, 2020
Spoleto – Pasqua 2020 in tempo di Coronavirus: il video messaggio dell’Arcivescovo Renato Boccardo e la benedizione alla Diocesi dal balcone della sua abitazione che si affaccia sulla Valle Spoletana. Il Presule: «Sappiamo che Cristo è più forte del Virus».
Venerdì 10 aprile 2020 la Chiesa ha celebrato la Passione di Cristo: non è stato un giorno di lutto o sconfitta, ma una pausa nella quale si è stati invitati a contemplare il Crocifisso attraverso la proclamazione della Passione, l’adorazione della Croce e la comunione
al Corpo di Cristo dato per noi. In questa giornata l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha presieduto due momenti: la Via Crucis allo Scoglio della Preghiera di Roccaporena di Cascia (15.00) e l’Azione liturgica del Venerdì Santo nella Cattedrale di Spoleto (18.00).
La salita solitaria dello Scoglio di Roccaporena. L’Arcivescovo ha pregato la Via Crucis nel Venerdì Santo salendo lo Scoglio della preghiera di Roccaporena, il luogo dove Santa Rita andava ad affidare al Signore le sue pene e i suoi desideri. Con mons. Boccardo c’era solamente il pro rettore del Santuario don Canzio Scarabottini, che teneva la croce, e naturalmente i tecnici per la diretta sulla pagina Facebook “Opera di Santa Rita”.
«Cari amici e devoti di Santa Rita – ha detto all’inizio il Presule – ci ritroviamo questo pomeriggio per un tempo di riflessione e preghiera mentre facciamo memoria di Gesù sul Calvario. Porto con me idealmente la vostra preghiera, la vostra preoccupazione, la vostra speranza. Non possiamo dimenticare tutti quelli che soffrono a causa del Covid-19 che si diffonde nel mondo: penso a quelle famiglie che sono provate dalla sofferenza per la perdita di qualcuno dei loro cari, a quelle persone che non hanno più un lavoro o che è precario, alla trepidazione per il presente e per il futuro. Pur salendo da solo questa montagna, so che c’è tutto un popolo che sale in unione di preghiera con me. Siete tutti qui rappresentanti davanti al Signore che dona la vita per la nostra salvezza. Santa Rita, certamente, si unisce a noi in questa salita e condivide anche la fatica di questo tempo: lei che ha vissuto grandi sofferenze, è più che mai vicina alle donne e agli uomini di oggi che devono affrontare questa pandemia».
L’Azione liturgica nel Duomo di Spoleto. Sceso da Roccaporena, mons. Boccardo si è recato nel Duomo di Spoleto per l’Azione liturgica del Venerdì Santo. In segno di solidarietà con la comunità cristiana che in questo tempo di pandemia non si può accostare al sacramento eucaristico nella Santa Comunione, anche l’Arcivescovo e i sacerdoti non hanno ricevuto il Corpo del Signore. La liturgia è termina in silenzio, con l’orazione che ha invocato la
benedizione di Dio sul popolo che ha commemorato la morte di Gesù. La celebrazione è stata trasmessa in diretta nella pagina Facebook e nel canale YouTube della Diocesi.
Nell’omelia l’Arcivescovo ha ricordato che «Gesù, morendo, dà origine ad un nuovo modo di vivere e di morire, un modo che sconfigge la morte non perché essa sia evitata, bensì perché viene battuta sullo stesso terreno. Invece di essere segno di disperazione, occasione di maledizione, dopo il Calvario la morte diviene segno di speranza e di obbedienza. E con la morte ogni altro elemento negativo della vita umana – umiliazione, sofferenza fisica e morale, insuccesso, menzogna, tradimento – può acquistare capacità e valore redentivo». Poi, un passaggio sulla situazione di emergenza causata dal Covid-19: «Con il virus sconosciuto che minaccia l’esistenza di tante persone ormai in quasi tutte le regioni della terra, anche noi abbiamo l’impressione di stare attraversando un’epoca di buio. Pensiamo certo a tutte le vittime della pandemia, alla fatica eroica di tanti medici, operatori sanitari e volontari, e li abbracciamo con il nostro ricordo e la nostra preghiera. Ma abbiamo la certezza che questo tempo passerà e tornerà a splendere il sole sul nostro cammino. Perché l’esperienza tragica della morte di Gesù ci dice che anche questa situazione di paura e dolore porta con sé dei germi di vita e di fraternità».
Gli auguri video dell’Arcivescovo dalla sua cappella privata e la benedizione alla Diocesi dal balcone della sua residenza. La Notte di Pasqua, sabato 11 aprile, mons. Boccardo presiederà la Veglia in Duomo alle 21.00 e il giorno di Pasqua, 12 aprile, la Messa alle 11.00, sempre in Cattedrale. Il tutto trasmesso in diretta sui social della Diocesi. E mons. Boccardo in questo tempo di pandemia in cui la gente non può uscire di casa, ha affidato ad un breve video (https://youtu.be/vJTc0OLymy0) gli auguri di Pasqua. Per la registrazione sono stati scelti due luoghi significativi: la cappella del Palazzo Arcivescovile dove ogni giorno mons. Boccardo celebra e prega e il terrazzino della sua abitazione che si affaccia sulla Valle spoletana da dove ogni sera benedice la Diocesi. «Da questa cappella – dice – che è piccolina, però ci entrate tutti, penso a voi e prego per voi e desidero farvi giungere un augurio speciale. È una Pasqua particolare, eppure è una Pasqua che non ha perso nulla della sua novità: è la vittoria della luce sulle tenebre. Il Signore non ci abbandona, continua a prendersi cura di noi anche in questo tempo di pandemia. Sappiamo che Cristo è più forte del Virus. Vi benedico di cuore dal balcone da dove ogni sera mi affaccio per benedire la Diocesi».
Apr, 2020
Perugia: Il cardinale Gualtiero Bassetti alla Messa in Coena Domini nelle cattedrale di San Lorenzo: «Il Giovedì Santo ci insegna a come vivere la sostanza del Vangelo».
«Il Giovedì Santo ci insegna a come vivere la sostanza del Vangelo. La vita vera non è stare in piedi, dritti e fermi nel proprio orgoglio; la vita secondo il Vangelo è piegarsi verso i fratelli e le sorelle, soprattutto più deboli, e mettersi a loro disposizione e servizio». Lo ha evidenziato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’omelia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo (9 aprile), nella cattedrale di San Lorenzo, vuota, senza fedeli rimasti a casa a causa di questa pandemia. E a tutti loro, nell’introdurre l’omelia, ha rivolto il suo saluto attraverso i mezzi della comunicazione, che trasmettono in diretta le celebrazioni eucaristiche pro populo presiedute dal cardinale da domenica 15 marzo (Umbria Tv, Umbria Radio Inblu e social media ecclesiali).
Degenti, carcerati, famiglie e anziani. Il presule ha voluto ricordare «in questa celebrazione, così significativa – ha sottolineato –, tutti i degenti degli ospedali e delle cliniche, e coloro che, con amore, li assistono. Un saluto ai carcerati e in particolare alle carcerate di Capanne, dove ogni anno mi sono recato a celebrare la Messa in Coena Domini, con la suggestiva e familiare lavanda dei piedi. Penso a tutte le famiglie, soprattutto a quelle numerose, che devono stare in casa con bambini piccoli, e spesso in appartamenti ristretti. Penso agli anziani delle case di riposo, e ringrazio il Signore che non ci siano stati, fra loro, almeno fino ad ora, dei casi di contagio. Più aspra è la tempesta, più siamo tentati di arrenderci, più sentiamo la nostra impotenza e più il Signore ripete a ciascuno di noi: “non temere, figlio mio, io sono con te!”».
L’umanità di Gesù. «Cari fratelli e sorelle, che mi ascoltate – ha proseguito presule –, siamo dinanzi ad una pagina del Vangelo di Giovanni dove Gesù manifesta fino in fondo tutta la sua umanità. Sente un bisogno estremo di stare con i suoi: “prima di passare da questo mondo al Padre – dice l’evangelista Giovanni avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, il che vuol dire fino al dono totale di sé stesso. Sì, stasera Gesù vuole stare con i suoi: quelli di ieri e quelli di oggi, noi compresi. È il suo ultimo giorno di vita, la sua ultima sera, l’ultima volta che sta coi suoi discepoli: se li era scelti, li aveva curati, li aveva amati, li aveva difesi».
L’istituzione dell’Eucaristia. «Egli diviene cibo per noi, carne della nostra carne. Quel pane e quel vino sono il nutrimento per la nostra povera vita: curano le malattie, ci liberano dai peccati, ci sollevano dall’angoscia e dalla tristezza. Non solo. Ci rendono più simili a Lui, ci aiutano a vivere come Gesù viveva, a desiderare le cose che Lui desiderava. Quel pane e quel vino fanno sorgere in noi sentimenti di bontà, di servizio, di affetto, di tenerezza, di amore e di perdono. Appunto, i sentimenti di Gesù».
Pane spezzato e vino versato. «Una delle cose che più mi affligge in questo periodo, e sono certo che è anche la preoccupazione dei miei sacerdoti – ha detto il cardinale –, è quella di non potervi comunicare con il corpo e il sangue di Cristo. “Gesù, fa che passi presto questo calice, e tutti i tuoi figli possano tornare ad unirsi a Te con il sacramento del Tuo corpo e del Tuo sangue”. Il gesto della lavanda dei piedi, che noi purtroppo stasera dobbiamo omettere, mostra cosa significhi per Gesù essere pane spezzato e vino versato per noi e per tutti».
Il comandamento dell’amore. Attraverso il gesto della lavanda dei piedi il cardinale Bassetti ha evidenziato il significato cristiano dell’inginocchiarsi, «l’ultima grande lezione di amore da vivo di Gesù», ricordando le sue parole: «“Vi ho dato l’esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi…”. Fratelli, il mondo ci educa a stare in piedi, ed esorta tutti a restarci, con orgoglio. Il Vangelo del Giovedì Santo esorta i discepoli a chinarsi e a lavarsi i piedi l’un altro: e questo è il comandamento nuovo, il comandamento dell’amore»
Apr, 2020
Foligno – Lettera di Mons. Sigismondi per la Pasqua: “Sepolcro aperto e Cenacolo chiuso”
“Mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse: ‘Pace a voi!’” (Gv 20,19). Queste parole gettano un fascio di luce sulle tenebre che, nelle circostanze attuali, riempiono tutto di “un vuoto desolante”. Erano chiuse le porte del Cenacolo, restano chiuse le porte delle chiese, come quelle delle fabbriche e delle scuole, a causa di un’emergenza sanitaria che sta affliggendo il mondo intero. Sembra di vivere – ha osservato Papa Francesco in occasione del momento straordinario di preghiera, da lui presieduto, in una Piazza San Pietro gremita di silenzio – nella stessa condizione in cui si sono venuti a trovare gli apostoli i quali, sballottati dalle onde del mare in tempesta, svegliano il Signore, dicendogli: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (cf. Mc 4,38).
La tempesta provocata dal Covid-19, il cui ceppo virale è salito anche a bordo di una nave da crociera e non di un barcone, mostra la drammatica concretezza dell’immagine del “contagio”, a cui Paolo ricorre per indicare come si è propagato il “peccato di Adamo” (cf. Rm 5,12). L’Apostolo assicura, però, che “il dono di grazia non è come la caduta” (Rm 5,15). Anche di questo stiamo facendo esperienza in una stagione che contribuisce a trasformare la nostra fragilità in una più forte coscienza di solidarietà, che vede in prima linea medici, infermieri e operatori sanitari. Essi commentano, anche nelle “corsie” degli ospedali da campo, la parabola del “buon Samaritano”, alleviando, come il Cireneo, il peso della sofferenza e l’estrema solitudine della morte.
“Sono ormai diverse settimane – mi ha confidato un giovane medico – che sono dedicato a gestire, emotivamente e mentalmente, una situazione davvero pesante in due reparti di terapia sub-intensiva. Basteranno i dispositivi di protezione individuale di fronte a un paziente in ventilazione che nebulizza una carica virale così alta? Mi sono vestito bene, con l’oppressione della mascherina che taglia il naso e gli zigomi? Ho sbagliato procedura e mi sono contaminato? Al tempo stesso, però, c’è l’entusiasmo di buttarsi anima e corpo in trincea per aiutare pazienti dagli occhi terrorizzati; e allora si fa e basta, senza domandarsi nient’altro che questo: come ossigenarli? Mai come ora, nello stringere mani e carezzare volti, mi torna alla mente e mi infiamma il cuore il detto: chi cerca l’uomo (quaerere hominem) di fatto cerca Dio (quaerere Deum)”.
Testimonianze così esemplari tengono viva la speranza pasquale: Dio crea vita anche dalla morte. La fede della Chiesa assicura che siamo polvere del suolo, ma polvere preziosa. “Il Signore – ha ricordato il Santo Padre all’inizio della “quarantena quaresimale” – ha amato raccogliere la nostra polvere tra le mani e soffiarvi il suo alito di vita. Siamo terra su cui Dio ha riversato il cielo, la polvere che contiene i Suoi sogni” (cf. Gen 2,7). Il sogno di Dio è la salvezza del mondo, un sogno divenuto realtà con la Pasqua di Cristo, che “ha imposto alla morte un limite invalicabile”. “Morte e vita – così canta la Sequenza pasquale – si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”.
“L’inizio della fede – assicura Papa Francesco – è saperci bisognosi di salvezza: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Con Lui a bordo, non si fa naufragio”. Celebrare il Triduo pasquale a porte chiuse è una dura prova, per tutti, ma è un appello a reimpostare la rotta della conversione pastorale. La comunità ecclesiale è chiamata ad esprimere il suo zelo missionario conservando un contatto continuo con le Scritture e cercando nuove frequenze, messe a disposizione dall’ambiente digitale, capace di gettare ponti soprattutto con le nuove generazioni. Il digiuno eucaristico, sebbene ripresenti al vivo la sofferenza vissuta dai martiri di Abitene – “senza la Domenica non possiamo vivere” –, interpella le famiglie cristiane a diventare ancora di più quello che sono, “Chiesa domestica”, Cenacolo a cielo aperto.
Tutto è grazia, anche questa Pasqua così inedita; risuonino come squillo di tromba le parole, richiamate dal Santo Padre nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore, che Angela da Foligno ha sentito nella sua anima il mercoledì della Settimana Santa del 1301: “Io non ti ho amata per scherzo”. Sono parole che oso confidare anch’io in questo esodo pasquale.
Apr, 2020
Perugia: Il cardinale Bassetti sull’impossibilità di partecipare ai riti della Settimana Santa e di Pasqua: «È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea»
“Risponde”, seppur indirettamente, nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera lunedì 6 aprile, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, anche a quanti, Domenica delle Palme, presiedendo o partecipando alle S. Messe, hanno disatteso le disposizioni della Cei e, a seguire, quelle delle Conferenze episcopali regionali e dei singoli vescovi, assunte di concerto con le autorità civili nazionali e locali per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da “Covid-19”. Il cardinale richiama tutti, inclusi gli uomini di Chiesa, alle proprie «responsabilità» e, nel soffermarsi sulla Settimana Santa, evidenzia come per la prima volta viene celebrata «senza concorso di fedeli nelle chiese e con grande sofferenza per tutti. Tutto ciò non significa rinunciare a vivere appieno questi giorni, attingendo alle risorse interiori che dovremmo aver fondate dentro di noi».
Il presule, nell’intervista, sottolinea come l’impossibilità di poter partecipare ai riti della Settimana Santa, iniziati Domenica delle Palme, e alla Messa di Pasqua «è un atto di generosità. È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea e, con grande rischio per la loro sicurezza, curano gli ammalati e non fanno mancare tutto ciò che è di prima necessità. È una richiesta che c’impegna moralmente». Bassetti prosegue dicendo: «non è tempo di polemiche, ma di perseveranza nella prova, di lungimiranza nella ricerca del bene comune».
La Chiesa italiana, ricorda il presidente della Cei, come riporta anche la nota dell’agenzia Ansa in cui rilancia l’intervista del Corriere, «ha scelto questa strada: abbiamo a cuore prima di tutto la salute dei fedeli, perché l’anima è sì immortale, ma abita un corpo fragile. Cerchiamo di essere a fianco di chi soffre; nessuno deve essere lasciato solo, perché, come ricorda papa Francesco, nessuno si salva da solo». La Chiesa così facendo, «non rinuncia ad alcuna autonomia, ma si fa carico della sofferenza e della difficoltà vissuta da tutto il Paese».
Il cardinale Bassetti, consapevole della difficile situazione, è convinto che «oggi viviamo nella condizione degli infermi che non possono partecipare alle celebrazioni: ci è data la grazia
di comprendere quanto sia dolorosa la limitazione e, allo stesso tempo, quanto sia ricco il nostro spirito quando sa farci riconoscere comunità anche nella distanza fisica. Torneremo a
celebrare tutti insieme, ancora più gioiosi, perché ci saremo ritrovati dopo questa prova».