Assisi – solennità di santa Chiara. Mons.Boccardo: “Chiara ci insegna cosa significa rimanere in Cristo”

“Chiara di Assisi insegna anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, che cosa significa rimanere in Cristo”. Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale umbra, monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, martedì 11 agosto durante l’omelia in occasione della celebrazione eucaristica per la solennità di Santa Chiara da lui presieduta e concelebrata dal vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino. Nella Basilica di Assisi dedicata alla Santa erano presenti le autorità civili e militari, il clero diocesano e i fedeli che hanno partecipato con grande spirito di devozione.

Monsignor Boccardo, riflettendo sulla vita e le opere della Santa, ha spiegato che “per lei rimanere in Cristo ha significato la scelta cosciente e risoluta della povertà. I privilegi della sua famiglia aristocratica, l’opposizione dei suoi, i rischi della folle avventura in cui si impegnava, nulla ha potuto flettere la sua determinazione e il suo coraggio. Non aveva altro desiderio che vivere per amore di quel Signore che povero alla sua nascita fu posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce. La vita altissima in povertà ed umiltà – ha aggiunto il presidente della Conferenza episcopale umbra – conduce Chiara a scoprire il tesoro nascosto nel più intimo di se stessa. La perla del Regno basta a colmare la sua attesa e a rivestirla di bellezza. Come lampada che arde e illumina, Chiara permane davanti al crocifisso che ha parlato a Francesco. Il suo sguardo su Gesù la apre all’immensa compassione di Dio per l’umanità e così si scopre sorella e madre. La preghiera non la richiude su se stessa, ma le dischiude la verità di Dio che è comunione e condivisione. L’amore appassionato di Chiara per la persona di Gesù, il suo essere radicata in lui fa sgorgare il lei uno stupore e un’azione di grazie ininterrotti. Tutta la sua esistenza è percorsa da una chiamata a benedire, lodare, riconoscere il suo Signore”.

La celebrazione è proseguita con l’offerta dei doni da parte del sindaco di Assisi Stefania Proietti. Oltre ai fiori, precedentemente posti sulla tomba di Santa Chiara, e ai ceri è stata consegnata un’offerta dell’amministrazione comunale per sostenere la manutenzione della Basilica.

Al termine della cerimonia il vescovo Sorrentino ha evidenziato che tra Assisi e l’Umbria c’è un rapporto speciale. “Assisi – ha detto – guarda al mondo e attrae il mondo, ma con l’Umbria ha un rapporto di intimità. La santità francescana e clariana hanno segnato tutte le sue parti e tutte le sue zolle. Sentiamo il privilegio assisano, ma soprattutto la responsabilità di essere a servizio di questo grande carisma che deve essere testimoniato alla Chiesa e deve essere fatto anche in sinergia di comunione con tutte le chiese sorelle dell’Umbria”.

Domani, mercoledì 12 agosto sarà un’altra giornata importante per la città serafica che celebra il patrono San Rufino. Nella cattedrale sono previste le celebrazioni delle ore 8 e quella solenne delle ore 11 presieduta dal vescovo Sorrentino che sarà trasmessa in diretta da Maria Vision (in streaming all’indirizzo https://www.mariavision.it/maria-vision-italia e al canale 602 del digitale terrestre) e sulla pagina Facebook Diocesi Assisi-Nocera-Gualdo. In serata alla 21 sempre in cattedrale si terrà il concerto in onore del Santo Patrono a cura della Cappella musicale di San Rufino.

Perugia – solennità di San Lorenzo. Il cardinale Bassetti ha ordinato tre diaconi permanenti: «in questo tempo di povertà e miseria, fissate il vostro sguardo sul martire Lorenzo che arde di amore per gli altri»

Nella solennità di San Lorenzo, diacono e martire, titolare della cattedrale di Perugia, il 10 agosto pomeriggio, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha ordinato tre diaconi permanenti: Valerio Agostini, della parrocchia di Santa Petronilla, Fabio Costantini, della parrocchia della concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve, e Sergio Lucaroni, della parrocchia di Santa Petronilla. Ai tre ordinandi e ai diaconi presenti, il presule, nell’omelia (il testo integrale è di seguito riportato) ha rivolto parole di incoraggiamento: «col vostro carisma e l’esercizio del vostro ministero, aiutate la nostra Chiesa ad essere più famiglia, e lasciatemelo dire, più umana, possiate imitare l’ardore di carità, che il Diacono Lorenzo sicuramente attingeva dalla Santa Eucarestia». E nel rivolgersi a tutti i fedeli, il cardinale Bassetti ha detto: «Proprio in questo nostro tempo, in cui povertà e miseria di ogni tipo, stanno emergendo e venendo alla luce, voi Diaconi, e voi tutti credenti in Cristo, non potete non fissare lo sguardo su Lorenzo che arde di amore per gli altri. E particolarmente voi, carissimi ordinandi, seguite i suoi insegnamenti, imitatelo nell’ardore della sua carità e nell’amore ai poveri, ai piccoli, agli ultimi, a coloro che, come dice con una forte espressione il nostro Papa Francesco, sono considerati “scarti” da gran parte della nostra società. Imitando Lorenzo non sbaglierete mai strada, perché egli continuerà sempre ad indicarvi quelli che sono il vero tesoro della Chiesa. Non c’è dubbio che questo tempo di “pandemia” ci abbia aiutati a relativizzare tante cose, tanti pseudo valori su cui ci eravamo tranquillamente adagiati; l’esperienza vissuta, i sacrifici che abbiamo dovuto affrontare, siano per noi l’occasione di una maggiore attenzione al nostro prossimo e di una condivisione più generosa».

*** L’omelia del cardinale Bassetti ***
Amare Cristo e servire i poveri. Carissimi fratelli e sorelle, San Lorenzo, Diacono di Roma a servizio di Papa Sisto II, venne martirizzato appena tre giorni dopo il Sommo Pontefice, il 10 agosto 258, durante la persecuzione di Valeriano. È lo stesso San Cipriano che ce ne dà testimonianza.

Carissimi Valerio (con la moglie Luana), Fabio (con la moglie Barbara) e Sergio (con la moglie Sandra), il Diacono Lorenzo aveva fatto una scelta precisa ed evangelica nella sua vita: quella di amare Cristo e servire i poveri. Per la sua fama, la sua vita integerrima ed innocente, per la testimonianza offerta con il suo martirio, lo possiamo paragonare a Santo Stefano, il protomartire di Gerusalemme. Cari figli, che state per assumervi, nella nostra Chiesa, lo stesso ministero di Lorenzo e di Stefano, il vostro Vescovo, intende additarveli come perfetti modelli di vita ed esempi da seguire ed imitare.

Il 10 agosto le ordinazioni diaconali. La nostra stupenda Cattedrale, costruita in cima all’antica arce, fu dedicata, dai nostri padri, al Diacono Lorenzo. Ed egli, ebbe fin dagli inizi, grande venerazione da parte del popolo perugino. Questo è il motivo per cui ho voluto portare al 10 agosto le ordinazioni dei diaconi permanenti.

Ci riferisce San Leone Magno, che Lorenzo, desideroso di imitare e testimoniare Cristo, fino al dono della vita, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, tutti i poveri, che aveva sostenuto e nutrito con la sua carità. Questi lo fece porre su di una graticola infuocata, ma per Lorenzo, forte della sua fede in Cristo Gesù e bruciato dall’amore ai fratelli, le fiamme esteriori furono meno forti del fuoco di carità che lo divorava.

Diaconi in aiuto della Chiesa ad essere più famiglia. Cari candidati al diaconato e voi tutti fratelli Diaconi, che col vostro carisma e l’esercizio del vostro ministero, aiutate la nostra Chiesa ad essere più famiglia, e lasciatemelo dire, più umana, possiate imitare l’ardore di carità, che il Diacono Lorenzo sicuramente attingeva dalla Santa Eucarestia, “il sacro convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima è inondata di grazia e a tutti viene dato il pegno della vita futura”. Proprio in questo nostro tempo, in cui povertà e miseria di ogni tipo, stanno emergendo e venendo alla luce, voi Diaconi, e voi tutti credenti in Cristo, non potete non fissare lo sguardo su Lorenzo che arde di amore per gli altri. E particolarmente voi, carissimi ordinandi, seguite i suoi insegnamenti, imitatelo nell’ardore della sua carità e nell’amore ai poveri, ai piccoli, agli ultimi, a coloro che, come dice con una forte espressione il nostro Papa Francesco, sono considerati “scarti” da gran parte della nostra società.

Nel tempo di pandemia maggiore attenzione al prossimo. Imitando Lorenzo non sbaglierete mai strada, perché egli continuerà sempre ad indicarvi quelli che sono il vero tesoro della Chiesa. Non c’è dubbio che questo tempo di “pandemia” ci abbia aiutati a relativizzare tante cose, tanti pseudo valori su cui ci eravamo tranquillamente adagiati; l’esperienza vissuta, i sacrifici che abbiamo dovuto affrontare, siano per noi l’occasione di una maggiore attenzione al nostro prossimo e di una condivisione più generosa.

La situazione tragica del Libano. L’ascolto di tante voci che, come cristiani e come Chiesa, continuamente ci interpellano, dovrebbero scuoterci dentro e impegnarci ad agire: pensate in questo momento alla situazione tragica del Libano, e purtroppo non è l’unica a rattristare l’orizzonte dei nostri sguardi. Come Gesù sulla croce, Lorenzo nel suo atroce martirio non ha gridato contro nessuno, ma ha saputo trasformare il suo incredibile dolore in preghiere e suppliche, dando così la prova suprema dell’amore.

Non lasciarsi mai risucchiare dalla preoccupazione per sé stessi. Cari fratelli, Gesù ha detto: “se il chicco, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”. Se anche voi volete portare molto frutto, non lasciatevi mai risucchiare dalla preoccupazione per voi stessi. Come per il chicco di grano, abbandonato alla terra, così la vostra vita non vi appartiene più: essa è fatta per farsi dono, per sbocciare e gioire nel bene. Se avrete il coraggio di un tale dono, ecco per voi la ricompensa immediata e futura da parte di Gesù: “se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo”.

Lasciarsi attrarre da Cristo. Cari fratelli, ve lo ripeto, lasciatevi attrarre da Cristo. Il suo amore vi solleverà fino alla croce e vi farà raggiungere ogni creatura. Fidando nell’aiuto di Maria, madre della grazia e serva del Signore, e nella intercessione di San Lorenzo, Dio vi conceda la grazia di progredire sempre nella gioia cristiana. Una gioia sobria ed interiore, frutto di quel servizio pieno di amore, che potrete compiere, in virtù della sua potenza e della sua misericordia. Amen.

Gualtiero card. Bassetti

Arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve

Perugia – solennità di San Lorenzo, diacono e martire, titolare della cattedrale. È la festa dei diaconi permanenti, «l’estensione ideale tra Chiesa e mondo».

Ricorre il 10 agosto la solennità di San Lorenzo, diacono e martire, titolare della cattedrale di Perugia. Questa ricorrenza, molto sentita dai fedeli perugini, è vissuta anche come la festa diocesana dei diaconi permanenti. È consuetudine del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ordinare alcuni diaconi nel giorno in cui la Chiesa celebra il Santo martire e diacono per eccellenza della carità. Anche quest’anno, seppur segnato dall’emergenza Covid-19, il cardinale ordinerà in cattedrale, lunedì pomeriggio (ore 18), tre diaconi che hanno completato il ciclo quinquennale di formazione. Si tratta di tre coniugati, da anni impegnati insieme alle mogli nelle loro parrocchie dove hanno maturato la vocazione al diaconato: Valerio Agostini, della parrocchia di Santa Petronilla di Perugia, nato nel 1954, consulente finanziario, sposato con Luana, genitori di sei figli di cui due in Cielo e una in affido definitivo; Fabio Costantini, della parrocchia della concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve, nato nel 1963, medico psichiatra, sposato con Barbara, genitori di cinque figli di cui una adottata e affetta da una grave disabilità; Sergio Lucaroni, in pensione, della parrocchia di Santa Petronilla di Perugia, nato nel 1958, sposato con Sandra, genitori di tre figli.

Il diaconato familiare del cardinale Bassetti. Tre storie esemplari di vita umana e cristiana presentate in un ampio servizio pubblicato nell’ultimo numero del settimanale cattolico La Voce, a cura di Mariangela Musolino, dedicato anche al diaconato permanente. Con i tre ordinandi, i diaconi permanenti nella comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve sono una quarantina, numero cresciuto sensibilmente nell’ultimo decennio. Il cardinale Bassetti, nel valorizzare la figura del diacono permanente, come prevede il Concilio Vaticano II, ha parlato di recente di “diaconato familiare” per richiamare ancor di più l’attenzione dei cristiani all’importante ruolo svolto da tutti i componenti del nucleo familiare, in primis della moglie, nell’attività del diacono al servizio della comunità ecclesiale locale. In parrocchia il diacono permanente opera in diversi ambiti coadiuvando il parroco, dal servizio liturgico a quelli della carità e della catechesi ed evangelizzazione, oltre a ricoprire ruoli nell’amministrazione e gestione delle attività pastorali. «C’è un gran bisogno di famiglie che si prendano cura di altre famiglie – commentano il diacono Luigi Germini e la moglie Maria Rosaria, membri dell’equipe diocesana di formazione al diaconato –. La nostra caratteristica di famiglia diaconale è che non siamo più laici, ma viviamo nel mondo dei laici, quindi siamo l’estensione ideale tra Chiesa e mondo».

Il “Punto ristoro sociale Comune-Caritas S. Lorenzo”. La solennità di San Lorenzo a Perugia è vissuta anche come giornata di riflessione sulla carità, nel richiamo della testimonianza evangelica del santo titolare della cattedrale il cui esempio è sempre attuale non solo per i diaconi, ma per tutti i credenti e gli uomini di buona volontà. Non è un caso che sia stato intitolato a San Lorenzo il “Punto ristoro sociale Comune-Caritas“ di Perugia, più comunemente conosciuto come la “Mensa S. Lorenzo” ubicata nell’antico oratorio del quartiere del Carmine, in pieno centro storico. Questa mensa è attiva dal 2008, coordinata dall’assistente sociale Stella Cerasa, dove, dal lunedì al sabato, 70 persone in difficoltà (soprattutto anziane e sole) trovano ristoro e calore umano sentendosi come in famiglia. Anche nel giorno di San Lorenzo la mensa sarà aperta all’ora di pranzo, animata da volontari e operatori Caritas, una delle opere segno della Chiesa diocesana espressione di collaborazione concreta, in ambito sociale, tra Istituzioni civili e religiose del capoluogo umbro.

“La Chiesa durante la pandemia: il valore della vita”, l’ultimo scritto del cardinale Bassetti. Il richiamo alle parole del presidente della Repubblica: «è necessario evitare “di confondere la libertà con il diritto di far ammalare altri”»

«Da un po’ di tempo, ha preso forma un dibattito pubblico che si interroga sul mondo “dopo” la pandemia: un mondo diverso da quello attuale (forse) in cui bisognerà ripensare sé stessi e il sistema di relazioni interpersonali. Tutto giusto ed encomiabile. A me sembra, però, che questa pandemia, così improvvisa e sconvolgente, ci interroga soprattutto sull’oggi. Un oggi che non può fare a meno, si badi bene, del suo recente passato, e che ci fornisce almeno quattro spunti di riflessione sugli effetti prodotti da questo “nemico invisibile”». Così esordisce nel suo ultimo scritto-riflessione il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei Gualtiero Bassetti, pubblicato dal settimanale cattolico «La Voce» nel numero in edicola venerdì 7 agosto e scaricabile dal sito: www.lavoce.it .

Gli anziani, chiave di volta dell’architettura sociale. «Innanzitutto, il covid-19 ha messo bene in luce chi sono gli ultimi della nostra società – sottolinea il cardinale –, i più fragili, i più indifesi e, in poche parole, coloro che hanno maggior bisogno di protezione e tutela: ovvero, gli anziani. Essi non possono essere considerati soltanto come una “categoria protetta” e, men che meno, come un “costo” oneroso per le istituzioni pubbliche. Al contrario, gli anziani rappresentano, con la loro sapienza di vita, la chiave di volta della nostra architettura sociale, il collante tra le diverse generazioni e una fonte di ricchezza inesauribile a cui i giovani possono e debbono attingere».

L’uomo non immortale con le fedi politiche. «In secondo luogo – prosegue Bassetti –, la pandemia ha rimesso al primo posto alcuni temi che l’uomo moderno cerca costantemente di rimuovere: la morte, la sofferenza e la fragilità. Gli esseri umani sono da sempre alla ricerca di un nuovo Prometeo che li liberi dalle catene della loro caducità. Una ricerca vana. Le ideologie politiche degli ultimi secoli non hanno reso l’uomo più libero e felice. Soprattutto non l’hanno reso immortale. Da alcuni decenni, poi, le fedi politiche sono state sostituite da una fiducia, spesso acritica, nei confronti del progresso tecnologico. Oggi, però, il coronavirus ha rimesso in discussione anche la speranza di una redenzione umana attraverso la scienza».

E’ il tempo della responsabilità e della serietà. «In terzo luogo, questa difficile situazione sanitaria ha posto al centro del discorso pubblico una riflessione seria e autorevole sulla libertà di pensiero – evidenzia il presidente della Cei –. Che non significa, è doveroso sottolinearlo, esprimere a piacimento tutto quello che passa per la testa senza preoccuparsi di verificare la fondatezza delle proprie dichiarazioni e soprattutto senza assumersi la responsabilità di quello che si afferma. Bene ha fatto, dunque, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a dire che “non possiamo e non dobbiamo dimenticare” i morti di questa pandemia e soprattutto che è necessario evitare “di confondere la libertà con il diritto di far ammalare altri”. È questo il tempo della responsabilità e della serietà, lasciando da parte, per il bene di tutti, fake news, negazionismi e “cattiva informazione”».

Riorganizzare la vita comune. Amarezza per i negozi ancora chiusi. «Infine, l’ultimo elemento di riflessione riguarda la riorganizzazione della vita comune. È necessario farlo oggi in vista del domani. I dati della crisi economica che leggo su tutti i giornali sono spaventosi. Le saracinesche ancora chiuse che vedo in alcuni negozi mi lasciano amarezza e inquietudine. Perché dietro quelle saracinesche ci sono uomini, donne e famiglie. Occorre ritornare a vivere con prudenza e cautela, ma occorre ripartire».

Un documento non burocratico della Chiesa per contribuire a ripartire. «Con il cuore ferito dalla prova, anche la Chiesa italiana – annuncia il presidente dei Vescovi – si prepara ad iniziare il nuovo anno pastorale e ha preparato un documento che sarà inviato a tutte le diocesi. Un documento di speranza e non certo di pratiche burocratiche da espletare nelle Chiese. Durante il periodo di lockdown con grande senso di responsabilità, misto a sofferenza, abbiamo accolto le disposizioni governative. Oggi siamo chiamati ad andare oltre. Il tempo presente ci chiede, infatti, di non restringere gli orizzonti del nostro discernimento e del nostro impegno soltanto ai protocolli o alla ricerca di soluzioni immediate».

Un rinnovato incontro con il Vangelo per difendere ovunque la vita. «Siamo infatti all’interno di un grande cambiamento d’epoca – conclude il cardinale Bassetti – che richiede un rinnovato incontro con il Vangelo e un nuovo annuncio del Kerygma: un incontro e un annuncio per promuovere e difendere ovunque il valore della vita».

Perugia: Firmata la Convenzione pro Oratori da Regione Umbria, Ceu e Anci. L’arcivescovo Boccardo: «Gli oratori palestre dove si formano e si educano i cittadini di domani»

E’ stata firmata il 28 luglio, a Perugia, presso la sede della Giunta regionale di palazzo Donini, la Convenzione relativa al “Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli Oratori” tra Regione Umbria, Ceu e Anci Umbria. Il documento è stato sottoscritto dalla presidente della Regione Donatella Tesei, dal presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu) monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, e dal presidente dell’Anci regionale Francesco De Rebotti, sindaco di Narni.

Ulteriore attuazione delle leggi in materia. Questa convenzione, salutata dal mondo oratoriale umbro (130 Oratori attivi nelle otto Diocesi della regione frequentati annualmente da circa 25mila fanciulli e adolescenti seguiti da oltre 4mila animatori, educatori e responsabili), è una ulteriore attuazione delle leggi nazionale e regionale in materia. Non si tratta, evidenzia la Regione attraverso una nota dell’Agenzia Umbria Notizie, di «un impegno formale per l’utilizzo delle risorse assegnate (220mila euro per un anno, n.d.r.), ma soprattutto, il riconoscimento del contributo che gli oratori continuano a dare alla nostra società, per formare uomini e donne liberi e capaci di appassionarsi per il bene comune».

Alleati della famiglia e delle agenzie educative. Monsignor Boccardo, nel ringraziare la Regione a nome dei vescovi umbri, ha definito la Convenzione «un gesto preziosissimo, perché porta con sé un contenuto ben più grande dei 220mila euro che va ad erogare: viene riconosciuto, come già in precedenza, il contributo specifico e significativo che i nostri oratori danno alla costruzione della società. Noi vogliamo porci come alleati della famiglia, innanzitutto, e delle altre cosiddette “agenzie educative”.

Creare una alleanza per costruire il domani. Papa Francesco ha ricordato più volte questo proverbio africano: “Per fare un uomo ci vuole un villaggio”. Oggi non è più pensabile che l’educazione alla vita sia portata avanti esclusivamente dalla famiglia, oppure dalla scuola, o dalla parrocchia, o da una associazione. Bisogna creare una alleanza in cui ognuno dà il suo contributo. E se ognuno fa la sua parte, forse, riusciamo a costruire gli uomini e le donne di domani. Sono loro la grande ricchezza che tutti dobbiamo custodire e accompagnare gradualmente verso l’età adulta, affinché ognuno possa assumere il proprio ruolo nella vita civile ed anche nella comunità ecclesiale. Gli oratori si pongono in questa prospettiva e noi vogliamo contribuire con la nostra identità e idealità a costruire la società. Abbiamo bisogno più che mai di imparare a stare insieme, a rispettarci gli uni e gli altri, ad accogliere le differenze». Queste, ha concluso il presidente della Ceu, «non sono necessariamente una minaccia, ma possono trasformarsi in ricchezza. Gli oratori sono una palestra dove crediamo che si possa contribuire al bene della società educando e formando i nostri giovani».

Convenzione umbra, esempio per altre regioni. Il presule ha anche portato il ringraziamento e l’apprezzamento del cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, per la convenzione stipulata, auspicando che «questo gesto possa essere esemplare anche per altre regioni», ha riferito monsignor Boccardo a nome del presidente dei vescovi italiani.

Cosa prevede il documento siglato. La convezione, la cui durata è di un anno, prevede il supporto a progetti rivolti ai minori e ai giovani, per la realizzazione di attività di promozione e sostegno per lo svolgimento delle funzioni sociali ed educative; l’allestimento di centri ricreativi e sportivi, compreso l’acquisto di attrezzature e materiali; la realizzazione di percorsi di recupero a favore di soggetti a rischio di emarginazione sociale, di devianza in ambito minorile, di disabilità; la manutenzione straordinaria e il riadattamento di immobili adibiti ed utilizzati come luogo di incontro per adolescenti e giovani; percorsi di formazione sociale, finalizzati a valorizzare tutte le risorse e le competenze presenti sul territorio e supportare le attività di oratorio e quelle similari. L’Anci Umbria in qualità di organismo di rappresentanza dei Comuni, assicurerà il raccordo con le zone sociali per la realizzazione degli interventi.

Gli interventi dei presidenti Regione e Anci Umbria. Apprezzamenti per le diverse e importanti attività svolte dagli oratori umbri a livello sociale ed educativo sono giunti dalla presidente della Regione Tesei e dal presidente dell’Anci Umbria De Rebotti.

Tesei. La governatrice, ricordando la recente tragica morte dei due giovani di Terni, ha sottolineato che «la Regione Umbria si sta impegnando per lanciare nuove iniziative finalizzate ad approfondire problematiche legate al mondo giovanile. Il tema dell’educazione e della crescita consapevole dei ragazzi è stato inserito tra le priorità del governo regionale. Sicuramente gli oratori in questo contesto svolgono un ruolo importantissimo», e sono «un servizio essenziale e di grande sostegno alle famiglie che li identificano come un punto di riferimento importante per i giovani e gli adolescenti». In questa fase molto delicata, ha commentato la presidente, «siamo soddisfatti di aver trovato le risorse per la valorizzazione di questi ‘luoghi’ importanti per le nuove generazioni dove si promuovono valori fondamentali come il rispetto e la solidarietà. Il nostro contributo quindi, va oltre al sostegno economico e vuole essere un modo per partecipare la nostra presenza e il nostro sostegno».

De Rebotti. Di «straordinaria macchina aggregativa, sociale, di educazione e formazione, rappresentata dagli oratori» ha parlato il presidente dell’Anci, che ha aggiunto: «Gli oratori sono una realtà imprescindibile, in crescita, fortemente radicati sul territorio, che ogni anno accolgono migliaia di bambini e ragazzi, rispondendo non solo alle loro necessità, ma anche a quelle delle loro famiglie». Gli oratori, ha evidenziato De Rebotti prima dell’atto della firma della convenzione, «sono presidio di socialità per contrastare la solitudine che non riguarda solo gli anziani, ma anche non pochi giovani». E l’Umbria, da questo inquietante fenomeno, non è immune come spesso testimoniano le cronache.

l cardinale Gualtiero Bassetti: «Il calo delle nascite, una crisi di civiltà, è una vera emergenza italiana. Probabilmente è la più grande emergenza dell’Europa»

«Il calo delle nascite, oggi, è una vera emergenza italiana. E probabilmente è la più grande emergenza dell’Europa. Non è una questione politica di destra o di sinistra, e non è neanche soltanto una questione di soldi o di sgravi fiscali (seppur necessari): è una questione di civiltà. Questo calo della natalità, infatti, è il segno di una crisi culturale che ha radici profonde nel nostro recente passato». E’ quanto scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei Gualtiero Bassetti, nel riflettere sull’ultimo bilancio demografico dell’Istat, che, sommato al recente dato preoccupante della Commissione europea «mette in luce un Continente sempre più vecchio, in cui nascono sempre meno figli», scrive il presule.

La vita sorgente di ricchezza. «Io sono nato durante la Seconda guerra mondiale in un mondo di macerie, poverissimo eppure ancora ricco di umanità – commenta il presidente della Cei –. Un mondo che mi ha insegnato che il saper condividere è fonte di sviluppo e che la vita non è soltanto un dono e un mistero – questioni decisive per ogni cristiano – ma è anche una sorgente di ricchezza. Una ricchezza talvolta immateriale, relazionale e morale. E una ricchezza concreta che implica uno scambio solidale tra le generazioni, una necessità di produzione, uno sviluppo dei consumi e un dinamismo economico».

La casa comune. «I giovani e i vecchi, nell’Italia della ricostruzione – continua Bassetti –, avevano dei compiti e delle funzioni diverse ma erano senza dubbio complementari. Tutti svolgevano un ruolo all’interno della “casa comune”, dell’Oikos, come scrive Francesco nella Laudato Si’. Giorgio La Pira, nel 1954, quando consegnò le chiavi delle prime abitazioni sulle rive dell’Arno a Firenze, espose tre concetti cruciali nel rapporto tra la “città” e la “casa”: in primo luogo, che ogni casa è una “badia” ovvero un “giardino che ha terren buono e che produce fiori e frutti”; in secondo luogo, che i “bambini” ovvero i “germogli nuovi” devono essere “custoditi come la pupilla dei vostri occhi e come la ricchezza suprema della città intera”; e infine che “gli anziani” all’interno della casa/città devono trovare “conforto sereno, e sereno, amoroso tramonto”».

Un deposito storico-culturale. «Parole ancora attuali che non vanno scambiate per un romanticismo di vecchia fattura. Dietro quelle espressioni linguistiche, che possono apparire desuete agli occhi dei contemporanei, si colloca invece una visione del mondo, una filosofia della storia e soprattutto un deposito storico-culturale antichissimo che troppo frettolosamente è stato messo ai margini del vissuto quotidiano dell’Europa».

La famiglia e i figli, un peso. «Oggi esiste indubbiamente un problema di organizzazione politico-economica dell’intera società – evidenzia il cardinale –, ma ancor prima c’è una grande questione esistenziale e culturale. In tutta Europa – ma forse dovremmo dire in tutto il mondo occidentale – la famiglia e i figli sono considerati nient’altro che un peso, un grosso intralcio all’affermazione e all’autodeterminazione del singolo individuo, un ostacolo alla carriera lavorativa e perfino all’arricchimento personale».

La natalità fonte di angoscia. «Alla base di quella che ai miei occhi si presenta come una crisi di civiltà, si colloca, quindi, un cambio di mentalità collettiva che ha mutato, fino a rovesciare completamente, la concezione della natalità: non più una ricchezza per la famiglia e la società, ma al contrario una causa di miseria, un impedimento al successo e, in alcuni casi, una fonte di angoscia».

Un potere politico feudale. «Oggi più che mai è necessario cambiare questo paradigma. Di fronte a una società che si sta polverizzando e a un potere politico sempre più particolaristico e feudale, occorre avere la consapevolezza che la nascita di un bambino è una ricchezza per tutti e non un peso per pochi».

Il Vangelo della vita. Occorre tornare ad annunciare con semplicità, gioia e senza dannose strumentalizzazioni politiche – conclude Bassetti la sua riflessione – il Vangelo della vita: occorre cioè “riversare sulle anime” quella che La Pira chiamava “l’onda vitale e rigeneratrice della Grazia, della verità e della pace”».

Norcia – festa di S. Benedetto. Messa dell’Arcivescovo Boccardo, che annuncia: «Da ottobre a Norcia ci sarà una comunità di suore per condividere la vita delle persone, offrendo gesti e parole di consolazione»

Il 21 marzo generalmente a Norcia è festa grande per S. Benedetto, nel giorno in cui si ricorda la sua morte. Ma quest’anno per via del confinamento a causa del Coronavirus la festa non si è tenuta. E allora l’11 luglio, data in cui si celebra Benedetto quale patrono d’Europa, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha celebrato la Messa nel Centro di comunità della Madonna delle Grazie della città natale del Santo. Col Presule hanno concelebrato don Marco Rufini e don Davide Tononi (rispettivamente parroco moderatore e parroco il solido di Norcia), don Dario Dell’Orso e don Antonio Diotallevi (rispettivamente rettore emerito della Basilica di S. Benedetto e parroco emerito di Norcia). Era presente il sindaco della Città Nicola Alemanno. All’inizio della celebrazione mons. Boccardo ha detto: «Siamo qui come in una festa di famiglia, separati ma non distanti a causa del Covid-19. Ricordare San Benedetto quale modello da imitare è importante anche in questo tempo difficile della pandemia. Chiediamo al nostro Santo di aiutarci a vivere meglio insieme, affinché anche il tempo della prova possa essere ricco di sapienza e di vita».

Nell’omelia poi l’Arcivescovo ha detto come «S. Benedetto si sia trovato in una situazione di grande confusione con l’Italia invasa dai barbari, l’Impero Romano decaduto e decadente e tutti i valori in crisi. Lui ebbe il coraggio di scegliere con determinazione uno stile di vita che non era alla moda, per il quale non si è preoccupato di avere l’approvazione dell’opinione pubblica. Ha scelto con radicalità una vita diversa: “saggiamente ignorante e sapientemente incolto”, come ci ricorda S. Gregorio Magno. E non si tratta dell’elogio dell’ignoranza – ha detto il Presule – ma di un modo per dire che i criteri ai quali si ispirava Benedetto non erano quelli del suo tempo (ignorante dei costumi delle persone), tanto che la sua incultura è diventata sapienza e la sua vita feconda di frutti e noi dopo secoli siamo ancora qui a parlare di lui. S. Benedetto dalla società dove viveva si è voluto allontanare per non essere distratto da ciò che era essenziale, alla ricerca delle cose belle che danno senso alla vita. E per far questo ha dovuto “scavare” nella propria coscienza». Da qui il parallelismo di mons. Boccardo con le campane riemerse dalle macerie della Basilica di S. Benedetto qualche giorno fa: «Per ritrovare le campane si è dovuto scavare, in quanto dalla superficie non si vedevano. Poi proprio ieri (10 luglio 2020) è emerso con maggiore chiarezza rispetto al 2017 un affresco medievale raffigurante la Madonna con Bambino, S. Benedetto e un altro Santo. Questo ci dice che le cose belle sono nascoste e che per trovarle bisogna faticare. L’insegnamento è: l’apparenza non basta, non ci dobbiamo stancare di scavare, di andare dentro agli avvenimenti della vita perché è lì che le cose belle sono nascoste. E ciò vale anche per noi. S. Benedetto dunque ci dice: non perdete la speranza. E un piccolo segno di speranza è che dal prossimo 4 ottobre quattro suore, di quattro diversi Istituti Francescani, vivranno a Norcia per stare con la gente, per condividere la vita delle persone di questa vallata, offrendo gesti e parole di consolazione e conforto. Una bella notizia che mi piace condividere con voi nel giorno della festa di S. Benedetto».

Da Banco BPM una donazione a Caritas Umbria in sostegno alle famiglie in difficoltà. Mons. Marco Salvi: «Un aiuto prezioso per continuare a dare risposte agli ultimi e ai più bisognosi»

Nell’ambito dell’emergenza Covid-19, Banco BPM ha predisposto una donazione di 30 mila euro in favore della Caritas Umbria per rispondere alle più immediate esigenze di sostentamento familiare, che rappresentano oggi una vera e propria emergenza sociale.

I fondi verranno distribuiti tramite gli Empori della carità e i Centri di ascolto delle Caritas diocesane umbre, che attualmente operano ancora più assiduamente per dare sostegno concreto a tante famiglie, fornendo beni di prima necessità e intervenendo anche nel pagamento delle utenze.

Aiuto prezioso per continuare a dare risposte. «In questo periodo – spiega mons. Marco Salvi, vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve e segretario della Conferenza episcopale umbra – le Caritas delle nostre diocesi dell’Umbria hanno aumentato i loro sforzi per stare accanto alla gente e alle famiglie. Sono cambiati rapidamente i bisogni e le necessità e sono arrivate nuove povertà, legate alla perdita del lavoro, al precariato, ai bonus e alla cassa integrazione che tardavano ad arrivare. I vari indicatori, come ad esempio il quinto rapporto sulle povertà presentato nei giorni scorsi dalla Caritas di Perugia-Città della Pieve, ci hanno segnalato un aumento di accessi anche del 30-35% rispetto ai fruitori abituali dei Centri di ascolto e degli Empori della carità. Un fenomeno molto evidente nei mesi di marzo, aprile e maggio, quando per molti la Caritas è stata di fatto l’unico punto di riferimento nell’emergenza socio-economica parallela a quella sanitaria. Ora – conclude mons. Salvi – la donazione di Banco BPM è davvero un aiuto prezioso per le Chiese umbre, perché ci permette di continuare a dare risposte agli ultimi e ai più bisognosi. In questi mesi, abbiamo toccato con mano come la ‘fantasia’ della carità si esprima in mille modi diversi e attraverso tanti percorsi».

Altro progetto BPM insieme a Caritas. «Oggi, a distanza di oltre quattro mesi dall’insorgere della pandemia, l’emergenza sociale si è sovrapposta a quella sanitaria e questa iniziativa nasce proprio da tale urgenza – commenta Adelmo Lelli, Responsabile Direzione Territoriale Tirrenica di Banco BPM -. I fondi verranno distribuiti a tante famiglie umbre in difficoltà attraverso le Caritas locali dislocate in territori unici per storia e tradizione ai quali sentiamo la responsabilità di essere vicini in una circostanza così straordinaria. Ma questo non è l’unico progetto messo in campo insieme a Caritas – prosegue Lelli -. Banco BPM ha infatti istituito una raccolta fondi presso i suoi oltre 20mila dipendenti in tutta Italia e avviato un fondo di solidarietà e un progetto di crowdfunding con Caritas in Toscana».

L’ingresso solenne di mons. Gualtiero Sigismondi nella diocesi di Orvieto-Todi

Mons. Gualtiero Sigismondi comincia il suo ministero episcopale nella nuova diocesi da un luogo simbolo, quel ponte di “Rio Chiaro” dove nel 1263 si incontrarono il vescovo Giacomo, che recava con sé il Corporale del miracolo di Bolsena, e il pontefice Urbano IV. Qui, il vescovo Gualtiero ha ricevuto il primo saluto e l’accoglienza calorosa di una delegazione della comunità orvietano-tuderte.

Poco dopo, il corteo è arrivato in piazza del Duomo dove mons. Sigismondi era atteso da autorità religiose, militari e civili, con i gonfaloni dei Comuni. Ad accoglierlo davanti alla celebre cattedrale orvietana c’era il suo predecessore – ormai vescovo emerito – mons. Benedetto Tuzia e c’erano anche i cardinali Ennio Antonelli e Gualtiero Bassetti, i vescovi delle diocesi dell’Umbria e anche di fuori regione.

Il saluto di mons. Sigismondi alle autorità civili
Sono lieto di incontrare le Autorità civili, politiche, socio-economiche e militari di questa “città sul monte”, “antica dimora dei Papi, che intreccia – secondo Paolo VI – le sue secolari vicende con quelle non solo del loro dominio temporale, ma altresì del loro ministero apostolico”.

Saluto le istituzioni regionali nella persona della Consigliera Dott. Eleonora Paci, S. E. il Prefetto di Terni, Dott. Emilio Dario Sensi, il Presidente dell’Opera del Duomo, Dott. Gianfelice Bellesini, e ringrazio la Dott. Roberta Tardani, Sindaca di Orvieto, che mi ha dato il benvenuto a nome di tutti i Sindaci, fra i quali vedo con piacere l’Avv. Stefano Zuccarini, Sindaco di Foligno.

La Chiesa, consapevole che alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra quello che è di Cesare e ciò che è di Dio (cf. Mt 22,15-22), rispetta ogni istituzione umana, nutre un sincero apprezzamento per la funzione pubblica e prega per i suoi rappresentanti, affinché cerchino il bene comune. La collaborazione tra comunità politica ed ecclesiale si realizza nel leale rispetto della loro reciproca indipendenza.

“Alla società – osserva p. Francesco Occhetta – il cattolico non fornisce collateralismo al potere, ma lievito e servizio al popolo”. La Chiesa non è un agente politico, e tuttavia ha un interesse profondo per il bene della comunità civile. Opera in modo da non intromettersi in sfere che non le competono, ma non consente restrizioni alla propria libertà di annunciare il Vangelo apertamente. Nel Primo Libro dei Re si racconta che al re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concede di avanzare una richiesta. Il giovane sovrano non osa domandare successo, ricchezza o lunga vita, ma un cuore docile, in grado di rendere giustizia al popolo e di distinguere il bene dal male (cf. 1Re 3,9).

Per chi è chiamato a guidare una comunità civile o ecclesiale niente è più desiderabile della pace. Nella comunità ecclesiale la pace è il germoglio che spunta dalla radice dell’unità; nella società civile la pace è il frutto maturo della giustizia. Se nella Chiesa gli “operatori di pace” sono “tessitori di comunione”, nella Città i “testimoni di pace” sono, per così dire, “promotori di giustizia”, la quale, in linea di principio, non può essere delegata o appaltata alla carità.

Come Vescovo sono cosciente che “l’attenzione alla città non è separabile dall’impegno ecclesiale”: “carità politica” e “carità pastorale” sono destinate a frequentarsi soprattutto sul terreno solidaristico, educativo e culturale. È proprio nel comune impegno per la promozione integrale dell’uomo che è possibile individuare il punto di contatto o di tangenza tra le istituzioni civili ed ecclesiastiche.

Questa piazza, illuminata dallo splendore della facciata del Duomo, è simbolo reale dell’incontro e del dialogo tra gli “uomini di buona volontà”. Nella “nobile semplicità” e nella “pacata grandiosità” di questo luogo presento le mie credenziali di “seminatore di speranza” e di “collaboratore della gioia del Vangelo”.

Dopo il saluto del sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, mons. Sigismondi ha fatto il suo ingresso in Duomo per la cerimonia dell’insediamento in Cattedra seguita dalla solenne liturgia eucaristica.

L’omelia del vescovo Gualtiero in Duomo
“Con la tua continua misericordia, Padre, purifica e rafforza la tua Chiesa e poiché non può sostenersi senza di te non privarla mai della tua guida”. Questa orazione ha accompagnato la mia attesa del nostro primo incontro nel Duomo di Orvieto, che per la finezza della sua armonia è “fuori scala”.

“Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica” (Gv 4,38). Quanto Gesù ha detto ai discepoli al pozzo di Giacobbe oggi è diretto a me. Con semplicità e letizia mi inserisco nella storia di questa Diocesi, guidata finora da S. E. mons. Benedetto Tuzia, il quale il giorno dell’annuncio del mio trasferimento mi ha inviato questo messaggio: “Benedetto Gualtiero, colui che viene nel nome e nella grazia del Signore”.

Carissimo Vescovo Benedetto: “Chi semina gioisca insieme a chi miete” (Gv 4,36). Questo invito sinodale alla gioia unisce, nella stessa lode, il seminatore al mietitore; entrambi sono “collaboratori di Dio”: “né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere” (1Cor 3,7). Lo stesso pensiero lo rivolgo a S. E. mons. Giovanni Scanavino, la cui graditissima presenza mi ricorda che l’ingresso di un vescovo in diocesi è paragonabile a quello del Signore in Gerusalemme.

Con il mandato del Papa, a cui rinnovo fedele obbedienza, inizio il mio ministero pastorale, ben sapendo che l’autorità episcopale non è a beneficio di chi la esercita ma a vantaggio di coloro ai quali si rivolge. Sciolto il vincolo con la Chiesa particolare di Foligno – per ora solo allentato, in quanto Amministratore Apostolico –, il Signore mi invita a creare nuove paternità e fraternità, che mi autorizzano a farvi qualche confidenza.

Alla vigilia dell’anno duemila venni invitato a Bolsena alla Marcia della fede, che precede l’alba del Corpus Domini. Pensando al travaglio della “incredulità credente” sperimentato all’altare da un sacerdote boemo, ripetevo in silenzio il versetto del salmo che avrebbe illuminato quella notte: “Voglio svegliare l’aurora” (Sal 57,9). Giunto il momento di dare il via al cammino, consegnai ai pellegrini questo messaggio: “I vostri passi precederanno l’aurora e, all’alba, vedrete la sagoma del Duomo; a quella vista, stanchi ma raggianti, ricordate che l’Eucaristia, da cui nasce e si edifica sempre la Chiesa, sveglia l’aurora dell’eternità nella notte del tempo”.

Da vescovo sono venuto in questa Cattedrale con il presbiterio folignate in occasione del Giubileo Eucaristico straordinario. Durante la Messa ho divagato con la mente nella navata centrale e ho tenuto fisso lo sguardo sul rosone, chiedendomi: come mai questa casa della Chiesa, edificata per custodire viva memoria del Miracolo di Bolsena, è intitolata a Santa Maria Assunta? Ho cercato la risposta per tutto il tempo della celebrazione, ma sono riuscito a trovarla solo al momento della Comunione eucaristica, “vero Corpo e Sangue del Risorto nato da Maria Vergine”. La Madre di Dio, “mistica aurora della redenzione”, è realmente il Ss. Corporale di Gesù, inamidato dal suo candore verginale e inondato dallo splendore della luce pasquale.

Inizio il mio ministero pastorale in mezzo a voi custodendo e meditando le letture proposte dalla Messa vespertina nella vigilia della solennità dei Principi degli Apostoli. Pietro, presso la porta del tempio di Gerusalemme detta Bella, dichiara a uno storpio: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do” (At 3,6). Con queste stesse parole mi accredito anch’io, chiedendo al Signore di non abbandonarci alla tentazione di cui parla Paolo nella sua autobiografia: “Perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo” (Gal 1,13). Sebbene le potenze degli inferi non possano prevalere sulla Chiesa (cf. Mt 16,18), “colonna e sostegno della verità” (1Tm 3,15), tuttavia essa rimane esposta all’insidia della devastazione sino alla fine dei tempi. Non facciamoci illusioni: è la carestia del “cemento della concordia” a devastare la Chiesa!

La comunione, frutto e condizione della Pentecoste, è il presupposto della missione apostolica affidata dal Risorto a Simon Pietro sulla riva del mare di Tiberiade (cf. Gv 21,15-19), là dove l’aveva tratto all’amo come “pescatore di uomini” (cf. Lc 5,10). Che il Signore sia vivo, non solo “corporalmente” ma anche “sentimentalmente”, lo rivela il dialogo che Egli stabilisce con Simone. Per due volte gli chiede quanto lo ami – “agapào” (cf. vv. 15-16) –, mentre la terza, domandandogli se gli voglia bene – “filèo” (cf. v. 17) –, il Risorto non abbassa il livello della sua richiesta ma lo innalza. La risposta di Simone fa appello al Maestro, che “scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (v. 17).

Nessuno può osare dire per intero questa frase: riusciremo a farlo se ci sosterremo a vicenda nella carità. Lo chiedo anzitutto a voi, ministri ordinati, a cui rivolgo il mio sguardo benedicente. “La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene – assicurava Benedetto XVI – nobilita la Chiesa. Suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizione per la comunità, è la migliore promozione vocazionale”. Il dono ricevuto con l’imposizione delle mani, collegato strutturalmente all’Eucaristia, lo si ravviva curando la vita interiore: prima attività pastorale, la più importante. Il nostro ministero di “servi premurosi del popolo di Dio” si ridurrebbe a una rincorsa affannosa se, cammin facendo, trascurassimo la preghiera e il servizio della Parola, la cui eco risuona nel grido dei poveri, con i quali Gesù ha voluto identificarsi, e nel libro della storia che non è allergica ai “semi del Verbo”.

“Il Signore ci custodisce come un pastore il suo gregge”. La concretezza di questa immagine, suggerita dalla liturgia, me l’ha mostrata un anziano pastore, sorpreso a trascinare un grande ramo pieno di foglie all’interno del recinto del suo gregge: “È la cena per i miei agnelli; ieri ho avvistato un lupo, oggi non ho osato condurli al pascolo”. Ammaestrato da questa lezione d’amore, accolgo con cuore libero e ardente quanto mi raccomanda Papa Francesco nella Bolla di nomina: “Ama la tua nuova Chiesa con viscere di misericordia, benignità e umiltà”.

La Vergine Maria, San Giuseppe suo Sposo, San Fortunato e la beata Madre Speranza di Gesù mi ottengano dal “Pastore dei pastori” di perseverare in questo santo proposito, “fino alla fine”.

Testi e immagini della giornata di ingresso del vescovo Gualtiero sono disponibili sul sito web della diocesi di Orvieto-Todi. Qui lo streaming video trasmesso da TeleOrvietoWeb e dalla Tv Diocesana…

 

(www.lavoce.it)

Mons. Sigismondi nominato amministratore apostolico di Foligno nel giorno dell’ingresso a Orvieto-Todi

Nel giorno dell’ingresso solenne nella nuova diocesi di Orvieto-Todi, mons. Gualtiero Sigismondi viene nominato amministratore apostolico della diocesi di Foligno. Mantiene quindi i diritti, le facoltà e gli obblighi che spettano al vescovo, anche nella comunità che ha guidato negli ultimi dodici anni. Lo ha annunciato alle ore 12 di oggi nella Curia folignate il delegato “ad omnia”, mons. Giovanni Nizzi, come da disposizioni della Nunziatura apostolica in Italia.

“Nel giorno in cui ha inizio il mio ministero pastorale nella Chiesa particolare di Orvieto-Todi – ha esordito mons. Sigismondi nella nota letta in contemporanea con l’annuncio – faccio partecipe il popolo di Dio che è in Foligno di quanto Papa Francesco ha deciso circa la cura pastorale e il governo della nostra Diocesi, affidata alla protezione di san Feliciano”.

Mons. Sigismondi commenta il decreto della Congregazione per i Vescovi arrivato insieme alla nota della Nunziatura apostolica in Italia, sottolineando come il compito dell’amministratore apostolico sia quello di governare la diocesi in forma vicaria, ossia a nome del Papa.

“Questa chiamata – ha aggiunto il vescovo Gualtiero – mi è giunta mentre mi preparavo a sciogliere gli ormeggi, per salpare verso Orvieto-Todi. Non ho esitato ad accoglierla con cuore libero e ardente, non solo perché l’obbedienza me lo chiede, ma anche perché la gratitudine verso il popolo folignate me lo domanda. Mi dispongo a continuare, seppur in veste di amministratore apostolico, il mio servizio episcopale a Foligno, per il tempo che il Santo Padre riterrà necessario e nelle modalità che la guida della diocesi di Orvieto-Todi e il compito di assistente generale di Azione Cattolica Italiana renderanno possibili.

Le spalle reggono – continua Sigismondi – se il cuore non cede! È con questa consapevolezza che rinnovo il mio abbandono alla fedeltà di Dio ed esprimo, a nome di tutti, profonda gratitudine a Papa Francesco il quale, con questa decisione, mi ha fatto ricordare che tra Foligno e Orvieto, sebbene non vi sia contiguità territoriale, vi è un ponte spirituale: quello costruito dalla beata Angelina da Montegiove, i cui familiari, come documentano alcuni codicilli del Registro dell’Opera del Duomo di Orvieto, hanno contribuito a edificare la Cattedrale di Santa Maria Assunta. La traslazione delle sacre spoglie della beata Angelina, dalla Chiesa di San Francesco al Monastero di Sant’Anna in Foligno, è avvenuta il 27 giugno 2010; dieci anni dopo, lo stesso giorno, ho ricevuto il decreto di nomina che porta la data di oggi. Davvero, il Signore tutto dispone con forza e dolcezza – conclude mons. Sigismondi – attraverso la mediazione del discernimento ecclesiale”.

(www.lavoce.it)