Perugia – festa di San Costanzo, patrono della città e dell’Archidiocesi, al tempo del Covid-19. Celebrazioni religiose ridotte all’essenziale nel rispetto delle norme sanitarie, ma non i «segni di speranza» compiuti da credenti e uomini di buona volontà

Da sempre vissuta come evento che rinsalda i legami storico-sociali e culturali della Perugia civile e religiosa, la festa del Santo patrono Costanzo, vescovo e martire del II secondo, fondatore della comunità cristiana perugina, quest’anno, a seguito della pandemia, si svolgerà, sempre il 28 e il 29 gennaio, ma in forma ridotta. Non si terranno la tradizionale e suggestiva processione della “luminaria” per le vie della città e alcune iniziative sociali e culturali.

Il triduo “Nel deserto, segno di speranza”. A precedere la festa sarà il triduo di preparazione (25-26-27 gennaio, ore 17) nella basilica di San Costanzo dedicato ad un tema molto attuale: “Nel deserto, segni di speranza”. «Con il “deserto” – spiega mons. Pietro Ortica, parroco di San Costanzo – identifichiamo la precaria situazione che stiamo vivendo a livello sanitario, sociale, economico…, ma anche interiore e spirituale, dovuta alle necessarie rinunce del momento. Per affrontarle al meglio siamo invitati anche a riflettere e a pregare durante i tre pomeriggi di adorazione eucaristica meditata che ci accompagnano nel cammino di preparazione alla festa in onore del nostro Patrono, esempio di atroci sofferenze fino alla rinuncia della propria vita per la fede in Cristo».

Segni concreti di speranza. Le meditazioni saranno incentrare sul tema scelto e tenute da tre giovani sacerdoti diocesani: don Antonio Paoletti, don Alessandro Scarda e don Alessio Fifi. «Ci aiuteranno a riflettere soprattutto sui segni di speranza – sottolinea don Pietro – che cogliamo in ospedale o in casa attraverso l’attenzione dell’operatore sanitario nel curare con amore e professionalità il malato, anche nell’accarezzarlo e nel tendergli la mano con il sorriso in modo da incoraggiarlo, da non farlo sentire solo nell’affrontare la prova della malattia. Segni di speranza li cogliamo anche nel sociale – aggiunge il parroco di San Costanzo –, quando tante famiglie non riescono più a pagare l’affitto, le utenze domestiche, le spese scolastiche dei figli, le cure mediche non previste dal Servizio sanitario nazionale. In questi casi c’è la Caritas e i suoi operatori e volontari che animano diverse opere e progetti portati avanti grazie alla generosità-solidarietà di tanti benefattori. Basti pensare che solo nella nostra comunità parrocchiale sono stati raccolti più di diecimila euro a sostegno della recente campagna Caritas “Adotta un affitto”. San Costanzo – conclude don Pietro – possa aprirci ancor più il cuore a questi segni di speranza per la nostra umanità e per la crescita della nostra fede».

I Primi Vespri con i doni-simbolo della città al Patrono. Giovedì 28 gennaio (alle ore 18), nella basilica di San Costanzo, si terrà la celebrazione dei Primi Vespri presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti alla presenza del sindaco Andrea Romizi e di una delegazione di non più di trenta persone in rappresentanza delle Istituzioni civili e religiose di Perugia, a seguito delle norme sanitarie per il contenimento del contagio da Covid-19. Durante la celebrazione, davanti all’urna con le reliquie del Santo, sarà rinnovata l’offerta dei doni-simbolo dell’antico legame della città al suo Patrono: il cero, da parte del sindaco, segno della disponibilità degli amministratori pubblici ad essere attenti ai bisogni dei più deboli e indifesi e a promuovere con onestà e saggezza ciò che giova al bene comune; la corona d’alloro, da parte della polizia municipale, segno di devozione e testimonianza di dedizione al bene comune attraverso l’azione di ordine pubblico, che mira alla pace e alla concordia; il torcolo (dolce tipico della festa a ricordo del martirio di Costanzo), da parte degli artigiani, segno di quanti si impegnano ogni giorno a migliorare le condizioni dei lavoratori e per tutti coloro che, con il loro lavoro, contribuiscono alla prosperità della comunità; del vinsanto, da parte di due giovani sposi, perché vivendo la fedeltà, la fecondità e l’attenzione ai piccoli e ai poveri, siano segno dell’amore infinito che lega Dio al suo popolo, e la famiglia sia fondamento del vivere sociale; l’incenso, da parte del Consiglio pastorale parrocchiale di San Costanzo, segno della forza della fede nell’annuncio del Vangelo sull’esempio del martire perché conceda alla Chiesa diocesana di crescere nella santità.

Il programma del giorno della festa del Patrono. Venerdì 29 gennaio, giorno della festa liturgica del vescovo e martire Costanzo, si terranno tre celebrazioni eucaristiche nella basilica intitolata al Patrono (ore 8, 10 e 11.30), dove saranno ammessi ogni volta non più di 30 fedeli e al termine il luogo di culto resterà chiuso per permettere la necessaria sanificazione. La celebrazione eucaristica delle 11.30 sarà presieduta dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi. Nel pomeriggio (ore 15-18) ci sarà la possibilità di un percorso guidato per un atto di devozione alle reliquie del Santo esposte sull’altare. Le celebrazioni in onore di san Costanzo culmineranno nella cattedrale di San Lorenzo, nel tardo pomeriggio (ore 18), con la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Bassetti alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili e religiose del capoluogo umbro (in cattedrale possono accedere 300 fedeli).

Perugia: l’omelia del cardinale Gualtiero Bassetti pronunciata alla celebrazione eucaristica della festa liturgica del Santo patrono dei giornalisti, nella cattedrale di San Lorenzo

Cari fratelli e sorelle,
cari giornalisti,

oggi celebriamo l’Eucaristia nel giorno della festa liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori dei media. A causa della pandemia siamo stati costretti ad annullare l’annuale incontro con la stampa. Un incontro che, però, oggi rinnoviamo in una forma diversa, forse meno conviviale, ma sicuramente più profonda: stringendoci in preghiera attorno alla figura di un grande santo del Cinquecento che seppe fare del dialogo un eccezionale strumento di testimonianza cristiana e di evangelizzazione.

Alla sfrontatezza della polemica, san Francesco di Sales seppe contrapporre la mitezza del confronto. Alla battuta tagliente seppe sostituire la parola amorevole. Attraverso un dialogo incessante e una dolcezza infinita, che non barattò mai con l’annuncio del Cristo, riuscì a raggiungere le persone più lontane dalla Chiesa. E con l’uso dei manifesti, infine, seppe parlare a tutti. Ecco perché, dal 1923, san Francesco di Sales è conosciuto e venerato come il patrono dei giornalisti e di quanti diffondono la verità servendosi dei mezzi di comunicazione.

Mai come oggi il tema della verità è al centro della discussione pubblica e dell’attenzione pastorale. Secondo alcuni studiosi l’epoca attuale è addirittura caratterizzata dal fenomeno della post-verità. Una verità, cioè, che non corrisponde più con la realtà fattuale delle cose ma è legata, invece, a sensazioni ed emozioni: le proprie convinzioni personali, oggi, sembrano avere più importanza del reale svolgimento dei fatti. Un racconto ben fatto, ben costruito, e che va incontro ai gusti, ai desideri e alle convinzioni del pubblico, può addirittura sostituirsi alla verità ed essere ugualmente creduto come vero. Si tratta, come capite, di una questione di grande rilevanza.

La liturgia della parola di questa domenica, non casualmente, ci propone due episodi in cui si annuncia la verità. Nel primo caso è Giona che svolge la sua missione nella città di Ninive. Una città che il profeta Naum definisce come una “città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, che non cessa di depredare”. Giona cammina per un giorno intero per Ninive predicando la conversione del cuore. I cittadini credono alle parole del profeta, cessano la loro condotta malvagia e Dio risparmia Ninive non distruggendola. Nel secondo caso è Gesù che in Galilea fa la sua prima predica e proclama la buona Novella. Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni sono i frutti di quella predicazione: abbandonano tutto e seguono Gesù che li fa diventare pescatori di uomini.

“Il regno di Dio è vicino convertitevi e credete al Vangelo”: sono queste le parole del figlio di Dio che risuonano come vere anche al mondo di oggi. Un mondo individualista ed edonista che assomiglia, nella sua dimensione esistenziale, alla città di Ninive. Ma che in più è attraversato da una pandemia terribile che non solo uccide migliaia di persone, ma rompe relazioni umane, attacca la famiglia, distrugge il lavoro. Nella nostra società, che come Ninive è “piena di menzogne” ed è “colma di rapine”, si è abbattuta una piaga sanitaria e sociale prodotta dal virus. Un virus che solo gli scienziati con il loro microscopio riescono a vedere e che, proprio per questo, qualcuno, in modo irresponsabile, ne arriva a mettere in discussione addirittura l’esistenza.

Si tratta in realtà di un morbo che attacca i più deboli e i più fragili e che sta sconquassando il nostro tessuto sociale e anche le nostre comunità ecclesiali. Dobbiamo fare di tutto per combatterlo. Con la virtù della prudenza, prima di tutto. Con la vaccinazione, come ha sottolineato Francesco, perché è “una scelta etica”. E anche con un racconto degli eventi vero e credibile, senza lasciarsi ammaliare da narrazioni complottistiche o negazioniste.

Per poter raccontare la “verità della vita che si fa storia”, scrive Francesco nel messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, occorre “mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà”. Occorre, in altre parole, “consumare le suole delle scarpe” come hanno fatto Giona e Gesù, per camminare in lungo e in largo per le nostre città, i nostri villaggi e raccontare i fatti mettendo in evidenza sia le difficoltà dei “fenomeni sociali più gravi” e sia le “energie positive che si sprigionano dalla base della società”. È opportuno cioè andare sul posto, vedere quello che accade e raccontarlo con obiettività. Perché, come scrive Francesco, “vieni e vedi” è il modo con cui “la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea”.

Cari fratelli e sorelle, il mio pensiero dal più profondo del cuore, in questo momento va a tutti coloro che stanno soffrendo per la perdita dei loro cari – nostra diocesi, per via del morbo, ha perso tre sacerdoti -, per tutti coloro che si trovano in ospedale e, infine, per le famiglie che si sono spezzate, o sono entrate in crisi a causa di questa pandemia. Un pensiero paterno lo rivolgo inoltre a tutti i ragazzi. In particolar modo agli adolescenti che vivono un’età di transizione, di crescita personale delicata e fondamentale per la loro vita, ma che sono costretti a viverla chiusi in casa, senza poter stabilire le normali relazioni sociali. C’è troppo silenzio su questi ragazzi e ragazze che si stanno caricando, inconsapevolmente, il peso sociale più gravoso di questa pandemia: questi giovani stanno rinunciando alla loro giovinezza, alla loro spensieratezza, al loro dinamismo.

Cari ragazzi mi rivolgo a voi, e vi esorto a dare un senso alle vostre rinunce. Anche se obbligatorie, e quindi impopolari, sono un gesto d’amore verso i più deboli, i più fragili, i più anziani. Sono rinunce che fate per amore dei vostri nonni, dei vostri vecchi, dei vostri disabili. San Francesco di Sales quando fondò l’ordine femminile insieme a Giovanna de Chantal disse che bisogna avere «confidenza in Dio» e compiere «seri sforzi dell’uomo». Tenete a mente queste parole: state facendo uno sforzo grande, ma abbiate fede in Dio come l’hanno avuto i discepoli. Seguite Gesù e farete cose grandi nella vostra vita.

Gualtiero Card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Foligno – omelia del card. Giuseppe Betori per la festa di San Feliciano 2021

La Chiesa di Foligno celebra oggi l’evangelizzatore che ha annunciato nelle nostre terre la fede in Gesù, il testimone di Cristo a lui fedele fino all’effusione del sangue.
Le letture bibliche che abbiamo ascoltato illuminano questa identità. San Feliciano è «messaggero che annuncia la pace… messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza» (Is 52,7). Nella sua parola e nel suo agire ha mostrato ai nostri padri che «Dio è per noi» (Rm 8,31b), e così ci ha introdotti nell’esperienza dell’«amore di Dio, che è in Cristo Gesù» (Rm 8,39. Nella certezza che nessuno «ci separerà dall’amore di Cristo» (Rm 8,35), il nostro santo non ha avuto «paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima» (Mt 10,28), e ha riconosciuto Gesù «davanti agli uomini», così che ora è da lui glorificato «nei cieli» (Mt 10,32), “gemma dei martiri”.
Le parole del libro di Isaia descrivono la missione di un evangelizzatore. Per gli Ebrei esuli in Babilonia si annuncia un rivolgimento del mondo: Ciro, il re persiano, sta per abbattere l’impero babilonese. Il profeta legge la storia e vi scorge le ragioni di una speranza nuova. Dio stesso è all’opera nelle vicende degli uomini, così che «il ritorno» del popolo di Dio in patria diventa possibile e Sion, Gerusalemme, la città santa potrà essere riedificata. Dio «regna»: è lui il Re, «il Signore» della storia.
Anche il tempo di san Feliciano registra i segni di un cambiamento epocale. Per l’Impero romano, alla metà del III secolo d.C., si preannunciano instabilità del potere, crollo delle antiche istituzioni civili, perdita di credibilità del mondo religioso pagano, corruzione crescente, popoli nuovi che irrompono minacciosamente sulla scena del mondo. Continuano le persecuzione dei cristiani, a cui alcuni, come Feliciano, rispondono con fedeltà e perseveranza, mentre altri vengono meno, ma per la Chiesa sta per giungere un’età nuova, non meno problematica: si stanno per aprire spazi di libertà e, con essi, anche le insidie dell’essere coinvolti nell’esercizio del potere.
Il nostro pure è un mondo che cambia. Lo è nei processi sempre più espansivi di globalizzazione economica, in cui i più deboli rischiano di rimanere schiacciati da ingranaggi di produzione e di consumo anonimi, spersonalizzati e spersonalizzanti. Idee, parole e immagini viaggiano e si mescolano velocemente tra noi, e l’impatto fa oscillare tra il conflitto delle civiltà, le chiusure xenofobe e razziste, la confusione delle opinioni, la rinuncia al confronto con la verità. La pace è continuamente minacciata. L’immagine stessa dell’uomo è posta in discussione dall’arroganza di una tecnica che pretende di essere misura a se stessa.
Tutto questo, negli ultimi mesi, è stato ed è attraversato dalla pandemia, che ha messo in luce la precarietà del nostro rapporto con il mondo della natura, la fragilità della condizione umana minacciata dalla morte, l’intreccio delle esistenze dei singoli e dei popoli nel male come nel bene. Gli stessi percorsi di cura non sono esenti da pericoli. Occorre vigilanza per contrastare le derive eugenetiche nascoste nella proposta di una gestione delle risorse che misuri l’intervento sanitario in base all’età e all’avere maggiori probabilità di trarne beneficio. Qualcuno vuole forse convincerci che si debba pensare prima ai più forti e poi, se ce n’è, ai più deboli? E questo a riguardo di popoli, ceti sociali e singole persone?
Qual è il «lieto annuncio» che i cristiani debbono oggi offrire al mondo? Come san Feliciano, dobbiamo proclamare una parola di verità, che possa ridare speranza, perché in grado di sconfiggere le tenebre della ragione lasciata a sé stessa e di abbattere le chiusure dei cuori induriti dai risorgenti egoismi. Dobbiamo tornare a essere evangelizzatori. Dire il Vangelo oggi: questa è la missione che il Signore ci affida. È il Vangelo della dignità della persona umana, della famiglia come luogo dell’amore, dell’ecologia integrale, della fraternità sociale. Sono i grandi temi del magistero di Papa Francesco, che debbono illuminare il nostro pensiero e guidare il nostro agire.
A questo magistero occorre fare riferimento nel delineare il volto delle nostre comunità di fede, superando ogni tentazione di arroccamento in difesa di forme che vanno sbiadendo e accettando di metterci in gioco nel confronto con la storia, come suggerisce la ripetuta esortazione del Papa a essere una “Chiesa in uscita”, con la precisa identità che viene dalla contemplazione del volto di Cristo, come invitò a fare cinque anni fa a Firenze, indicandoci in Gesù i sentimenti dell’umiltà, del disinteresse e della beatitudine.
San Feliciano, il santo martire, ci ricorda che la nostra appartenenza a Cristo non può che essere totale, con la radicalità del testimone pronto a mettere in gioco la vita. E questo perché la totalità del dono, fino all’annientamento di sé, fa parte della logica cristiana, in quanto riflesso dell’immagine di sé che ci ha offerto Gesù.
Questa immagine di Gesù è quella che incontriamo nelle Sacre Scritture. Ricordiamolo oggi, domenica che il Papa ci chiede sia dedicata a rafforzare in noi la coscienza dell’importanza e del valore della Parola di Dio per la vita cristiana. Frequentare con assiduità le pagine della Bibbia è indispensabile per condividere una corretta immagine di Dio e della sua volontà d’amore per l’umanità.
San Paolo, san Feliciano, i cristiani annunciano un Dio che si fa povero per arricchirci, si fa debole per risanarci, si annienta per edificarci. La nostra gloria è infatti la croce e il nostro annuncio è che Dio ci ha tanto amati fino a dare il suo Figlio per noi. Tale è l’amore di Dio per l’uomo, da morire per lui; e tale è l’amore del Padre per il suo Figlio, da vincere la morte e risuscitare lui e tutti noi, suoi fratelli, a vita nuova.
Da questo fatto impensabile che è la risurrezione, realmente accaduto duemila anni fa, scaturisce la possibilità di un mondo nuovo, nel segno della giustizia, della riconciliazione, dell’amore. Per questo fatto incommensurabile san Feliciano ritenne di dover mettere in gioco la propria esistenza. Di questo dobbiamo farci «sentinelle» che «alzano la voce», «esultano», cantano «di gioia» (Is 52,8.9).
Questo è il Vangelo per il quale San Feliciano ha ritenuto di dover vivere e di dover morire. Sia anche la nostra vita.

Giuseppe card. BETORI

Città di Castello – Messaggio di mons. Domenico Cancian per la festa del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales

Carissimi giornalisti amici della chiesa di Città di Castello,

persistendo la terribile pandemia che sta mettendo a dura prova il mondo intero, ho preferito – d’accordo con alcuni di voi – sostituire il nostro tradizionale incontro per la festa di san Francesco di Sales, patrono degli operatori delle comunicazioni sociali, con questo messaggio.Credo infatti sia da far prevalere in questo momento critico il rispetto delle regole che le competenti autorità ci hanno dato. Vale soprattutto per noi che abbiamo maggiore visibilità.

Proprio perché viviamo tempi difficili a livello sanitario, sociale, politico ed economico, il vostro servizio alla comunità merita maggior riconoscimento e incoraggiamento.
Più volte vi ho ringraziato per tutto quello che fate, affrontando innumerevoli difficoltà anche di carattere economico, convinti che più voci libere favoriscano una migliore comprensione dei fatti.

Rivolgo un pensiero particolare a tutti i vostri colleghi che si trovano in difficoltà a causa della congiuntura economica sfavorevole che si ripercuote anche sul vostro lavoro. Sono note a voi, molto più che a me, le sofferenze in cui si trova la vostra categoria.

Mi pare che anche quest’anno siano particolarmente appropriate le parole che il Papa ha scelto per la prossima giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che si celebrerà nel prossimo mese di maggio.
“’Vieni e vedi’ (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone come e dove sono” è il tema che prende spunto dall’incontro di Gesù con l’apostolo Filippo. Esse sono centrali nel Vangelo.

“L’annuncio cristiano prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola, vita”.
Non é forse la “vita” che anche voi cercate di raccontare ogni giorno riferendo le notizie agli interlocutori che vi leggono, vi ascoltano e vi guardano? Voi non raramente siete i testimoni diretti che toccano con mano le varie situazioni, vivendole con tutte le emozioni e i sentimenti.

Nel cambio epocale che stiamo vivendo, in un tempo che ci obbliga alla distanza sociale a causa della pandemia, la comunicazione può rendere possibile la vicinanza necessaria per riconoscere ciò che è essenziale e comprendere davvero il senso delle cose. Non conosciamo la verità se non ne facciamo esperienza, se non incontriamo le persone, se non partecipiamo delle loro gioie e dei loro dolori. Il vecchio detto “Dio ti incontra dove sei” può essere una guida per coloro che sono impegnati nel lavoro dei media.

Durante questi ultimi mesi ci siamo trovati molte volte insieme ed abbiamo condiviso i dolori di tante persone che sono state private di affetti fino a non poter piangere in presenza familiari morti.

D’altra parte in questo tempo abbiamo visto non pochi e significativi segni di speranza chesenza clamore hanno realmente rinvigorito il tessuto sociale del nostro territorio. Siamo stati testimoni di molteplici esempi di sensibilità umana e cristiana in tante situazioni di sofferenza, anche gravi. (In Italia attualmente ci sono ben 6 milioni di volontari che prestano servizio gratuito, anche in forme di impegno straordinario). È questa la “buona notizia” dell’autentica umanità della nostra gente che, a mio avviso, non raramente ha come motivazione la fede in Dio Padre che ci è venuto incontro mandando suo Figlio come nostro Fratello. Per cui, come dice Papa Francesco, siamo davvero “tutti fratelli”. Questa fraternità sta alla base di un impegno a tutto campo che può trasformare in bene anche gli aspetti critici e preoccupanti della presente situazione.I media potrebbero favorire non poco questa visione di fondo che darebbe spessore sociale e culturale ad un mondo nuovo che insieme vogliamo costruire.

Auguro a tutti voi di vivere la professione come opportunità per raggiungere le persone come sono e la dove vivono con le loro fragilità e le loro gioie. Per offrire in ogni situazione incoraggiamento e speranza, sempre nella verità e nella gentilezza.

San Francesco di Sales – impossibilitato fisicamente a raggiungere la propria sede vescovile di Ginevra – seppe raggiungere i propri fratelli inventando nuovi mezzi di comunicazione pur di portare a tutti la gioia del Vangelo, che è la Buona Notizia per eccellenza. Sia lui ad accompagnare il vostro lavoro quotidiano!

Vi rivolgo ancora la mia personale gratitudine e quella della chiesa tifernate. Su voi e sui vostri cari imparto la mia benedizione e vi assicuro la mia preghiera, augurandoci che questo 2021 appena iniziato possa portarci fuori dal tunnel “e riveder le stelle”.

+ Domenico Cancian

Vescovo di Città di Castello

Spoleto – San Ponziano secondi Vespri e ritorno della reliquia nella Basilica. Mons. Boccardo: «La presenza di S. Ponziano nella nostra comunità non è per portarci fortuna o allontanare i mali, ma per ricordarci continuamente la chiamata ricevuta nel Battesimo»

Nel pomeriggio di giovedì 14 gennaio 2021 nel Duomo di Soleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto i Secondi Vespri della festa di S. Ponziano, martire, patrono della Città e della Diocesi. La celebrazione è iniziata con la Cattedrale a luci soffuse per il rito del lucernario. Nell’area del presbiterio sono stati posizionati gli stendardi dei Santi e Beati della Diocesi; al centro, dinanzi l’altare maggiore, la reliquia di S. Ponziano. L’Arcivescovo ha acceso prima le candele intorno alla sacra testa del Patrono e poi quello sotto ogni stendardo dei Santi e Beati. Dopo sono state accese tutte le luci della Cattedrale.

«Quale messaggio possiamo allora raccogliere questa sera dal nostro Patrono?», ha detto il Presule nell’omelia dei Secondi Vespri. «Ponziano – ha proseguito – è stato un “uomo di fede”, unito a Cristo, permeato dalla novità del Vangelo e convinto che averlo come bussola della propria vita costituisce un grande vantaggio. Dal silenzio delle sue reliquie, San Ponziano pone allora una domanda pressante a ciascuno di noi personalmente e a tutti noi come popolo cristiano: “Che cosa hai fatto del tuo Battesimo? Quali frutti ha portato e porta ancora nella tua vita?”. Perché il sacramento ricevuto non può essere per il cristiano un lontano ricordo, ma deve diventare una sorgente viva di grazia e di impegno, di conversione e di misericordia. La domanda del Patrono, che vogliamo lasciar risuonare nel profondo del nostro cuore, provoca necessariamente un esame di coscienza e una seria revisione di vita. La presenza di San Ponziano nella nostra comunità – ha concluso l’Arcivescovo – non è per portarci fortuna o allontanare i mali, ma per ricordarci continuamente la chiamata ricevuta nel Battesimo e alla quale siamo invitati a rispondere nell’arco della nostra esistenza su questa terra: diventare ogni giorno discepoli e testimoni del Signore Gesù e del suo Vangelo, che ancor oggi deve modellare scelte e comportamenti per rendere la vita del nostro mondo più bella e ricca di significato per tutti».

Al termine dei Vespri si sarebbe dovuta tenere la tradizionale processione – aperta da un corteo di cavalli a ricordo del fatto che S. Ponziano è raffigurato quasi sempre a dorso di un cavallo ed è definito “Felice cavaliere del cielo” – per riportare la reliquia del Santo nella Basilica a lui dedicata. A causa delle norme in atto per evitare il diffondersi del Coronavirus non è stato possibile organizzarla. L’Arcivescovo, insieme ad alcuni Canonici, a bordo di un pulmino guidato da don Vito Stramaccia parroco di Montefalco, ha recato la sacra testa di Ponziano nella chiesa che la custodisce tutto l’anno. È stato percorso lo stesso tragitto della processione. «Abbiamo vissuto – ha detto mons. Boccardo – una processione tanto diversa da quella abituale ma non per questo meno significativa: lungo le vie della nostra Città ho implorato, a nome di tutti voi, l’intercessione di S. ponziano sul popolo di Spoleto e ho chiesto particolarmente per la questa comunità e i suoi abitanti la difesa e la protezione dal virus che attanaglia il mondo».

Solennità di S. Ponziano. Pontificale dell’Arcivescovo in Duomo. Mons. Boccardo: «Fondamentale coltivare un’anima “dilatata”. … A livello nazionale e locale c’è una politica dal corto respiro e incapace di visione e di coraggio. Purtroppo dobbiamo spesso assistere ad un triste spettacolo, simile ad una guerra senza esclusione di colpi, che produce inevitabilmente lacerazioni profonde».

«Spoleto è San Ponziano e San Ponziano è Spoleto». Così si è espresso l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo nell’omelia per la Messa solenne in onore del Santo patrono celebrata giovedì 14 gennaio 2021 nella Cattedrale spoletina. Col Presule hanno concelebrato i presbiteri della Diocesi; erano presenti circa 200 fedeli, capienza massima del Duomo nel rispetto di tutte le norme in atto sul distanziamento per evitare il diffondersi del Coronavirus. La Messa, comunque, è stata trasmessa in diretta nei canali social diocesani. Tra le autorità civili e militari, c’erano il presidente della Giunta Regionale dell’Umbria Donatella Tesei, il sindaco di Spoleto Umberto de Augustinis, quello di Norcia Nicola Alemanno e altri primi cittadini. La liturgia è stata animata dalla corale diocesana diretta da Beatrice Bernardini, con all’organo Leopoldo Bartoli.

Coltivare un’anima “dilatata”. «Parlare di San Ponziano – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – è dire della memoria della nostra città e della nostra Diocesi. Perché un popolo che ignora o dimentica le proprie radici si condanna a non avere futuro. Penso che San Ponziano ci direbbe oggi che se la comunità cristiana e civile di Spoleto vuole guardare con fiducia e fierezza verso il futuro, lo può fare solo coltivando un’anima che definirei “dilatata”. Dilatata per lo sguardo sulla vita delle persone e sui temi della città; dilatata per la passione che promuove nuovi legami sociali; dilatata per la cura del bene comune contro ogni particolarismo; dilatata per lo spirito di pace e di tolleranza; dilatata per il compito dell’educazione e del futuro dei giovani; dilatata per la carità rivolta verso tutti senza distinzione di religione e di provenienza; dilatata per la condivisione del destino della città e del territorio; dilatata ancora per il “supplemento d’anima” di cui questo tempo, ricco di mezzi e povero di significati, ha estremamente bisogno non solo per stare bene, ma per vivere bene».

S. Ponziano insegna la determinazione per il bene. «Da troppi anni l’agire politico, sia a livello nazionale che locale, – ha proseguito l’Arcivescovo – ha assunto le caratteristiche di una battaglia di potere più che di un confronto di idee leale e costruttivo: il risultato è una politica dal corto respiro e incapace di visione e di coraggio. Un autentico confronto deve essere orientato a cercare ciò che è bene per la nazione e per la città in un determinato momento della sua storia e deve permettere a ciascuno di sentirsi partecipe di un processo positivo, sia che la partecipazione venga assicurata da chi governa che da chi sta all’opposizione. Purtroppo dobbiamo spesso assistere ad un triste spettacolo, simile ad una guerra senza esclusione di colpi, che produce inevitabilmente lacerazioni profonde. Non sarà facile ricostruire un tessuto sano. Ma non c’è alternativa. Mi sembra che San Ponziano richieda a tutti noi di convertire il cuore e rimodulare il modo di pensare e di agire, offrendo ciascuno al Paese e alla città il proprio contributo di riflessione, di competenza e di dedizione operosa. I cristiani parlano in questi casi di un atteggiamento fondamentale: quello dell’amore per il prossimo. In questo nuovo anno, paradossalmente aiutati da un flagello che mette in discussione le certezze acquisite e sovverte le abitudini personali e sociali, ci è chiesto – ha concluso mons. Boccardo – di scrivere una pagina nuova della storia comune, dentro un avvenire che non è predeterminato, ma che dipende da noi. Insieme con l’intercessione di San Ponziano, ci sia di aiuto il monito di un antico Padre della Chiesa: “Il denaro e i beni che possiedi costituiscono il valore del tuo patrimonio. L’amore che hai dentro di te costituisce il valore della tua stessa vita” (S. Agostino, Sermo 34, 7).

Al termine della Messa, mentre Vescovo, presbiteri e fedeli uscivano dalla Cattedrale, un gruppo di ottoni dalla loggia del Duomo ha omaggiato S. Ponziano con l’inno in onore al martire e altri pezzi musicali.

Spoleto – festa del patrono San Ponziano. Il programma delle celebrazioni in tempo di Coronavirus

Giovedì 14 gennaio 2021 la Città di Spoleto celebra la memoria liturgica del Patrono S. Ponziano. Indicazioni sulle celebrazioni della giornata in tempo di pandemia sanitaria da Coronavirus:

– Celebrazione eucaristica delle ore 9.00 in Duomo: accesso libero fino all’occupazione di tutti i posti disponibili, distanziati, nel rispetto delle norme in atto per evitare il diffondersi del Coronavirus.

– Solenne Pontificale delle 11.30 in Duomo presieduto dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo: accesso libero fino all’occupazione di tutti i posti disponibili, distanziati, nel rispetto delle norme in atto per evitare il diffondersi del Coronavirus. La celebrazione verrà trasmessa in diretta nei social della Diocesi: pagina Facebook (SpoletoNorcia) e canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia).

– Secondi Vespri delle ore 16.30 in Duomo presieduti dall’Arcivescovo. Accesso libero fino all’occupazione di tutti i posti disponibili, distanziati, nel rispetto delle norme in atto per evitare il diffondersi del Coronavirus. I Vespri, comunque, verranno trasmessi in diretta nei social della Diocesi: pagina Facebook (SpoletoNorcia) e canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia).

– Ritorno della reliquia alla Basilica dedicata a S. Ponziano. Per le note ragioni di sicurezza sanitaria, non è possibile svolgere quest’anno la consueta processione. La reliquia di S. Ponziano verrà dunque recata, a bordo di un pullmino scortato da moto e auto della Polizia Locale, in forma privata alla Basilica sulla via Flaminia da mons. Boccardo e da alcuni Canonici. Essi intendono comunque invocare lungo il percorso l’intercessione del Santo Patrono per la città di Spoleto e chiedergli di ottenere da Dio la liberazione dalla pandemia, la protezione da ogni male del corpo e dello spirito, l’abbondanza delle divine benedizioni su ogni casa e su ogni famiglia. Percorso del pullmino che riporterà la reliquia: Piazza Duomo – Via Duomo – Via Filitteria – Via Vaita S. Andrea – Via Pierleone – Via Cecili – Largo Fratti – Via Ponzianina – Via delle Lettere – Basilica San Ponziano.

– Non si terrà la celebrazione eucaristica delle 18.30 nella Basilica di S. Ponziano: non è possibile garantire il distanziamento nella piccola aula liturgica.

N.B. Per la Messa Pontificale delle 11.30 e per i Secondi Vespri delle 16.30, al fine di evitare assembramenti in Piazza Duomo, i volontari di alcune Associazioni garantiranno un regolare accesso alla Piazza nel rispetto delle norme in atto per evitare il diffondersi del Coronavirus: in Via Saffi (in cima alla scalinata, ndr), in Piazza della Signoria (sotto la scalinata, ndr) e in Via Duomo.

Il cardinale Bassetti: «L’Epifania è una manifestazione di luce per tutti, anche in questa pandemia… Bisogna sempre partire dall’uomo e dai suoi problemi, perché sono gli stessi problemi di Dio quando sono posti in una giusta luce»

«L’Epifania del Signore è un messaggio di grande speranza, anche in questa pandemia, perché l’Epifania è una manifestazione di luce per tutti». Lo ha detto il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, il 6 gennaio, solennità dell’Epifania del Signore, al Tg3 Rai Regione nel corso di una intervista nell’Arcivescovado di Perugia. «L’Epifania – ha proseguito il presule – è la festa che più rassomiglia al Natale dove abbiamo la luce del Cielo che si espande sulla capanna di Betlemme e illumina, oltre il presepe, i pastori. Nell’Epifania c’è sempre la stessa la luce, la luce del Verbo incarnato, che risplende sui Re Magi e li conduce. In questa luce si possono cogliere i due aspetti della vita cristiana: da una parte i pastori vengono illuminati all’improvviso, perché Dio si manifesta loro di colpo, con la sua potenza; dall’altra i Magi, che rassomigliano più a noi, perché devono fare un lungo cammino. I Re Magi sono sottoposti a tante prove con la Stella che gli appare e scompare, proprio come l’incertezza della nostra vita, ma con la fede profonda di incontrare il Signore Gesù».

«Credo che anche noi, in questo momento – ha sottolineato il cardinale –, stiamo attraversando delle prove tremende, ad iniziare dalla pandemia con tutte le conseguenze che comporta, anche con le incertezze della politica, delle istituzioni. Siamo di fronte ad un avvenire che nessuno è in grado di fare dei pronostici precisi. Questo è il momento per i credenti di farsi illuminare ancora di più dalla fede. Noi siamo chiamati ad annunciare il piano di Dio sulla storia, nonostante le prove che stiamo attraversando».

La pandemia ha anche aggravato la crisi sociale e per fronteggiarla, ha detto il cardinale Bassetti, «bisogna che tutti – cominciando da noi credenti, dalla Chiesa – facciano il possibile per salvare l’umano, Cristo si è fatto uomo. C’è una umanità da salvare e da recuperare con tutti i valori del Vangelo, ma anche con tutti i valori della Dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo in Italia delle figure formidabili da imitare: La Pira e Toniolo. Entrambi ci hanno insegnato che bisogna sempre partire dall’uomo e dai suoi problemi, perché sono gli stessi problemi di Dio quando sono posti in una giusta luce. Quindi occorre impegnarsi anche come Chiesa per salvare, in questo momento di prova, l’umano che è poi anche il cristiano per noi».

Spoleto – festa di S. Ponziano 2021. Il 14 gennaio pontificale presieduto dall’Arcivescovo. Non si terrà la tradizionale processione del pomeriggio. Evento culturale on line sulle opere del “Maestro di Cesi” come preparazione alla festa del Santo Patrono.

La Città di Spoleto si appresta a celebrare la solennità del Santo patrono, il giovane martire Ponziano. Giovedì 14 gennaio 2021 nella basilica Cattedrale di Spoleto ci saranno due Messe: alle 9.00 e quella solenne presieduta dall’arcivescovo Renato Boccardo alle ore 11.30. Quest’ultima sarà trasmessa in diretta nei canali social della Diocesi (Facebook: SpoletoNorcia; YouTube: Archidiocesi Spoleto Norcia). Nel pomeriggio alle 16.30, sempre in Cattedrale, mons. Boccardo presiederà i Secondi Vespri (diretta nei social diocesani). Quest’anno, a causa delle restrizioni per evitare il diffondersi del Coronavirus, non si terrà la tradizionale processione fino alla Basilica dedicata al Santo. L’Arcivescovo riporterà la reliquia del martire a bordo di un’automobile, percorrendo le stesse vie della processione. «Questa particolare processione – afferma mons. Boccardo – vuole comunque essere una grande intercessione a S. Ponziano. Secondo la tradizione locale, infatti, il martire è invocato come protettore contro il terremoto. Ed oggi – prosegue il Presule – noi gli chiediamo di difendere la Città di Spoleto e tutta l’Archidiocesi anche dall’assalto del Coronavirus». Si invitano le persone che vivono nelle vie dove passerà l’automezzo con la reliquia di S. Ponziano ad affacciarsi alle finestre delle proprie abitazioni, senza scendere in strada.

Appuntamento culturale in preparazione alla festa del Santo Patrono. Il Museo diocesano propone un nuovo appuntamento on line dell’iniziativa “IncontraArti oltre l’immagine”: venerdì 8 gennaio alle ore 17.00 sui canali social della Diocesi e del Museo (Facebook: SpoletoNorcia; Duomo di Spoleto – Complesso Monumentale; YouTube: Archidiocesi Spoleto Norcia) Vittoria Garibaldi, direttore tecnico-scientifico del laboratorio di diagnostica per i beni culturali di Spoleto e coordinatore di ICOM Umbria, già Soprintendente ai Beni Storici e Artistici dell’Umbria e Direttore Regionale per i Beni Culturali dell’Umbria e Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, illustrerà le opere del Maestro di Cesi, “allievo” di Giotto, conservate nel Museo diocesano di Spoleto. «Giotto – afferma la Garibaldi – arriva in Umbria negli anni ’90 del 1200 e lascia un segno indelebile. È un pittore rivoluzionario, cambia tutto, si allontana dalla tradizione bizantina e porta numerosissime novità. Ma è anche un imprenditore: tutti corrono nei suoi cantieri per vedere chi è questo personaggio. Arrivano artisti sconosciuti di cui non sappiamo assolutamente nulla. Tra questi, uno lascia sicuramente un segno importante: si chiama “Maestro di Cesi”, ma questo non è il suo nome. Come per tutti gli altri, non conosciamo il suo vero nome, non sappiamo quando è nato né quando è morto, non sappiamo da dove proviene. Ma è sicuramente un artista intrigante e poliedrico». Le opere del “Maestro di Cesi” che illustrerà la Garibaldi sono: Madonna con Bambino, tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di S. Giovanni evangelista a Vallo di Nera; Cristo crocefisso, tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di S. Domenico in Spoleto; Santa Cristina, tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di Santa Cristina in Caso di Sant’Anatolia di Narco; Cristo in gloria e Santi, tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di Santa Maria in Ponte di Cerreto di Spoleto.

Perugia – solennità di Maria Madre di Dio e la Giornata mondiale della Pace. Il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi: «Questa maternità è vicina a ciascuno di noi, una misericordia fatta di concretezza di gesti, di attenzioni, di una realtà che non ci lascia»

«Il “Sì” di Maria diventa concretezza di una tenerezza che si manifesta nella vita… Oggi sentiamo di essere amati da Dio in questa concretezza. E’ come se quella stessa maternità l’avessimo incontrata nei vari contesti della nostra esistenza». A sottolinearlo è il vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve monsignor Marco Salvi nell’omelia della celebrazione eucaristica con il canto del Veni Creator, nella cattedrale di San Lorenzo, la sera del primo dell’anno, solennità di Maria Madre di Dio e Giornata mondiale della Pace.

Generare Dio nella concretezza della nostra carne. «La Chiesa, tanto vituperata – ha proseguito il presule –, ci fa sperimentare, attraverso le sue comunità e i suoi volti che incontriamo, che questa maternità è vicina a ciascuno di noi, una misericordia fatta di concretezza di gesti, di attenzioni, di una realtà che non ci lascia. Dobbiamo anche noi – come Maria che con quel “sì” è stata capace di generare Dio -, con il nostro “sì”, con la nostra fede, generare Dio nella concretezza della nostra carne. Non è un pensiero, non è una ideologia, non è un qualcosa di astratto, ma è la concretezza di un amore che si offre prima di tutto a noi e diventa possibile per qualunque persona che incontriamo. Che Maria ci accompagni in questa grande decisione per la nostra vita».

Grazia su grazia. All’inizio dell’omelia, il vescovo ha ricordato che «nel primo giorno dell’anno civile la liturgia della Chiesa ci pone sotto l’egida della benedizione di Dio, tratta dal Libro dei numeri, la cosiddetta benedizione di Aronne… E’ come se la vita di ciascuno è posta sotto l’egida della Grazia. Non a caso otto giorni dopo il Natale di quella tenerezza, che noi abbiamo ricevuto ed ascoltato nel prologo di Giovanni, “Grazia su grazia”, la grazia di Dio si è fatta dono anche per gli ingrati. Entrando nel tempo, Gesù, incarnandosi, ha santificato ogni istante della nostra vita. “Grazia su grazia…” e con questa benedizione e baldanza affrontiamo il nuovo anno».

La certezza di un Dio che ci accompagna. «C’è la pandemia, non ci sono prospettive certe – ha detto monsignor Salvi –, però c’è la certezza di un Dio che ci accompagna. E nel primo giorno dell’anno ci viene posta la figura di Maria. E’ la solennità della Divina maternità di Maria ed oggi la Chiesa la venera con il suo più antico titolo: “Theotokos”, Madre di Dio. Cosa significa questo titolo? E’ un aiuto per comprendere meglio la nostra fede, conoscere meglio il mistero. Attraverso Maria si tocca e si contempla un amore per ciascuno di noi».

La pace non è mancanza di guerra. Avviandosi alla conclusione, monsignor Salvi si è soffermato sulla Giornata dedicata alla Pace, «il segno più grande – ha evidenziato – di questa realtà che Dio offre: “la pace sia con te”, ci diciamo… La pace non è mancanza di guerra, di ostilità, di non belligeranza, la pace è prima di tutto la condizione di un cuore che vive questo mistero d’amore. E questo, prima ancora che sia una pretesa che io chiedo agli altri, deve diventare costruzione del mio cuore. La pace comincia dalla tua esistenza e dal tuo modo di affrontare le cose e vivere i tuoi rapporti. Per questo alla fine della messa invochiamo lo Spirito Santo con il canto del Veni Creator, dacci la capacità di essere veramente costruttori di pace. Senza il tuo aiuto, recita il canto, nulla è nell’uomo, senza di te nulla possiamo costruire, neanche la pace».

La giustizia e la pace camminano insieme. A margine della celebrazione, il vescovo ha avuto modo di soffermarsi sul significato della pace legato alla giustizia. «Siamo all’inizio di questo nuovo anno – ha commentato – e l’augurio che ci facciamo è che il 2021 sia un anno di grazia e soprattutto di ripresa della vita. Anche papa Francesco ci richiama a vivere questo anno con una grande speranza, perché Cristo non ha abbandonato l’umano, ma si è incarnato e si è fatto prossimo perché la nostra vita sia salvata. E’ anche il giorno in cui il Papa ci richiama a vivere la pace nella giustizia. La giustizia e la pace camminano insieme e quindi costruire la pace significa costruire un mondo più giusto. La pace e la giustizia cominciano non solo nelle strutture degli Stati, ma dal cuore degli uomini. Ciascuno di noi è responsabile a costruire la pace e la giustizia perché questo mondo sia migliore. La nostra fragilità, delle volte, non ci permette di essere veri costruttori di pace, ma l’incarnazione del Verbo, Gesù Cristo nel Natale, ci offre la possibilità di essere aiutati, accompagnati, in questa costruzione che comincia da ciascuno di noi. Per questo auguro a tutti un buon anno nuovo».