La Caritas Italiana compie 50 anni – La preghiera con il card. Tagle, l’incontro con Papa Francesco

Nata il 2 luglio 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II, la Caritas Italiana è l’organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana per la promozione della carità. Ha lo scopo cioè di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto).

In questi 5 decenni ha continuato ad animare il territorio alimentando una cultura della prossimità e della solidarietà. Molti gli ambiti di intervento, in Italia e nel mondo: attività di formazione, studi, ricerche, vicinanza alle vittime di calamità naturali e conflitti, emergenza e ricostruzione, impegno per la giustizia sociale accanto ai più poveri ed emarginati, integrazione di migranti e rifugiati, interventi di sviluppo ed investimenti etici, cooperazione fraterna per lo sviluppo integrale e la pace.

Nel percorso per il 50° di Caritas Italiana sono previsti due eventi che coinvolgono le 218 Caritas diocesane:

– Venerdì 25 giugno 2021 ore 16.00-18.00 Basilica di San Paolo fuori le Mura – Roma
Momento di preghiera che ripercorre attraverso testimonianze i 50 anni di storia di Caritas Italiana, a partire dai ricchi frutti del Concilio Vaticano II. Interviene: S.Em.za card. Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente di Caritas Internationalis
Sarà possibile seguire l’evento in streaming sul canale youtube e facebook di Caritas Italiana

– Sabato 26 giugno 2021 ore 9.00-13.00 Aula Paolo VI – Città del Vaticano – Udienza con il Santo Padre
In attesa dell’arrivo di Papa Francesco è previsto un momento di fraternità e di riflessioni condivise con focus sul percorso biennale realizzato verso il 50° di Caritas Italiana.

L’evento sarà trasmesso su www.vaticannews.va e sul canale 555 del Digitale Terrestre. È possibile seguirlo on line anche sulla pagina facebook della Cei e su Telepace

Tv2000 dedica, all’importante ricorrenza, un filmato che ripercorre la storia della Caritas Italiana e racconta le storie di una Chiesa viva che si adopera, tutti i giorni e con ogni mezzo, per restituire dignità e valore ad ogni persona.

Il cardinale Gualtiero Bassetti sul rapporto giovani e lavoro: “sono troppi anni che parliamo della disoccupazione giovanile. Dobbiamo cercare di chiudere questo cantiere nel più breve tempo possibile e inaugurare un nuovo edificio”

“‘Giovani e lavoro: un cantiere che non ammette ritardi’ è un tema a me molto a cuore e su cui molte volte mi sono espresso”. Lo ha sottolineato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, intervenendo all’incontro promosso dalla Pastorale sociale e del lavoro dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, il 22 giugno, a Compignano di Marsciano (Pg). “Parlare del rapporto tra i giovani e il lavoro – ha precisato il cardinale – significa affrontare tre questioni, a mio avviso, di grande importanza”, che sono, ha aggiunto, “la dignità della persona umana, la famiglia e il futuro della nostra società”.

No all’idolatria del lavoro. Il presidente della Cei, nel soffermarsi sulla “dignità”, ha evidenziato che “attraverso il lavoro gli esseri umani partecipano alla con-creazione del mondo. Se noi riconosciamo questa sacralità, se noi assumiamo la consapevolezza che possiamo fare del bene con le nostre opere, allora anche la nostra umanità si arricchisce e la vita acquista un significato nuovo. L’assenza di lavoro – o il suo opposto, l’idolatria del lavoro – svilisce invece l’animo umano e porta molti giovani alla rassegnazione, all’umiliazione e alla perdita di speranza”. Entrando nel merito del rapporto giovani e lavoro, il cardinale Bassetti ha parlato delle vicende lavorative “non moralmente accettabili”, riferendosi, ha detto, “ad esempio, alla pratica dei lunghi tirocini gratuiti; oppure ad alcune forme di collaborazione con remunerazioni discutibili; ad alcuni orari di lavoro troppo impegnativi; e infine, nel caso delle donne, a quella sottile condizione di ricatto morale, più o meno esplicita, che si viene a creare in alcune situazioni lavorative in caso di gravidanza”.

Giustizia ed equità. “Abbiamo un grande obiettivo che, come avrebbe detto La Pira, è direttamente ispirato dal Vangelo – ha auspicato Bassetti –: costruire un mondo del lavoro che sappia valorizzare appieno il talento dei nostri giovani e che possa permettere di armonizzare la vita familiare con quella lavorativa. Per fare tutto questo, occorre costruire in definitiva una società più giusta. Una società che sappia coniugare lo sviluppo economico del nostro Paese con le legittime aspirazioni dei nostri ragazzi. ‘Praticare la giustizia e l’equità – si legge nel libro dei Proverbi – è cosa che il Signore preferisce ai sacrifici’. Giustizia ed equità: due principi sacrosanti che dobbiamo tradurre concretamente nel mondo lavoro. E lo dobbiamo fare non solo perché bisogna rispettare alcuni ideali, ma per amore dei nostri giovani, per amore dei nostri figli, per amore delle nostre famiglie. Questo è il comandamento di Gesù: il comandamento dell’amore”.

Un edificio in cui essere protagonisti. “Avete scelto un bel titolo per questo incontro che mi permetto di citare alla conclusione del mio intervento come invito all’impegno attivo: “Giovani e lavoro. Un cantiere che non ammette ritardi”. È proprio così: sono troppi anni che parliamo della disoccupazione giovanile. Dobbiamo cercare di chiudere questo cantiere nel più breve tempo possibile e inaugurare un nuovo edificio. Un edificio in cui i nostri ragazzi e le nostre ragazze possano veramente sviluppare la loro personalità e, soprattutto, essere i protagonisti del mondo di oggi e della società del futuro”.

Perugia – svoltosi con successo l’incontro “Giovani e lavoro: un cantiere che non ammette ritardi”

Nella suggestiva cornice delle colline dell’Umbria centrale, con olivi e spighe di grano pronte per la mietitura, in località Compignano di Marsciano (Pg), presso l’Azienda agricola Augusto Coli, si è svolto il 22 giugno scorso, l’incontro “Giovani e lavoro: un cantiere che non ammette ritardi”, promosso dalla Pastorale sociale e del lavoro dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve per dare concretezza e sostegno alla voglia di ripartire, o di iniziare, di tanti giovani dopo la fase acuta dell’emergenza Covid-19. Come è stato evidenziato un po’ in tutti gli interventi, anche l’Umbria è alle prese con un’altra pandemia, quella che lede il tessuto sociale ed economico e a farne le spese maggiori sono proprio i giovani.

Gli intervenuti. A relazionare sul tema dell’incontro, organizzato anche in vista della 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Taranto, 21-24 ottobre 2021), sono stati invitati il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Michele Fioroni, assessore allo sviluppo economico e innovazione della Regione Umbria, Michele Toniaccini, presidente ANCI Umbria, Michela Sciurpa, amministratore Unico di Sviluppumbria servizi alle imprese, e Giuseppe Cioffi, presidente di ITS Umbria Academy. A precedere i loro interventi sono stati i saluti del sindaco di Marsciano Francesca Mele, che ha richiamato il ruolo dell’Amministrazione locale a creare le condizioni migliori per lo sviluppo occupazionale, quindi sociale ed economico, anche nel favorire la formazione professionale (a Marsciano è presente da tre lustri una scuola di formazione professionale dei Salesiani), e del direttore della Pastorale sociale e del lavoro dell’Archidiocesi perugino-pievese il diacono Carlo Cerati, che ha sottolineato l’inscindibilità del lavoro dalla salvaguardia del Creato prendendo spunto dall’esperienza della giovane azienda agricola Coli. Azienda che, insieme ad altre del Marscianese, ha ricevuto, al termine dell’incontro, dal direttore Cerati, l’attestato per essersi distinta per occupazione, innovazione, crescita economica e rispetto del Creato. A moderare l’incontro è stata Francesca Di Maolo, coordinatrice della Commissione regionale per il sociale e il lavoro della Ceu.

È l’ora del prendersi cura. La moderatrice, nel fare una “sintesi” degli interventi, ha coniato uno “slogan” per questo riuscito incontro ricordando le tappe storiche del processo di industrializzazione e scoperte tecnologiche dell’umanità, ponendosi una domanda: “Cosa ci lascia la pandemia verso il futuro guardando al nostro passato? Questa è l’ora della rivoluzione e del prendersi cura. Oggi abbiamo dato vita ad una tavola rotonda con le Istituzioni che operano a diverso livello sul tema del lavoro a partire dalla Regione Umbria, che sarà impegnata ad alzare lo sguardo oltre la pandemia ricostruendo le politiche attive del nostro territorio e, nel contempo, anche occupandosi di quei percorsi formativi e professionalizzanti di accompagnamento”.

Il denominatore comune. “Abbiamo coinvolto – ha proseguito Francesca Di Maolo – i sindaci, attraverso l’Anci Umbria, che hanno dimostrato come nelle loro amministrazioni, in una logica di prossimità e di sussidiarietà, può essere affrontato il rapporto giovani e lavoro. Sono stati toccati anche i grandi temi della competitività e dello sviluppo attraverso la voce di Sviluppumbria fino ad arrivate all’Its, che interviene in modo efficace fra domanda ed offerta di lavoro. Anche a questi organismi si guarda nel Recovery plan come ponti straordinari fra i giovani e il lavoro accompagnandoli nei loro talenti. Molti giovani sono pronti nei loro mestieri a cui spesso non si guarda e attraverso l’Its abbiamo conosciuto come le imprese possono mettersi al loro fianco. Il denominatore comune è stato lo sguardo sui giovani che sono una straordinaria risorsa e speranza”.

Nella realtà concreta. “In tutto questo la Chiesa – ha commentato Francesca Di Maulo – ha fatto da trade-union verso questo accompagnamento dei giovani al lavoro, anche con il Progetto Policoro della Cei, il cui obiettivo è quello di non lasciarli soli e tenerli per mano nell’aprire a loro le porte delle parrocchie. E’ una Chiesa che esce dal tempio e va nella realtà concreta”. Altro aspetto sottolineato dalla moderatrice è stato quello della preparazione, a livello territoriale, alla 49a Settimana Sociale che ha per “tema forte – ha sottolineato – le tematiche ambientali, il lavoro sostenibile…, un cammino nella capacità di tessere le relazioni. La Chiesa, in questo – ha concluso –, ha un compito, quello di tenere aperto un dialogo anche tra le istituzioni portando a superare i particolarismi e aiutando la politica ad uscire dalla logica ‘o la pensi come me, o sei il mio nemico’”.

Assisi – Assemblea diocesana sul tema “Tessere Relazioni”. Mons. Sorrentino: “La nostra pastorale sia tutta missionaria”.

“Dobbiamo ripensare una pastorale in termini d’insieme che sia tutta missionaria. Le relazioni vanno ritessute a tutti i livelli, nella maniera concreta dell’incontro tra le persone”. Lo ha detto il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, al termine della due giorni dell’assemblea diocesana che si è svolta venerdì 18 e sabato 19 giugno alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli.

“Nella Chiesa di Gesù – ha aggiunto – siamo la chiesa di colui che si è messo a camminare per le strade ed è andato nelle case. Abbiamo bisogno di ridiventare una chiesa nella quale ciascuna persona riesce a dire l’amore di Dio”. L’assemblea centrata sul tema “Tessere Relazioni” è iniziata venerdì pomeriggio con un momento di profonda preghiera. Sono seguiti l’intervento del vescovo e la riflessione della direttrice della Caritas diocesana Rossana Galiandro, la quale ha sottolineato che il momento storico che stiamo vivendo ci chiama con forza a riflettere sul tema della relazione. Soffermandosi sulla situazione di povertà che si riscontra nel territorio diocesano, Galiandro ha precisato che c’è stato un aumento delle povertà e di forti situazioni di sofferenza tra gli anziani, nelle famiglie numerose dove la convivenza forzata ha aumentato le difficoltà e tra i giovani colpiti da disagi psico-relazionali. La direttrice Galiandro, facendo riferimento all’Emporio solidale diocesano “7 Ceste” di Santa Maria degli Angeli, ha precisato che nel territorio ‘coperto’ dall’Emporio sono stati attivati percorsi di sostegno per circa 250 famiglie che prima d’ora non si erano mai rivolte alla Caritas. “Abbiamo distribuito – ha detto – più di 1.000 aiuti nei confronti di nuovi poveri: prevalentemente a nuclei familiari monoreddito, a lavoratori precari che non si sono visti rinnovare il contratto di lavoro, a tante persone in cassa integrazione che non percepiscono le relative indennità. Tuttavia – ha sottolineato – una lettura di questo tempo ci fa evidenziare il diffondersi e il generarsi, al tempo stesso, di un profondo movimento di generosità e di solidarietà. Tantissimi hanno messo in campo le proprie risorse e allargato il loro cuore. Tanti laici e tanti religiosi hanno scelto di mettersi al servizio di questa enorme emergenza uscendo dalle proprie case, lasciando le proprie sicurezze e ‘mettendosi in relazione”. Al termine delle relazioni sono seguite alcune toccanti testimonianze. Infine i partecipanti all’assemblea suddivisi in gruppi di lavoro hanno partecipato ai vari laboratori, che si sono proseguiti sabato mattina, organizzati al fine di fornire suggerimenti utili al vescovo che li analizzerà prima di elaborare le linee programmatiche per il prossimo anno pastorale.

Assisi – ordinazione presbiterale don Matteo Renga

“La vocazione al sacerdozio è nata e cresciuta nella mia parrocchia di origine. Non posso immaginare il mio ministero senza il contatto con tutto il popolo di Dio, soprattutto con i giovani e gli anziani”. È con questo spirito che don Matteo Renga si sta preparando alla sua ordinazione presbiterale che si terrà domenica 20 giugno alle ore 17 nella cattedrale di San Rufino, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino.

“Credo fortemente – aggiunge don Matteo – che sia giunto il tempo di riascoltare la voce saggia e matura degli anziani e la voce esigente e fresca dei giovani. Desidero essere un sacerdote di Gesù che, grato per tutti i doni del passato, opera nel presente per costruire un futuro ricco di speranza, sicuro che Dio ci ama e ci sta sempre accanto”.

Matteo Renga ha 26 anni ed è originario della frazione assisana di Torchiagina. La sua vocazione nasce in seno alla comunità parrocchiale di origine. Subito dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione inizia a collaborare con il gruppo dei catechisti e con il coro parrocchiale. Frequenta il liceo scientifico ad Assisi ed approfondisce la propria fede e la propria vocazione grazie al gruppo giovani parrocchiale. Partecipa anche a molti eventi organizzati dalla Pastorale Giovanile diocesana – con la quale tuttora collabora – tra cui la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nel 2011 e a Rio de Janeiro nel 2013. Terminata la maturità, si iscrive alla facoltà di Infermieristica di Perugia, ma la visita di Papa Francesco ad Assisi il 4 ottobre 2013 cambia la sua vita. Dopo quella giornata Matteo trova il coraggio di capire meglio la sua vocazione, grazie all’aiuto di don Antonio Borgo e di don Orlando Gori. Il 7 gennaio 2014 entra presso il Pontificio Seminario Regionale Umbro ed inizia il suo percorso di studi presso l’Istituto Teologico di Assisi, concludendolo nello scorso ottobre con il conseguimento del baccalaureato in Sacra Teologia. Negli anni di seminario svolge il suo tirocinio pastorale nella parrocchia di San Matteo apostolo in Cannara, di San Benedetto in Gualdo Tadino. Matteo è stato ordinato diacono il 13 settembre 2020 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Attualmente collabora nella parrocchia “Santa Maria Assunta” in Valfabbrica, dove si occupa in modo particolare dell’oratorio, della catechesi e dei gruppi giovanissimi e giovani della parrocchia, e nella parrocchia “Madonna dell’Olmo” in Casacastalda.

Sabato 26 giugno alle ore 18 il neo sacerdote presiederà la santa messa nella chiesa parrocchiale di Valfabbrica, domenica 27 giugno alle ore 10 nella chiesa parrocchiale di Casacastalda, e alle ore 18 nella parrocchia di Torchiagina presso i locali della pro-loco.

“Una storia da cambiare”: la riflessione del cardinale Gualtiero Bassetti sul Mediterraneo

«“Il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande d’Europa”: le parole pronunciate dal Papa all’Angelus (di domenica scorsa, ndr), con le quali ha ricordato una delle più silenziose e drammatiche realtà del nostro tempo, ci interrogano profondamente. Nel mondo d’oggi, infatti, quasi più nulla sembra scalfire l’animo umano. Persino la morte di uomini, donne e bambini al largo delle nostre coste non sembrano turbare più di tanto la quotidianità del vivere». Lo evidenzia il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei Gualtiero Bassetti nell’editoriale del quotidiano Avvenire del 15 giugno, dal titolo “Una storia da cambiare”. Un contributo a questo cambiamento auspicato dal presidente della Cei viene dai vescovi dei Paesi del Mediterraneo incontratisi una prima volta a Bari, nel febbraio 2020. Si rincontreranno, all’inizio del 2022, a Firenze, nel solco del pensiero profetico del sindaco “santo” Giorgio La Pira, quello «di trasformare il Mare Nostrum in un “grande lago di Tiberiade”, ovvero in un luogo di pace e speranza – sottolinea Bassetti –. Il Mediterraneo in cui si affacciano le civiltà che appartengono alla “triplice famiglia di Abramo”, come scriveva La Pira, può realmente diventare un luogo di incontro tra culture, religioni e popoli diversi. Un incontro che, dopo secoli di divisione, potrebbe cambiare la storia non solo del Mediterraneo, ma del mondo intero».

Le parole del Papa sul Mare Nostrum, ricorda il cardinale, «portano alla luce alcune grandi questioni. In particolar modo, la centralità del Mediterraneo nel mondo contemporaneo. Forse mai come oggi, infatti, il Mediterraneo non è più soltanto un bacino marittimo che bagna tre continenti spesso in conflitto tra loro, ma un angolo visuale fondamentale da cui guardare il mondo intero… La centralità del Mediterraneo è segnata da una pervasiva globalizzazione economica che si tramuta però in una dolorosa indifferenza quando il focus si sposta sui poveri e sui migranti. Questo strabismo concettuale non solo non è evangelicamente accettabile, ma è estremamente carico di incognite e di rischi per il futuro. Chiudere gli occhi davanti ai “popoli della fame” significa, prima di tutto, chiudere gli occhi a Cristo e a quell’umanità sofferente di cui da sempre si prende cura lo sguardo del Samaritano. In secondo luogo, voltare lo sguardo oggi alle migrazioni internazionali significa non affrontare concretamente una delle più grandi questioni sociali di domani: come si governa la mobilità umana? Come combattere lo sfruttamento della tratta? Come integrare queste persone nelle società d’accoglienza? Sono queste alcune delle domande che le migrazioni nel Mediterraneo impongono all’ agenda pubblica dell’ Europa, dell’ Africa e dell’ Asia. Non solo ai governi, ma anche alla Chiesa».

Città di Castello: Celebrata dai Vescovi umbri la S. Messa in suffragio del vescovo Ivo Baldi, deceduto in Perù a seguito del Covid-19. Il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia: «Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli»

La terra umbra, che ha dato i natali a mons. Ivo Baldi (1947-2021), vescovo di Huari in Perù, deceduto nei giorni scorsi a seguito del Covid-19, lo ha ricordato affidandolo al Signore con la celebrazione della S. Messa in suo suffragio tenutasi nella cattedrale di Città di Castello, il 14 giugno pomeriggio, presieduta dal cardinale arcivescovo metropolita Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. Il vescovo diocesano mons. Domenico Cancian, all’inizio della celebrazione, ha tratteggiato alcuni aspetti significativi della vita e personalità del Pastore defunto, come anche alcune caratteristiche della sua esemplare attività pastorale in terra di missione.

Figlio dell’Umbria. Il cardinale Bassetti, nell’omelia, commentando il passo evangelico “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, ha ricordato quanto mons. Ivo abbia preso alla lettera questo invito di Gesù, dimostrandosi di essere «un vero credente e un figlio di questa terra umbra, come san Francesco d’Assisi. Il Poverello, infatti – ha commentato il porporato –, dopo aver ascoltato alla Porziuncola il discorso missionario, tratto da questo invito, capì che doveva annunciare il Vangelo, e lo fece soprattutto con la vita, e poi con le parole che sapeva rivolgere a ogni categoria di persone».

A rischio della vita. Bassetti si è soffermato sulle parole del vescovo Baldi riguardo al tempo della pandemia in Perù, dalle quali si coglie, ha detto il cardinale, «il suo atteggiamento davanti al pericolo del virus che causava così tanti morti». Parole che esprimono «la piena coscienza di ciò che questo pastore si sentiva chiamato a fare, anche a rischio della vita: “Non possiamo vivere senza andare a lavorare – scriveva mons. Baldi – e spesso penso e vedo come sia realmente possibile poterne morire”».

Un pastore buono. Prendendo spunto dalla Lettera ai Romani, proclamata durante la celebrazione, Bassetti ha detto del vescovo defunto: «Senza mai risparmiarsi, ben consapevole di quello che poteva accadergli, mons. Baldi ha accettato anche la “spada”, perché sapeva che nemmeno questa l’avrebbe allontanato dall’amore di Cristo. Ora, restituito alla “madre Terra”, in cui è stato sepolto, Lui – un vero pastore che ha speso la sua vita per le sue pecore – è totalmente consegnato al “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), Dico grazie al Signore e a mons. Ivo per essere stato per la sua Chiesa di Huari, nel lontano Perù, il pastore buono, che chiama le sue pecore ad una ad una, le cerca senza stancarsi, le raccoglie e le passa in rassegna, non fugge di fronte al lupo, precede il gregge nel cammino della salvezza. Il pastore buono dà la vita per le sue pecorelle. Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli».

Un vero evangelizzatore. «Grazie, fratello vescovo, per l’eredità che lasci alla tua diletta Chiesa, di cui sei stato un vero evangelizzatore – ha proseguito il cardinale –, con l’ansia di portare a tutti la lieta notizia della salvezza, chiamando tutti, anche i laici, uomini e donne, a farsi testimoni e annunciatori del Regno. Caro Don Ivo, ora che i tuoi occhi sono illuminati dalla luce che non tramonta mai, aiuta il popolo di Huari a credere che né morte, né vita, né presente né avvenire, né potenze, né creatura alcuna, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Così, anche questo commiato che ti diamo, non esprime il pianto senza speranza di chi ti ha perduto per sempre, ma piuttosto la certezza serena nella fede che, partito da questo mondo e approdato definitivamente a Dio, tu accompagni per sempre il nostro cammino verso il Signore…».

Il profumo forte del tuo esempio. «Ti sei lasciato attrarre. Hai compiuto – nella tua parte di vescovo – quanto mancava alla passione di Cristo per la salvezza del corpo che è la Chiesa. Ora attiraci dietro di te con il profumo forte del tuo esempio – ha concluso il cardinale Bassetti –, perché la Chiesa di Huari e di Città di Castello, che piangono la tua dipartita, si sentano sostenute e rafforzate».

L’OMELIA
Carissimi confratelli Vescovi, cari sacerdoti e diaconi, signor Sindaco, autorità, fratelli e sorelle,
Mons. Domenico Cancian ha già tratteggiato molto bene alcuni aspetti della personalità di Mons. Baldi, come anche alcune caratteristiche della sua esemplare attività pastorale. A me resta il compito di far risuonare la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e che ha guidato la vita di questo Vescovo e ora illumina anche la nostra.
Il Vangelo, appena ascoltato, è la conclusione del racconto di Matteo, con il mandato del Risorto agli Undici. L’invio a tutti i popoli della terra che Gesù diede dopo aver completato la missione per Israele è stato preso alla lettera da Mons. Baldi, che in tal modo si è dimostrato un vero credente e un figlio di questa terra umbra, come san Francesco d’Assisi. Il Poverello, infatti, dopo aver ascoltato alla Porziuncola il discorso missionario tratto da questo invito, capì che doveva annunciare il Vangelo, e lo fece soprattutto con la vita, e poi con le parole che sapeva rivolgere a ogni categoria di persone.
Ivo Baldi dev’essere stato molto colpito da quanto diceva il Risorto – «Andate e fate discepoli tutti i popoli» – se, ancora giovane sacerdote, decise di lasciare la sua patria per una terra di missione. Quanto devono essere state di conforto, per lui, le parole di Gesù che rassicuravano la Sua costante presenza: don Ivo stava compiendo con coraggio un atto di fede, abbandonando le sicurezze che trovava in questa Chiesa per affrontare l’ignoto, ma sentendo che le parole del Signore «Io sono con voi tuti i giorni» erano specialmente per lui.
Possiamo immaginarci i sentimenti di questo giovane missionario, le gioie, ma anche le fatiche, le prove, i momenti di scoraggiamento. Apprendiamo invece dalle stesse parole del Vescovo Baldi – che Mons. Cancian ha appena letto – quale fosse il suo atteggiamento davanti al pericolo del virus che causava così tanti morti. Pur consapevole dei rischi che le visite pastorali comportavano, scriveva: «Fra poco inizierò lo stesso i miei viaggi e le visite, sapendo che prima o poi andando in giro…». Questa frase, rimasta sospesa, esprime la piena coscienza di ciò che questo pastore si sentiva chiamato a fare, anche a rischio della vita: «Non possiamo vivere senza andare a lavorare – continuava Mons. Baldi nella lettera che abbiamo già ascoltato – e spesso penso e vedo come sia realmente possibile poterne morire».
La pagina della Lettera ai Romani, ora proclamata, illumina questo passaggio. Siamo all’interno di quello che un esegeta ha definito «uno dei vertici più luminosi del Nuovo Testamento» (R. Penna, Lettera ai Romani), e che è costruito intorno a nove interrogativi, nove domande che si trovano tutte già nei primi versetti. Queste culminano con l’interrogativo ben noto: «Chi potrà separarci dall’amore di Cristo?» (v. 35).
In questo modo Paolo, che ha sperimentato in prima persona le fatiche apostoliche, dice che l’amore di Cristo è talmente saldo e tenace, che non lo si può annullare: né con le tribolazioni, né con la fame, o i pericoli – quelli a cui allude Paolo – e che certo anche Mons. Baldi ha vissuto nella sua missione.
Nemmeno la “spada”, a cui si allude soprattutto nei racconti della passione di Gesù e in quelli dei primi martiri cristiani, e che ci richiama l’immagine di “sorella morte”, nemmeno la spada può separarci da Cristo.
Senza mai risparmiarsi, ben consapevole di quello che poteva accadergli, Mons. Baldi ha accettato anche la “spada”, perché sapeva che nemmeno questa l’avrebbe allontanato dall’amore di Cristo. Ora, restituito alla “madre Terra”, in cui è stato sepolto, il nostro caro Vescovo – un vero pastore che ha speso la sua vita per le sue pecore – è totalmente consegnato al “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), Dico grazie al Signore e a Mons. Ivo per essere stato per la sua Chiesa di Huari, nel lontano Perù, il pastore buono, che chiama le sue pecore ad una ad una, le cerca senza stancarsi, le raccoglie e le passa in rassegna, non fugge di fronte al lupo, precede il gregge nel cammino della salvezza. Il pastore buono dà la vita per le sue pecorelle. Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli: grazie, fratello vescovo, per l’eredità che lasci alla tua diletta Chiesa, di cui sei stato un vero evangelizzatore, con l’ansia di portare a tutti la lieta notizia della salvezza, chiamando tutti, anche i laici, uomini e donne, a farsi testimoni e annunciatori del Regno. Caro Don Ivo, ora che i tuoi occhi sono illuminati dalla luce che non tramonta mai, aiuta il popolo di Huari a credere che né morte, né vita, né presente né avvenire, né potenze, né creatura alcuna, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Così, anche questo commiato che ti diamo, carissimo Vescovo Ivo, non esprime il pianto senza speranza di chi ti ha perduto per sempre, ma piuttosto la certezza serena nella fede che, partito da questo mondo e approdato definitivamente a Dio, tu accompagni per sempre il nostro cammino verso il Signore. Sono certo che tu, nella visione di Dio, nella pace senza turbamento, dopo aver tanto sofferto, ora nelle gioie senza ombre, canti l’alleluia della festa che tante volte hai intonato nell’assemblea liturgica. Noi continueremo a cantare il nostro alleluia dell’esilio, dal cammino della fatica e della sofferenza. Ma sono convinto che per tutti noi c’è un reale camminare insieme verso il compimento e la pienezza. Gesù ha detto: «Quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Ti sei lasciato attrarre. Hai compiuto la tua parte – parte di vescovo – quanto mancava alla passione di Cristo per la salvezza del corpo che è la Chiesa. Ora attiraci dietro di te con il profumo forte del tuo esempio, perché la Chiesa di Huari, che piange la tua dipartita, si senta sostenuta e rafforzata. Amen!

l cordoglio dei Vescovi umbri per la morte di mons. Ivo Baldi vescovo di Huarì in Perù, originario di Città di Castello

I Vescovi dell’Umbria hanno appreso con tristezza la morte, per complicanze legate al Covid-19, di mons. Ivo Baldi, vescovo di Huarì in Perù, originario della diocesi di Città di Castello. Esprimono partecipazione al lutto di quanti lo conobbero e lo stimarono, familiari e fedeli.

In terra peruviana mons. Baldi si è contraddistinto per l’attenzione ai più bisognosi, prima da sacerdote e parroco nei gruppi dell’operazione “Mato Grosso” e poi da vescovo, rendendo ovunque una feconda testimonianza di zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo.

I Vescovi umbri elevano fervide preghiere al Signore affinché, per intercessione dei Santi peruviani Toribio de Mogrovejo e Rosa da Lima e di quelli tifernati Florido e Amanzio, doni al defunto confratello il premio promesso ai suoi fedeli servitori.

Lunedì 14 giugno, alle ore 16.00, nella cattedrale di Città di Castello, i Vescovi umbri celebreranno una Messa di suffrag

Perugia – in cattedrale la solennità del Corpus Domini. Il cardinale Bassetti: “Guai ad essere superficiali nei confronti dell’Eucaristia”

“L’Eucaristia non è soltanto un rito a cui si assiste, ma, soprattutto, è il sacrificio di Cristo che si rinnova e a cui si partecipa e nel quale tutti, tutti, siamo parte attiva”. Lo ha ricordato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti all’inizio dell’omelia della solennità del Corpus Domini, domenica 6 giugno, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, commentando il passo del Vangelo il cui “il Signore prepara con attenzione e cura la cena di Pasqua, ma rende partecipi gli Apostoli, coinvolgendoli”. Una celebrazione che non è culminata, per il secondo anno consecutivo, a seguito della pandemia, con la tradizionale e suggestiva processione del Santissimo Sacramento per le vie principali del centro storico del capoluogo umbro. Tutto si è svolto in San Lorenzo con l’adorazione e la benedizione eucaristica impartita dal cardinale ai fedeli. Fedeli presenti in numero esiguo, come ha notato lo stesso presule nel parlare di “fede inaridita” a causa della pandemia ma non solo.

Guai se si raffreddasse la fede. “Il primo luogo che dobbiamo preparare per questa festa non è qualche cosa di esteriore, ma è il nostro cuore – ha sottolineato Bassetti –. Ai tempi di san Francesco, dicono i biografi, la società umbra si era molto inaridita, ma oggi, purtroppo, anche per via della pandemia – dico anche – perché non le vanno date tutte le colpe, ci siamo un po’ inariditi tutti e lo vedo anche nella Chiesa italiana. Tante persone, che si sono abituate a partecipare alla Messa stando a casa, hanno difficoltà a tornare in chiesa… Vedo oggi la nostra cattedrale semi vuota… Spero che presto si possa tornare a quella partecipazione di popolo di Dio che gremiva le nostre chiese e guai a noi se ci arrendessimo e si raffreddasse il grande patrimonio della nostra fede che nasce dall’Eucaristia”.

Il nostro cuore come il Cenacolo. “Purtroppo stamani non possiamo portare Gesù Eucaristia per le vie della nostra città e per le nostre case – ha proseguito il cardinale –, ma il nostro cuore deve essere una grande sala, quella sala del Cenacolo che ha accolto Gesù e gli Apostoli. E’ il nostro cuore che si deve fare accoglienza, che deve essere inclusivo. Guai a noi se escludessimo qualcuno dalla nostra vita, il Signore finirebbe per escludere noi. Non c’è niente di inclusivo come la Comunione, ma non possiamo nemmeno avvicinarci, come purtroppo qualche volta capitata, all’Eucaristia con una certa superficialità”.

Gesù è il pane di vita. Il cardinale Bassetti, commentando le parole della scrittrice Susanna Tamaro lette in una recente intervista, ha evidenziato: “‘L’uomo mangia Dio, se ne ciba, entra con Lui in un rapporto di intimità diretta, e questo è il dramma che, purtroppo, spesso l’abitudine finisce per avere la meglio’, ma è Dio che entra nella nostra vita. Rischiamo di arrivare a comunicarci distrattamente o peggio, quasi per abitudine, come facciamo con il pane quotidiano che si arriva perfino a sprecarlo, finendo nei cassonetti. Il pane unico e speciale, che è il corpo di Cristo, con quanta attenzione, con quanta partecipazione, con quanta fede noi lo riceviamo? E’ giusto che noi ci poniamo queste domande. Gesù è il pane di vita e se è il pane di vita vuol dire che ci fa vivere, che dà la vita come avete sentino nel Vangelo. Le sue parole sono estremamente chiare: ‘prendete, mangiate e bevete, perché chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui’”.

Un pezzetto di Cielo. “Nel pane naturale di cui ci nutriamo c’è il sapore della vita, nell’Eucaristia c’è tutto il sapore di Cristo, tutto l’amore di Cristo che offre la vita per noi. Il Signore ha scelto la forma più povera, ma anche la più pura per potersi incontrare con la nostra vita. Guai ad essere superficiali nei confronti dell’Eucaristia”, perché, ha commentato il cardinale a conclusione dell’omelia, “anche questa nostra povera terra bagnata da tante lacrime, comprese le ingiustizie, le guerre e le sofferenze, con l’Eucaristia può diventare terra di Cielo. E noi cristiani abbiamo questo compito e questo grande impegno di testimoniare che anche la nostra povera terra può diventare un pezzetto di Cielo”.

Terni – Solennità del Corpus Domini 2021 – Mons. Piemontese: “L’Eucarestia vera è il cantiere dove si fabbrica la chiesa”.

Celebrata la solennità del Corpus Domini in diocesi, con modalità particolari. Non in maniera pubblica con la processione eucaristica per le vie della città, ma con un’adorazione eucaristica, in contemporanea, nelle chiese parrocchiali, aperta dal messaggio del vescovo trasmesso in streaming sui canali social della diocesi.
La solennità del Corpus Domini è un momento importante a fine anno pastorale, in cui al centro della celebrazione è l’Eucaristia, fonte e culmine della vita della chiesa, attraverso la quale si sperimenta la comunione tra le varie realtà della diocesi, nella corale preghiera per i deboli, i poveri, per chiunque ha bisogno di amore e di consolazione.
«In questo anno particolare – ha detto il vescovo Piemontese – in cui la pandemia e il distanziamento impediscono la pubblica manifestazione della fede eucaristica, festa del Corpus Domini esprimiamo vicinanza col Signore, presente nell’ Eucarestia, e la vicinanza spirituale tra di noi. Una preghiera per la liberazione dalla pandemia e di supplica per la pace e la guarigione nel mondo».
L’invito di Mons. Piemontese è stato quello di superare le paure che si sono accresciute in questo difficile periodo e a trovare modalità nuove per crescere nella fede e nella comunione ecclesiale: “Siamo membri della chiesa Sinodale che tende all’unità e alla comunione. Solo l’Eucarestia ci raduna in unità, forma di noi un corpo solo. Le divisioni tra di noi, tra il clero, tra i fedeli, tra pastori e fedeli sono segno di mancanza di eucarestia, di vera eucarestia. La nostra, o è assenza di Eucarestia, o è celebrazione superficiale, distratta, infruttuosa.
L’Eucarestia vera è il cantiere dove si fabbrica la chiesa, una, santa, cattolica, apostolica. Diciamo grazie al Signore perchè è rimasto in mezzo a noi, perchè possiamo custodire la sua presenza in mezzo a noi, vogliamo accrescere la nostra consapevolezza, l’umiltà, l’accoglienza, la disponibilità, la gratitudine, l’amore”.

E’ seguita poi la preghiera pronunciata dal presidente dell’Azione Cattolica diocesana Luca Diotallevi che ha posto l’accento sulla difficoltà sociali del momento attuale con la paura per il pane quotidiano e per il ridursi della sicurezza necessaria al vivere civile, esortando alla condivisione, responsabilità, riconoscimento dei diritti: “Grazie, Signore, per aver già impastato l’Eucarestia di lavoro umano, amore umano, intelligenza umana, volontà umana! O Signore, fa che non dimentichiamo che questa medesima Eucarestia è opera che sempre edifica e sempre di nuovo libera la Città”.

 

LA PREGHIERA DEL PRESIDENTE DI AZIONE CATTOLICA