Le Chiese dell’Umbria hanno aperto nel duomo di Orvieto l’anno “Famiglia Amoris Laetitia” con la celebrazione eucaristica della solennità di san Giuseppe presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti.

«Sono molteplici gli eventi e i temi che ricordiamo nella solenne celebrazione eucaristica, in questa magnifica cattedrale, cuore della Diocesi di Orvieto-Todi, posta da tempo immemorabile sotto la protezione di San Giuseppe». Così ha esordito il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’omelia della festa di san Giuseppe, patrono della città posta sulla rupe, il 19 marzo, giorno in cui la Chiesa universale ha avviato l’anno “Famiglia Amoris Laetitia” voluto da papa Francesco. Hanno concelebrato tutti i vescovi umbri ed erano presenti le delegazioni delle Pastorali familiari di ciascuna delle otto Diocesi dell’Umbria. All’avvio della celebrazione il vescovo diocesano Gualtiero Sigismondi ha dato un caloroso benvenuto ai suoi confratelli e si detto entusiasta che dalla città di Orvieto si sia avviato questo speciale anno.

Il cardinale, nel soffermarsi sui diversi significati della giornata, ha ricordato «lo speciale Anno di san Giuseppe, indetto da papa Francesco in occasione dei 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale il beato papa Pio IX dichiarò san Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. Vogliamo anche far memoria del fatto che oggi si compiono 8 anni da quando Papa Francesco ha solennemente iniziato il suo ministero di Pastore universale della Chiesa (19/3/2013). Ed il 13 marzo era stato eletto Sommo Pontefice. In questo giorno, poi, ricordiamo che sono ormai trascorsi cinque anni dalla pubblicazione dell’Amoris Laetitia, l’Esortazione apostolica di papa Francesco sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. Ed è esattamente per tale ragione che oggi si inaugura l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia” voluto dal Pontefice per raggiungere ogni famiglia attraverso proposte di tipo spirituale, pastorale e culturale».

«Celebrare quest’anno dedicato a Giuseppe – ha sottolineato il cardinale – significa celebrare la grandezza e la fedeltà di Dio Padre, che ha trovato in Maria di Nazaret, e nel suo sposo, il “giusto Giuseppe”, i cuori accoglienti tra i quali potesse nascere Gesù, il nostro Signore, compimento di ogni promessa e di ogni attesa».

«In quest’anno che oggi si inaugura – ha proseguito il presule –, chiediamo anche noi di avere la capacità di compiere “sogni buoni”: non stiamo parlando di illusioni, o di quei sogni che – come si legge nel Bibbia – svaniscono come una visione (cf. Gb 20,8; Sal 73,20). Pensiamo invece ai quattro sogni con i quali Dio ha rivelato a Giuseppe cosa doveva fare per proteggere la sua famiglia: accogliere la madre, e il figlio che stava per nascere; fuggire in Egitto per salvare la famiglia da Erode; tornare da quell’esilio, perché Gesù potesse vivere nella Terra promessa, e si compisse la profezia “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Mt 2,15; cf. Os 11,1). Abbiamo ancora bisogno di sognare, come Giuseppe, per costruire percorsi di formazione dei fidanzati, occasioni di condivisione per le giovani coppie, di aiuto per le coppie in difficoltà, di accoglienza per quei coniugi che vivono l’esperienza di matrimoni frantumati, seguendo così le indicazioni che il Sinodo per la famiglia ha dato nell’Esortazione Amoris Laetitia. Auguro a tutti che, l’approfondimento dell’Amoris Laetitia, sia di aiuto a vivere, con impegno e con frutto, l’anno che Papa Francesco ha voluto indire a partire dal 19 marzo 2021 al 26 giugno 2022 (quando avrà luogo l’incontro mondiale delle famiglie. Per capire appieno la profondità dell’Amoris Laetitia bisogna saperla collegare con l’Evangelii Gaudium, che di questo pontificato rappresenta il documento programmatico».

«La nostra preghiera a San Giuseppe – ha concluso il cardinale – non può dimenticare le sofferenze causate da quella grande prova per noi, che è la pandemia. Ci è stato ricordato, dal Decreto della Penitenzieria Apostolica che ha accompagnato l’indizione dell’Anno dedicato a San Giuseppe, che «nell’attuale contesto di emergenza sanitaria, il dono dell’Indulgenza plenaria è particolarmente esteso agli anziani, ai malati, agli agonizzanti e a tutti quelli che per legittimi motivi siano impossibilitati ad uscire di casa». E noi ci rivolgiamo a Giuseppe perché aiuti e soccorra anche gli operatori sanitari, i medici, gli infermieri, le amministrazioni pubbliche e gli uomini di governo, perché – seguendo l’esempio di Giuseppe – e assistiti da Dio nel compiere eroicamente il proprio dovere, contribuiscano a tutelare i più deboli, e a far terminare prima possibile questa pandemia».

La celebrazione eucaristica è stata trasmessa in diretta dall’emittente «Maria Vision», in collaborazione con l’Ufficio stampa della Ceu e con le redazioni de «La Voce» e di «Umbria Radio InBlu».

Anno “Famiglia Amoris leatitia”. In Umbria avvio comune per tutte le Diocesi il 19 marzo nel Duomo di Orvieto con una Messa concelebrata da tutti i Vescovi della Regione.

Venerdì 19 marzo 2021 saranno cinque anni dalla pubblicazione dell’Amoris laetitia, l’Esortazione apostolica di papa Francesco sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. In questo stesso giorno si inaugura l’Anno “FAMIGLIA AMORIS LAETITIA” voluto proprio dal Pontefice per raggiungere ogni famiglia attraverso proposte di tipo spirituale, pastorale e culturale.

In Umbria, avvio di questo speciale anno nel Duomo di Orvieto. La Consulta della pastorale familiare della Conferenza episcopale umbra (Ceu) – coordinata dai coniugi Tania e Fortunello Mencarelli della Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e da don Fabrizio Crocioni dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve –, in risposta all’Assemblea ecclesiale regionale celebrata del 2018, ha pensato che l’avvio di questo speciale anno per le Diocesi dell’Umbria potesse avvenire insieme. La proposta è stata illustrata ai Vescovi umbri i quali, con gioia, l’hanno accolta. Ed allora il 19 pomeriggio, alle ore 17.00, tutti i Vescovi dell’Umbria concelebreranno una solenne liturgia nella Cattedrale di Orvieto presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana. La scelta è caduta su Orvieto in quanto quel giorno la Città sulla rupe celebra il Patrono S. Giuseppe. Ogni Diocesi sarà presente con una delegazione di tre/quattro famiglie. La Messa verrà trasmessa in diretta dall’emittente Maria Vision sul canale 602 del digitale terrestre e il segnale verrà rilanciato anche dei mezzi di comunicazione e dai social delle singole Diocesi.

Le dichiarazioni del Vescovo Sorrentino, delegato Ceu per la famiglia. «La famiglia – afferma mons. Domenico Sorrentino arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e delegato Ceu per la pastorale familiare è la cellula della società e il grembo dell’amore. Senza famiglia non c’è futuro e abbiamo urgente bisogno di riscoprirla. In questo tempo di pandemia, poi, stiamo constatando quanto essa sia necessaria. Abbiamo bisogno – prosegue il presule – del calore e dello stare insieme. Iddio è in qualche modo famiglia Egli stesso perché incarnandosi in Gesù ci ha rivelato il suo volto familiare. Ed è per questo che venendo in mezzo a noi ha voluto scegliere proprio una famiglia, quella di Nazareth. E la Chiesa – afferma ancora mons. Sorrentino – è nel mondo come la famiglia di Dio. Dobbiamo riprendere questo cammino. E il Papa per far ciò ha voluto che per un anno intero meditassimo l’Amoris laetitia: lo faremo a livello regionale con iniziative che comunicheremo per tempo e a livello diocesano. Come Chiesa cerchiamo di restituire la famiglia alla sua verità e di restituire la famiglia alla società. È il nostro compito, è il nostro dovere ma – conclude il presule – direi anche la nostra gioia, Amoris laetitia, la gioia dell’amore».

Celebrazione eucaristica delle “24 ore per il Signore” presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti: «L’intensa preghiera a Dio Padre ci aiuti in questa interminabile pandemia». L’appello alla politica: «accelerare il più possibile i processi decisionali circa i vaccini»

nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio.
Il presule:

«La situazione drammatica in cui ci troviamo, e che coinvolge tutto il mondo, chiede a noi credenti, attraverso la voce del Santo Padre Francesco, di dedicare 24 ore di intensa preghiera a Dio Padre». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’omelia della celebrazione eucaristica delle “24 Ore per il Signore” di domenica 14 marzo, nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve presieduta insieme all’arciprete don Simone Sorbaioli, che ha spiegato il significato di questa giornata di preghiera ai fedeli convenuti nel rispetto delle norme sanitarie per prevenire il contagio da Covid-19.
Questa giornata di particolare raccoglimento spirituale, ha proseguito il cardinale, «è il motivo della mia presenza insieme a voi, insieme alla gioia di aver conferito il ministero dell’accolitato al carissimo Claudio Farina, uno dei nostri giovani che frequentano il Seminario regionale di Assisi. Tutti insieme imploriamo, fiduciosi, Dio, Padre di misericordia, affinché ci protegga e ci liberi da ogni male e ci aiuti in questa interminabile pandemia».
Pregare per alleviare le criticità. «Vogliamo pregare, oltre che per i malati – ha detto il presule –, per coloro che li assistono, per i loro familiari e per quanti sono colpiti dalle varie criticità di questo periodo, che, oltre all’aspetto sanitario, riguardano anche la situazione del mondo del lavoro e della scuola per quanto concerne ragazzi e giovani. E infine vogliamo ringraziare il Signore per tutti coloro che, a livello di Caritas e di volontariato, si stanno prodigando con generosità e competenza».
Appello alla politica regionale e nazionale. «Chiediamo con tutte le nostre forze alla politica regionale e nazionale – ha evidenziato Bassetti – di accelerare il più possibile i processi decisionali circa i vaccini per una loro rapida somministrazione, soprattutto agli anziani e ai soggetti fragili».
Ambienti parrocchiali per le vaccinazioni. Il cardinale Bassetti, in qualità di presidente della Cei, nei giorni scorsi, dopo essersi consultato con i vescovi, ha dato indicazione di mettere a disposizione per le attività di vaccinazione gli ambienti parrocchiali e di comunità religiose non riservati alla preghiera e al culto.
Nessun Paese venga escluso dalla vaccinazione. «Quella della vaccinazione, a livello mondiale – ha concluso il cardinale –, è l’unico modo di risollevarsi da questa peste che sta colpendo il mondo. Se rimanessero zone di ombra sul pianeta circa la somministrazione del vaccino, con la velocità che questo virus ha di colpire, di trasformarsi e di propagarsi, rimarremmo tutti sotto l’incubo che possano susseguirsi altre fasi di epidemia».

Preghiera per chiedere la liberazione dalla pandemia. L’arcivescovo Boccardo: «Siamo grati alla ricerca degli scienziati e alla medicina, ma vogliamo non dimenticare che c’è un padre, Dio, che si prende cura dei suoi figli»

Domenica 14 marzo 2021, ad ideale coronamento dell’iniziativa “24 ore per il Signore”, in tutte le chiese dell’Umbria si è tenuta una giornata di preghiera per implorare dal Dio della misericordia la protezione e la liberazione da ogni male, in particolare per invocare la fine della pandemia da Covid-19. L’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha celebrato la Messa nella Basilica Cattedrale di Spoleto.

Nell’omelia il Presule ha ricordato che «Gesù è colui che trasforma, che sa dare fiducia, che manifesta un rispetto capace di abbracciare anche l’imperfezione. Non rifiuta nessuno, accoglie senza condizioni. Guardando a lui, alla sua croce, noi scopriamo come si separa il bene dal male, come camminare nella verità. Dinanzi alla sua croce – ha proseguito mons. Boccardo – tutte le maschere cadono automaticamente, non ci possiamo più nascondere». E allora l’invito dell’Arcivescovo ai fedeli presenti è stato quello di rifiutare la penombra e le convenienze per venire alla luce e fare le opere di Dio. Poi, la supplica per la fine della pandemia da Coronavirus: «Preghiamo – ha detto il Presule – per implorare la difesa dal male: siamo grati alla ricerca degli scienziati e alla medicina, ma vogliamo allo stesso tempo non dimenticare che c’è un padre, Dio, che si prende cura dei suoi figli. E allora bussiamo al suo cuore chiedendogli che ci liberi dalla pandemia che attanaglia il mondo, ma anche della diffidenza, dalla paura e dalla mancanza di fiducia; chiediamogli di accompagnare il cammino dei ricercatori e degli scienziati, di illuminare i governanti, di prendersi cura dei malati, di curare tutte le ferite, di allontanare il male dal nostro cuore, di liberarci dall’egoismo e dall’autosufficienza. A ciascuno di noi, infine, è richiesto in questo tempo un supplemento di generosità e di sapienza: questa è la “medicina” da inventare ogni giorno nelle nostre case».

Perugia – nell’anno dedicato da papa Francesco a San Giuseppe, l’esposizione di un’antica statua del Santo in cattedrale

Da questo fine settimana è esposta nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia l’antica statua di san Giuseppe custodita nella chiesa del Carmine, adiacente alla Mensa della Caritas diocesana. Sono stati gli stessi operatori e i volontari Caritas a provvedere al trasporto e collocazione della statua nella cappella del Sant’Anello della cattedrale dove resterà esposta per tutto l’“anno speciale” dedicato da papa Francesco alla figura di san Giuseppe, fino al prossimo 8 dicembre, giorno in cui ricorre il 151° anniversario della dichiarazione del padre putativo di Gesù a Patrono della Chiesa cattolica firmata l’8 dicembre 1870 dal beato Pio IX.

Protagonismo senza pari. Nella lettera apostolica di indizione di quest’ “anno speciale”, dal titolo “Patris corde”, il Papa definisce san Giuseppe «padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra…». Sullo sfondo della Lettera apostolica c’è la pandemia da Covid-19 che, scrive papa Francesco, «ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come san Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta. Eppure, il suo è un protagonismo senza pari nella storia della salvezza».

Con cuore di padre. Sulla scia della riflessione del Papa sulla figura di san Giuseppe, di grande insegnamento e testimonianza per l’umanità intera, gli Uffici diocesani per la pastorale familiare e giovanile e la Confraternita del Sant’Anello e di San Giuseppe promuovono in cattedrale, nel rispetto delle norme sanitarie per il contenimento del contagio da Covid-19, tre iniziative diocesane dal titolo: “Con cuore di padre”.

Il programma. Giovedì 18 marzo, alle ore 19, si svolgerà la veglia quaresimale dei giovani con il cardinale Gualtiero Bassetti dedicata al tema “Io sono solo un’ombra…”. Questa veglia di preghiera, come quella di Avvento, si terrà (a seguito della pandemia), nella stessa serata, in ciascuna delle sette Zone pastorali dell’Archidiocesi. Venerdì 19 marzo, solennità della festa liturgica di san Giuseppe, alle ore 17, ci sarà l’esposizione straordinaria del Sant’Anello, la preziosa reliquia che la tradizione vuole attribuire all’anello con cui Maria fu sposata a san Giuseppe. L’esposizione straordinaria (normalmente avviene due volte all’anno, il 28 luglio e il 12 settembre) è in segno di comunione con i vescovi umbri che celebrano nel duomo di Orvieto, lo stesso giorno, l’avvio dell’anno Famiglia Amoris Laetitia. Seguirà, alle ore 18, la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Fausto Sciurpa, presidente del Capitolo dei Canonici di San Lorenzo. Sabato 20 marzo, alle ore 18, si terrà la solenne celebrazione eucaristica dedicata ai padri con la benedizione delle famiglie presieduta dal cardinale Bassetti.

La lettera quaresimale del cardinale Gualtiero Bassetti alla comunità diocesana. “Lo spirito della Quaresima. Una vita tentata – una vita purificata – il deserto della Spirito”

“Lo spirito della Quaresima” è il titolo della lettera del cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, inviata alla sua comunità diocesana il cui testo integrale è scaricabile dal 25 febbraio sul sito dell’Archidiocesi, al link: https://bit.ly/3bysziS . Si tratta, come scrive il cardinale, di «una breve catechesi sul significato della Quaresima, particolarmente durante questo tempo di pandemia, che sta provando a fondo tante persone». Tre i concetti sui quali si concentra la riflessione del presule, riportati come sottotitolo della lettera: “Una vita tentata – una vita purificata – il deserto della Spirito”. Il cardinale rivolge, all’inizio della lettera, «una particolare raccomandazione ai sacerdoti di leggerla e approfondirla, possibilmente coi catechisti, gli animatori parrocchiali e tutti coloro che saranno disponibili. Penso che questa breve catechesi, senza nessuna pretesa – scrive –, possa essere utile anche per i monasteri e le case dei religiosi».

La tentazione condizione normale. Soffermandosi sul primo concetto, Bassetti sottolinea che «la Quaresima è un tempo di sosta, che ci porta a vivere e ad approfondire la nostra esperienza di fede. La Chiesa ci presenta, nella prima domenica, il brano evangelico delle tentazioni di Gesù, secondo l’evangelista Marco: “Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana”. La tentazione non esula dalla volontà di Dio, perché lo Spirito sospinse Gesù nel deserto. Essa è quindi condizione normale, non solo dell’uomo, ma anche del cristiano. Tutta una letteratura edificante, ma a mio avviso non illuminata, ha posto la questione della tentazione quasi si trattasse di angoscia. È una posizione sbagliata: le cose non stanno così».

La fede un’esperienza tentata. «La tentazione come lotta, come combattimento, fa parte dell’esperienza umana e cristiana. Per questo Gesù all’inizio della vita pubblica, e non solo, l’ha sperimentata. Potremmo domandarci: perché ha fatto questa esperienza se, in fondo, alla tentazione non poteva soccombere? Penso che il motivo sia semplice: Gesù si è posto in tutto come misura e modello della vita del cristiano. E questo esprime anche la prima verità che vuole sempre ricordarci la Quaresima: la fede è, necessariamente, provata. Direi anzi: se non è tentata, non è fede. Così ci dice con chiarezza la Parola di Dio. Qualcuno potrebbe domandarsi: perché la fede è un’esperienza tentata? Risponderei così: a causa del nostro limite. Difficilmente scopriremmo il nostro limite, il nostro peccato, la nostra fragilità se non ci sentissimo messi a prova. È la prova che ti fa scoprire il tuo limite, la tua povertà, la tua insufficienza, il tuo bisogno degli altri e, soprattutto, il tuo bisogno di Dio».

Società in cui predomina il neo-illuminismo. «Cari amici, senza questa prospettiva di fede provata, tutti rischieremmo di non saper distinguere fra la luce e le tenebre, il vero e il falso, il bene e il male, e quindi non maturerebbe mai in noi un vero processo di libertà. Purtroppo viviamo in una società in cui predomina il neo-illuminismo, cioè la pretesa di risolvere tutti i problemi con la ragione e ciò che la ragione può, quindi con la scienza e con la tecnica; e chi non si adegua a tale pensiero è considerato un arretrato, un incolto, se non addirittura un irresponsabile».

Il Mistero oltre la nostra ragione. «Possiamo davvero vincere tutto? Il Vangelo, che, oltre a esser vero, è un messaggio di saggezza, ci ammonisce chiaramente: chi si regge in piedi stia attento a non cadere. La fede, trattando qualcosa che va ben oltre la nostra ragione – il Mistero – ci spinge sempre oltre. “Duc in altum!”: vai al largo, supera il limite del tuo modo di vedere e di pensare, ci dice Gesù. La fede non è un’evidenza, non è un’emozione e nemmeno un sentimento. Purtroppo, quanta confusione alberga anche nella mente e nel cuore di tante persone buone che vanno in chiesa! La fede è “oscura” perché ci trascende, ma è la cosa più grande e meravigliosa perché è il “mistero”, indica che la nostra vita va ben oltre le nostre aspirazioni ed esigenze umane. E in questo senso siamo tutti sotto lo stesso tetto: vescovi, sacerdoti, consacrati, famiglie, parrocchie».

La Chiesa soffre attacchi e persecuzioni. Il cardinale prosegue la sua riflessione nel ribadire che vede «serpeggiare fra noi una mentalità di acquiescenza, che non riflette l’essenza del vivere cristiano, che è sempre un cammino fra le prove. Da altre parti, la Chiesa soffre attacchi e persecuzioni, e non ci sono mai stati tanti martiri come al momento presente. La prova, la tentazione, è la garanzia che Dio c’è, ci tiene per mano e ci porta sempre su ali d’aquila».

Il culto di un cuore umile, sincero e schietto. Nel soffermarsi sul secondo concetto, Bassetti evidenzia che «la Quaresima ci ripresenta il tema di una vita purificata. È proprio la strada della purificazione la via diversa su cui noi dobbiamo intraprendere il nostro cammino… E’ importante il tempo quaresimale nel mistero dell’anno liturgico, perché ci riporta al cuore e alla mente la base dell’itinerario cristiano. Se non si coglie questa verità, potremmo fare anche un’accozzaglia di pratiche di pietà, ma non saremmo accetti al Signore: eserciteremmo un culto sterile ed inefficace. Il culto cristiano, come ci richiama continuamente Papa Francesco, è il culto di un cuore umile, sincero e schietto. In una parola, il culto di chi non vive più per sé, ma per amore. In Italia ci sono migliaia di Sante Messe nel giorno del Signore, ma purtroppo le cose, nella mentalità dei credenti, cambiano poco».

Restaurare la vita del battesimo. «Cosa dobbiamo fare? C’è chi si accontenta e dice: “Ringraziamo il Signore che un certo numero di persone continua a venire in chiesa”. Risposta buona; ma sarebbe il caso di domandarci: “Perché vengono? Come vengono? Cosa cambia di fatto nella vita?”. La Quaresima, coi suoi ritmi e le sue cadenze, potrebbe diventare un vero itinerario battesimale, un cammino paziente che ci orienta in un cambiamento di mentalità e di vita. Anche il ritorno al Sacramento della Penitenza, nelle forme più adatte e consentite, più che un impegno devozionale, dovrebbe essere un riferimento battesimale. Infatti, si tratta di restaurare la vita del battesimo che abbiamo interrotto o che va debitamente recuperata. Ma il compimento della purificazione quaresimale ha un obiettivo specifico: la carità, intesa come Agape».

La vera penitenza cristiana è amare. «Cos’è, allora, cambiare vita? Passare dall’amore di sé all’amore di Dio e degli altri. Passare dall’egoismo alla carità. Tutti i testi biblici che parlano della penitenza culminano sempre in questo richiamo: l’aiuto ai fratelli, il soccorso al prossimo. Dunque, la vera penitenza cristiana è amare. Perché amare è perdere sé. La vera penitenza cristiana non è “fare”, neppure compiere le “opere”, se non c’è l’amore. La vera penitenza è trasporre noi, da noi agli altri. La vera penitenza cristiana è questo mutamento di luogo. Il nostro luogo non è più il nostro io, ma l’io dell’altro nell’io di Dio».

Senza la carità. Al tal proposito l’invito del cardinale «a rileggere, dal capitolo XIII della lettera ai Corinti di san Paolo, l’inno alla carità. E questo vale per tutti. Se in una comunità religiosa, in un seminario, in una famiglia, nella parrocchia, non c’è la carità, quello che si fa non serve a nulla. Questo vale nel matrimonio, fra marito e moglie, nel rapporto con i figli: il ricominciare, il tentare sempre di avere fiducia, la pazienza di un amore che traspone il proprio io nell’altro. Questo vale in ogni ambito della vita cristiana. Quando diciamo: “Dobbiamo difendere il matrimonio, la famiglia!”, che significato ha, se manca tutto questo?».

Quaresima, tempo dell’ascolto. Illustrando il terzo concetto, Bassetti scrive che «la Quaresima ci richiama al deserto dello Spirito. Cosa vuol dire? Prima di tutto, il deserto dell’ascolto. La Quaresima è il tempo privilegiato in cui Dio si rivolge a noi mediante la sua Parola ed entra in dialogo con le sue creature. Dio parla a tutti. Se uno non lo sente, è perché ha l’orecchio tanto duro che non ode più la voce di Dio, la voce del Signore, la voce di Gesù. Non ascoltare la voce di Gesù, il suo Vangelo, vuol dire smarrire completamente la strada. Il Signore, come dice il profeta Osea, vuol tornare a parlare al nostro cuore, vuole entrare in comunione con noi, per esprimerci tutta la sua tenerezza».

Far fiorire il deserto interiore. «Gesù parla della necessità di pregare sempre e non cessare mai. Ciò significa che c’è in tutti noi questa attitudine contemplativa. Anche durante le nostre occupazioni, è possibile un continuo colloquio d’amore col Signore. È in questo modo che potrà far fiorire anche il deserto che è dentro di noi».

La vittoria sulla morte e sul peccato. «Concludo questa piccola catechesi riepilogando i tre concetti che mi stanno a cuore. Quaresima: una fede tentata, una vita purificata, il deserto dello Spirito. Tutto questo, naturalmente, nella prospettiva pasquale…», che è «la risoluzione definitiva, da parte del Padre e dello Spirito Santo, della nostra vita. Se entreremo in questa dimensione, che deve essere continua, saremo dei veri credenti, e testimonieremo il senso pasquale della vita, cioè quella vittoria sulla morte e sul peccato che già opera in noi. E così il deserto amaro e triste di questo mondo – conclude il cardinale Bassetti – diventerà luminoso perché il Signore è risorto».

Lettera cardinale Bassetti per la Quaresima 2021 (scarica pdf)

Invito dei Vescovi umbri ai politici alla collaborazione sincera e cordiale per la promozione e il servizio del bene comune. Domenica 14 marzo giornata di preghiera in tutte le diocesi umbre per la liberazione dalla pandemia

I Vescovi dell’Umbria, riuniti in sessione ordinaria della Conferenza Episcopale, lo scorso fine settimana, si sono confrontati sulla grave situazione pandemica che oggi, come in tutta Italia e in gran parte del mondo, sta coinvolgendo acutamente la nostra regione.

Esprimono viva solidarietà e vicinanza a quanti stanno affrontando condizioni fortemente critiche dal punto di vista sanitario e ai tanti che sono giustamente preoccupati per la propria prospettiva economica e lavorativa.
Manifestano apprezzamento e gratitudine a quanti, nelle strutture sanitarie e ai diversi livelli della Caritas e del volontariato, si stanno prodigando con grande generosità e competenza.

Implorano fiduciosi dal Dio della misericordia la protezione e la liberazione da ogni male: a tal fine, ad ideale coronamento delle “24 ore per il Signore”, indicono per domenica 14 marzo p.v., IV di Quaresima, una giornata di preghiera in tutte le diocesi umbre. Ogni comunità parrocchiale saprà individuare le modalità più opportune per dare voce a questa corale intercessione.

Chiedono alla politica nazionale e regionale di accelerare i processi decisionali circa i vaccini e i percorsi terapeutici, addivenendo a scelte oculate e tempestive attente alle necessità di tutti, con particolare attenzione ai più deboli per età e fragilità – pensiamo specialmente alle case per anziani e agli istituti per disabili. È necessario e urgente che la politica ritrovi la sua anima migliore, superando interessi di parte, in una dinamica di collaborazione sincera e cordiale per la promozione e il servizio del bene comune.

“Bilancio 8xMille” 2019 delle Diocesi dell’Umbria e dell’aiuto economico 2020 della Cei nel tempo della pandemia. Tra gli intervenuti il cardinale Bassetti e il vescovo di Gubbio Paolucci Bedini, delegato Ceu per il Sovvenire

«E’ importante questo convegno per approfondire tutte le tematiche dell’8XMille, in particolare come vengono spesi i soldi della Chiesa, ma anche per confrontarci fra le varie diocesi. Quest’anno l’8XMille è stato usato, nella carità, per venire incontro, soprattutto, a quelle situazioni così complesse, anche per le famiglie, che la pandemia ha creato”. Lo ha sottolineato il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo video messaggio trasmesso in apertura dell’incontro di presentazione del “Bilancio 8xMille” delle otto Diocesi dell’Umbria, pubblicato in un unico fascicolo dal titolo: “8xmille – Soldi spesi bene!”, a cura del Sovvenire dell’Umbria, tenutosi nella mattinata del 20 febbraio.

Lo scopo. “L’8XMille è una realtà molto significativa per la nostra Chiesa – ha proseguito il cardinale –, si tratta di poco più di un miliardo che riceviamo annualmente a livello nazionale dallo Stato. I soldi che la Chiesa riceve devono servire per l’annuncio del Vangelo e per la Carità, non hanno altro scopo. Con l’8XMille cerchiamo di sovvenire a tantissime necessità, soprattutto in questo tempo di pandemia, potenziando le opere delle nostre Caritas per venire incontro alle famiglie povere e alle situazioni di totale disagio in costante aumento. L’8XMille – ha concluso Bassetti – serve anche per la conservazione e la tutela dei beni culturali ed ambientali, come la ristrutturazione di chiese e di altri complessi storico-artistici ecclesiali, oltre per il servizio pastorale rivolto alla gente”.

Risposta a tante emergenze. All’incontro, che si è svolto in video conferenza, è intervenuto il vescovo di Gubbio mons. Luciano Paolucci Bedini, delegato Ceu per il Sovvenire, che ha evidenziato l’«importante segno della fiducia e dell’affezione del popolo, credente e non solo, verso la presenza della Chiesa cattolica», segno che, ha aggiunto il presule, «si è trasformato ancora una volta in concreta risposta a tante emergenze dei nostri paesi e delle nostre città».

Tanti frutti. «Anche in questo anno “sospeso” – ha sottolineato mons. Paolucci Bedini –, apparentemente caratterizzato da chiusure e riduzioni delle iniziative e delle attività, rendiamo conto delle molteplici risorse di cui, attraverso l’8xMille ricevuto dalla Chiesa italiana, ogni territorio e ogni comunità hanno potuto beneficiare. Ed è sotto gli occhi di tutti come una risorsa scelta e indicata da molti, ripartita con equilibrio e responsabilità, possa produrre ogni anno tali e tanti frutti perché arricchita e moltiplicata dal coinvolgimento volontario di tanti fratelli e sorelle, a favore di tutti».

Tutto è Carità. Collegandosi con quanto detto dal cardinale Bassetti, mons. Paolucci Bedini ha rilevato che «nella Chiesa tutto è Carità, laddove la Carità è lo sguardo vero che la comunità ecclesiale ha sulla sua storia, sulla storia del mondo. E’ Carità anche quando si apre un nuovo oratorio, si soccorre una missione all’estero, si inaugura una fattoria sociale che offre lavoro ma anche rifugio a chi non trova casa, si soccorrono le famiglie nei loro bisogni educativi e sanitari».

Generare il bene. L’incontro, coordinato dal responsabile regionale del Sovvenire, il diacono Giovanni Lolli, ha visto la partecipazione di diversi referenti diocesani e parrocchiali umbri, e gli interventi del responsabile nazionale Massimo Monzio Compagnoni, che ha aggiornato i partecipanti sulla situazione italiana, e del direttore della Caritas diocesana di Perugia don Marco Briziarelli. Quest’ultimo ha ricordato l’importante sostegno dell’8XMille nella creazione di opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani, e nell’aiutare le famiglie in difficoltà nel fare la spesa, attraverso gli “Empori della Solidarietà”, nel pagare l’affitto e le utenze domestiche, che nella sola Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve sono oltre 1.500 e in buona parte italiane. «L’8XMille, al di là dell’aiuto economico – ha commentato don Briziarelli – è una possibilità di educare alla Carità, perché ci mette nella condizione di pensare, di studiare nuove strade di sostegno alla relazione e alla socialità. L’educazione alla Carità, grazie anche all’8XMille, muove i giovani, genera bene».

Il bilancio annuale dell’8XMille mostra come, in Umbria, siano stati spesi i suoi fondi nel 2019, ammontanti a 24.056.003,14 di euro, circa 2,32 milioni in più rispetto al 2018; l’importo più consistente è dovuto essenzialmente ai maggiori fondi per l’edilizia di culto legato alla realizzazione di importanti opere nelle diocesi, altri fondi per attività caritative, in particolare sostegni in beni materiali e valori sociali.

Nelle varie voci che compongono il bilancio 8XMille (Culto e Pastorale, Carità, Sostentamento Clero, Edilizia di Culto e Beni culturali), nel 2019, sono stati assegnati alle Diocesi umbre contributi pari a 3.839.585,87 euro per la carità; 8.576.909,59 euro per il sostegno dei sacerdoti, 7.655.991,30 euro per l’edilizia di culto, 3.983.516,38 euro per il culto e la pastorale.

Tutti i dati regionali e diocesani sono disponibili sul sito: www.sovvenire-umbria.it

Nel documento, il bilancio di ogni Diocesi è accompagnato da una breve scheda illustrativa di un’opera segno realizzata nell’anno sia con una foto e un breve testo, che con un link ad un breve video raccontate anche attraverso dei video visionabili sul sito web del Sovvenire umbro realizzati dalle redazioni giornalistiche de La Voce e Umbria Radio InBlu dirette da Daniele Morini che è intervenuto all’incontro.

Interessanti i progetti illustrati per ciascuna delle otto Diocesi della regione: Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il progetto della nuova chiesa per la comunità di Bastia Umbra; Città di Castello, il progetto di sostegno alimentare della mensa diocesana intensificato in questo periodo di pandemia; Foligno, il progetto della casa per detenuti senza fissa dimora; Gubbio, il progetto della fattoria solidale; Orvieto-Todi, per il rinnovamento e sicurezza degli spazi dell’Oratorio del complesso del seminario vescovile; Perugia-Città della Pieve, il progetto degli empori solidali in aiuto alle famiglie in crisi per il Covid; Spoleto-Norcia, il progetto di contrasto alla povertà lavorativa Jobsmap: itinerari di orientamento al lavoro; Terni-Narni-Amelia, il progetto dell’ospedale della solidarietà per i bambini malati dell’Albania.

L’opuscolo “8xmille – Soldi spesi bene!” documenta anche, ha precisato il responsabile regionale del Sovvenire, «come, sin dal marzo 2020, si sono attivate nelle otto Diocesi dell’Umbria moltissime iniziative: interventi finanziari per le famiglie, centri di accoglienza, sostegno alimentare, quasi in una gara di solidarietà per contrastare ai danni provocati dalla pandemia».

IL DOCUMENTO “8xMILLE SOLDI SPESI BENE!” PDF DA SCARICARE

SALUTO CARD. GUALTIERO BASSETTI

https://mega.nz/file/8pkQzDIL#1vhK9CIsHKlemt8ac9N8hDEy8UBvtnlfCx-a77xSGW4

VIDEO CARITAS PERUGIA

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VIDEO CARITAS FOLIGNO

https://mega.nz/file/B1lm3bDZ#7LXvYVNlouTM81Yt3iveZ2nJcuMTSDjcK1HV2CnO0lA

Perugia – celebrato il Mercoledì delle Ceneri. Il cardinale Bassetti nella chiesa dell’Università: «Il cristiano ha sempre motivo per restare in piedi anche se c’è la pandemia».

«Domani (oggi per chi legge, ndr) è una giornata molto significativa per la nostra Università degli Studi, perché la Facoltà di Medicina compie 700 anni; era il 18 febbraio 1321 quando papa Giovanni XXII emanò una bolla in cui in Perugia veniva istituita questa Facoltà. All’epoca c’era la peste e alcuni medici, come è successo in questa pandemia, sono morti». A dirlo è stato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, a conclusione della celebrazione eucaristica del Mercoledì delle Ceneri, nella serata del 17 febbraio, nella chiesa dell’Università; celebrazione animata dalla Pastorale universitaria guidata da don Riccardo Pascolini, cappellano del luogo di culto situato nello storico complesso del Rettorato dell’Ateneo, un tempo monastero olivetano concesso da papa Pio VII a sede dell’Università.

La bolla e la vicinanza di papa Francesco. «Questo centenario è molto significativo – ha proseguito il cardinale –, perché la Facoltà di Medicina di Perugia è tra le più antiche d’Europa. Purtroppo la bellezza dell’evento è offuscata dalla difficile situazione sanitaria in cui ci troviamo. Papa Francesco, per questo importante anniversario, ha redatto un’altra bolla in cui esprime la sua vicinanza a tutto il mondo accademico e ospedaliero della nostra città per i sacrifici affrontati in questo periodo di pandemia».

Il ritorno nella chiesa dell’Università. Il cardinale Bassetti, nell’introdurre la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri, rivolgendosi agli universitari presenti (nel numero consentito delle norme sanitarie per prevenire il contagio da Covid-19), non ha nascosto la sua emozione nel fare ingresso in quel luogo di culto dopo la sua malattia a seguito del virus. «Voglio esprimervi la gioia di essere ritornato tra voi – ha esordito il presule –. Mi sta succedendo da due mesi un fatto strano: tutte le volte che ritorno in una parrocchia o in una comunità, come questa sera qui con voi, è come se fossi arrivato per la prima volta, è come se la mia vita fosse rinnovata… Per questo, tutte le volte che celebro, ringrazio il Signore per aver avuto misericordia nei miei confronti, ma ringrazio anche tutte le comunità, perché ho saputo, anche attraverso i social, che nel periodo della mia malattia in tanti hanno pregato per la mia guarigione».

La preghiera ha funzionato. E con tono scherzoso ha poi aggiunto: «avete anche pregato bene, perché la preghiera ha funzionato… Ho saputo che alcuni di voi sono andati a piedi in preghiera, per me, da Perugia ad Assisi. Un pellegrinaggio che io non sarei ancora capace di fare, che ho compiuto con dei giovani alcuni anni fa per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione del Poverello, il dono delle vocazioni per la nostra Chiesa». Rivolgendosi ai sacerdoti, Bassetti ha detto: «Dovremo riprendere i pellegrinaggi vocazionali anche perché stiamo un pochino in calo con le vocazioni».

Ritornare a Dio. Nell’omelia, soffermandosi sul Vangelo del giorno, il cardinale ha evidenziato: «Oggi inizia la Quaresima e la liturgia ripete l’invito del profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti”. La conversione è la prima opera del cuore, ma cosa significa “tornare a Dio?” Vuol dire comprendere il senso giusto della vita e intraprendere un viaggio di ritorno a Lui. Fra poco ci verrà incontro l’antico e austero segno delle ceneri e il sacerdote dirà: “Ricordati che sei polvere ed in polvere ritornerai”. Questa è la verità della nostra vita: siamo deboli e fragili».

Una fragilità immensa. «Queste fragilità le stiamo sperimentando anche nella nostra comunità nazionale e internazionale, una fragilità immensa causata dalla pandemia del Coronavirus, che non sta, purtroppo, risparmiando nessuno e che tanto abbatte le persone anche sul piano psicologico e sul piano spirituale. Siamo fragili e la cenere sul capo ci ricorda la nostra debolezza e abbassa un pochino quell’orgoglio che cerca sempre di emergere nella nostra vita. Siamo fragili, ma dobbiamo prendere sempre più coscienza che siamo amati da Dio e la nostra fragilità è scelta da Lui per realizzare il suo più grande progetto d’amore, che parte quasi dalla nostra inconsistenza».

La missione di essere sentinelle. «Noi cristiani siamo chiamati a essere sentinelle di pace e di riconciliazione nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo. E’ questa la nostra missione e occorre vigilare, affinché le nostre coscienze non cedano alla tentazione dell’egoismo, della menzogna e della violenza».

Non vinca il sonno della rassegnazione… «Il digiuno e la preghiera ci rendono sentinelle attente e vigili, perché non vinca in noi il sonno della rassegnazione che fa ritenere i conflitti quasi inevitabili; perché non vinca il sonno dell’acquiescenza al male, che continua a opprimere il mondo, perché sia sconfitto, in radice, il sonno di quella pigrizia che ci fa ripiegare su noi stessi e sui nostri interessi».

Una ascesi importante, un atto di grande carità. Il cardinale, avviandosi alla conclusione, ha ricordato quanto da lui detto in una recente intervista in cui gli si chiedeva cosa si deve fare in questa Quaresima segnata dalla pandemia: «Se noi accettiamo tutti i sacrifici, tutte le regole che ci vengono richieste – ha risposto Bassetti –, anche questo doverci privare di ogni gesto di affetto, di amicizia nei confronti degli altri, che ascesi importante noi abbiamo già messo in pratica. E se questo lo facciamo anche per il rispetto della nostra salute e per solidarietà verso tutti, diventa al tempo stesso anche un atto di grande carità. Viviamo con impegno da uomini e da donne, stando in piedi. Il cristiano ha sempre motivo per restare in piedi anche se c’è la pandemia».

Spoleto – Mercoledì delle Ceneri. Mons. Boccardo: «Digiuniamo dall’essere ripiegati sui telefonini per alzare lo sguardo verso chi ci sta accanto e ricominciare a comunicare con la parola più che con gli sms o in chat; digiuniamo dalla troppe parole (soprattutto dai giudizi) per vivere gesti concreti di carità»

«La Quaresima è il tempo della “lotta spirituale” per vivere il mistero pasquale, per vincere con Gesù il nostro “io” e lasciarci trasfigurare dal suo amore». Con queste parole l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo si è rivolto ai fedeli nell’omelia pronunciata nel Duomo di Spoleto durante la Messa nel Mercoledì delle Ceneri (17 febbraio 2021). Con questa celebrazione la Chiesa entra nel tempo della Quaresima, il tempo forte che prepara alla Pasqua, culmine dell’anno liturgico e della vita di ogni cristiano. Con il Presule hanno concelebrato don Bruno Molinari parroco di Santa Maria nella Cattedrale, di S. Gregorio e dei Santi Pietro e Paolo e padre Gregorio Cibwabwa Lwaba Mambezi, OAD, vicario parrocchiale di Santa Rita. Il servizio all’altare è stato curato da alcuni ministranti, coordinati da don Pier Luigi Morlino, cerimoniere arcivescovile. La liturgia è stata animata dalla corale della Pievania di Santa Maria, diretta da Beatrice Bernardini. Durante la celebrazione sono state benedette le Ceneri e imposte poi sul capo di ogni fedele. L’Arcivescovo le ha ricevute da don Bruno Molinari. La celebrazione delle Ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del Giovedì Santo.

Nel tempo della Quaresima la Chiesa propone un cammino di digiuno, carità e preghiera. Nell’omelia mons. Boccardo si è soffermato particolarmente sul digiuno. «È una preziosa occasione per ritrovare il senso della vita, per gustare l’incontro col Signore, per vivere in uno stile fraterno. In concreto, non si tratta semplicemente di non mangiare qualche cibo (esempio la carne il venerdì), oppure digiunare qualche giorno alla settimana, ma di riscoprire il senso vero del digiuno nel tempo che viviamo. Il digiuno, infatti nella tradizione biblica è una via privilegiata per un rapporto autentico con Dio e con gli altri. E trova senso se legato alla preghiera e alla carità: si digiuna per la preghiera; e il frutto del digiuno è sempre la carità». L’Arcivescovo ha proposto ai fedeli presenti di vivere in maniera creativa e concreta il digiuno: «Digiuniamo – ha detto – dalla dispersione della vita per vivere l’incontro con il Signore nella preghiera; digiuniamo dall’essere ripiegati sui telefonini per alzare lo sguardo verso chi ci sta accanto e ricominciare a comunicare con la parola più che con gli sms o in chat; digiuniamo dalla troppe parole (soprattutto dai giudizi) per vivere gesti concreti di carità; digiuniamo dall’essere ripiegati sul nostro “io” per prenderci cura di chi il Signore ci fa incontrare; digiuniamo dai vizi per riscoprire la bellezza delle virtù».

Poi, l’appello di mons. Boccardo a far sì che questo tempo di sofferenza ancora caratterizzato dal diffondersi del Covid-19 sia offerto nella fede affinché diventi occasione di maturazione umana e cristiana: «Quando tutto vacilla – ha detto – si scoprono le cose veramente preziose, quelle che non crollano e sulle quali appoggiare la vita come su un fondamento solido. Si scopre il valore dell’unità familiare, dell’innocenza dei bambini, della vitalità dei giovani, della sapienza degli anziani. Si scopre il valore della preghiera in famiglia e l’importanza della presenza di Dio in mezzo a noi».