Perugia – Esequie dell’arcivescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti nella cattedrale di San Lorenzo. L’omelia del cardinale Gualtiero Bassetti.

La cattedrale di san Lorenzo in Perugia si è affollata per l’ultimo saluto a mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009.
Ha presieduto il rito delle esequie l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data.

I Vescovi
Erano presenti anche i vescovi umbri attuali e emeriti: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia (diocesi di origine di mons. Chiaretti) e presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovi emeriti Mario Ceccobelli (Gubbio ), Vincenzo Paglia (Terni) i vescovi Gualtiero Sigismondi (Orvieto Todi) , Domenico Sorrentino (Assisi e Foligno), Domenico Cancian, (Città di Castello), Paolo Giulietti (Lucca), Riccardo Fontana (Arezzo) e il Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve Mons. Marco Salvi.
Hanno partecipato alle esequie molti sacerdoti e fedeli tra cui anche una delegazione proveniente da Leonessa, paese natale di mons. Giuseppe Chiaretti, e una delegazione della diocesi di Montalto e Ripatransone – San Benedetto del Tronto nella cui cattedrale mons. Chiaretti ha chiesto di essere sepolto.

Sulla bara posata a terra ai piedi del presbiterio erano posti i segni dell’episcopato di mons. Chiaretti: il suo Pastorale, la Mitra e il libro della Parola Di Dio.

Il testamento
I presenti si sono stretti con commozione, affetto e nella preghiera, ai familiari presenti, tra cui la sorella Piera che è stata sempre accanto al fratello Vescovo, non solo negli anni del dopo episcopato (solo negli ultimi mesi mons. Chiaretti era stato accolto nella Residenza Protetta Fontenuovo a Perugia) ma anche nel tempo del suo episcopato perugino. Erano presenti anche i nipoti, tra cui don Antonio Paoletti che al termine della liturgia ha letto il testamento che mons Chiaretti aveva già preparato nel 2011.
“Sta ormai avvicinandosi il tempo – scrive mons. Chiaretti – di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27)”. E conclude: “Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore”.

Al termine del rito i cardinali, vescovi e i sacerdoti concelebranti hanno accompagnato il feretro fino alla porta della cattedrale, ed i sacerdoti che sono stati ordinati da mons. Chiaretti hanno voluto rendergli un ultimo gesto di affetto portando a spalla la bara lungo la navata della cattedrale fino alla strada, affidandolo quindi a coloro che lo hanno portato nel luogo di sepoltura da lui indicato: la cattedrale di San Benedetto del Tronto nella quale alle ore 15.00 verrà accolto con celebrazione presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani.

IN MORTE DI MONS. GIUSEPPE CHIARETTI

Omelia del Card. Gualtiero Bassetti

Fratelli e sorelle, diamo quest’oggi il cristiano saluto a Mons. Giuseppe Chiaretti, che ha lasciato questo mondo per tornare al Padre. Saluto i fratelli cardinali e vescovi qui convenuti, tutti i sacerdoti, le autorità civili e militari, le delegazioni di Leonessa e San Benedetto del Tronto. Abbraccio con tutto il cuore la sorella Piera, le nipoti e i familiari.

«Spes sicut anchora tuta ac firma»: nella speranza noi abbiamo un’àncora della nostra vita, sicura e salda.

Nel motto episcopale del vescovo Giuseppe, tratto dalla Lettera agli Ebrei, si concentra la storia e la personalità di un uomo che ha fatto della vita in Cristo la sua sicura ed eterna speranza. La vita dei cristiani viene descritta come quella dei naufraghi che, sopravvissuti al mare in tempesta, si aggrappano a qualcosa di sicuro e stabile, per non affondare. Quest’àncora fa sì che la barca non venga travolta dalle onde e, scongiurato il naufragio, possa approdare al porto sicuro. La speranza nel Cristo, autore di un nuovo ed eterno sacerdozio di salvezza, lo ha sostenuto per tutta la vita.

Il mondo in cui ha visto la luce, il 19 aprile 1933, era fatto di cose semplici, genuine, profondamente cristiane. Leonessa, ai piedi del Monte Tilia, non lontano dal Terminillo, è stata sempre la sua “patria”: si può dire che ne conoscesse ogni pietra. La bellezza di un paesaggio stupendo si confondeva allora con la povertà e precarietà di vita.

Giuseppe, ancora bambino, vive questo inevitabile contrasto. Non ne fa un problema, non ne avverte il disagio. A moltiplicare l’insicurezza arriva presto la guerra, che non risparmia neanche i luoghi isolati e la popolazione inerme. Tra le vittime il cugino, Don Concezio, strappato a forza dalla chiesa per essere anche fucilato con altri innocenti dai soldati tedeschi. Mons. Chiaretti non ha mai dimenticato quell’orrore e la memoria del cugino prete, forse immagine del sacerdote vittima per la vita della comunità, è la figura che più ha influito sulla sua personalità, dopo quella del Santo eponimo di Leonessa, il frate cappuccino san Giuseppe, impavido predicatore del Vangelo.

Nato nella parte di Leonessa soggetta alla giurisdizione ecclesiastica dell’arcidiocesi di Spoleto, mons. Chiaretti entra ancora ragazzino nel Seminario Regionale di Assisi. È intelligente, vispo e studioso. Verrà ordinato sacerdote a Leonessa l’8 dicembre 1955. Ad imporgli le mani l’arcivescovo Raffaele Radossi, profugo dalmata, anch’egli coraggioso testimone del Vangelo di Cristo.

Gli anni sereni del Seminario e dello studio lasciano ben presto lo spazio ad una realtà pastorale molto concreta. Tra le prime esperienze, la guida di una piccola comunità del reatino. Poche decine di anime, ma i rapporti umani non sono facili e ciò mette a dura prova la resistenza del giovane prete. La sofferenza da subito segna la sua sensibilità, molto profonda anche se non lo dava a vedere, e la sua vita di presbitero.

In quegli anni matura come uomo e pastore; segue poco le pastorali teoriche ma è sempre vicino alle gente, della quale percepisce da subito gli umori, le gioie e le angosce. Occupa con lo studio il molto tempo che, suo malgrado, i parrocchiani gli lasciano libero. Ottiene ben presto una licenza in Teologia (1960) e il diploma in Teologia pastorale e liturgica (1961) alla Pontificia Università Lateranense di Roma; poi si laurea in Lettere classiche (1967) all’Università degli Studi di Perugia (per alcuni anni sarà anche uno stimato insegnante). E «la speranza gli fa buona ogni strada»: questo amava ripetere anche agli altri, come augurio.

Gli arcivescovi Giuliano Agresti e Pietro Ottorino Alberti notano le qualità umane, intellettuali e pastorali di don Chiaretti e lo chiamano a Spoleto a collaborare in curia. È apprezzato anche dai vescovi umbri, che gli chiedono di animare il Centro di pastorale regionale. Nel 1983 papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Montalto-Ripatransone-San Benedetto del Tronto.

La comunità che lo aspettava come guida, serena nei rapporti umani, richiedeva però fin da subito un grande impegno a motivo dello spostamento della sede episcopale da Ripatransone a San Benedetto del Tronto, nuova ed effervescente realtà urbana del litorale adriatico. Mons. Chiaretti ha sentito molto forte il legame con questa Chiesa, che non è stata solo la sua “sposa”, ma anche la sua creatura. Tutti a San Benedetto lo ricordano e ancora oggi lo amano!

Nel 1995, ecco la promozione ad arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, dove fece ingresso solenne domenica 28 gennaio 1996, vigilia della festa del patrono san Costanzo. Arrivò con un programma lineare e impegnativo: la visita pastorale, un congresso eucaristico, la celebrazione del grande giubileo del 2000 e un sinodo diocesano. Porterà a termine ogni iniziativa: capacità e inventiva non gli mancavano. Nell’ambiente della cultura laica e della terra da decenni accesa da forti fermenti anticlericali, sa trovare un suo spazio e sa farsi apprezzare. Una grande leva è la sua preparazione culturale di prim’ordine, che lo rende capace di interagire garbatamente e lucidamente con ogni componente della società.

Della sua umanità, intelligenza e competenza si giova anche la Conferenza Episcopale Italiana, che, oltre alla vice presidenza, gli affida la guida della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. In quell’ambito si spende generosamente partecipando a numerosi incontri di preghiera e di studio; stabilisce eccellenti rapporti con le autorità religiose valdesi e riformate, e con quelle del mondo ortodosso. Accoglie a Perugia l’arcivescovo Kirill, che dopo qualche anno diventerà patriarca di Mosca. E io stesso sono stato testimone della fraterna accoglienza che gli riservò il patriarca rumeno Daniel a Bucarest durante la visita di noi vescovi umbri.

In questo momento mi piace ricordare i messaggi di cordoglio arrivati dal fraterno amico, il pastore valdese Archimede Bertolino, e dal mondo islamico di Perugia. Come pure da molte istituzioni ecclesiastiche. In primo luogo, la Conferenza Episcopale Italiana.

Il Vangelo delle beatitudini che abbiamo letto, e che lui prediligeva, ci ha richiamato alla vera realtà della vita cristiana. Sempre controcorrente, molto spesso costellata da sofferenze e affanni. Con all’orizzonte la beatitudine contraria al parere e al volere del mondo.

Gli ultimi anni sono stati segnati da problemi di salute, ma non privi del conforto della preghiera e degli amati studi, nei quali era, come in altri àmbiti, infaticabile. Si è spento lentamente, nel silenzio e nell’accettazione della volontà di Dio, come sempre nella sua vita. Aveva scritto nel testamento spirituale, qualche anno fa «Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27).

Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve come “Mater gratiarum”… Mi accompagni anche il mio santo concittadino Giuseppe, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore».

Mons. Chiaretti ci ha lasciati, come un padre lascia la propria famiglia, nell’amore e nella consapevolezza di aver fatto il possibile per quelli affidati al suo cuore. Sentiamo profonda riconoscenza verso quest’uomo umile, sincero e premuroso. Come fa un padre, sapeva anche correggere e farsi rispettare, ma era sempre alla ricerca dei figli. Sacerdoti, consacrati e laici hanno sperimentato la sua paternità e lo ricordano oggi in benedizione. La Chiesa di Perugia-Città della Pieve lo annovera nella successione apostolica, e lo consegna nelle braccia del Buon Pastore, innanzi al cui volto tutti, un giorno, desideriamo essere trasfigurati!

Mons Giuseppe Chiaretti, arcivescovo emerito di Perugia – Città della Pieve è tornato alla casa del padre. Il 4 dicembre nella Cattedrale di San Lorenzo il funerale

L’Arcivescovo emerito di Perugia – Città della Pieve Mons. Giuseppe Chiaretti, 88 anni, è deceduto il 2 dicembre alle ore 13.20 presso la Residenza Fontenuovo, dove era stato accolto in questi ultimi tempi.
Il Cardinale arcivescovo mons Gualtiero Bassetti, esprime sentite condoglianze ed è vicino con la preghiera alla sorella di mons Chiaretti, Piera, e a tutti i familiari. Il Cardinale Bassetti anche poche sere fa aveva fatto visita al suo predecessore unendosi a lui in preghiera.

La camera ardente sarà allestita dal 2 dicembre alle ore 19, nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia, dove i fedeli potranno raccogliersi in preghiera e salutare il loro amato pastore fino alle ore 21. Venerdì 3 dicembre la camera ardente è accessibile dalle ore 8 alle 22, con veglia di preghiera (ore 21).

Le esequie, presiedute dal cardinale Bassetti, si terranno sempre in cattedrale, sabato 4 dicembre, alle ore 10.
Al termine della celebrazione il feretro sarà traslato nella cattedrale di San Benedetto del Tronto (Ap) dove verrà tumulato. Mons. Chiaretti fu il primo vescovo della nuova Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, eretta da Giovanni Paolo II con decreto del 30 settembre 1986. A questa comunità diocesana marchigiana l’arcivescovo emerito è stato sempre molto legato.

La Conferenza Episcopale Umbra ricorda con ammirazione e gratitudine il lungo ministero episcopale dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti nella diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto prima e di Perugia-Città della Pieve poi, facendo memoria anche del suo servizio alle Chiese che sono in Italia come vice presidente della Conferenza episcopale italiana e a quelle umbre come presidente della Conferenza episcopale regionale.«Uomo di fede e di cultura, sapiente educatore – ricorda l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo -, lascia un segno indelebile in coloro che sono stati suoi alunni e collaboratori, così come nelle parrocchie che lo hanno avuto come pastore e nella diocesi di Spoleto tutta che ha servito come Vicario generale dell’arcivescovo Ottorino Pietro Alberti».

L’episcopato di mons. Chiaretti nell’archidiocesi di Perugia-Città della Pieve (a cura di Riccardo Liguori)

L’arcivescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti ha scritto una bella e importante pagina della storia della Chiesa da trasmettere alle future generazioni. È stato un infaticabile pastore nel guidare il suo gregge in un lungo cammino caratterizzato dalla “nuova evangelizzazione” per la quale tanto si è prodigato, fondata sulla carità e sulla missione, oltre che sull’annuncio della Parola. Grande studioso e uomo di elevato spessore culturale, ha saputo trasmettere la fede anche attraverso la promozione e la valorizzazione dell’arte, della storia e della cultura in generale. È stato, soprattutto, un pastore profetico se si riflette sulla stagione sinodale intrapresa oggi dalla Chiesa.
Il suo lungo ministero episcopale è iniziato il 7 aprile 1983, con la nomina a vescovo delle diocesi unite aeque principaliter di Montalto e di Ripatransone-San Benedetto del Tronto; nomina ricevuta dodici giorni prima il compimento del 50° anno di età. È stato consacrato vescovo dal cardinale Sebastiano Baggio, nella cattedrale di Spoleto, il 15 maggio 1983, ed è stato il primo vescovo della nuova diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, eretta da Giovanni Paolo II con decreto del 30 settembre 1986, restando sempre molto legato a questa comunità diocesana marchigiana. Ha concluso il suo ministero episcopale a Perugia, il 16 luglio 2009, giorno in cui papa Benedetto XVI ha accettato le sue dimissioni per raggiunti limiti d’età nominando suo successore mons. Gualtiero Bassetti. Fino all’insediamento di quest’ultimo, avvenuto il 4 ottobre 2009, è stato amministratore apostolico dell’Archidiocesi. L’episcopato perugino-pievese di mons. Chiaretti è iniziato il 28 gennaio 1996, giorno del suo ingresso in diocesi dopo essere stato promosso da papa Giovanni Paolo II, il 9 dicembre 1995, alla sede arcivescovile metropolitana di Perugia-Città della Pieve, ricevendo dallo stesso pontefice il palio di metropolita, nella Basilica di San Pietro, il 29 giugno 1996.
Forte in lui è stato sempre il senso di appartenenza alla Chiesa umbra, della quale è stato al suo timone, in qualità di presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu), dal 2004 al 2009, e dal 2005 al 2009 vice presidente della Cei, eletto al primo scrutinio a questo incarico dai vescovi italiani. Mons. Chiaretti, pur essendo nato a Leonessa (Ri) il 19 aprile 1933, si è sempre sentito umbro e spoletino, e quando gli è stata conferita la cittadinanza onoraria della città del Festival dei Due Mondi ha commentato: «ringrazio ma io mi sento spoletino ed umbro da sempre». Al tempo del giovane Chiaretti la parrocchia di Leonessa faceva parte dell’Arcidiocesi di Spoleto e dopo essere stato ordinato sacerdote dall’arcivescovo Raffaele Mario Radossi, l’8 dicembre 1955, a seguito del compimento degli studi teologici presso il Pontificio Seminario regionale umbro “Pio XI” di Assisi, don Giuseppe è stato prima parroco in varie comunità del territorio spoletino e poi vicario generale dell’Arcidiocesi dal 1977 alla sua elezione a vescovo.

Mons. Chiaretti ha tracciato le “linee-guida” del suo episcopato perugino nelle 34 Lettere pastorali scritte dal 1996 al 2008 e pubblicate, prevalentemente, all’inizio della Quaresima o dell’Anno pastorale. In queste Lettere ha ribadito: «l’urgenza pastorale del momento è il “ricostruire la Chiesa”, come diceva Paolo VI; la “nuova evangelizzazione” e la “missione”, come diceva continuamente Giovanni Paolo II; un “nuovo progetto culturale a valenza pastorale”, come amano dire i Vescovi italiani». Mons. Chiaretti ha speso le sue energie per avviare nei vari ambiti della vita ecclesiale (vocazioni, parrocchia, famiglia, giovani, lavoro, scuola, cultura…) la “nuova evangelizzazione” affidata non solo a sacerdoti e religiosi ma anche ai laici, puntando molto nelle associazioni, nei gruppi e nei movimenti ecclesiali.

Sotto il suo episcopato è stata rivista e rilanciata l’idea di opera segno-struttura di accoglienza per persone in difficoltà e svantaggiate, creandone delle nuove e riprogettando la funzionalità di quelle esistenti per meglio mettere in pratica il precetto evangelico “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Mons. Chiaretti ha avviato la comunità cristiana alla “nuova evangelizzazione” anche attraverso la pedagogia della carità in un’epoca sempre più individualista. Come non menzionare l’ormai tradizionale pranzo di Natale dell’arcivescovo con gli ospiti delle opere segno e con le persone sole della città (iniziativa che si svolge dal 25 dicembre 2001), che ha richiamato l’attenzione sul significato della condivisione della festa con il prossimo rinunciando a se stessi.

L’episcopato di mons. Chiaretti si è caratterizzato non poco nell’insistere a far accogliere in tutti, consacrati e laici, l’idea che «evangelizzare è grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda», come intuì Paolo VI, e l’urgenza di «rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali», come esortò a fare Giovanni Paolo II. «Che la scelta della “nuova evangelizzazione” sia ineludibile, mons. Chiaretti lo ribadisce con tenace insistenza – scrive mons. Sigismondi nel suo volume summenzionato –, osservando che “è tempo di scrollarci di dosso vecchie abitudini religiose impastate di pigrizia, per le quali esistono solo pretese (…), e non anche fatiche e impegno per il benessere della comunità, per la bellezza di santa madre Chiesa”».

Il suo è stato l’episcopato più lungo degli arcivescovi di Perugia del periodo post-secondo conflitto mondiale ad oggi (è durato quasi 14 anni), ma anche quello in cui si sono svolti alcuni dei più significativi eventi di carattere religioso, culturale e sociale. In qualità di presidente, prima del Segretariato per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso (1995-2000), poi dell’omonima Commissione Cei (2000-2004), mons. Chiaretti ha promosso il Primo Convegno ecumenico nazionale su “Il Padre Nostro” (Perugia-Assisi, 12-15 aprile 1999), che ha visto la partecipazione dei rappresentanti degli uffici per l’Ecumenismo delle Diocesi italiane e delle confessioni ortodosse e protestanti presenti nel Paese.
La celebrazione del IV Congresso eucaristico diocesano (2-19 settembre 1999), dedicato al tema “Senza il giorno del Signore non possiamo vivere”, agli eventi diocesani del Grande Giubileo dell’anno 2000, alle celebrazioni del centenario della morte di Papa Leone XIII (1903-2003) con due importanti convegni di studi filosofici e storici di spessore internazionale, alla Visita Pastorale alle comunità parrocchiali dell’Archidiocesi, svoltasi dal 2001 al 2005.

VERSIONE INTEGRALE DELL’ARTICOLO “L’EPISCOPATO PERUGINO-PIEVESE DI MONS. GIUSEPPE CHIARETTI (a cura di Riccardo Liguori)

Giuseppe Chiaretti, un santo a Perugia
di padre Pietro Messa Ofm Pontificia Università Antonianum

“A Perugia avete un santo”: queste parole ebbe a dire riferendosi a monsignor Chiaretti il monaco trappista André Louf (1929-2010) ad alcuni giovani umbri incontrati a Bose durate il corso di spiritualità ortodossa nel settembre 2001. Gli episodi, le parole e aneddoti di colui che è stato arcivescovo Perugia dal 1995 al 2009 sono molteplici.
La sua attenzione alla storia non era per mera erudizione ma aveva una finalità pastorale. Ecco allora che richiese alla biblioteca del convento di Monteripido la monumentale biografia che Giovanni Hofer dedicò a san Giovanni da Capestrano per approfondire ulteriormente la devozione dei francescani al santissimo nome di Gesù e soprattutto verificare che realmente i raggi del sole in cui veniva raffigurato significasse la pace ritrovata tra le varie famiglie. Fu contento che Andrea Maiarelli facesse la ricerca inerente una medievale congregazione sacerdotale perugina del Medioevo volendo trarne elementi per aiutare il presbiterio diocesano ad approfondire la propria identità. Così come il recupero della luminaria di san Costanzo oppure l’interesse presente per conoscere meglio la vicenda di san Giuseppe da Leonessa.
Quando, ormai vescovo emerito, seppe che presso la Pontificia Università Antonianum vi fu un incontro per ricordare monsignore Luigi Padovese ucciso nel 2010 in Turchia volle essere presente come semplice uditore proprio per venerazione del suddetto vescovo cappuccino.
Le tribolazioni durante l’episcopato perugino non mancarono tanto che ad un certo punto ebbe a dire che sembrava che tutti i diavoli si fossero scatenati. In queste situazioni cercava di intervenire ma attento a non sradicare con la zizania anche il grano buono.
La valorizzazione dei vari carismi fu una delle sue attenzioni, tuttavia senza idealizzazioni ma con una visione anche critica di certi movimenti e gruppi ai quali ad esempio rimproverava l’immobilità che impedisce di comprendere i cambiamenti sociali e storici. Diceva che spesso nascono come movimenti, continuano come confraternite e muoiono come ordini religiosi.
In un intervento pubblico elogiò i sacerdoti, soprattutto parroci; con schiettezza disse che le patacche che a volte si notavano sulla talare erano in realtà vere e proprie medaglie della loro fedeltà. Senza scadere nella retorica della povertà amava la sobrietà l’attenzione verso i bisognosi con discrezione e senza ostentazione.
Ora che martedì 2 dicembre 2021 ci ha preceduto nel segno della fede compiendo la sua pasqua non c’è che da essere grati per Giuseppe Chiaretti che è stato per noi vescovo e con noi fratello in cammino tra le prove della vita e le consolazioni del Signore.
Per un approfondimento cfr. http://diocesi.perugia.it/vescovo-emerito/

Centenario Francescano – Firmato a Greccio il documento di coordinamento ecclesiale tra le Famiglie francescane e le diocesi di Assisi, Rieti e Arezzo

Il 29 novembre, festa di tutti i Santi dell’Ordine francescano, si è aperto a Greccio il cammino verso i cinque importanti anniversari dell’Ottavo Centenario Francescano: nel 2023 si conteranno 800 anni dalla redazione della Regola Bollata e dall’invenzione del primo presepe di Greccio; nel 2024 si ricorderanno le stimmate ricevute dal Poverello a La Verna, vicino Arezzo; nel 2025 la composizione del Cantico delle Creature e nel 2026, ad Assisi, si celebreranno gli otto secoli dalla morte di Francesco. Questa prospettiva ha condotto i rappresentati delle famiglie francescane e i vescovi delle diocesi di

Rieti, Arezzo e Assisi a ritrovarsi nella chiesa del santuario francescano di Greccio per dare vita a un Coordinamento ecclesiale al quale affidare le celebrazioni memoriali, affinché esse «avvengano nel modo più ordinato e fruttuoso, evitando la dispersione e favorendo la collaborazione tra le persone e gli enti coinvolti».

A siglare il protocollo sono stati i vescovi Domenico Sorrentino (Assisi), Domenico Pompili (Rieti) e Riccardo Fontana (Arezzo), insieme ai rappresenti provinciali dei Frati minori di Umbria, Lazio e Toscana, ma l’esperienza avrà risonanza in tutto il mondo. Lo confermano la presenza in collegamento da Betlemme del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, e la Lettera che i Ministri generali dei diversi ordini hanno indirizzato per l’occasione agli uomini e alle donne delle famiglie francescane, letta a Greccio da padre Amando Trujillo Cano, ministro generale del Terz’ordine regolare. «Non ci sfugge l’importanza di questo Centenario», si legge nel documento. «Tale ricorrenza, infatti, non riguarda solo alcune celebrazioni nei santuari del Centro Italia, ma vuole aiutarci a riprendere e approfondire insieme, in tutto il mondo, i punti essenziali della nostra identità carismatica francescana». Si tratta, dunque, di «una possibilità preziosa di fare, in profonda comunione, memoria viva del carisma evangelico che lo Spirito ha suscitato nella Chiesa attraverso San Francesco».

«Sentitevi a casa», è stato il benvenuto ai presenti di padre Luciano De Giusti, ministro della Provincia di San Bonaventura dei Frati Minori di Lazio e Abruzzo, primo a intervenire dopo l’introduzione di mons Domenico Pompili. Aprendo i lavori, il vescovo di Rieti ha sottolineato il valore del «camminare insieme», l’intenzione di «raccogliere e non disperdere o diluire la ricchezza inconfondibile dell’esperienza di Francesco d’Assisi» e il fascino che il santo continua ad esercitare, tale da fare dell’Ottavo centenario l’occasione di «una nuova stagione di evangelizzazione».

Temi che hanno attraversato anche l’intervento di mons Domenico Sorrentino, che ha sottolineato come oggi sia forte la riscoperta di Francesco «dal punto di vista della pace, dal punto di vista del dialogo interreligioso, dal punto di vista dell’ecologia». Senza dimenticare che ad Assisi, nel nome del santo, papa Francesco «ha voluto innescare nuovo processo di rinnovamento dell’economia». Tutti percorsi che nascono dal modo in cui san Francesco lascia parlare Gesù e testimonia che «solo di Lui ci possiamo fidare e solo in Lui possiamo confidare».

Un filo ripreso da mons Riccardo Fontana, che ha sottolineato «il coraggio di Francesco di andare contro corrente», inteso come capacità di «dare avvio a una conversione» che passa attraverso l’umiltà: la chiave giusta per «rimettere in cammino le nostre Chiese senza pensare troppo al passato, alla grandezza, alla magniloquenza… La forza di Dio sta nel far apparire nella piccolezza del presepio la grandezza della misericordia».

L’approccio è quello con il quale il Poverello ha fatto di Greccio la nuova Betlemme, ha ricordato, intervenendo in collegamento dalla Basilica della Natività il custode francescano di Terra Santa, padre Francesco Patton, invitando a far sentire la vicinanza di tutta la Chiesa ai cristiani di quella terra, che conducono «una vita non facile».

A chiudere il ciclo degli interventi è stato un momento di preghiera, guidato dall’arcivescovo Rino Fisichella, che nel suo intervento ha ricordato come proprio nel santuario di Greccio, il primo dicembre di due anni fa, papa Francesco firmò la lettera apostolica Admirabile signum sull’importanza del presepe.

Il presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione ha spiegato che il documento che offre alcune chiavi di lettura per vivere l’Ottavo Centenario Francescano nel modo migliore: «Ricordare non significa soltanto compiere un atto storico, equivale piuttosto ad avere uno sguardo sul futuro. Noi cristiani non siamo chiamati a vivere di nostalgia, siamo chiamati ad incarnare la speranza». Una prospettiva che inserisce le ricorrenze francescane nel cammino verso il Giubileo del 2025, in occasione del quale probabilmente «Papa Francesco ci chiamerà a parlare della nostra fede attraverso un linguaggio di speranza».

Perugia – Giornata diocesana della gioventù. A Città della Pieve incontro dei giovani che saranno accolti dal Cardinale Bassetti per vivere un pomeriggio di confronto e di proposta

«Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto (At 26,16)» è il tema della Giornata mondiale della gioventù diocesana che si celebra domenica 21 novembre.
La Pastorale giovanile di Perugia-Città della pieve ha promosso un evento che si terrà domenica 21 novembre, Solennità di Cristo Re, dalle ore 15.00 nella piazza della Cattedrale di Città della Pieve.
«I ragazzi – spiega don Luca Delunghi, direttore del Servizio diocesano di Pastorale Giovanile – accompagnati dai propri parroci, viceparroci, diaconi, animatori, educatori e catechisti, provenienti da tutte le 7 zone pastorali, incontreranno il Cardinale Gualtiero Bassetti e il Vescovo ausiliare Marco Salvi sulla piazza della Concattedrale».

Giovani protagonisti e propositivi
Dopo aver ricevuto il saluto e il mandato del Vescovo i giovani si confronteranno in gruppi, nelle chiese cittadine, per vivere un momento di conoscenza, condivisione e laboratorio sui temi propri del messaggio di Papa Francesco, nel contesto più ampio dell’Esortazione apostolica post sinodale dedicata ai giovani “Christus Vivit”.
I temi oggetto dei laboratori saranno: le relazioni, la famiglia, la cultura, la società, il creato, l’impegno sociale, la Chiesa, scuola e lavoro, prossimità e servizio. Al termine tutti i ragazzi si raccoglieranno di nuovo in piazza per un momento conclusivo insieme.
«Ai giovani – prosegue il direttore del Servizio di Pastorale giovanile – è affidata, in questo pomeriggio, l’opportunità di essere veri protagonisti, capaci di pensiero e parola, non oggetto del pensare degli altri ma interpreti del proprio cammino sinodale nella Chiesa, per raccontare ed essere testimoni di un’esperienza vissuta da mettere a frutto per se stessi e per i propri amici coetanei, in un volere ed operare che non sia il riflesso pallido di un sentito dire impersonale di qualcun altro ma piuttosto la sollecitazione cosciente di ragazzi che interrogano se stessi e il mondo degli adulti con uno sguardo di profezia sul presente e sul futuro».

Evento diocesano
«Le parrocchie e le unità pastorali, coordinate dai delegati di Pastorale Giovanile delle 7 zone, – spiega don Delunghi – vivranno l’intera giornata in funzione dell’incontro, celebrando nelle proprie Chiese territoriali la S. Messa al mattino insieme ai giovani per poi spostarsi insieme alla volta di Città della Pieve, nel rispetto di tutte le normative covid vigenti».
La scelta di vivere il pomeriggio a Città della Pieve, spiegano i promotori dell’evento, «è nell’ottica di una Chiesa diocesana che si raccoglie intorno al Vescovo vivendo tutte le zone pastorali, incontro alle periferie come al centro, vicino ai più lontani e in comunione piena con tutte le parrocchie perugino-pievesi, partendo dal territorio che quest’anno sarà anche protagonista dei preparativi dell’Anniversario del Cinquecentenario dalla morte del Perugino, per ricordare anche ai più giovani come in ogni borgo e in ogni angolo della nostra Diocesi la fede parli nelle opere, nei luoghi e nelle forme di una cultura che si è fatta carne e storia».

In cammino verso al Gmg 2023 a Lisbona
Con questa iniziativa, aggiunge don Delunghi, «il Servizio diocesano di Pastorale Giovanile, insieme alla Pastorale Vocazionale e Universitaria, con la collaborazione e la disponibilità della Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio in Duomo a Città della Pieve, risponde alla chiamata del Santo Padre, lungo il cammino spirituale che ci avvicina alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona nel 2023, organizzando un pomeriggio insieme per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù 2021 a livello diocesano».

Città di Castello – il messaggio del vescovo Cancian per la festa di patroni Florido e Amanzio

La solennità dei santi patroni, Florido vescovo dal 580 al 599, Amanzio sacerdote e Donnino laico eremita, è molto sentita e vissuta dai Tifernati. È la festa della Chiesa diocesana, della Città e anche del territorio dell’Alta Valle del Tevere.

Sono i Padri fondatori che hanno animato il popolo a ricostruire, anzi a far rifiorire (Florido vuol dire fiorito) la comunità civile e religiosa distrutte da Totila verso il 545-550.

Quanto mai attuale e necessario il messaggio di incoraggiamento e di speranza. Come loro anche noi, insieme, possiamo proseguire in questo nostro tempo nell’impegno umano e cristiano gin quattro direzioni.

Primo. Superare il male della pandemia e dei gravi cambiamenti climatici che mettono in serio pericolo il nostro pianeta per le gravi conseguenze a livello culturale-sociale-economico.

Secondo. Promuovere un rinnovamento della Chiesa, come auspica Papa Francesco che ieri ad Assisi ha incontrato tanti poveri e sta chiedendo ai cristiani di oggi di farsi promotori della fraternità universale, indicendo un sinodo su “comunione, partecipazione, missione”.

Terzo. Essendo vicino il termine del mio mandato come vescovo di Città di Castello, invochiamo i nostri Patroni perché la diocesi possa avere il dono di una guida pastorale migliore della mia, giunta al 14º anno di servizio. La nostra Chiesa ha una grande tradizione legata a ragioni storico- geografiche, sociali ed ecclesiali, nonché un gran numero di santi, fino alla recente canonizzazione di S Margherita che ci ha commosso per la sua testimonianza straordinariamente attuale e coraggiosa.

Quarto. È il primo San Florido per il nuovo Sindaco Luca Secondi e la sua Giunta. Possano i nostri Patroni sostenere l’impegno dei nuovi eletti e di tutti per il bene comune della Città, ritrovando le ragioni che uniscono attraverso un dialogo sereno e sincero, capace di superare le divergenze di varia natura, anzi di farne un arricchimento plurale.

San Florido ha trovato nella fede cristiana la forza di far convergere tutte le forze, nell’amore rispettoso di ogni persona. Quando impegno umano e fede nel Signore si uniscono avvengono “miracoli” a beneficio di tutti! I Patroni ce lo ricordano con i fatti da loro compiuti e che pure noi potremmo realizzare!

Quest’anno la solenne Celebrazione è presieduta da Sua Eccellenza Mons. Emil Paul Tscherrig, Nunzio apostolico in Italia. Concelebrano sacerdoti e diaconi, partecipano religiosi e religiose, aggregazioni laicali e il popolo Tifernate.

Sono coinvolti tutti i comuni del comprensorio. A turno i sindaci offrono l’olio per la lampada in onore di San Florido. L’hanno già offerto il sindaco di Città di Castello, Sangiustino, Monte Santa Maria, Pietralunga e Citerna. Quest’anno lo porta il sindaco di Montone Mirco Rinaldi, accompagnato da due figuranti della festa della Santa spina.

Buon San Florido 2021!

Vescovo Domenico

Assisi – visita di papa Francesco. Monsignor Sorrentino: “Il prossimo anno l’appello dei poveri al centro di Economy of Francesco”

È tempo che come Chiesa e come umanità prendiamo coscienza che i poveri ci sono e non possono essere lo scarto dell’umanità. Dal punto di vista del Vangelo e di Francesco che lo ha incarnato, i poveri devono stare al cuore dei nostri pensieri e anche delle nostre iniziative, dei nostri atteggiamenti e di una politica e di una economia che si deve ristrutturare in funzione degli ultimi”.

Sono queste le parole del vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e della diocesi di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, al termine della visita di Papa Francesco che nella Basilica di Santa Maria degli Angeli ha incontrato un gruppo di 500 poveri provenienti dalle diocesi dell’Umbria e da diverse parti dell’Europa.

“È una occasione – ha aggiunto il vescovo – per riflettere su tutto questo e per prendere poi decisioni conseguenti. Assisi non è una città come le altre – ha aggiunto il vescovo facendo riferimento a quanto detto in mattinata da Papa Francesco – non per merito nostro, ma perché qualcuno (San Francesco ndr) ad Assisi ha preso sul serio il Vangelo. Sarebbe ora che lo seguissimo”.

L’incontro con i poveri è partito dall’associazione francese “Fratello” che già lo scorso anno aveva chiesto al Santo Padre di poterlo incontrare in Assisi in occasione di “Economy of Francesco”, l’evento internazionale che vede coinvolti giovani imprenditori, economisti e changemakers di tutto il mondo per una nuova economia a misura d’uomo. “L’anno scorso – ha aggiunto monsignor Sorrentino – la pandemia ha fatto saltare tutto mentre quest’anno siamo riusciti ad essere qui. Ora ci auguriamo che l’anno prossimo quando, se tutto andrà bene, dovremmo avere l’evento mondiale di Economy qui in Assisi anche con la presenza del Santo Padre questo forte appello al cambiamento che parte dai poveri possa davvero prendere forma”.

Assisi – incontro di papa Francesco con i poveri a Santa Maria degli Angeli. Pranzo per tutti offerto dalle Caritas dell’Umbria

“Con immensa gioia ci stiamo preparando alla visita, seppur privata, di Papa Francesco che per la quinta volta viene in Assisi per scuoterci e ricordarci che i poveri sono parte della nostra vita e lo devono essere del nostro cuore”. Sono queste le parole del vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e della diocesi di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, in attesa della visita del Santo Padre ad Assisi il 12 novembre prossimo in vista della V Giornata mondiale dei poveri. Il Pontefice incontrerà nella Basilica di Santa Maria degli Angeli un gruppo di 500 poveri provenienti dalle diocesi dell’Umbria e da diverse parti dell’Europa e trascorrerà con loro un momento di ascolto e di preghiera.

“In collaborazione con le altre diocesi dell’Umbria – aggiunge il vescovo – stiamo portando avanti diverse iniziative, eventi e progetti che mettono al centro l’uomo e in particolare gli ultimi, perché vogliamo soprattutto farci voce di un cambiamento sociale che non può farsi attendere e che il Papa ci sollecita da tempo. Assisi ancora una volta è città messaggio di questo rinnovamento”. Il programma di venerdì prevede l’arrivo del Santo Padre alle ore 9 alla Basilica di Santa Maria degli Angeli dove ad accoglierlo, oltre alle Autorità, che gli rivolgeranno un saluto, saranno i poveri, che formeranno un “abbraccio” ideale. Verranno consegnati simbolicamente a Papa Francesco da alcuni poveri il mantello e il bastone del Pellegrino, a indicare che tutti sono venuti pellegrini nei luoghi di San Francesco, per ascoltare la sua parola. In Basilica ci sarà la testimonianza di sei poveri (due francesi, un polacco, uno spagnolo, due italiani) e a seguire la risposta del Santo Padre. Alle 10,30 ci sarà un momento di pausa e di ristoro. Alle ore 11 il rientro nella Basilica per un momento di preghiera con il Pontefice. A seguire la distribuzione del dono del Santo Padre ai poveri e i saluti conclusivi. Il Papa rientrerà poi in elicottero in Vaticano mentre i poveri saranno ospitati per il pranzo organizzato da tutte le Caritas dell’Umbria.

III Rapporto Caritas sulle povertà in Umbria. In aumento la povertà assoluta e quella degli occupati che chiedono aiuto alle Caritas diocesane.

In vista della V Giornata Mondiale dei Poveri indetta da Papa Francesco e a due giorni dall’incontro dello stesso pontefice con un gruppo di poveri nella basilica di Santa Maria degli Angeli di Assisi, presso la sala conferenze del Museo Diocesano e Capitolare di Terni, è stato presentato il III Rapporto Caritas sulle povertà in Umbria 2020, alla presenza di Mons. Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Presidente della Conferenza Episcopale Umbra (Ceu) e delegato per il servizio della carità, di Mons. Giuseppe Piemontese, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, di prof. Marcello Rinaldi delegato regionale della Caritas, di Velia Sartoretti volontaria Caritas che ha raccolto ed elaborati i dati, del prof. Pierluigi Grasselli, economista.

I dati raccolti nei Centri di Ascolto Caritas delle 8 diocesi umbre evidenziano come la povertà abbia sempre più natura strutturale e si caratterizzi da tempo per una elevata quota di famiglie in stato di povertà assoluta.
In totale i richiedenti aiuto nel 2020 sono stati 3.516, di cui 1.868 donne e 1648 uomini. Gli stranieri aiutati sono stati 1831.

La pandemia ha aggravato la situazione, mostrando le carenze del sistema e inasprendo le disuguaglianze. Lo confermano i dati del Rapporto con 782 nuove persone richiedenti aiuto a causa dagli effetti del Covid 19, e con una forte presenza di italiani.

Il rapporto mostra come stia cambiando la composizione dei poveri con la presenza di disoccupati (669), ma anche quella degli occupati (585), che dunque rappresentano “lavoratori poveri” quando un lavoro non adeguatamente retribuito può non preservare dalla povertà.

Informazioni di grande rilievo sono quelle riguardanti la qualità e la frequenza dei bisogni: su un totale di 7830 richieste di aiuto, l’incidenza più elevata riguarda i bisogni strettamente collegati ad una condizione di povertà, quali i sussidi economici o altre tipologie di beni o servizi (35,9%), seguiti dalla richiesta di occupazione (29,1%), dai bisogni legati alla famiglia (8,7%), alla casa (8,2%), all’immigrazione (5,5%), alla salute (4,6%).

Questa matrice dei bisogni mostra la multidimensionalità della povertà, e la conseguente necessità di una molteplicità di interventi.

Tra i problemi, si propongono quelli legati al pagamento di un affitto, per 1.771 assistiti; oppure alla presenza di figli minori conviventi per 984 richiedenti che manifesta la rilevanza che può assumere il problema della povertà minorile.

La Caritas ha accresciuto in misura rilevante il volume degli interventi, ed anche la loro articolazione, introducendo innovazioni nelle modalità erogative.

Nel 2020 sono stati effettuati dalle Caritas diocesane 77.014 interventi di cui 4472 per beni e servizi materiali (tra cui compaiono empori e market solidali, viveri, mensa e vestiario); 15.436 per l’alloggio; 11.132 per l’ascolto; 2897 per sussidi economici; 930 per il coinvolgimento di enti o associazioni; 750 per lavoro; 441 per consulenza professionale; 433 per orientamento; 207 per la sanità; 52 per la scuola e 12 per servizi socio-assistenziali

In tutte queste direzioni, le Caritas diocesane operano spesso in rete con altri attori, pubblici e privati. In tal senso gli interventi di mons. Boccardo, mons. Piemontese e del prof. Grasselli hanno evidenziato la necessità per la regione Umbria di superare i campanilismi, di lavorare in rete, per far sì che la voce a sostegno dei poveri sia più chiara e decisa.

Mons. Boccardo in particolare ha detto: «Dietro i numeri che oggi presentiamo ci sono tante storie di vita e di sofferenza, c’è un popolo che sperimenta la fatica dell’oggi e la paura del domani. Solo insieme, istituzioni civili e religiose, associazioni e terzo settore, riusciremo a produrre qualcosa per introdurre nella società germi di bene che contrastino i germi del male così diffusi oggi».

Il prof. Grasselli ha auspicato «una pluralità di politiche, da coordinare, per raccogliere le informazioni necessarie, sfruttare le sinergie potenziali, monitorare i risultati conseguiti. Per realizzare al meglio questo processo può attuarsi un approccio di “welfare responsabile”, che implichi il coinvolgimento coordinato di tutti gli attori del welfare locale».

Il rapporto, contenente i dati sulla povertà suddivisi anche per singole diocesi, è consultabile on line al seguente link:

http://www.caritasorvietotodi.it/caritaswp/poverta/index.html

 

Perugia – celebrata la festa del Santo patrono Ercolano, vescovo e martire, defensor civitatis. Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti: “E’ un modello anzitutto per me, suo successore”

“Sant’Ercolano di fronte a tanti lupi rapaci, e ce ne sono anche oggi, seppe difendere il suo gregge con la parola, con l’esempio e soprattutto con la sua carità apostolica, e seppe mettersi a difesa della sua città impedendo, con la sua autorevolezza morale, che i piccoli e i poveri rimanessero schiacciati. Grande sant’Ercolano!”. Con queste parole pronunciate nell’omelia per la messa celebrata nella festa di Sant’Ercolano, domenica 7 novembre, il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della pieve Gualtiero Bassetti ha indicato a coloro che hanno responsabilità di cura di un popolo, il modello del vescovo martire, defensor civitatis, patrono della città e dell’Università di Perugia. Ercolano, ha detto il Cardinale, “è un modello anzitutto per me, suo successore”.

Vicinanza a quanti messi a dura prova dalla pandemia. Quest’anno il Cardinale ha voluto rivolgere un “pensiero particolarmente affettuoso a tutte le famiglie che maggiormente hanno risentito dei disagi causati dal Covid e che vivono, o hanno vissuto situazioni di grande prova e tribolazione”, ricordando, con dolore, che “in qualche famiglia ci sono stati anche due morti…”. “Vorrei poterle avvicinare una per una – ha aggiunto – per chiedere loro come stai, quali sono i problemi che ti affliggono?”.

“La pandemia ci ha veramente messo alla prova più di quello che pensiamo” ha sottolineato Bassetti ricordando famiglie in cui sono cambiate le relazioni e in alcuni casi “è diventato anche più difficile prendersi cura gli uni degli altri”.

Invito a partecipare all’eucaristia. Nessuno può nutrirsi di immagini. “Devo anche constatare, e lo dico con una nota di malinconia, che si è molto allentata la partecipazione alla messa domenicale e molti si sono accontentati e si accontentano ancora di assistervi dal salotto di casa”. “Ma io dico – ha aggiunto il Cardinale – non è la stessa messa, non facciamoci illusioni! Io faccio sempre questo esempio: quando hai fame ti basta nutrirti dei prodotti che vedi pubblicizzati dalla televisione? No. Nessuno può nutrirsi di immagini. E la stessa cosa è per la partecipazione all’eucarestia. Se non si può fare diversamente è un conto, ma non può diventare una alternativa”. “Se non ci nutriamo del cibo reale non potremo sopravvivere e così per il cibo spirituale” ha detto il Cardinale.

Appello a tutti affinché nessuno resti solo. Pensando al tempo che ancora ci aspetta “io non so – ha detto il Cardinale – quanto potrà durare questo periodo di incertezza e di fragilità, ma una cosa raccomando a tutti: fate in modo che nessuno resti solo”. Un appello che Bassetti ha rivolto alle parrocchie, alle istituzioni di volontariato, e “naturalmente” alle “istituzioni civili che devono fare tutto il possibile per quello che loro compete”. Non bastano però le istituzioni a prendersi cura, ha ammonito il Cardinale, “ma bisogna che ciascuno di noi allarghi gli spazi del proprio cuore per condividere, farsi attento, rendersi disponibili” perché la persona che ha bisogno di sostegno e di aiuto potrebbe essere il nostro vicino di casa o un familiare e basterebbe “un saluto, un invito per un compleanno, o una festa di famiglia per farlo sentire meno solo”.

L’amore e la misericordia di Dio e dei nostri Santi vince tutto. “Sì, è vero, c’è tanto dolore attorno a noi, ma la terra è piena e traboccante dell’amore di Dio e dei nostri Santi, e dobbiamo crederci davvero che l’amore e la misericordia dei nostri santi vince tutto e supera tutto perché sono profondamente vere le parole del Salmo 9 su cui dovremmo spesso ritornare, e che dice ‘Signore tu vedi il nostro affanno e il nostro dolore’ ma non basta che tu veda: tu lo prendi tutti nelle tue mani”. Abbiate questa certezza, questa fiducia”, ha concluso Bassetti: “nonostante tutto quello che vi capiti nella vita, Dio vi sorride e lo prende nelle sue mani e lo condivide con voi”.

L’accensione del cero votivo da parte del sindaco. Il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della pieve ha presieduto la celebrazione eucaristica nella chiesa duecentesca intitolata al Santo patrono insieme al rettore don Francesco Benussi e alla presenza dei rappresentati delle Istituzioni civili e del Sodalizio di San Martino. La liturgia è stata animata da “I Madrigalisti di Perugia”. Nel rispetto delle norme antiCovid numerosi fedeli hanno partecipato alla messa, che si è conclusa con la preghiera a Sant’Ercolano e con l’accensione da parte del sindaco Andrea Romizi del cero votivo offerto dal Comune di Perugia, che arde di fronte al reliquiario di Sant’Ercolano esposto per la sua festa.

Mons. Francesco Soddu è il nuovo vescovo della diocesi di Terni-Narni-Amelia

Il Santo Padre Francesco ha nominato Mons. Francesco Antonio Soddu del clero di Sassari e finora direttore della Caritas Italiana, nuovo Vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, come successore del Vescovo padre Giuseppe Piemontese, che ha rinunciato al ministero per raggiunti limiti di età.
A darne l’annuncio alla chiesa diocesana, alle ore 12 del 29 ottobre 2021 nella cattedrale di Santa Maria Assunta in Terni, è stato il vescovo Piemontese alla presenza dei sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi, fedeli laici e giornalisti. Presente anche il sindaco di Terni Leonardo Latini, il prefetto di Terni Emilio Dario Sensi, il sindaco di Amelia Laura Pernazza, il comandante provinciale dei Carabinieri Davide Milano
Nel contempo il Santo Padre ha provveduto a nominare padre Giuseppe Piemontese OFM Conv Amministratore Apostolico attribuendogli i diritti, le facoltà, i compiti che spettano ai Vescovi diocesani. Egli pertanto continuerà nel governo pastorale della Diocesi di TNA, fatti salvi i limiti propri della sede vacante.

Dopo la preghiera iniziale, il Vescovo Piemontese ha dato lettura della lettera della nunziatura apostolica contenente la nomina di Mons. Soddu a Vescovo. La notizia è stata annunciata in contemporanea anche nella Cattedrale di Sassari e dalla Santa Sede.

Mons. Francesco Antonio Soddu è nato a Chiaramonti (Sassari) il 24 ottobre 1959. Ha frequentato il Liceo Classico Azuni di Sassari e poi ha studiato filosofia e teologia presso il Seminario Regionale di Cagliari. Ha conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna. E stato ordinato presbitero il 24 aprile 1985 nella Chiesa Cattedrale di San Nicola in Sassari. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.
E’ stato Vice Rettore del Pontificio Seminario Regionale Sardo di Cagliari e del Seminario Arcivescovile di Sassari. Direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Parroco della Cattedrale San Nicola in Sassari. Assistente Gruppo Scout AGESCI Sassari 3. Assistente Diocesano di Azione Cattolica Italiana-Settore Giovani. Direttore della Caritas Diocesana. Direttore dell’Ufficio Diocesano Migrantes. Dal 2012 direttore di Caritas italiana. (Il curriculum vitae)

Dopo la lettura della nomina, Mons. Vescovo ha espresso parole di saluto e gratitudine:  “E’ una buona notizia e un grande dono, che papa Francesco ha riservato per la nostra Chiesa di Terni-Narni-Amelia – ha detto padre Piemontese  – Oggi, con l’elezione di mons. Francesco Soddu, viene rinnovata e rinverdita la nota della successione apostolica della nostra Chiesa. Un vescovo nuovo, nuove energie e nuovo entusiasmo: tutto è motivo di grande speranza nel tempo della pandemia, che gravi lutti e molteplici danni ha causato anche alla nostra gente e al territorio. Il nuovo Pastore guiderà la Diocesi ad “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita”. A mons Francesco Soddu fin da ora manifestiamo la nostra gratitudine per aver accettato la missione, affidatagli da papa Francesco, gli diamo il benvenuto tra noi e gli assicuriamo collaborazione, obbedienza e preghiera a sostegno al suo ministero. Fino alla data dell’ingresso di mons. Soddu, resterò a Terni quale Amministratore Apostolico della Diocesi: continueremo il nostro cammino pastorale e sinodale dietro a Gesù, secondo i programmi consegnati nell’Assemblea ecclesiale diocesana del 17 ottobre”. (il discorso integrale di mons. Piemontese)

Ai fedeli di Terni-Narni-Amelia, il vescovo eletto Francesco Soddu ha indirizzato il suo primo messaggio (il testo del messaggio), che è stato letto dal vicario generale mons. Salvatore Ferdinandi. Ha rivolto parole di gratitudine al vescovo Giuseppe Piemontese e un saluto affettuoso al clero e laici: “Saluto e abbraccio tutte le famiglie: mamme, papà e figli; voi siete la cellula della Chiesa ed anche la sua forza. Saluto i bambini, i ragazzi e i giovani, gli studenti, gli adulti e gli anziani, i lavoratori e coloro che faticano a trovare o a ritrovare il lavoro. Una particolare carezza d’affetto ai malati, ai sofferenti nel corpo o nello spirito e a quanti le prove della vita hanno riservato giorni difficili e sono tormentati da solitudine e povertà. Saluto tutti coloro che sono impegnati nel campo delle diverse Istituzioni amministrative e del sociale, insieme ai quali auspico di poter collaborare per il bene comune.
Non vorrei dimenticare nessuno, ma avremo modo di salutarci di persona e “in presenza”, come si è soliti dire in questo tempo di pandemia, che purtroppo continua ad affliggere il mondo intero. Carissimi, davanti a un così grande compito sento la gravità della responsabilità, ma anche il conforto nella consapevolezza di poterla condividere con tutti voi, con quanti avrò il piacere di incontrare e conoscere, in questo significativo tempo di grazia caratterizzato dal Percorso Sinodale della Chiesa. Il Signore, mediante il ministero apostolico del Papa, ci affida l’uno all’altro: a noi il compito di far germogliare e coltivare la sua Carità in ogni nostro atteggiamento”.

Tempo intermedio e aspetti canonici –  Secondo la tradizione della Chiesa, nelle Sante Messe celebrate nell’intero territorio della Diocesi di TNA domenica 31 ottobre (a partire dalle Sante Messe vigiliari) la comunità cristiana è invitata a pregare per il Vescovo uscente e per il Vescovo eletto: Per il Vescovo eletto, Mons. Francesco Soddu. La grazia del tuo Spirito lo sostenga, lo illumini e lo incoraggi nel nuovo ministero che gli viene affidato a servizio della Chiesa di TNA; per questo ti preghiamo.
– Per il vescovo P. Giuseppe Piemontese, che ha servito la Chiesa come Vescovo di TNA. Sperimenti la gratitudine del popolo cristiano della Diocesi per il generoso servizio di questi anni e la sua fervida preghiera accompagni il futuro cammino della nostra Diocesi; per questo ti preghiamo.

Le congratulazioni e gli auguri dei vescovi dell’Umbria:
I Vescovi dell’Umbria accolgono con gioia mons. Francesco Soddu che il Santo Padre invia come Vescovo alla Chiesa di Terni-Narni-Amelia. «La sua ricca esperienza pastorale e la prolungata vicinanza al mondo della povertà nella Diocesi di Sassari e poi come Direttore di Caritas Italiana – afferma mons. Renato Boccardo arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra – sono dono prezioso per il cammino delle Chiese umbre. A mons. Giuseppe Piemontese – prosegue mons. Boccardo – rinnoviamo l’espressione della fraternità e della gratitudine per le generosa dedizione al servizio del popolo di Dio e per il contributo sapiente assicurato alla Conferenza episcopale regionale».

GLI AUGURI DEL PRESIDENTE DI CARITAS ITALIANA

LA LETTERA DEL VESCOVO PIEMONTESE

LA DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA CARITAS DIOCESANA PADRE STEFANO TONDELLI