Perugia: Aperto con la solenne celebrazione eucaristica in cattedrale del centenario della presenza Salesiana nel capoluogo umbro.

«E’ molto bello, cari giovani, vedere la cattedrale piena della vostra significativa speranza. Don Bosco vi sorride dal Cielo, come in questo momento sorride a voi, alla vostra vita, al vostro impegno, alle vostre gare sportive il vostro vescovo». A sottolinearlo è stato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’introdurre la solenne celebrazione eucaristica di apertura del centenario della presenza Salesiana a Perugia (1922-2022), nella cattedrale di San Lorenzo, il 31 gennaio pomeriggio, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica di san Giovanni Bosco. Concelebranti sono stati il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi, l’arciprete della cattedrale mons. Fausto Sciurpa, e il direttore dell’Istituto Salesiano don Giovanni Molinari. Hanno preso parte alla celebrazione i rappresentanti delle Istituzioni civili del capoluogo umbro e numerosi allievi ed ex allievi dell’Opera Don Bosco, animata da tre sacerdoti e da quattro coadiutori salesiani. Molto attiva è anche l’Associazione Ex Allievi, che conta circa 150 iscritti, mentre 300 sono i giovani dell’Oratorio e Polisportiva Salesiana e 90 gli allievi del Cnos Fap (Centro nazionale opere salesiane-Formazione aggiornamento professionale). A quest’ultima realtà è dedicato il secondo evento del centenario, in calendario il prossimo primo aprile (ore 10), ospitato nella storica Sala dei Notari del Palazzo comunale dei Priori. Si tratta di un convegno di rilevanza nazionale dedicato al tema: “Formarsi per non fermarsi. Attese e aspettative dei giovani”.

Presenza bella e significativa. «Vogliamo celebrare i cento anni della presenza dei Salesiani a Perugia – ha proseguito il cardinale –. Cento anni sono tanti ed è stata una presenza bella e significativa quella di centinaia e centinaia di giovani che sono passati dai Salesiani per la scuola, per lo sport e per la formazione. E a tante persone è rimasta impressa la cara immagine di Don Bosco. Vi auguro, cari figli, che sia così anche per la vostra vita». E nell’omelia ha esordito dicendo: «Celebrare cento anni della vostra presenza nella nostra Archidiocesi è un dono e, insieme, una responsabilità. Con grande rispetto, ammirazione e gratitudine, Cari figli di Don Bosco, i nostri occhi non possono non guardare indietro a coloro che vi hanno preceduto, sopportando con dignità le non poche fatiche e sofferenze del loro tempo. È grazie a loro se noi oggi possiamo celebrare questa giornata e questa ricorrenza. La presenza salesiana, qui a Perugia, risale al 1922 quando fu aperto nella parte vecchia della città un orfanotrofio con annesso convitto per ragazzi indigenti che venivano a studiare in città. Nel piccolo ambiente fiorì anche un oratorio molto stimato. Era l’amato “Penna Ricci”, nel popolare rione di Porta Sant’Angelo. Sono sicuramente migliaia i giovani che in questi decenni sono passati e, direi, sono cresciuti grazie alle opere salesiane: le scuole, anzitutto, ma anche gli oratori, il Convitto, il Centro di formazione professionale. Tutto ciò testimonia quanto abbia inciso nel nostro tessuto sociale l’opera educativa e formativa offerta lungo un secolo».

Ricordando le parole del Papa. «Ieri, all’Angelus (30 gennaio, n.d.r.), papa Francesco – ha commentato Bassetti – ha ricordato san Giovanni Bosco, dicendo: “Pensiamo a questo grande Santo, padre e maestro della gioventù. Non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica. Tanti auguri a tutti i salesiani e le salesiane!”».

Convertirsi per accogliere i “piccoli”. Soffermandosi sulla pagina del Vangelo del giorno in cui «il Signore mette al centro della sua attenzione i “piccoli”», il cardinale ha precisato che «non si tratta solo dei bambini, come quel bambino che – abbiamo sentito – Gesù chiama e mette in mezzo per rispondere alla domanda su chi sia il più grande. I piccoli sono quelli che non contano (e i bambini, nel mondo antico, erano tra questi), sono quelli che non hanno potere, che non comandano, e che restano ai margini… Anche per accogliere i “piccoli” nel nome di Gesù è necessario convertirsi, ed è proprio quello che san Giovanni Bosco ci ha insegnato a fare. Il suo esempio è stato tra i più luminosi nella Chiesa, e per questo egli è uno dei santi più importanti tra quelli che il papa emerito Benedetto XVI nell’Enciclica Deus caritas est (n. 40) ha definito “modelli insigni di carità sociale”, “portatori di luce all’interno della storia, [uomo] di fede, di speranza e di amore”».

È nei giovani la nostra speranza. «I Salesiani sono dunque il frutto di questo invito di Gesù ad accogliere i piccoli – ha precisato Bassetti –. Sappiamo quanto sia ancor più necessario in questo nostro tempo. Se pensavamo che nella nostra società e nel nostro continente non vi fossero più emergenze a riguardo dell’educazione delle nuove generazioni, purtroppo abbiamo appreso invece che proprio la pandemia di Covid-19 ha causato – solo per fare un esempio – un enorme incremento dei casi di depressione tra gli adolescenti. Io stesso la settimana scorsa, aprendo i lavori del Consiglio Permanente della Cei, ho avuto occasione di dire che “le statistiche sono indubbiamente preoccupanti: i figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni. In Italia la povertà cresce al diminuire dell’età. Oltre l’80% delle diocesi segnala la prevalenza di povertà e bisogni legati al mondo giovanile. I giovani forse sono i più colpiti dalla pandemia”. Ho anche aggiunto, però, che “proprio i giovani possono anche essere gli artefici di questo “cambiamento d’epoca”, di questa inversione di tendenza”.

È nei giovani la nostra speranza, e don Bosco questo l’aveva capito bene, e voi, carissimi Salesiani, siete coloro che, in prima linea, continuate a lavorare con loro, a credere in loro, a investire in loro».

Spoleto – festa di S. Gregorio presbitero. Avvio della seconda Visita Pastorale alla Chiesa di Spoleto-Norcia. Mons. Boccardo: «Riprendo il bastone del pellegrino per confermare, ascoltare, esortare»

Domenica 30 gennaio 2022 la parrocchia di S. Gregorio a Spoleto ha celebrato la festa liturgica del suo Santo patrono, Gregorio presbitero. La solenne concelebrazione eucaristica è stata presieduta dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo e concelebrata dal parroco don Bruno Molinari. Ha animato la liturgia il coro parrocchiale.

Nell’omelia il Presule ha commentato il Vangelo proposto dalla liturgia in cui è raccontato il ritorno di Gesù a Nazareth: i suoi compaesani non colgono la ricchezza e la bellezza del suo messaggio, anzi lo criticano. Addirittura nasce e cresce l’opposizione, lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero sul ciglio del monte per buttarlo giù. Ma egli passando in mezzo a loro si mise in cammino. «Sono fatti storici – ha detto mons. Boccardo – che sembrano non appartenerci. Ma in realtà fotografano una situazione che è facile riconoscere anche oggi. La gente di Nazareth era abituata a Gesù, ma la sua parola era divenuta per loro indifferente. Anche noi rischiamo di essere abituati al Signore. Andiamo a Messa, ma poi siamo capaci di tornare col cuore e con la memoria alle parole della celebrazione e metterle a fondamento delle nostre scelte? Ci abituiamo a tutto, anche alla presenza di Dio. Se la sua Parola ascoltata nella Messa domenicale non incide sulla vita e non diventa luce per il cammino settimanale siamo come in nazaretani che dicono a Gesù: so già tutto di te.
Abbiamo allora bisogno di attingere luce e forza da Dio, amico fedele che non tradisce, ma spesso le cerchiamo altrove e moltiplichiamo i gesti solo per avere compiacimento. S. Gregorio – ha concluso l’Arcivescovo – è stato capace di non venir meno agli impegni assunti perché nel suo cuore bruciava una grande motivazione, il fuoco di Dio. Chiediamo alla sua intercessione che non vada sprecata la grazia di Dio necessaria a ciascuno per essere consolati e confrontati, per ritrovare le motivazioni del cammino della vita».

Seconda Visita Pastorale dell’Arcivescovo alla Chiesa di Spoleto-Norcia. Al termine della Messa nella basilica di S. Gregorio, così come nelle altre chiese parrocchiali della Diocesi, è stato letto il decreto di indizione della seconda Visita Pastorale dell’Arcivescovo alla Chiesa di Spoleto-Norcia. Mons. Boccardo riprenderà il bastone del pellegrino per “fare visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno” (At 15, 36). L’Arcivescovo va per confermare l’opera del Signore così come si è già disegnata nella storia personale di ciascuno, per accompagnare e discernere i processi di rinnovamento pastorale avviati con l’istituzione delle Pievanie e rilanciare alcune scelte che sono prioritarie in questo tempo di grandi trasformazioni. Mons. Boccardo va per ascoltare Dio attraverso l’ascolto reciproco, ispirati dalla Parola di Dio: ci si ascolta reciprocamente per udire meglio la voce dello Spirito Santo che parla al mondo di oggi. Infine, il Presule va per esortare, cioè per invitare a crescere e a maturare nel cammino della vita cristiana. «Chiedo perciò a tutti voi, cari fratelli e sorelle, – scrive mons. Boccardo – di accompagnare con la preghiera l’evento ecclesiale che vivremo insieme, affidandolo all’intercessione della Madre del Signore, venerata nel Duomo di Spoleto nella sua SS.ma Icone, dei nostri Santi patroni Ponziano e Benedetto e di tutti i Santi e Beati della nostra Chiesa».

Programma della Visita Pastorale:

3, 4, 5, 6 marzo: Pievania di S. Giovanni Battista (parrocchie di Baiano, S. Martino in Trignano, S. Angelo in Mercole e Montemartano nel Comune di Spoleto, Firenzuola di Acquasparta e Porzano di Terni).
10, 11, 12, 13 marzo: Pievania S. Bernardino da Siena (parrocchie di Ferentillo, Polino, Arrone, Montefranco, Collestatte, Torreorsina e Cesi di Terni, Portaria di Acquasparta).
17, 18, 19, 20 e 24, 25, 26, 27 marzo: Pievanie S. Chiara e Beato Bonilli (parrocchie ricadenti nei Comuni di Trevi, Montefalco e Bevagna).
31 marzo, 1°, 2, 3 aprile: Pievania S. Felice (parrocchie ricadenti nei Comuni di Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo, più la parrocchia di S. Brizio nel Comune di Spoleto).
21, 22, 23, 24 aprile: Pievania S. Giacomo (parrocchie di S. Giacomo, Eggi, Bazzano, Cortaccione e Beroide di Spoleto e di Campello sul Clitunno).
28, 29, 30 aprile, 1° maggio: Pievania Beato Giolo (parrocchie di Verchiano di Foligno, Sellano, Cerreto di Spoleto, Vallo di Nera, Santa Anatolia di Narco e Scheggino).
5, 6, 7, 8 maggio: Pievania S. Maria (parrocchie della Città di Spoleto).
12, 13, 14, 15 maggio: Pievania Sacro Cuore (parrocchie del Sacro Cuore, S. Sabino, S. Giovanni Paolo II, S. Venanzo, Morgnano, Maiano di Spoleto).
2, 3, 4, 5 giugno: Pievanie S. Benedetto e S. Scolastica – S. Rita (parrocchie ricadenti nei Comini di Norcia, Cascia, Preci, Poggiodomo e Monteleone di Spoleto).

Perugia – festa di San Costanzo patrono della città di Perugia e dell’Archidiocesi. L’omelia del cardinale Bassetti: «L’amore cristiano, se è autentico, coincide sempre con il dare e comunicare vita».

Si è conclusa con la solenne celebrazione eucaristica del 29 gennaio pomeriggio, nella cattedrale di Perugia, la festa di san Costanzo, vescovo e martire, patrono della città dell’Archidiocesi; celebrazione presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti insieme al suo vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e a diversi sacerdoti, con l’esposizione delle reliquie del santo patrono sul presbiterio. Presenti i rappresentanti delle Istituzioni civili del capoluogo umbro e numerosi fedeli nel rispetto delle norme per il contenimento del contagio da Covid-19.
Il cardinale Bassetti, nell’omelia, ha esortato credenti e uomini di buona volontà a seguire l’esempio di “buon pastore” del santo martire Costanzo, fondatore della Chiesa perugino-pievese, augurando alla città di Perugia, al termine del suo episcopato, come lo stesso presule ha sottolineato, di «proseguire il cammino con un rinnovato vigore, nella concordia e nella prosperità». Il cardinale, nell’introdurre l’omelia, ha espresso gratitudine alle autorità civili «per quello che state facendo – ha detto – per la pace, per la serenità dei nostri cittadini in un momento così difficile quale quello che stiamo attraversando».

L’omelia.

Cari fratelli e sorelle, con commozione presiedo questa solenne liturgia eucaristica nella festa di San Costanzo patrono della Chiesa perusino-pievese, che servo ormai da quasi tredici.

Ricordare il vescovo fondatore mi porta sempre ad un approfondito esame di coscienza. La sua memoria ci permette di risalire indietro nei secoli, fino agli albori della nostra fede, quando professare il nome di Cristo Signore voleva dire poter perdere la propria vita.

La pagina che abbiamo ora ascoltato, una delle più note tra le cosiddette “lettere pastorali”, contiene probabilmente, come è stato scritto, «le ultime parole di Paolo e le sue ultime volontà»: «si respira l’aria della fine anche per Paolo, che regala squarci di intimità teologica che qualcuno ha raffrontato con il testamento spirituale di san Paolo VI».

L’apertura di questo brano è solenne, con un accorato appello: «Ti scongiuro!», seguito addirittura da otto verbi esortativi. Su alcuni di questi, carissimi, vorrei soffermarmi con voi.

Sono certo, infatti, che anche il fondatore della nostra Chiesa perusino-pievese, san Costanzo, si sarà ispirato a queste parole, che potevano essere d’aiuto al suo importante compito di guida dei cristiani, e soprattutto nella persecuzione che infine lo portò al martirio, quando fu decapitato da alcune guardie nel territorio tra Spello e Foligno. «Sopporta le sofferenze!» scriveva Paolo a Timoteo, e così san Costanzo deve aver trovato forza in questa esortazione, che sentiva rivolta anche a lui.

Lasciatemi dire, però, che le parole scritte da Paolo per un suo fedele discepolo riguardano anche me. Come già sapete, terminerà tra alcuni mesi il compito che mi è stato affidato per la guida di questa Chiesa, e l’odierna celebrazione solenne per il Patrono principale dell’Arcidiocesi è per me particolarmente toccante.

«Annuncia la Parola», prosegue san Paolo; «insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento…» (2Tm 4,2). Quello che l’apostolo scriveva due millenni fa vale ancora per chi svolge nella Chiesa il compito di Vescovo, vale per ogni pastore, e le sue parole sono per me un motivo di esame di coscienza e di verifica del mio servizio tra voi, che si è ridotto in questi ultimi cinque anni, a causa del compito che mi è stato affidato alla guida della Conferenza Episcopale Italiana. Il Signore sa quanto avrei desiderato dedicare tutto il mio tempo, tutte le mie energie a questa nostra Chiesa.

Anche il brano del Vangelo che è stato appena proclamato deve aver ispirato profondamente san Costanzo.

È tratto dal discorso d’addio di Gesù, nel Vangelo secondo Giovanni, e vede ricorrere con abbondanza quei termini che riguardano l’amore cristiano: dall’esortazione a “rimanere” nel suo amore (v. 9), fino all’invito finale, quando Gesù comanda ai discepoli di amarsi «gli uni gli altri» (v. 17).

Come sono consolanti per noi queste parole! I discepoli del Signore sono amati da Dio, proprio come lo è il Figlio, e da ciò scaturisce l’invito e l’impegno a entrare in quella corrente d’amore che lega il Padre al Figlio, e che da loro giunge fino a tutti noi e da noi deve transitare al mondo.

Carissimi, sono certo che il nostro Patrono, affrontando il martirio, prima di essere decapitato, avrà ricordato in particolare quelle parole di Gesù che, nella stessa pagina di Vangelo, esprimono la vetta: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (v. 13). L’amore cristiano, se è autentico, coincide sempre con il dare e comunicare vita.

Se già nel discorso della montagna, come si legge nel racconto dell’evangelista Matteo, Gesù aveva esortato i discepoli ad amare i propri nemici, pregando «per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44), ora il Signore, durante la sua ultima cena, parla di un amore che, se possibile, è ancora più grande. Se è difficile in sé dare la vita, quanto è più difficile darla per i nemici! Magari non con il sacrificio cruento, ma amandoli nella quotidianità e pregando per loro.

Spendersi generosamente per gli amici e immolarsi per i nemici: è quanto ha fatto il Signore, fornendo il primo modello di buon pastore, quello di cui ha più volte parlato, anche nelle parabole. Il pastore di un gregge, come il Vescovo di una Chiesa, non viene semplicemente chiamato a guidarla. Dice infatti Gesù: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11).

Questo donarsi non è offerta di una sola volta, ma si ripete nel tempo, quotidianamente. Il Buon Pastore dà la vita per il suo popolo, per tutto il popolo, perché lo vede e lo considera con occhi di padre e di madre. Devo però riconoscere che, per i miei limiti, non sono riuscito in questi anni ad imitarlo come avrei dovuto. Cari fratelli e sorelle, mosso da questi sentimenti, e avendo conclusa da qualche anno la visita pastorale, ci apprestiamo ora a vivere il cammino sinodale uniti a Papa Francesco e alla Chiesa universale. Siamo in un tempo di nuova seminagione, perché la Parola di Dio porti i suoi frutti, nella vita delle persone, nelle comunità parrocchiali e nella vita sociale. Il tempo che ci separa dal prossimo Giubileo del 2025, sarà caratterizzato da un personale impegno di conversione e, a livello comunitario, di nuova evangelizzazione. Lo Spirito saprà far germogliare quei piccoli semi che gettiamo in terra con fiducia e speranza.

Carissimi, con cuore di padre vi affido all’intercessione del vescovo Costanzo, fondatore di questa Chiesa che ho tanto amato e che porterò sempre nel cuore, lasciandovi il messaggio della sua stessa testimonianza. Auguro alla città di Perugia, qui rappresentata dalle maggiori istituzioni, che, finalmente superata, a Dio piacendo, l’attuale crisi pandemica e le sue ricadute sociali, possa proseguire il cammino con una rinnovato vigore, nella concordia e nella prosperità. Amen!

Gualtiero card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Perugia – celebrazione dei Primi Vespri della festa del patrono san Costanzo. Il cardinale Gualtiero Bassetti: “Senza storia un popolo non vive”

“Una delle sofferenze più grandi che ha causato la pandemia, a noi che rappresentiamo le Istituzioni, è la mancanza del popolo. Abbiamo perso il contatto con il nostro popolo”. Ad evidenziarlo è stato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, rivolgendosi al sindaco di Perugia, Andrea Romizi, all’inizio dell’omelia della celebrazione dei Primi Vespri con cui la Chiesa è entrata nel vivo della festa del suo Patrono san Costanzo, vescovo e martire del II secolo, fondatore della primordiale comunità cristiana perugina; celebrazione tenutasi nel tardo pomeriggio del 28 gennaio nella basilica intitolata al Santo, alla presenza di una rappresentanza delle Istituzioni civili e religiose cittadine e dei cinque storici rioni della città con i loro capitani ed alfieri in costume medioevale. “L’anno scorso, quando da questo pulpito mi sono rivolto ai fedeli presenti, pochi come oggi – ha proseguito il cardinale –, non pensavo che l’anno dopo avremmo ripetuto la stessa scena. Ci manca la processione della ‘luminaria’, con il corteo storico animato dai figuranti dei cinque rioni medioevali, e mancano tante cose belle che nel corso di questi anni avevamo messo insieme, ma che erano significative”.

Necessità di Perugia. “È doveroso rispettare le precauzioni per contrastare la diffusione del virus e non creare particolare assembramenti – ha precisato il presule –, benché la comunità ecclesiale e la comunità civile onorino anche quest’anno san Costanzo con una serie di iniziative. Ci troviamo fisicamente in pochi a ricordare stasera il nostro Patrono, presso il luogo della sua sepoltura dove da molti secoli sono soliti recarsi i perugini per pregare e fare memoria della loro storia cristiana. Senza storia un popolo non vive e mi ha fatto tanto piacere in questi anni vedere rifiorire tradizioni belle che ci appartengono e che fanno parte della nostra identità. Diceva il professor La Pira: ‘Una città è come una persona, è unica e irrepetibile’. Con la celebrazione del Vespro, nella penombra di questa antica chiesa, ricordiamo a san Costanzo le necessità della nostra città che sono da sempre quelle di una crescita nella fede e nella forza che viene dal Vangelo”.

Chiesa in cammino sinodale. Il cardinale si è poi soffermato sui contenuti della sua ultima lettera rivolta alla comunità diocesana, all’inizio del nuovo anno, nel dire: “La pandemia ha di nuovo complicato l’esser vicino alla gente e per questo ho voluto portare una parola di amicizia e di conforto a tutta la diocesi, attraverso una lettera, per starle vicino ed esprimerle il mio amore. Ho desiderato, in particolar modo, ricordare, con le parole di papa Francesco, come deve porsi la Chiesa in un cammino sinodale facendo suoi i tratti di disinteresse, di umiltà, di beatitudini, oltre ad essere una Chiesa che sa anche riconoscere l’azione di Dio nei suoi confronti e nei confronti del mondo”.

Peccati e virtù, ricchezze e miserie. Molto toccante è stata l’orazione finale dei Primi Vespri letta dal cardinale Bassetti, scritta dal suo predecessore, l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, tornato alla Casa del Padre lo scorso 2 dicembre: “Noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie, Dio di provvidenza infinita, per i grandi segni del tuo amore, profusi nel corso dei secoli su ogni generazione. Guarda benigno la nostra Perugia; a te sono noti i suoi peccati e le sue virtù, le sue ricchezze e le sue miserie, ma la tua provvidenza non viene mai meno. Non privarci del tuo aiuto, o Padre: veglia sulle famiglie e sulle comunità, sulle cattedre, sulle scuole, sugli ospedali, sulle officine, sui cantieri e sulle molteplici espressioni dell’operosità quotidiana; assisti i poveri e gli emarginati. Fa’ che non si estingua nelle nuove generazioni la fede trasmessa dai padri; restino vivi il senso dell’onestà e della generosità, della libertà e della giustizia, la concordia operosa, l’attenzione ai piccoli, agli anziani e agli ammalati, la premurosa apertura verso l’umanità che in ogni parte del mondo spera in un avvenire migliore…”.

Offerta dei doni simbolo. Segni delle “molteplici espressioni dell’operosità quotidiana” dei perugini, menzionate dall’arcivescovo Chiaretti nella preghiera, sono tangibili anche nei “doni simbolo” della testimonianza cristiana e della tradizione della città offerti in onore del Santo Patrono durante i Primi Vespri: la corona d’alloro, da parte della polizia municipale; il cero votivo, da parte del sindaco; il torcolo (dolce tipico della festa), da parte dei commercianti ed artigiani; il vinsanto, da parte di due giovani sposi affinché la famiglia continui a essere fondamento del vivere sociale; l’incenso, da parte del Consiglio pastorale parrocchiale, come “segno dell’annuncio del Vangelo…, fermento di speranza e di pace”.

Perugia – la festa del Patrono san Costanzo, vescovo e martire, 25-29 gennaio, al tempo della pandemia. Anche quest’anno senza la tradizionale “luminaria”.

La Chiesa di Perugia-Città della Pieve si appresta a celebrare la festa del suo Santo Patrono Costanzo, vescovo e martire del II secolo, fondatore della primordiale comunità cristiana. È una ricorrenza molto sentita, che rinsalda l’ultrasecolare legame tra la comunità civile e quella religiosa del capoluogo umbro. A testimoniarlo sono i “simboli” della festa, in primis la tradizionale processione della “luminaria” risalente all’inizio del XIV secolo, menzionata negli Statuti comunali medioevali, riproposta ai perugini un quarto di secolo fa dagli allora sindaco Gianfranco Maddoli ed arcivescovo Giuseppe Chiaretti. Purtroppo, anche quest’anno, la “luminaria” – dal palazzo comunale dei Priori alla basilica di San Costanzo – non si terrà in ottemperanza alle disposizioni per il contenimento della pandemia. Si terrà, invece, la celebrazione dei Primi Vespri in San Costanzo, il 28 gennaio (ore 18) a cui sono ammessi non più di 30 fedeli, trasmessa in diretta sul canale YouTube del settimanale La Voce. Durante la liturgia si rinnoverà, da parte dei rappresentanti delle Istituzioni civili, religiose e del mondo del lavoro, il gesto dell’offerta dei “doni simbolo” della testimonianza cristiana del Santo Patrono e della tradizione e storia della città. Il 29 gennaio, giorno della festa di san Costanzo, oltre alle celebrazioni eucaristiche del mattino nella basilica a lui intitolata (ore 8, 10 e 11.30), si terrà di pomeriggio (ore 18), nella cattedrale di San Lorenzo, la solenne concelebrazione presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti insieme ai vescovi della Metropolia. Le celebrazioni del mattino saranno presiedute dal parroco di San Costanzo don Pietro Ortica, dai parroci dell’Unità pastorale e dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi.

La festa del Patrono sarà preceduta dal triduo di preparazione dedicato al tema: “Camminiamo insieme verso Cristo sulle orme di san Costanzo”. È un richiamo, spiega il parroco don Pietro, al “Cammino sinodale della Chiesa italiana intrapreso a livello diocesano lo scorso autunno. Vogliamo proporre, attraverso il commento della Parola di Dio del giorno, a cura di tre nostri confratelli nel sacerdozio, delle riflessioni partendo dal messaggio cristiano sempre molto attuale di san Costanzo per essere maggiormente sostenuti e sollecitati in questo cammino sinodale che papa Francesco ci chiede di compiere insieme per rigenerarci nella fede e per aprirci di più a quanti sono alla ricerca di Dio”. Gli appuntamenti del triduo, nella basilica di San Costanzo, sono in calendario, alle ore 17, martedì 25, mercoledì 26 e giovedì 27 gennaio, le cui meditazioni saranno tenute rispettivamente dal padre cappuccino Leone Francis Dbritto, parroco dell’Oasi di Sant’Antonio, dal padre domenicano Marco Baron, parroco della basilica di San Domenico, e da don Nicola Allevi, parroco della chiesa di Santa Maria Assunta in Monteluce di Perugia.

Il messaggio-omelia del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti rivolto ai giornalisti e agli operatori delle comunicazioni sociali per la festa del loro Santo Patrono

Anche voi giornalisti e operatori dei media potete costruire fraternità…, ascoltando gli altri, ascoltando e la Parola di Dio”

Cari fratelli e sorelle, cari giornalisti, donne e uomini della comunicazione, ho accolto con gioia a presiedere questa Eucaristia, perché voi sapete quanto mi stia a cuore la vostra missione.

La pagina del Vangelo di questa domenica (23 gennaio 2022, n.d.r.) ci offre diversi spunti per il nostro fraterno incontro, che si svolge nel momento più alto della liturgia, quello della celebrazione eucaristica.

Abbiamo ascoltato quello che è comunemente chiamato il Prologo del Vangelo secondo Luca, che è l’inizio del terzo Vangelo. L’autore scrive a un discepolo per comunicare a lui – ma anche a tutti i futuri lettori del suo scritto – le circostanze e il metodo del suo lavoro, che potremmo definire di impostazione moderna, conferendo al suo Vangelo il carattere di una vera e propria opera letteraria.

È vero, noi leggiamo il Vangelo soprattutto come testimonianza di fede, ma non possiamo non riconoscere all’autore l’abilità di aver narrato con maestria scene che egli solo racconta e che tutti ricordano: l’annunciazione, o la parabola del buon Samaritano, solo per fare due esempi. Luca però non si accontenta di offrirci un vangelo che possiamo leggere come opera letteraria: ci vuole informare di averlo scritto dopo aver compiuto «ricerche accurate su ogni circostanza», consultando «testimoni oculari», e componendo così un «resoconto ordinato».

Sembra quasi che l’evangelista stia delineando il compito così importante svolto dai giornalisti e dagli operatori della comunicazione. Certo, le «ricerche accurate» che descrive Luca sono relative alla vita di Gesù e alle opere da lui compiute; i «testimoni oculari» sono stati scelti tra i primi membri della comunità cristiane (quelli cioè che potevano raccontare non solo della risurrezione del Signore, ma anche della sua vita); infine, il «resoconto ordinato» è il Vangelo che ancora oggi leggiamo, dopo duemila anni… Ma non è forse vero che rientra anche nella deontologia della vostra professione il dovere di consultare fonti degne di fede, di fare vere e proprie ricerche – che possono arrivare fino a quello che è definito “giornalismo d’inchiesta” – per poter così comporre un contributo (un articolo di giornale, o un servizio televisivo o radiofonico, o per un sito internet) che sia obiettivo e leggibile?

Quanta serietà ci si aspetta da voi, che siete chiamati non solo a riportare notizie, ma a permettere ai vostri lettori – o ai vostri spettatori e radioascoltatori – di conoscere meglio i fatti perché si formino un’opinione corretta. E quanta responsabilità avete, dal momento che una notizia può essere data in un certo modo, con equilibrio, mentre molte altre volte, lo sappiamo, coloro che si improvvisano “blogger” e usano i mezzi di comunicazione di massa in modo disinvolto, non fanno altro che disorientare, confondere e dividere!

A questo riguardo, vorrei proprio aggiungere una sottolineatura. Mi ha colpito quanto Papa Francesco ha detto, qualche giorno fa, nel discorso alla Delegazione della Custodia di Terra Santa per il centenario della rivista omonima, «La Terra Santa». «La comunicazione, in tempo di reti sociali – diceva il Papa – deve aiutare a costruire comunità, meglio ancora, fraternità».

I redattori di quella rivista sono stati incoraggiati da Francesco a «raccontare la fraternità possibile, come quella tra i cristiani di Chiese e confessioni purtroppo ancora separate», perché la loro testata si occupa, appunto, della Terra Santa. Ma anche voi potete, lavorando e svolgendo il vostro compito così importante, costruire fraternità. Lo stesso modo di dare una notizia, di impostare un editoriale, o di condurre un’intervista, a guardar bene, può rappresentare un momento di giornalismo divisivo oppure la “costruzione di una fraternità”.

Vi ringrazio, dunque, carissimi giornalisti e operatori della comunicazione sociale, per quello che fate, e per la vostra partecipazione a questo incontro.

Vorrei ora concludere questa riflessione invocando l’aiuto del vostro santo protettore, San Francesco di Sales, attraverso le parole che pronunciò un suo grande conoscitore, Papa Paolo VI, che era figlio di un giornalista, e visse in un ambiente profondamente segnato dalla vostra professione.

Disse Giovan Battista Montini poco prima di essere eletto papa: «La professione giornalistica porta a indagare la realtà esteriore, a studiare gli aspetti più appariscenti della vita; in certo qual senso i giornalisti sono “svuotati” dalla notizia, dall’attrattiva della scena esteriore. Si produce un interessamento verso ciò che è fuori di noi; avviene una specie di deformazione; perdiamo la nostra vita interiore, siamo estroflessi».

Oggi, carissimi, terza Domenica del tempo ordinario, viene celebrata nella Chiesa la Domenica della Parola di Dio. Ma non possiamo dimenticare il tema del messaggio di Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali, già annunciato, e che quest’anno ha come titolo un verbo all’imperativo: “Ascoltate!”, che richiama anche la fase principale del processo sinodale in cui sono coinvolte tutte le diocesi italiane, e la Chiesa universale, e cioè l’ascolto. Questo messaggio richiama quello dello stesso anno, centrato sull’ “andare e vedere”. Ora il Santo Padre ci chiede di reimparare ad ascoltare.

La pandemia ha colpito tutti e tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati, dal momento che ogni dialogo, ogni comunicazione comincia dall’ascolto. Sappiamo bene però che, per ascoltare bene, ci vuole coraggio e un cuore libero da pregiudizi.

Ecco, dunque, l’augurio per voi, carissimi: che il vostro Patrono vi aiuti a non disperdervi, a trovare la pace che vi permetta di svolgere con serenità il vostro lavoro per il bene di tutti, e ad ascoltare gli altri, ma soprattutto ad ascoltare la Parola di Dio, perché vi ispiri nella vita e nella professione.

Gualtiero card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Assisi – scuola socio politica “Giuseppe Toniolo”. L’inaugurazione del nuovo ciclo di lezioni si terrà in streaming sabato 22 gennaio

“Stato, mercato e società civile. La Lezione di Giuseppe Toniolo”. È il tema della prima lezione della prossima edizione della Scuola socio-politica diocesana “Giuseppe Toniolo” che verrà inaugurata sabato 22 gennaio alle ore 16, in modalità streaming. La lezione sarà aperta dall’introduzione del vescovo monsignor Domenico Sorrentino. Seguirà la relazione dall’economista e accademico italiano Stefano Zamagni, economista e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

“La pandemia dovuta al Covid-19 ha colpito pesantemente le nostre vite e il nostro Paese – dichiara il direttore della Scuola socio-politica, Francesca Di Maolo – . Essa è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una sostenibilità ambientale e sociale. Ne è un esempio il grande processo avviato dai giovani dell’Economy of Francesco che in ogni parte del mondo hanno accolto l’invito di Papa Francesco del 1 maggio 2019 ad impegnarsi per un’economia che sappia accogliere la vita, che non escluda e che rispetti l’ambiente. In ogni crisi ci sono sempre anche i semi della rinascita e in questo secondo anno di pandemia è iniziato un cammino di ricostruzione. Il piano nazionale di ripresa e di resilienza può costituire una grande opportunità di crescita a condizione che le azioni che verranno messe in campo in termini di sviluppo, produttività e riforme siano anche finalizzate a contrastare la povertà, l’esclusione sociale e le disuguaglianze. Abbiamo la convinzione – conclude Di Maolo – che la rigenerazione del Paese Italia abbia bisogno di coraggio, di coesione e di un impegno corale che coinvolga istituzioni e società civile. Per far crescere la consapevolezza di questo passaggio storico e per allargare la base della partecipazione per l’anno 2022 la Scuola ha organizzato una serie di incontri per approfondire alcuni dei temi principali che caratterizzeranno la ripresa dell’Italia”.

Il ciclo di lezioni proseguirà il 2 febbraio, alle ore 19, con un incontro dal titolo: “I cambiamenti nel mondo del lavoro tra transizione digitale ed ecologica” e sarà tenuta da Onofrio Rota, segretario generale Fai Cisl.

Il 9 febbraio, alle ore, 19 verrà trattato il tema “Italia domani – Piano nazionale di ripartenza e resilienza”. Il 9 marzo, alle ore 19, don Alessandro Picchiarelli, direttore dell’Ufficio catechistico e responsabile della pastorale vocazionale della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, approfondirà il tema “Digital divide e nuove discriminazioni”.

Il 21 marzo (ore 19) il tema: “PNRR e crescita economica” sarà trattato da Carlo Cottarelli, economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano. Il 6 aprile 2022 (ore 19) la lezione sarà tenuta da Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Zancan. Il 22 Aprile alle ore 19 “Un Welfare moderno, inclusivo e sostenibile” sarà affrontato da Pasquale Tricarico, presidente dell’Inps. L’edizione si chiuderà a maggio con un incontro dal titolo: “Dieci anni di scuola di formazione socio politica Giuseppe Toniolo per stimolare la società a ripensarsi a partire dagli ultimi”.

Vista la situazione epidemiologica, l’avvio di questa edizione sarà in modalità online. Successivamente se le condizioni lo permetteranno si tornerà alle lezioni in presenza nella sede della Scuola, presso l’Istituto Serafico. Per iscriversi bisogna scaricare il modulo di partecipazione sul sito www.diocesiassisi.it e inviarlo alla email della segreteria: scuolasp@assisi.chiesacattolica.it

“La politica – se è ‘buona’ politica è alta forma di carità”. A dirlo è il vescovo diocesano, monsignor Domenico Sorrentino, in vista dell’avvio della Scuola socio-politica diocesana “Giuseppe Toniolo”, che verrà inaugurata sabato 22 gennaio alle ore 16, in modalità streaming con una relazione di Stefano Zamagni, economista, accademico e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, dal titolo: “Stato, mercato e società civile. La Lezione di Giuseppe Toniolo”. “Sono stato impressionato, nelle ultime elezioni amministrative di Assisi, dal numero di candidati che hanno affollato le liste in competizione. Credo – sottolinea il vescovo – sia avvenuto anche in altri comuni. Segno che c’è tanta gente che forse sente il bisogno di spendersi per il bene comune. È un patrimonio da non disperdere. Quanti si sono messi in gioco costituiscono un potenziale che forse ha bisogno di una palestra in cui esercitare un confronto qualificato e generativo. La scuola socio-politica Giuseppe Toniolo c’è anche per questo. Immergendoci nel pensiero di Toniolo – dice monsignor Sorrentino che è stato anche postulatore della causa di Beatificazione – l’economia e la politica insieme hanno da guadagnare. Dieci anni fa la scuola cominciò nel quadro del cammino catechistico diocesano. Era una maniera di sottolineare che la dottrina sociale non è un optional, ma appartiene alla formazione integrale del cristiano. È approdata poi al Serafico, in cui ora trova non soltanto un luogo fisico accogliente, ma un ambiente vitale. Dice, con la sua stessa collocazione, che la costruzione del bene comune, vocazione propria della politica, si fa a partire dagli “ultimi”, da quanti hanno più bisogno di affetto e di cura, e pertanto devono essere i primi nei pensieri della società e della democrazia. Lo stesso papa Francesco – sottolinea ancora il vescovo – nel discorso al Serafico tenuto a Roma in occasione del 150°, lo ha ricordato. Il cammino della Scuola si è arricchito, strada facendo, di quanto ad Assisi è avvenuto nel contesto del Santuario della Spogliazione. Nel luogo dove Francesco si spogliò di tutto e dove riposa il corpo del giovane Beato Carlo Acutis, è nato un premio intitolato all’economia della fraternità, il cui statuto contempla una specifica sinergia con la scuola-socio politica Toniolo. Altra sinergia si profila all’orizzonte con il Centro “Fratelli tutti” prossimo all’inaugurazione a Foligno. La scuola Toniolo diventa così un punto di riferimento per una tessitura tematica e formativa che intende offrire ampie possibilità di riflessione ed impegno, aprendosi anche a fruizioni che vanno oltre Assisi. In sintonia peraltro col grande processo che si sta sviluppando nel mondo con il cammino di “Economy of Francesco”.

Perugia – la lettera di inizio 2022 del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti alla comunità diocesana dedicata al Cammino sinodale, “l’esatto contrario di tutte le chiusure e gli egoismi, che anche la diffusione del Covid-19 ha alimentato”.

“Vorrei, per tutti coloro che, docili allo Spirito, si sono posti in un cammino sinodale, ripresentare tre parole espresse da Papa Francesco nell’incontro di Firenze del 2015: umiltà, disinteresse, beatitudine”. È quanto scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella sua lettera di inizio 2022 alla comunità diocesana dedicata al Cammino sinodale della Chiesa italiana, a partire dalle sue 227 diocesi, consultabile integralmente sul sito: www.diocesi.perugia.it

Una chiesa pienamente credibile. “Certamente, una chiesa che presenta questi tratti di umiltà, disinteresse, beatitudine – prosegue il cardinale –, è una chiesa che sa riconoscere l’azione di Dio, nei suoi confronti e nei confronti del mondo, attraverso la vita quotidiana della gente. Una chiesa che non si chiude, che offre ospitalità a tutti, rendendo presente il vangelo di Cristo, è pienamente credibile. Il vangelo perciò deve diventare una presenza che ‘abita’ la vita degli uomini, una presenza sempre nuova perché non può esistere condizione umana che non possa essere toccata dalla Parola di Dio. Solo una tale ‘presenza’, semplice, ma concreta, in mezzo agli uomini e alle donne e in seno alla società sfiduciata, apatica e delusa, quale è quella in cui viviamo, potrà essere una forza rigeneratrice”.

“Una chiesa che accoglie Gesù, dice il Papa, è una chiesa che sperimenta, vive e annuncia, con la sua testimonianza, lo spirito delle Beatitudini. Ma per testimoniare occorre vedere e ascoltare, e l’ascolto è molto più che udire e ‘sentire’. Ascoltando gli altri, tutti abbiamo molto da imparare. Dice il Papa: ‘Popolo fedele, Collegio Episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri, e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo spirito della verità, per conoscere ciò che Egli dice alle chiese’”.

Il Signore, per primo, dà l’esempio. “Mettiamoci all’opera, con coraggio, fiducia e tanta gioia, perché è il Signore che per primo ci dà l’esempio, la forza e il coraggio per intraprendere questo cammino, che è l’esatto contrario di tutte le chiusure e gli egoismi, che anche la diffusione del covid ha alimentato”.

Il cammino dal basso. “Fratelli e figli, amati nel Signore, il mio episcopato sta per concludersi, ma per quel po’ che mi resta, assieme al vescovo ausiliare mons. Marco e tutti voi, voglio continuare a camminare con questa nostra chiesa perusina-pievese e condividere le tappe del cammino sinodale ‘dal basso’, come ci ha chiesto Papa Francesco”.

L’invito del pastore Bassetti. “È però importante ricordare – conclude il cardinale – che nella vita cristiana per camminare un po’, occorre molto pregare. A questo vi invito con la sollecitudine di vostro pastore”.

Spoleto – Festa di S. Ponziano 2022. Mons. Boccardo: «Al patrocinio di S. Ponziano deve corrispondere, sia in campo civile che ecclesiale, una rinnovata coscienza di comunità … superando le tristi schermaglie autoreferenziali, il consociativismo di comodo o, magari, perfino l’arroganza, l’opportunismo e l’ottusa demagogia»

«Ad ogni ritorno del 14 gennaio ci è caro celebrare la memoria di Ponziano, un giovane ardente e generoso, che con il vigore di una fede limpida ha presieduto al configurarsi di questa comunità cristiana, segnando del suo nome la nostra vicenda e la nostra identità». Con queste parole l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha avviato l’omelia per la festa del patrono della Città di Spoleto e della Diocesi, S. Ponziano. Il solenne pontificale si è tenuto venerdì 14 gennaio 2022 nella Basilica Cattedrale di Spoleto, ed è stato trasmesso in diretta nei canali social della Diocesi.

Celebrazioni ridotte a causa del Covid. Per il secondo anno consecutivo, a causa dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, le celebrazioni si sono tenute in forma ridotta. Sono stati annullati, infatti, due appuntamenti: il convegno che precede la festa (era previsto per il 13 gennaio un dialogo sul tema “La Chiesa che vorrei” con il card. Matteo Maria Zuppi arcivescovo di Bologna e l’on. Luciano Violante già presidente della Camera dei Deputati, che si spera di recuperare più avanti) e la processione del 14 pomeriggio per riportare dal Duomo la reliquia del Santo nella Basilica a lui dedicata.

Al solenne pontificale, concelebrato da diversi sacerdoti, hanno preso parte autorità civili e militari, tra cui: Paola Agabiti, assessore regionale alla programmazione europea, bilancio e risorse umane e patrimoniali, turismo, cultura, istruzione e diritto allo studio; Stefania Proietti, presidente della provincia di Perugia; Andrea Sisti, sindaco di Spoleto; Nicola Alemanno, sindaco di Norcia; altri primi cittadini dei Comuni che ricadono nel territorio della Diocesi. Il servizio all’altare è statu curato dai seminaristi e dal gruppo ministranti, coordinati dal cerimoniere arcivescovile don Pier Luigi Morlino. La liturgia è stata animata nel canto dalla Corale diocesana diretta da Mauro Presazzi, con all’organo Angelo Silvio Rosati.

S. Ponziano discepolo del Signore. L’Arcivescovo nell’omelia si è soffermato sulle due coordinate essenziali dell’esistenza di S. Ponziano. La prima è quella che lo qualifica come discepolo del Signore: «Alla sua scuola – ha detto – torniamo a testimoniare con coraggio il messaggio salvifico del Vangelo, capace, oggi come allora, di cambiare il male in bene, le tenebre in luce, la disperazione in fiducia, la violenza in pace, la morte in vita».

S. Ponziano patrono di Spoleto. La seconda caratteristica del martire è quella di patrono della Città. «Sotto la sua protezione la Città ha attraversato nei secoli vicissitudini turbinose – raccolte nell’immagine sempre eloquente del terremoto – rimanendo viva e vivace. Per questo noi – pur con i problemi e le difficoltà (che sulla terra sono immancabili) e pur con le debolezze di pensiero e di comportamento che oggi affliggono non solo noi ma l’intera società – abbiamo di che rallegraci di essere spoletini e della protezione di S. Ponziano, esperimentata nel tempo e che oggi insieme ancora invochiamo contro un virus insidioso e maligno, non possiamo non considerare – ha detto mons. Boccardo – come al suo patrocinio debba corrispondere sia in campo civile che ecclesiale una rinnovata coscienza di comunità. Se vogliamo dare un volto veramente umano al nostro con-vivere, dobbiamo sentirci e riconoscerci come una comunità di vita, capace di condividere valori, prospettive, diritti e doveri, capace di pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme. Un tale percorso – ha proseguito il Presule – significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, pur se in diversa misura, protagonista del presente e del futuro di questa società. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri, consapevoli di ciò che ci unisce più di quanto ci divide, senza aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore il mondo. C’è bisogno di attenzione, di approfondimento continuo, di cercare e riconoscere il bene, di farlo durare e dargli spazio. Questo modo di procedere permette di avvedersi di molte buone pratiche, di fecondi scambi, dell’importanza della diversità, della presenza di menti e di cuori disponibili ad un impegno serio, lucido e generoso. Lo stile di attenzione con cui la comunità si guarda intorno e si prende operosamente cura della vita delle persone e delle istituzioni, garantisce il terreno e l’atmosfera necessaria per riconoscere e far maturare i germogli di un “amore politico e sociale” (cf Lettera Enciclica “Fratelli tutti”, 180), superando – ha concluso l’Arcivescovo – le tristi schermaglie autoreferenziali, il consociativismo di comodo o, magari, perfino l’arroganza, l’opportunismo e l’ottusa demagogia».

Al termine della Messa, mentre Vescovo, presbiteri e fedeli uscivano dalla Cattedrale, il gruppo ottoni della Banda Musicale “Città di Spoleto” dalla loggia del Duomo ha omaggiato S. Ponziano con l’inno in onore al martire e altri pezzi musicali.

Concattedrale di Narni – ingresso del vescovo Francesco Soddu

Nella domenica del Battesimo del Signore, il 9 gennaio 2022, il neo vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Francesco Antonio Soddu ha fatto l’ingresso a Narni. Sul sagrato della concattedrale dei Santi Giovenale e Cassio è stato accolto dal parroco don Sergio Rossini, dal vicario foraneo di Narni don Angelo D’Andrea, da alcuni canonici della concattedrale, dai sacerdoti della vicaria di Narni e dal sindaco Francesco De Rebotti che ha salutato calorosamente il nuovo vescovo di Narni a nome dell’intera comunità cittadina, insieme all’assessore alla Scuola Tiziana Pacciaroni.
All’ingresso in chiesa, dopo il bacio della croce, è seguita la processione lungo la navata centrale della chiesa accompagnata dall’inno eseguito dalla corale della Cattedrale.
“Battezzato il Signore, si aprirono i cieli e come una colomba lo Spirito scese su di lui, e la voce del Padre disse questi è il mio Figlio l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento – ha ricordao il vescovo nell’omelia – Bellissima l’immagine del cielo che si apre. Come se fosse un sipario…ma non un sipario di un teatro in cui si eseguono commedie o opere. No! Il cielo si apre per effondere sul mondo, sull’umanità intera, su noi che siamo qui, tutta la ricchezza nel cielo contenuta. Io credo che quanti di voi, quanti di noi, hanno ricevuto la grazia della paternità o della maternità, udendo queste parole si sentono coinvolti esistenzialmente ed emotivamente. Quasi la soddisfazione del Padre nel presentare al mondo il Figlio. Egli è l’amato, cioè viene nel mondo a manifestare, incarnare e far radicare non un amore qualsiasi, ma l’amore stesso del Padre, che si compiace del Figlio, lo attesta lo Spirito Santo, e Lui il Figlio fatto uomo, in unione e comunione col Padre e lo Spirito, inizia la sua missione santificatrice nel mondo…in mezzo agli uomini e alle donne”.
Al termine della celebrazione il parroco dopo aver ringraziato il vescovo per la sua presenza e per le parole di incoraggiamento rivolte alla comunità narnese, a nome dei sacerdoti della vicaria, gli ha donato una croce pettorale, riproduzione di quella di San Giovanenale, la croce del patrono di Narni che il vescovo Soddu ha indossato nella celebrazione per il suo ingresso a Narni.
Infine si è recato nella cripta che custodisce le spoglie di San Giovenale per un momento di preghiera e venerazione.
L’OMELIA DEL VESCOVO