La festa del santo patrono Giovenale è per la comunità narnese un forte momento d’incontro, nel rinnovare la tradizione religiosa e culturale nelle sue diverse valenze. La festa liturgica, il 3 maggio, è stata celebrata con il solenne pontificale presieduto dalvescovo Francesco Antonio Soddu e la processione per le vie della città con il busto del Santo e la benedizione a piazza dei Priori.
San Giovenale primo vescovo di Narni vissuto nel IV secolo, originario dell’Africa del nord, giovane medico, giunge a Roma, forse per sfuggire alle persecuzioni o perperfezionare gli studi. Per la sua pietà il papa San Damaso I lo ordinò vescovodi Narni nel 368. Giovenale svolse con amore e fedeltà il ministero, affidatogli da Gesù alla guida della comunità. Si pose ad evangelizzare,organizzando la vita civile e soprattutto ecclesiale.
Una presenza viva quella di San Giovenale, che con la sua predicazione divenne l’anima dell’intera città nei secoli difficili delle persecuzioni contro i cristiani. Ancora oggi la festa in suo onore si rinnova con la solennità che da sempre i narnesi riservano al loro santo patrono.
Alla celebrazione nella concattedrale di Narni erano presenti il sindaco Francesco De Rebotti, che ha donato l’olio e acceso la lampada davanti al bustodi San Giovenale e recitato la preghiera al santo patrono, la presidente della provincia di Terni Laura Pernazza, il prefetto vicario di Terni Andrea Gambassi, il questore di Terni Bruno Failla, autorità civili e militari, i rappresentanti delle parrocchie del narnese che hanno offerto i ceri, i rappresentanti dei Terziari Fraporta, Mezule e Santa Maria e del corteo storico della Corsa all’anello, i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme e tanti fedeli narnesi. Hanno concelebrato il parroco don Sergio Rossini, il vicario generale della diocesi mons. Salvatore Ferdinandi, i canonici del capitolo della Concattedrale di Narni, i sacerdoti della vicaria di Narni.
Ricordandola figura del santo patrono e primo vescovo di Narni, mons. Soddu ha sottolineato come: «San Giovenale è per noi oggi, oltre che patrono, protettore, intercessore, modello fulgido che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo del Signore; ha saputo essere di lui carne viva nel tempo in cui ha vissuto».
«San Giovenale nostro insigne patrono, come Gesù, ha dato la vita per il gregge equindi per noi. Il motivo fondamentale per cui il Signore offre la sua vita, lo abbiamo sentito, è per l’unità. L’unità significa non divisione, non contrapposizione e neanche lacerazione. Unità comporta dunque impegno, costanza e perseveranza. Per noi cristiani significa poggiare sul fondamento della nostra fede e quindi della nostra vita, che si motivano unicamente in Dio. Ogni altra motivazione è soggetta a derive che inevitabilmente portano alla disgregazione e alla frantumazione. Adoperarsi per l’unità significa infatti mettere in campo tutte le forze per poter sempre di più essere conformi all’immagine di Dio, che in se stesso è appunto unità perfetta. L’immagine che il mondo in questi giorni sta dando di se stesso ne è la prova più evidente. Ma questo vale per tutto: dal nostro essere personale ai rapporti interpersonali, familiari, parentali, parrocchiali, presbiterali, cittadini, nazionali. Tutto ciò, costituendo il nostro essere e la nostra sussistenza, è di estrema preziosità ed altrettanta fragilità; necessita pertanto di essere custodito e salvaguardato con estrema cura. Chiediamo al Signore che attraverso il nostro impegno possa instaurarsi ancora oggi l’unità della concordia tra le famiglie, nelle famiglie, tra le città, tra le nazioni, nel mondo intero». Altermine della celebrazione il corteo storico, musici, tamburini, bambini e ragazzi del catechismo, i sacerdoti e le autorità sono usciti in processione con il busto di san Giovenale fino a piazza dei Priori dove il vescovo Soddu ha salutato la cittadinanza e impartito la benedizione alla città.
Mag, 2022
Perugia: A Ponte Pattoli apre il quinto Emporio della Solidarietà Caritas, intitolato a mons. Gustavo Coletti (1938-2020), indimenticabile storico parroco, sacerdote diocesano deceduto per il Covid-19.
C’è grande attesa nelle comunità della IV Zona pastorale “Valle del Tevere Nord” dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, di 40mila abitanti, per l’imminente inaugurazione dell’Emporio della Solidarietà Caritas in Ponte Pattoli (Pg), situato al piano terra di un edificio di via Antonia 61, nelle vicinanze del campo sportivo; cerimonia in programma mercoledì 4 maggio (ore 17), che vedrà intervenire il cardinale Gualtiero Bassetti, il direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli, i parroci della Zona pastorale e i rappresentanti di Istituzioni civili e religiose, del mondo imprenditoriale e realtà sociali del capoluogo umbro. È il quinto emporio che la Chiesa diocesana, attraverso la sua Caritas, attiva in quattro aree sensibili del suo territorio, su incoraggiamento del cardinale Bassetti nel seguire con attenzione il fenomeno povertà in aumento per la crisi economica che riguarda sempre più famiglie italiane.
Apertura bisettimanale per 90 famiglie. Un’attesa iniziata a luglio 2021, quando, spiega Elena Gattavilla, coordinatrice dei cinque Empori della Solidarietà, «è stato messo in cantiere il suo progetto terminato pochi giorni fa grazie all’opera di 49 volontari di cui diversi giovani della “Gi.Fra.”, la Gioventù Francescana, guidati da padre Damiano Romagnolo, che hanno provveduto al suo allestimento su una superficie di 110 mq. Determinanti anche non pochi benefattori e aziende che hanno rifornito l’emporio di prodotti alimentari e per l’igiene intima e della casa. Questo permetterà, da sabato 7 maggio, a 90 famiglie in gravi difficoltà di fare la “spesa”; famiglie che hanno già ricevuto la tessera di accesso all’emporio dopo essersi recate presso i Centri di ascolto parrocchiali di Bosco, Villa Pitignano, Pierantonio e Ponte Pattoli. Stimiamo di poter arrivare entro la fine dell’anno ad aiutare complessivamente 500 persone, alleggerendo l’emporio di Ponte San Giovanni dove diverse di queste famiglie già si recavano. L’emporio di Ponte Pattoli sarà fruibile, per il momento, due volte alla settimana, il mercoledì pomeriggio (ore 16-19) e il sabato mattina (ore 9-12)».
Anche luogo di relazione. «Siamo fiduciosi della collaborazione e dei contributi di tante aziende e imprenditori che operano nella zona – sottolinea la responsabile –, affinché non manchi mai nulla a queste persone. Anche un “piccolo” aiuto materiale trasmette fiducia e speranza a chi vuole riscattarsi, a chi vuole ricostruirsi un futuro dignitoso. Ed è di sostegno anche sapere di non essere lasciati soli nella difficoltà. Infatti, l’emporio è anche un luogo di relazioni umane intessute dai volontari con chi è nel bisogno. In questo è fondamentale il ruolo di volontari ben motivati e formati. Non è un caso che la responsabile di questo quinto emporio sia Nadia Riccini, dirigente scolastico a riposo, che passa dalla missione educativa a quella socio-caritativa e di sostegno umano e materiale».
L’Emporio “Don Gustavo”. E a un grande educatore-formatore di giovani è intitolato l’emporio di Ponte Pattoli. Parliamo di mons. Gustavo Coletti (1938-2020), l’indimenticabile parroco della frazione perugina che l’ha guidata spiritualmente e socialmente per più di mezzo secolo, il primo dei tre sacerdoti diocesani deceduti per il Covid-19. Sensibile a quanti si trovavano in gravi difficoltà, don Gustavo non esitava a sostenerli concretamente, divenendo per molti importante punto di riferimento di prossimità. «È stato il sacerdote della semplicità di un sorriso, dell’accoglienza, della prossimità». Così lo ricorda don Riccardo Pascolini, uno dei giovani “convertiti” al Vangelo e alla Chiesa da don Gustavo. «La semplicità del “vecchio parroco di campagna”, come spesso si definiva lui stesso – prosegue don Pascolini –, lo ha contraddistinto per tutta la vita. La famiglia, per don Gustavo, era tutta la parrocchia, non solo quella di origine. Era il prete dell’amicizia e di una predicazione forte, carismatica, puntuale. La sua semplicità è stata la chiave con cui ha “conquistato” fin dall’inizio tutta la comunità locale e molto del suo sviluppo sociale lo deve a don Gustavo».
I primi quattro Empori. Tra il 2014 e il 2016 sono stati attivati nell’Archidiocesi quattro Empori dalla Caritas diocesana con il coinvolgimento di parrocchie e realtà socio-caritative, grazie alla collaborazione di aziende e privati benefattori. Si tratta degli empori “Tabgha” di Perugia città (zona vie Cortonese e Settevalli, Stazione ferroviaria e quartiere Madonna Alta), “Divina Misericordia” di San Sisto-Sant’Andrea delle Fratte, “Siloe” di Ponte San Giovanni e “Betlemme” di Marsciano. Insieme all’emporio “Don Gustavo” coprono il fabbisogno delle famiglie che si rivolgono alle parrocchie di cinque delle sette Zone pastorali dell’Archidiocesi. A tutt’oggi, incluso il “Don Gustavo”, le tessere attive degli empori sono 1.800, oltre a 250 tessere baby, a sostegno di 1.800 famiglie e per un totale di oltre 5.000 assistiti. Nell’ultimo anno i quattro empori hanno registrato un sensibile aumento di cui più del 35% è dovuto alle tessere rilasciate a famiglie italiane. I volontari attualmente impegnati in tutti gli empori sono 211. Dato significativo del 2021 è la quantità di prodotti in entrata nei quattro empori, pari a 1.064,35 tonnellate di cui 837,17 sono state distribuite.
Apr, 2022
Perugia – inaugurata dal cardinale Bassetti la seconda mensa della Caritas diocesana. Il presule: «un luogo accogliente dal calore di una grande famiglia»
«Sul tramonto del mio episcopato vedo sorgere un segno bello di carità, un sogno che ho sempre nutrito e che oggi si realizza: favorire una nuova mensa dei poveri nella nostra città, un luogo accogliente che dia loro il calore di una grande famiglia. Attraverso questa mensa si possa ricostituire il clima vero della famiglia per chi è solo, per chi è povero, per chi non ha affetti». È il commento del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti all’inaugurazione della seconda mensa della Caritas diocesana realizzata a Perugia città, avvenuta all’ora di pranzo di venerdì 29 aprile, presso il “Villaggio della Carità-Sorella Provvidenza”, alla presenza dei rappresentanti delle massime istituzioni civili del capoluogo umbro e del mondo imprenditoriale regionale, dal prefetto al sindaco, dalla direttrice del carcere ai vertici della confindustria. Una presenza che testimonia la proficua collaborazione in ambito sociale, tra Chiesa e Istituzioni, avviata da tempo per contrastare vecchie e nuove povertà.
La solitudine, povertà terribile. La mensa, intitolata “Don Gualtiero”, al cardinale Bassetti per la gratitudine della Chiesa diocesana verso il suo Pastore che ha messo sempre i poveri al centro del suo ministero episcopale, ministero – come lo stesso presule ha ribadito – sta per concludersi per limiti di età, è la seconda dopo la mensa “San Lorenzo” operativa dal 2008 in pieno centro storico, frutto di una collaborazione con il Comune di Perugia. «Ora il “Villaggio della Carità-Sorella Provvidenza” si avvia alla sua completezza – ha aggiunto il cardinale – e ringrazio, innanzitutto, il Signore e i figli di san Francesco, i Frati Minori Cappuccini, i padroni di casa di questo complesso, che dal 2014 l’hanno dato in comodato d’uso gratuito alla Caritas diocesana. Questa della mensa è un’opera segno che si aggiunge alle tante altre della nostra Diocesi che cercano di abbattere la solitudine, soprattutto degli anziani, perché, credetemi, la solitudine è una delle forme di povertà più terribili».
Non mancano le preoccupazioni. Lo ha ricordato ancora una volta il cardinale Bassetti, nel dire che «la pandemia non è finita, non illudiamoci, e poi c’è questa guerra terribile. Abbiamo tante angustie che le vogliamo affidare al Signore. E Lui, proprio in proporzione delle sofferenze e delle angustie che gli affidiamo – ha concluso Bassetti – faccia germogliare nel nostro cuore altrettante speranze».
Una cittadella della carità. Il direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, nel dare il benvenuto a quanti hanno voluto condividere l’avvio di questa nuova opera segno, ha sottolineato l’importanza anche sociale della mensa “Don Gualtiero” nel dire: «è un’opera bella nella sua struttura, ma è bella anche per quello che vuole portare alla nostra città nell’essere di aiuto ai poveri economici, ma anche a tutte le persone ed anziani soli che abitano nei palazzi vicini e alle famiglie che vogliono vivere l’esperienza di un pranzo con i poveri per conoscerli e dare loro un volto. Questa mensa è un valore aggiunto che va ad arricchire e a completare il “Villaggio della Carità”. È la prima parte di un progetto finanziato dall’8xMille della Chiesa cattolica, che comprende altri sei appartamenti per famiglie in gravi difficoltà abitative, così da ospitarne 21 per complessive 80 persone e un servizio docce al piano terra. Il “Villaggio della Carità” è anche sede dell’Emporio “Tabgha” dove vengono a fare la “spesa” settimanale 800 famiglie, del Consultorio medico frequentato da 700 persone in un anno, e del Centro di ascolto diocesano con i suoi 70mila interventi nell’ultimo anno».
Le Edizioni Frate Indovino. «È una vera e propria cittadella della carità – ha evidenziato don Briziarelli – in collaborazione con la Provincia Serafica e dell’Immacolata Concezione dei Frati Cappuccini dell’Umbria e con la sua realtà produttiva e culturale delle Edizioni Frate Indovino, con cui stiamo portando avanti tanti progetti. Uno di questi è quello di avere a mensa, nei giorni lavorativi, otto dipendenti delle Edizioni Frate Indovino, che daranno un contributo importante alla sua gestione, oltre a proseguire l’attività di collaborazione frutto di un accordo di volontariato d’impresa già avviato tra le stesse Edizioni e la nostra Caritas diocesana».
Maggio ricco di iniziative. Ad annunciarlo è stato sempre don Marco Briziarelli nel sottolineare che l’imminente mese di maggio «è ricchissimo per tutta Perugia… Il 4 maggio, a Ponte Pattoli (frazione di Perugia), sarà inaugurato in Diocesi il quinto Emporio della Solidarietà, intitolato al parroco don Gustavo Coletti, il primo sacerdote perugino a morire di Covid-19. A seguire il progetto “Fili d’argento” per gli anziani soli e la presentazione dell’annuale rapporto sulle povertà curato dal nostro Osservatorio diocesano. Sarà una presentazione molto importante perché farà conoscere i dati sulla povertà emersa nel 2021, l’anno centrale della pandemia. Nella seconda metà di maggio sarà inaugurata un’altra opera di carità, la struttura di accoglienza realizzata nel complesso dell’antica chiesa di San Giovannino, anch’essa in pieno centro storico, un progetto curato dall’associazione socio-culturale Beata Colomba da Rieti».
Una basilica maggiore. «Queste opere sono belle quando si fanno assieme, perché sono espressione di una comunione, di una famiglia». Lo ha sottolineato padre Matteo Siro, provinciale dei Frati Minori Cappuccini dell’Umbria, intervenendo all’inaugurazione. «Dobbiamo ringraziare il Signore – ha proseguito il religioso – perché quest’opera è frutto di tanto amore donato, di tanto tempo, di tante forze, di tanta sinergia tenuta assieme dall’amore evangelico. Questo luogo parla da solo, non c’è molto da dire, c’è molto da vivere. Qui parole come carità, prossimità, vicinanza si declinano, si coniugano e trovano la loro applicazione nel concreto, non solo nell’ideale, ma nel concreto di chi come i volontari e gli operatori spendano la loro vita tutti i giorni nell’incontro e nelle difficoltà delle persone che sono molteplici. Padre Matteo Siro ha concluso con le parole del vescovo santo don Tonino Bello definendo l’opera della mensa e dell’intero “Villaggio della Carità” una “basilica maggiore”, perché, come disse don Tonino a un gruppo di giovani, le basiliche maggiori della Chiesa sono i poveri, lì il Signore sì manifesta.
Profumo di buono. A profumare di buono non erano solo le pietanze del pranzo inaugurale offerto ai presenti, ma, come ha sottolineato il prefetto Armando Gradone, «c’è un odore di buono, perché c’è la presenza di persone che profumano di buono, che rappresentano il meglio di questa collettività e sono una forza straordinaria di questo territorio. Esse sono una risorsa molto preziosa anche per la Prefettura, anche per lo straordinario lavoro di accoglienza che la Chiesa locale mette in campo per le popolazioni migranti».
Luogo di rinserimento sociale. Tra gli operatori della mensa “Don Gualtiero”, ha segnalato il direttore della Caritas don Briziarelli, ci sono anche tre detenuti del Carcere di Capanne, in regime di semilibertà (art. 21), attraverso tre borse-lavoro finanziate dal Comune di Perugia, un’opportunità non secondaria per il loro percorso di rinserimento sociale.
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Come accedere alla mensa. Nella fase di avvio e nel rispetto delle norme anti Covid-19, la nuova mensa ospiterà, per il momento solo a pranzo (da lunedì a sabato, ore 12-14), fino a 50 persone (più avanti potranno essere 75) e non soltanto in gravi difficoltà economiche (queste accederanno gratuitamente al servizio dopo essersi rivolte al Centro di Ascolto diocesano la cui sede è sempre presso il “Villaggio della Carità”, aperto dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13), ma anche persone sole che intendono consumare un pasto in compagnia (queste, invece, potranno accedere alla mensa versando un contributo volontario). I pasti (primo, secondo, contorno e frutta-dessert) saranno cucinati in loco da cuochi volontari utilizzando materie prime di qualità donate o acquistate. Gli ospiti, soprattutto, troveranno un clima molto familiare grazie all’accoglienza riservata loro da 28 volontari che a turno presteranno servizio in cucina e in sala mensa. I pasti saranno di «gustosi e dal sapore casalingo», come ha ribadito il responsabile della mensa Victor Bertoli, volontario cuoco, di professione ingegnere.
Apr, 2022
Perugia – la seconda mensa Caritas inaugurata dal cardinale Bassetti il 29 aprile. Ospiterà a pranzo da 50 a 75 persone accolte e servite da 28 volontari. Una mensa aperta a tutti con priorità a poveri, anziani soli e a chi desidera condividere un pasto.
Dal 29 aprile (ore 12) sarà ufficialmente operativa la seconda mensa della Caritas diocesana realizzata a Perugia città, dopo la “San Lorenzo” attiva dal 2008 in pieno centro storico, che verrà inaugurata dal cardinale Gualtiero Bassetti, presso il “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” in via Montemalbe 1 (zona via Cortonese). Questa mensa, di fatto, è già operativa da marzo nel fornire pasti a quindici profughi ucraini accolti dal vicino “Rifugio Francescano” dei Frati Cappuccini della Provincia Serafica dell’Umbria, ordine religioso che, nel 2014, ha dato in comodato d’uso gratuito alla Caritas diocesana il complesso dove sorge il “Villaggio della Carità” gestito dalla Fondazione “San Lorenzo”, braccio operativo della stessa Caritas.
La mensa “Don Gualtiero”. Quest’ultima opera segno, che è stata fortemente voluta dal cardinale Bassetti, annuncia il direttore della Caritas, don Marco Briziarelli, «l’abbiamo intitolata al nostro vescovo don Gualtiero, Sua Eminenza il cardinale Bassetti, grati per la sua grande anima di carità nell’aver messo sempre i poveri al centro del suo ministero. Questa è una nuova opera-punto di ristoro che si aggiunge alla mensa “San Lorenzo”, che continuerà la sua attività per le persone in difficoltà del centro storico, mentre la mensa “Don Gualtiero” rivolge il suo sguardo alle povertà dei quartieri periferici della città che ruotano attorno alla stazione ferroviaria di Fontivegge».
Una mensa anche relazionale. Questa nuova mensa, precisa il direttore Caritas, «non vuole essere esclusivamente una mensa per i poveri di natura economica, ma una mensa “relazionale” che sia attenta anche ad altre povertà quali la solitudine di tanti anziani e famiglie che incontrano difficoltà ad arrivare alla fine del mese, che non sono certificate tra quelle povere». L’auspicio, sottolinea don Briziarelli, «è che questo luogo sia un ambiente di incontro, di relazione e di esperienza per dare un volto alle persone che vivono difficoltà umane e materiali, quindi una mensa aperta anche a famiglie che decidono di pranzare un giorno con i poveri. A queste verrà chiesto di contribuire alla gestione della mensa con un’offerta libera».
Parte integrante di un progetto più grande è la mensa “Don Gualtiero”. A spiegarlo è sempre don Briziarelli nell’evidenziare che «rappresenta un completamento importante di questo progetto che sarà definitivo non appena inaugureremo i nuovi sei grandi appartamenti che si aggiungono ai sei attuali del “Villaggio della Carità”, portando la sua capienza recettiva a ben 21 famiglie ospitate per un totale di 80 persone che attualmente sono una cinquantina. Contributo fondamentale per questo progetto – conclude il sacerdote – è giunto dall’8xMille della Chiesa cattolica, per un importo complessivo di 250.000 euro, che comprende la mensa, i sei nuovi appartamenti, il servizio doccia e l’area verde con giochi per bambini».
Come accedere alla mensa. Nella fase di avvio e nel rispetto delle norme anti Covid-19, la nuova mensa ospiterà, per il momento solo a pranzo (da lunedì a sabato, ore 12-14), fino a 50 persone e non soltanto in gravi difficoltà economiche (queste accederanno gratuitamente al servizio dopo essersi rivolte al Centro di Ascolto diocesano la cui sede è sempre presso il “Villaggio della Carità”, aperto dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13), ma anche persone sole che intendono consumare un pasto in compagnia (queste, invece, potranno accedere alla mensa versando un contributo volontario). I pasti (primo, secondo, contorno e frutta-dessert) saranno cucinati in loco da cuochi volontari utilizzando materie prime di qualità donate o acquistate. Gli ospiti, soprattutto, troveranno un clima molto familiare grazie all’accoglienza riservata loro da 28 volontari che a turno presteranno servizio in cucina e in sala mensa.
Un cuoco-ingegnere coordinatore. Superata l’emergenza da Covid-19, la mensa “Don Gualtiero” potrà ospitare fino ad un massimo di 75 persone, le cui pietanze saranno servite attraverso self-service. Ad annunciarlo è Victor Bertoli, ingegnere elettromeccanico italo-argentino a riposo con diploma di cuoco rilasciato dall’Università dei Sapori di Perugia, volontario Caritas. «Anche il cardinale Bassetti, venerdì prossimo, pranzerà ritirando il pasto al self-service come tutti i commensali – precisa Victor –, così da inaugurare anche questo sistema di distribuzione che stiamo collaudando da un mese nell’ospitare un gruppo di profughi ucraini, come anche l’intero servizio cucina-mensa affidato a volontari ben formati la cui opera è fondamentale. Essi, quotidianamente, saranno una decina impegnati nei servizi cucina, sala e accoglienza. Quest’ultima ha la sua importanza ed è coordinata dall’assistente sociale del Centro di ascolto diocesano». Inoltre, sottolinea il responsabile, «consegneremo il pasto da asporto per la domenica e i festivi, ma è importante soddisfare il più possibile i nostri “clienti” nel servire loro pietanze di qualità come in un normale ristorante».
Chi è Victor Bertoli. «Come papa Francesco – racconta Victor – faccio parte della seconda generazione di italiani nati in Argentina. Ho lavorato anche in Italia nella componentistica dell’industria automobilistica del gruppo Fiat. Prima di andare in pensione mi sono occupato di gestione e gestire una mensa, per me, non è un problema anche perché ho tanta passione per la cucina. Non sono nuovo al mondo del volontariato, avendo già fatto esperienza con la Croce Rossa per un bel po’ di tempo. Quando ho saputo che la Caritas cercava dei volontari per il servizio mensa, ho inviato i miei dati mettendomi a disposizione per contribuire alla realizzazione del progetto. Sono stato spinto dalla volontà di aiutare il prossimo e nel mio ruolo credo che sia importante preparare pasti gustosi, dal sapore casalingo, per persone che difficilmente potrebbero permettersi il ristorante». In sintesi, secondo il volontario Victor, l’obiettivo Caritas è quello di offrire un “ristoro-ristorante” a persone in gravi difficoltà non solo economiche.
Apr, 2022
Foligno – inaugurazione del centro caritativo “Fratelli tutti”
Sabato 30 aprile alle ore 11.00 sarà inaugurato a Foligno, in viale Ancona 142, il nuovo centro caritativo e formativo della Diocesi di Foligno denominato “Fratelli tutti”, con la presenza del Card. Gualtiero Bassetti Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Un grande dono d’amore, come sottolinea il Vescovo di Foligno Domenico Sorrentino, che dovrà diventare un luogo della vita diocesana in cui sperimentare l’ideale della fraternità attraverso la Caritas diocesana con l’accoglienza dei fratelli e sorelle più poveri e il rinnovamento evangelico della Chiesa e della società attraverso la Scuola di formazione teologica, il Laboratorio per il rinnovamento pastorale, la Scuola di Economia della fraternità.
Il nuovo centro “Fratelli tutti”, denominazione desunta dall’omonima enciclica di Papa Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale, dovrà diventare per la diocesi, come viene sottolineato nello statuto, un luogo-simbolo per dare alla carità le motivazioni profonde fatte di accoglienza e assistenza ai più poveri ma anche un luogo formativo dove declinare con creatività il comandamento dell’amore fraterno.
Apr, 2022
Il saluto di monsignor Domenico Sorrentino ai partecipanti alla marcia straordinaria della pace Perugia – Assisi
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo da poco ricevuto il saluto di papa Francesco. Ci ha chiesto due cose:
1. «accrescere la preghiera per la pace».
2. «avere il coraggio di dire, di manifestare che la pace è possibile».
Per voi, marciatori della pace, l’invito a manifestare sfonda una porta aperta.
Permettetemi di sottolineare, come mi è già capitato di fare nella Lettera ai governanti dei popoli, la prima richiesta del papa: «accrescere la preghiera per la pace».
Facciamo forse fatica a percepire la forza “strategica” di questa parola. Eppure è proprio questa il fondamento di una cultura della non-violenza, che non si limiti a dire “no” alle armi. Da solo, questo “no” potrebbe essere ambiguo. A chi è aggredito potrebbe apparire persino cinico, come una complicità con l’aggressore.
Dentro l’invito alla preghiera c’è l’invito alla conversione di ciascuno di noi, ma anche delle nostre istituzioni e delle nostre politiche. Noi cristiani siamo convinti – in sintonia con quanti esprimono la loro fede in modi diversi, come avvenne nella preghiera per la pace elevata qui da Giovanni Paolo II con i leaders religiosi del mondo il 27 ottobre 1986 e da noi rilanciata il 27 di ogni mese – che se non ritroviamo il senso di Dio come unico Signore della vita, di ogni vita, e come fondamento della nostra fraternità, non avremo abbastanza forza per riconoscere, anche come base delle nostre istituzioni nazionali e internazionali fino all’ONU, che nessuno di noi è padrone della vita, e nessuno può credersi in diritto di usare la forza per risolvere alla sua maniera i problemi del mondo.
La cultura della non-violenza è oggi di fronte a una sfida: dimostrare di avere la capacità di difendere veramente gli aggrediti sostenendo una diplomazia che poggi non su equilibri di potere, ma sulle ragioni della fraternità.
È questa la diplomazia che serve. Papa Francesco si è messo a disposizione. Ieri Zelenski ha detto che accoglierebbe la sua mediazione. E perché non potrebbe accoglierla anche Putin? Questa piazza è la grande scuola della diplomazia della pace di cui è maestro il Poverello di Assisi. Noi vogliamo aiutare le diplomazie ascoltando l’invito del Papa a compiere il primo atto, direi “popolare”, di questa diplomazia, e cioè un atto di verità con noi stessi e dentro noi stessi, di cui è appunto espressione la preghiera, o, per chi non sa pregare, la meditazione sul senso della vita e del mistero che la avvolge. Vi chiedo un minuto di silenzio orante, in cui ciascuno di noi si faccia carico intimamente delle sofferenze di tanti fratelli che stanno morendo e soffrendo in questa guerra e in tutte le guerre del mondo. Un silenzio orante che sia anche un atto di umiltà, in cui ci riconosciamo tutti “custodi” dei fratelli e delle sorelle, e facciamo arrivare un sentimento di fraternità persino a coloro che consideriamo nemici o che sono responsabili della guerra, chiedendo a Dio di toccare i loro cuori.
Questa piazza di pace diventi, almeno idealmente, il luogo ospitale di una diplomazia che metta subito fine a questa sciagurata guerra e ponga le premesse di una pace giusta e duratura in Europa e nel mondo. Grazie, popolo della pace!
Apr, 2022
Spoleto, celebrata in Duomo la Pasqua di Resurrezione. L’Arcivescovo: «Restiamo impotenti, offesi e umiliati di fronte a questa guerra che costituisce il fallimento dell’umanità. Un augurio particolare lo rivolgo ai circa duecento profughi dall’Ucraina accolti sul nostro territorio con il coordinamento della Caritas».
La sera di sabato 16 aprile 2022 nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la Veglia pasquale, concelebrata dai parroci della Città e animata dal coro della Pievania di Santa Maria. Per antichissima tradizione è “la notte di veglia in onore dei Signore” (Es 12, 42), giustamente definita “la veglia madre di tutte le veglie2 (S. Agostino). Questa solenne celebrazione è stata caratterizzata da quattro momenti salienti. La liturgia della luce: il mondo della tenebra è attraversato dalla Luce, il Cristo risorto, in cui Dio ha realizzato in modo definitivo il suo progetto di salvezza. In lui, primogenito di coloro che risorgono dai morti (Col 1, 18), si illumina il destino dell’uomo e la sua identità di “immagine e somiglianza di Dio” (Gn 1, 26-27). La liturgia della parola: le 7 letture dell’Antico Testamento sono un compendio della storia della salvezza. Nella consapevolezza che la Pasqua di Cristo tutto adempie e ricapitola, la Chiesa medita ciò che Dio ha operato nella storia. La liturgia battesimale: il popolo chiamato da Dio a libertà deve passare attraverso un’acqua che distrugge e rigenera. Con coloro che ricevono il battesimo, tutta la Chiesa fa memoria del suo passaggio pasquale, e rinnova nelle promesse battesimali la propria fedeltà al dono ricevuto e agli impegni assunti in un continuo processo di rinnovamento, di conversione e di rinascita. La liturgia eucaristica: il popolo cristiano, rigenerato nel battesimo per la potenza dello Spirito, è ammesso al convito pasquale che corona la nuova condizione di libertà e riconciliazione. Partecipando al corpo e al sangue del Signore, la Chiesa offre se stessa in sacrificio spirituale per essere sempre più inserita nella Pasqua di Cristo. L’Arcivescovo ha conferito i sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia a tre donne adulte.
Nell’omelia della Veglia mons. Boccardo ha detto che «la risurrezione di Cristo rigenera la nostra libertà, guarisce le sue illusioni, le assegna mete autentiche e costruttive. Ci dispone a collaborare con l’amore di Dio che dà la vita ad ogni creatura, nell’attesa umile ed operosa di quella risurrezione di tutto l’essere umano e di tutto l’universo che avrà il suo pieno compimento e la sua luminosa manifestazione quando e come il Padre vorrà».
Giorno di Pasqua: il pensiero del Vescovo alla guerra in Ucraina e ai profughi accolti dalla Caritas. La mattina di Pasqua mons. Boccardo ha celebrato due Messe: una a S. Lorenzo di Trevi per la riapertura della chiesa restaurata dopo il terremoto del 2016 e quella solenne in Cattedrale a Spoleto. Nell’omelia il Presule ha fatto riferimento alla guerra in Ucraina: «Restiamo impotenti, offesi e umiliati di fronte a questa guerra sacrilega e fratricida che non solo aggredisce, ma nega e viola la persona e costituisce il fallimento dell’umanità». Poi l’invito di mons. Boccardo ai numerosi presenti a fare ognuno la propria parte per la pace: «Se è vero – ha detto – che le sorti dei popoli sono prevalentemente in mano dei cosiddetti potenti, non è vero che io non posso fare nulla per costruire la pace. Posso iniziare vigilando su me stesso, estirpando dal mio cuore pensieri e sentimenti di violenza e di guerra, desideri di sopraffazione e di vendetta, imparando a guardare fuori di me, diffondendo semi e gesti concreti di pace e di giustizia, contribuendo fin da casa mia ad edificare una nuova civiltà in cui l’armonia, il rispetto, il dialogo e la conciliazione siano vissuti quotidianamente. E poi posso pregare: la preghiera è anche una protesta per la violenza del conflitto, ma soprattutto è la richiesta al Signore della storia che ci dia il grande dono della pace».
Lo speciale augurio del Vescovo agli ucraini accolti dalla Caritas. «Un augurio particolare – ha detto mons. Boccardo – lo rivolgo ai circa duecento profughi dall’Ucraina, specialmente mamme e bambini, accolti sul nostro territorio con il coordinamento della Caritas diocesana, e vorrei che il mio personale ringraziamento giungesse a tutti coloro che, in modi diversi, si sono fatti strumento di accoglienza e solidarietà mettendo a disposizione le proprie case, le proprie competenze, il proprio tempo, il proprio cuore». Alla celebrazione era presente il cive sindaco di Spoleto Stefano Lisci.
Apr, 2022
Perugia – La Veglia pasquale nella Notte Santa presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti. Il presule nell’omelia-messaggio augurale alla comunità diocesana: «E’ impossibile non sentire la bellezza e la gioia di questa chiamata: Cristo è risorto!»
«E’ per la nostra gioia che questa notte è illuminata come il giorno, mentre ci viene dato l’annuncio più grande che la storia abbia mai conosciuto: Cristo è risorto dai morti! Noi siamo quindi salvati, giustificati, redenti». Così ha esordito il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia-messaggio augurale alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve della Veglia pasquale nella Notte Santa (sabato 16 aprile), nella cattedrale di San Lorenzo. Celebrazione caratterizzata dai riti della benedizione del fuoco, dell’accensione del cero pasquale e della benedizione dell’acqua battesimale. Durante la liturgia hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana tre catecumene di nazionalità albanese, iraniana e italiana, della parrocchia perugina di San Donato all’Elce.
Sentire la pienezza della nostra vocazione. «La notte, nella Bibbia, ha un significato negativo – ha evidenziato il presule nell’omelia –. È la tenebra, che è l’opposto di Dio. Ma è proprio da questa “notte” che sorge la “stella del mattino, quella che non vede tramonto”. Ecco perché non possiamo, in questa celebrazione pasquale, non sentire la pienezza della nostra vocazione e la stupenda meraviglia di quello che sarà il nostro destino. Noi sappiamo che Cristo è risorto. Questo è l’annuncio dell’Angelo del Sepolcro. E se Cristo è risorto non è vana la nostra predicazione»
La notte può essere trasformata in giorno. «Voi mi direte – ha proseguito il cardinale –, ma rimane nel mondo tanta tenebra, rimangono le ingiustizie, il fragore delle armi nella tormentata Ucraina e in tante parti del mondo. Gli uomini che vogliono rimanere nelle tenebre non attendono, purtroppo, “la luminosa stella del mattino”. Ma in chi questa “stella” l’aspetta, c’è tanto di potenza dello Spirito Santo, che la dilatazione del suo amore può servire alla salvezza di tutti. E allora la notte può essere trasformata in giorno».
Non temete gli ostacoli. Bassetti ha avuto parole rassicuranti nel dire: «Ci sono mille cose ogni giorno che possono farci temere, mille pensieri, mille pietre, come quella del Sepolcro, mille ragionamenti: tutti ostacoli pesanti sul cammino della nostra vita, pesanti e sordi come la pietra del Sepolcro e l’Angelo dice: “perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui, è risorto, non temete!”. La Pasqua libera il cristiano da ogni paura e gli dà la forza di annunciare al mondo intero, come ci ripete l’apostolo Paolo: “Voi siete risorti con Cristo!”».
Cristiano, riconosci la tua dignità. «Se avremo fede, lo ripeto, questa notte si trasformerà in luce e tutti potremo accorgerci che c’è stata data “novità di vita” e che siamo “luce del mondo e sale della terra”. Così poveri, ma così illuminati, così “nulla” e così riempiti di destino e di grandezza, nella vocazione cristiana. Per questo, fratelli e sorelle, mai come stanotte si può ripetere la parola del grande dottore della Chiesa, san Leone Magno: “Cristiano, riconosci la tua dignità”».
Andare ad annunciare. Bassetti ha ricordato che «a noi è nuovamente comandato di andare ad annunciare – come avvenne per le donne del Vangelo -, che Cristo è risorto. Ed è impossibile non sentire la bellezza, la gioia di questa chiamata. Lo dico soprattutto per le nostre sorelle che stanno per ricevere il Battesimo. Si sono preparate, hanno fatto un lungo cammino e lo dico anche per tutti coloro che hanno portato a termine il cammino neocatecumenale (e grazie a Dio sono tanti) e che solennemente rinnoveranno le promesse battesimali dinanzi al vescovo. Occorre comprendere che tutti, gratuitamente, abbiamo ricevuto un destino di luce, che ci spinge ad annunciare che Cristo è risorto, testimoniandolo con la vita e con le opere».
Siamo nel mondo la credibilità di Gesù. Bassetti ha poi esortato tutti i cristiani a «diventare la pasqua visibile del mondo», altrimenti, ha detto, «nel mondo non ci sarà più Pasqua. Quando i non credenti diranno: dov’è la Pasqua? Cos’è la vostra Pasqua? Quando coloro, e purtroppo sono tanti, che si sono staccati dalla Chiesa diranno: dov’è il vostro Cristo? Forse nella favola delle vostre labbra? Guai a noi se non daremo l’unica risposta che deve essere data: “Noi siamo di Cristo, o meglio, siamo “Cristo”, il suo corpo, Lui e la Chiesa… Siamo chiamati ad essere, nel mondo, la credibilità di Gesù, la testimonianza viva che Lui è veramente risorto ed ha salvato il mondo. Non basta più essere veritieri, occorre essere veraci. È grande oggi la responsabilità del cristiano, ma ancora più grande deve essere la sua gioia».
La Pasqua, costante cammino di testimonianza. «Carissimi figli di questa grande Chiesa perusino-pievese, facciamo Pasqua in questo modo. Una Pasqua che non termina con la colomba e con gli auguri di domani, che domani l’altro non ci sono più. La Pasqua sia un costante cammino di testimonianza cristiana. Dice il Vangelo di oggi, che Maria andò correndo a portare l’annuncio. Purtroppo era motivata dall’angoscia: “hanno portato via il Signore!”. Che la nostra corsa – ha auspicato il cardinale Bassetti – sia, invece, motivata dalla gioia».
Apr, 2022
Terni – Veglia Pasquale presieduta dal vescovo Soddu. “Il sepolcro di Cristo sia anche per noi il luogo da cui il nostro pensiero e il nostro impegno nei confronti dei fratelli e sorelle sofferenti non si deve mai staccare; diventi il luogo di incontro per un mondo rinnovato”.
Celebrata la veglia pasquale nella Cattedrale di Terni con la suggestiva liturgia, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, iniziata sul sagrato della chiesa con la benedizione del fuoco nuovo e con l’accensione del cero pasquale, portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale al canto del Lumen Christi.
È seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi la liturgia battesimale con la benedizione dell’acqua del fonte battesimale, il rinnovo delle promesse battesimali e l’aspersione dell’assemblea. Con l’acqua del fonte battesimale sono stati battezzati tre adulti che hanno ricevuto anche il sacramento dell’Eucarestia e il sacramento della Confermazione insieme ad altri sette adulti di alcune parrocchie di Terni.
«E’ un momento carico di emozione quello che viviamo, il punto più alto della nostra vita cristiana e ecclesiale – ha detto il vescovo nell’omelia -. Incontrare il Signore risorto, questa realtà fondamentale della nostra fede è per l’umanità intera il dono essenziale in forza del quale, liberati dal peccato, abbiamo l’opportunità di vivere in Cristo Gesù come figli di Dio, di vivere cioè la stessa dimensione divina. Tutto ciò avviene e si realizza non dentro gli orizzonti di un mondo immaginario, fantasioso che non esiste, tutt’altro! Abbiamo la possibilità di vivere tutto questo dentro il nostro mondo e in questo nostro tempo da persone nuove. In tal modo abbiamo la straordinaria opportunità di testimoniare questa novità, vivendo secondo il Vangelo, rinnovando noi stessi e di conseguenza il mondo entro cui siamo chiamati a vivere».
«Cristo ha vinto la morte! Egli ha vinto le nostre morti: quelle dell’egoismo, della prevaricazione, dell’orgoglio, dell’odio, della paura, della confusione, della droga, della non accoglienza, delle guerre. E vincendo la morte ha dato al mondo la pace. Davanti alle notizie che quotidianamente ci giungono a mezzo degli organi di informazione e di comunicazione sociale siamo messi di fronte a una storia che dice tutto il contrario: ciò che vince è la morte, l’inimicizia, l’odio; e ciò che regna non è la pace quanto piuttosto la guerra, la distruzione e quindi il peccato. Dovremmo riflettere sempre di più sull’accostamento, anzi sulla relazione intrinseca che lega questo binomio: guerra/distruzione e peccato; compreso tutto ciò che vi sta alla base e da cui si originano. Pertanto, senza andare molto lontano, dobbiamo avere consapevolezza che anche nella nostra Italia come anche nelle nostre città e borghi emergono, più o meno prepotentemente ma con assoluta chiarezza, dei segni contradditori rispetto a questo giorno di Pasqua».
La storia della Bibbia viene riscritta nelle distruzioni dell’oggi
«Davanti a tutto questo molti si chiedono dove sia Dio, se il mistero Pasquale del Signore Gesù sia vero, sia reale; se la Pasqua oggi abbia significato.
Davanti alle atrocità di ieri, di oggi e di sempre sembra che di tanto in tanto venga riscritta quella storia presente nella Bibbia fin dai primissimi capitoli, cioè da una parte il progetto bello, creatore di Dio e dall’altra il progetto distruttivo che gli va contro. Le prime pagine del libro della Genesi questo mettono in risalto. Ed è quanto ancora oggi si ripete.
Quanto, nonostante le lezioni della storia, l’umanità con le sue egoistiche ambizioni cerca di annullare i progetti di bene, di uccidere i propri simili, di dire il falso, di rovinare la creazione? Quanto ancora oggi si ripetono quelle dinamiche dei racconti biblici, in cui la presunzione umana annienta il proprio simile per occupare il posto stesso di Dio?
Quanto soprattutto in questi giorni soffriamo e trepidanti poniamo anche dei seri dubbi sulla stessa sopravvivenza dell’umanità?
Davanti a questi interrogativi dobbiamo sempre più avere la consapevolezza che se l’umanità ha la capacità di dare ancora potere alla morte, questo avviene perché in una maniera o nell’altra più o meno consapevolmente, dà sfogo alla potenza distruttiva del peccato, il quale è l’alimento principale della morte. E lo alimenta, lo sappiamo, a partire da cose che all’inizio possono sembrare innocue: i pensieri, le parole, le omissioni e qualche opera. Davanti a tutto ciò oggi più che mai ci si nasconde dietro a giustificazioni apparentemente neutre evidenziate dalla tipica espressione: “ma che male c’è?”
Le piaghe del signore nei corpi delle vittime della violenza
Davanti a questa pagina terribile della nostra storia, si pone in controluce la storia del Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo, il quale anche per questa nostra attualità ha dato la sua vita, ha vinto la morte e risorgendo ha inaugurato l’era nuova del mondo in cui la morte non ha più potere.
Nei corpi martoriati e vilipesi dei fratelli e delle sorelle mostratici dai mezzi di comunicazione sociale, sono presenti le piaghe del Signore. In quei corpi a cui la malvagità umana ha addirittura negato il sepolcro, così in Ucraina, come in Africa e in altre parti del mondo; come avviene anche in Italia nelle persone maltrattate nelle case di accoglienza per anziani o nelle scuole materne, o fatti a pezzi e buttati nei fiumi o nelle discariche, nei continui fatti di cronaca, che riportano il perpetrarsi di violenze domestiche o abusi sui minori o sulle persone fragili, emerge ancora e soltanto il sepolcro quale luogo di morte e di dissoluzione.
La salvezza di Cristo e l’impegno verso i fratelli
Il giorno di Pasqua, il sepolcro di Cristo è anche il luogo da cui si dipana e prende slancio il messaggio della Risurrezione. Sia anche per noi il luogo da cui il nostro pensiero e il nostro impegno nei confronti dei fratelli e sorelle sofferenti non si deve mai staccare; diventi quindi anche per noi il luogo di incontro per un mondo rinnovato, all’insegna della Pasqua. Egli il Signore, insieme alle vittime di ogni violenza umana invoca ancora la pace. Pace per noi, pace per il mondo intero.
Si lo so, non è semplice, non è per niente facile chiamare in causa la pace quando si è aggrediti ingiustamente… Ma mi chiedo se sia meno complicato invocare la pace quando gli squilibri tra stati, nazioni e persone generano vergognose diseguaglianze e povertà che, sempre per egoismo di parte, non vengono fatte emergere o peggio ancora vengono nascoste o sottaciute?
Per tutti questi interrogativi Dio ha pensato e realizzato una nuova creazione tramite il dono del proprio Figlio il quale nella sua carne, nella quale era presente la nostra umanità, ha fatto morire il suo corpo e quindi nel suo corpo il peccato del mondo.
Il Signore risorto era, è e rimane la pietra fondamentale per la costruzione di un nuovo ordine delle cose e del mondo. Ogni qualvolta noi costruttori non lo prendiamo in debita considerazione o ce ne dimentichiamo preferendo altro materiale, tutto ciò che tentiamo di edificare, non avendo salde fondamenta, si ritorce inesorabilmente contro di noi. La Pasqua è questo regalo, questa Grazia. Spetta a noi accoglierlo come dono ed esserne capaci di donarcelo scambievolmente».
Nella mattina di Pasqua il vescovo ha celebrato la solenne messa nella concattedrale di Narni.
Apr, 2022
Città di Castello – messaggio del vescovo Cancian per la Pasqua
Soprattutto in questo tempo in cui, prima per il covid (purtroppo ancora in atto) e poi per la guerra in Ucraina, anzi per le tante guerre in corso, abbiamo bisogno della festa di Pasqua.
Perché siamo tentati di cedere alla sfiducia e allo scoraggiamento. Nei nostri volti un po’ tristi leggiamo domande tipo: ma riusciremo a vivere in pace? Siamo ancora alla logica: se vuoi la pace prepara le armi per la guerra? Saremo capaci a non distruggere, inquinare, a rendere invivibile questo mondo?
Domande che valgono a livello globale, ma che interpellano ognuno di noi nelle nostre relazioni quotidiane a partire dalla famiglia, dai luoghi di lavoro, dalla vita sociale. È infatti abbastanza facile non rispettare, non perdonare…rompere legami affettivi e di sangue.
Sono i grossi interrogativi che emergono in maniera forte e che non trovano risposte certe, nonostante tanti comportamenti esemplari, tanta sensibilità e solidarietà che pure ci sono.
La Pasqua cristiana è la festa più grande e più bella perché celebra il fatto assolutamente unico e storicamente documentato della resurrezione da morte di Gesù e di quelli che credono in lui. Risurrezione dalla morte e dal male, soprattutto dalla violenza e dall’ingiustizia superate con l’amore che Cristo ha testimoniato nella sua vita e in modo straordinario nella sua Passione. Amore che si è rivelato vincente sull’odio che contro di Lui si è scatenato.
Senza questa prospettiva la nostra vita finirebbe con la morte che non raramente arriva in modo tragico, come per le innumerevoli vittime delle guerre, delle ingiustizie e delle malattie invalidanti.
Le parole del Risorto sono molto confortanti. A noi ripete quello che aveva detto ai suoi discepoli impauriti e smarriti: “Pace a voi! Non temete io sono qui con voi, ho vinto il male con l’amore, sono pronto a sostenere la vostra buona volontà per costruire il mondo fraterno che io sono venuto a inaugurare!”
Abbiamo bisogno di questa Festa e di questa Presenza del Risorto che sveglia la nostra speranza e attiva tutte le nostre risorse per passare dall’odio all’amore, dalla rassegnazione all’impegno responsabile per tirar fuori il meglio di noi, ogni giorno, ogni momento.
Con il Signore e con la nostra buona volontà possiamo camminare insieme sulla strada della Pace, superando ogni forma di male con il dialogo e la collaborazione fraterna e dirigerci verso la Pasqua nella quale saremo per sempre nella gioia di una comunione piena col Signore e tra di noi!
Auguro che tutti possiamo pregustare qualcosa del genere nella Pasqua 2022!
Come usava dire S. Francesco: “Il Signore ti dia pace!”
+ Domenico Cancian Vescovo di Città di Castello