Alla Giornata regionale del Clero umbro don Fabio Rosini, ha offerto una riflessione sul sacramento della riconciliazione. «La confessione serve per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia» – IL VIDEO

«La Giornata sacerdotale del Clero umbro ospitata al Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” ad Assisi è da sempre molto partecipata e sentita. Certamente, la presenza di don Fabio Rosini ha fatto da elemento catalizzatore». Così il vescovo delegato Ceu per il Clero, mons. Gualtiero Sigismondi di Orvieto-Todi, a margine dell’annuale giornata regionale di formazione per i sacerdoti delle otto Diocesi dell’Umbria del 17 ottobre a cui hanno partecipato anche gli altri vescovi: Domenico Sorrentino di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, Luciano Paolucci Bedini di Città di Castello e Gubbio, Ivan Maffeis di Perugia-Città della Pieve, Renato Boccardo di Spoleto-Norcia e presidente Ceu, e Francesco Soddu di Terni-Narni-Amelia.
«Nell’affrontare il tema della penitenza – ha proseguito mons. Sigismondi –, don Fabio ha ricordato che non c’è rinnovamento spirituale che possa prescindere da questo sacramento, sottolineando che l’atto penitenziale è il primo passo verso la conversione. Sappiano che la penitenza è un sacramento che ha la sorgente, che è il battesimo, e ha un cammino davanti, che è quello verso il Regno».
Lo stesso relatore, noto per essere l’ideatore dei “Dieci Comandamenti” per evangelizzare in particolare le giovani generazioni, oltre ad essere il direttore del Servizio per le vocazioni della Diocesi di Roma, si è soffermato sul sacramento della riconciliazione che va «riscoperto» e «sdoganato», perché «banalizzato troppo». È entrato nel merito dicendo: «La gente ha percepito questo sacramento come un semplice antivirus per la vita. Il problema non è non fare del male, ma essere persone cristiane che annunciano e producono bellezza, altrimenti il male non svanisce».
«La confessione serve – ha aggiunto – per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia. La penitenza è il primo passo della vita nuova e non il peso da portare per il peccato commesso. Al centro del sacramento della riconciliazione non c’è la semplice confessione per ammettere il male, ma il movimento che lo Spirito dà al cuore dell’uomo per ritrovare la sorgente della vita dentro di sé».
Don Rosini non ha nemmeno tralasciato l’aspetto dell’«avere a cuore le persone», come confessori, «anche quando non è possibile dare l’assoluzione».

LA CATECHESI DI DON ROSINI

Assisi – al Santuario della Spogliazione celebrata la santa messa nella Memoria liturgica del beato Carlo Acutis

“Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo ‘tutto’ e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di ‘riparare la Chiesa’. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena”.

Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, sabato 12 ottobre all’omelia della santa messa nella Memoria liturgica del Beato Carlo Acutis celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione ad Assisi.

“La Provvidenza – ha aggiunto il vescovo – ha voluto che la proclamazione della sua santità – la ‘canonizzazione’ – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto ‘san’ Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo!” Per questo – scrive il vescovo – mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora”.

Tra le iniziative organizzate in vista della celebrazione della Memoria Liturgica del Beato Carlo Acutis, venerdì 11 ottobre, nella Sala dei Vescovi all’interno del Santuario della Spogliazione è stata inaugurata la mostra dei miracoli eucaristici, ideata e realizzata dal giovane Carlo Acutis, che resterà esposta al pubblico fino a metà novembre e sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18.

OMELIA DEL VESCOVO SORRENTINO
La violenza e la guerra, incredibilmente ancora praticate su così vasta scala, sembrano dirci che la cultura della morte abbia la meglio nel mondo. In realtà, nonostante tutto, l’uomo ha un bisogno irresistibile di vita. Desidera una vita piena, soprattutto piena di gioia. E non si accontenta di tempo limitato: vuole vivere per sempre.
Si comprende così la domanda che il Vangelo di questa domenica dell’anno liturgico pone sulle labbra di un uomo ricco, anzi, – precisa un altro degli evangelisti – di un “giovane” ricco: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna”?

Se pensiamo che anche Carlo era figlio di genitori facoltosi, viene spontaneo sentire riecheggiare questa domanda sulle sue labbra. Egli amava la vita in tutti i sensi. Tutto gli era caro, dalla natura allo sport, dalla musica al computer. Aveva però compreso che le cose della terra, pur belle, sono passeggere. La risposta di Gesù al giovane ricco gli era entrata nel cuore: se vuoi la vita eterna, osserva i comandamenti. E Carlo i comandamenti di Dio li osservava. Li sentiva, quali sono, non catene che imprigionano, ma una segnaletica che assicura alla nostra vita un orizzonte e una meta.
Nel brano che abbiamo letto c’è un dettaglio che non deve sfuggire. Quando il giovane ricco dice a Gesù di essere già osservante dei comandamenti, Gesù ha come un moto di tenerezza: “lo guardò e lo amò”. Che cosa ci fu in quello sguardo è impossibile dirlo. Dovette essere uno di quegli sguardi che ti stringono come un abbraccio facendoti sentire unico al mondo, amato più di tutti, guarito fin nell’intimo, pieno di cielo. Di fronte a quello sguardo, che certamente anche Carlo ha sperimentato, le vie si divaricano: il giovane del Vangelo si fa scuro in volto e volge le spalle, intrappolato dai suoi molti beni: Carlo, sceglie Gesù. Si innamora di quello sguardo intenso e divino, vedendolo nell’Eucaristia, sentendo che l’Ostia santa è veramente Gesù, da incontrare, adorare, mangiare, diventando una sola cosa con lui.
Quando si incontra Gesù, tutta la vita cambia. Non cambiano le cose che fai, cambia come le fai. Le cose restano le stesse, ma profumano di cielo. Possono essere, come fu nella vita di Carlo, i compiti di scuola o una partita di calcio, una melodia suonata al sassofono o una passeggiata in montagna, la realizzazione di un video clip o il prendere parte a una discussione, portare i cani a passeggio o accompagnare la mamma a fare la spesa, e mille altre cose proprie del quotidiano. Ma nel passeggero puoi mettere l’eterno, e la vita si trasfigura. Si illumina persino su un letto di ospedale, mentre si muore. Può succedere quello che avvenne qui, dove Francesco passò, alla fine della sua vita, molti giorni prima di scendere alla Porziuncola incontro a “sorella Morte”. Qui, ai frati che lo attorniavano, chiese di cantare senza sosta il Cantico di Frate Sole. Anche Carlo, spogliato dalla leucemia di tutti i suoi sogni, si abbandonò all’abbraccio di Gesù.
Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo “tutto” e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di “riparare la Chiesa”. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena.
La Provvidenza ha voluto che la proclamazione della sua santità – la “canonizzazione” – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto “san” Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo! Per questo mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora. Con essa mi piace chiudere questa riflessione

Carlo, sorriso di cielo
per questa terra ferita e senza pace,
noi lodiamo Dio
per la tua vita semplice, gioiosa e santa.

Tu hai accolto con fiducia
di essere spogliato della tua giovinezza
per dedicarti in cielo, con Gesù e Maria,
a una missione di amore senza confini.
Riposando col tuo corpo mortale
dove Francesco d’Assisi
si spogliò d’ogni bene terreno,
tu gridi con lui al mondo
che Gesù è tutta la nostra gioia.

Giovane pieno di sogni,
attratto dalla natura, dallo sport, da internet,
ma ancor più rapito dal miracolo
di Gesù realmente presente nell’Ostia Santa,
aiutaci a credere che egli è lì vivo e vero,
mistica “autostrada” che conduce al cielo,
e insegnaci a contemplarlo con Maria,
nei misteri del Santo Rosario.

Spiegaci, Carlo,
che, al di là delle mode,
solo Gesù, unendoci a sé,
ci rende “originali e non fotocopie”,
liberi davvero.
Ottienici di saperlo incontrare
in ogni creatura, ma soprattutto nei poveri,
perché l’umanità sia più giusta e fraterna,
ricca di bellezza e di speranza,
a gloria del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo. Amen

Perugia – Ricchezza e speranza dalle Veglie di preghiera per la “Missione Giovani 2024” nelle sette Zone pastorali della Diocesi

Nelle sette Zone pastorali della nostra Diocesi, nella serata del 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, si sono tenute le Veglie di preghiera con l’adorazione eucaristica per la “Missione Giovani” in programma, a Perugia, dal 18 al 27 ottobre, promossa dalle Pastorali Giovanile, Universitaria e Vocazionale con il coinvolgimento di
associazioni e movimenti, stimolata e incoraggiata dal vescovo Ivan Maffeis. Le Veglie si sono svolte a Perugia (I Zona), nella chiesa del quartiere di Santa Lucia, a Sant’Andrea delle Fratte (II Zona), nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, a Deruta (III Zona), nella chiesa parrocchiale, così anche a San Biagio della Valle (V Zona), a Magione (VI Zona) e nella concattedrale di Città della Pieve (VII Zona).
Le avverse condizioni meteo del 4 ottobre non hanno scoraggiato la partecipazione di giovani e adulti a vivere momenti di particolare intensità e in spirito di comunione fraterna tra più comunità parrocchiali, segno di ricchezza e speranza della Chiesa per la nuova evangelizzazione. I fedeli si sono raccolti in preghiera davanti alla Santa Eucaristia, ascoltando la Parola di Dio e diverse testimonianze di quanti si preparano alla “Missione”. Le Veglie sono state guidate dai parroci o dai vicari episcopali delle Zona pastorali.
Nella concattedrale di Città della Pieve è stata presieduta dall’arcivescovo e a Deruta, dove ha fatto ingresso il nuovo parroco, dal vicario generale.
Filo conduttore delle testimonianze ascoltate, è l’aver ritrovato la fede, dopo un periodo di “lontananza”, in parrocchia, all’oratorio…, nell’incontro con altri giovani alla ricerca di Dio, perché stare insieme, dialogare, confrontarsi è di aiuto a scacciare le “solitudini” dell’adolescenza, a non chiudersi in sé stessi. Soprattutto a dare risposte alle proprie insicurezze e al perché si è venuti al mondo. La “Missione” vuole fare tesoro di queste
esperienze portandole ad altri giovani, annunciando il Vangelo che aiuta a ritrovare la felicità e la gioia di vivere nel farsi carico del prossimo. Avviare o continuare un dialogo con quanti si lasciano avvicinare dalla Parola di Dio attraverso l’esperienza di fede dei coetanei.
Riccardo Liguori

Cascia, al via il cantiere per il recupero e consolidamento della chiesa di Santa Maria della Visitazione. L’Arcivescovo: «Ricostruire e ricominciare è possibile».

La comunità di Cascia sabato 28 settembre 2024 ha festeggiato l’avvio del cantiere di recupero dell’antica chiesa di Santa Maria della Plebe presso porta Leonina, oggi conosciuta come chiesa di Santa Maria della Visitazione. L’edificio è chiuso a seguito dei danni dei terremoti del 2016. La mattinata, cui hanno preso parte diversi fedeli casciani, si è aperta nella vicina sede del BIM (Bacino Imbrifero Montano) con la presentazione dei lavori da parte dei progettisti, ing. Natale D’Ottavio, arch. Luigi Casula, geol. Giorgio Leoni. È stato ricordato come la chiesa è stata lesionata più volte dai terremoti: dopo quello del 1599 fu ricostruita e ingrandita, come è testimoniato dalla seconda porta di ingresso, e abbellita; dopo il terremoto del 1703 fu aggiunta la torre campanaria e venne intonacata la facciata per differenziarla dall’edilizia rurale. Poi, sono state elencate le carenze emerse durante la fase dei sondaggi: le murature sono a sacco, i pilastri sono vuoti all’interno, le volte in camorcanna, il tetto molto pesante e totalmente spingente. Gli interventi, dunque, prevedono il consolidamento delle murature, delle volte con inserimento di catene metalliche, il rifacimento della copertura in acciaio e legno, il consolidamento del campanile. L’importo dei lavori è di 3.900.000 euro, contributo concesso con il decreto del Commissario n. 282 del 12 aprile 2024.

Poi, ci si è spostati dinanzi alla chiesa per la benedizione del cantiere da parte dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo. Accanto al Presule c’erano il parroco don Davide Travagli e l’emerito don Renzo Persiani. Tra le autorità civili e militari erano presenti, tra gli altri, il commissario per la ricostruzione post sisma 2016 sen. Guido Castelli, l’assessore alle Infrastrutture trasporti e modalità urbana della Regione Umbria Enrico Melasecche e il sindaco di Cascia Mario De Carolis. C’erano, naturalmente, anche i rappresentanti della ditta “Sacen srl” di Napoli, che si è aggiudicata la gara di appalto.

Le parole dell’Arcivescovo: «Ricostruire e ricominciare è possibile», ha detto mons. Boccardo. «Il risultato odierno è il frutto di un proficuo lavoro e questo testimonia l’importanza di fare rete tra le istituzioni, tra le istituzioni e le comunità, avendo come unico obiettivo il bene di questo nostro territorio della Valnerina, dove si sta bene e si vive bene».

Le parole del Commissario Castelli: «La giornata di oggi segna un passo importante nella ricostruzione del patrimonio spirituale dell’Umbria. Cascia e Santa Rita rappresentano un valore immenso per questo territorio, e la partenza di questo cantiere è l’ennesimo segnale positivo di una ricostruzione finalmente avviata. Stiamo lavorando insieme alla presidente Donatella Tesei, all’arcivescovo Renato Boccardo e al direttore dell’Usr Stefano Nodessi Proietti, affinché le migliaia di visitatori che ogni anno raggiungono Cascia, possano nuovamente visitare i luoghi della Santa delle cause impossibili, traendo ispirazione e beneficio da luoghi così pregni di storia, arte, natura e bellezza».

Le parole di Melasecche: «Stiamo celebrando un momento significativo per la comunità Cascia. E mi piace anche sottolineare come l’impegno della Regione per migliorare la qualità della vita in Valnerina è sempre elevato».

Le parole del Sindaco: «La giornata di oggi è veramente particolare per Cascia. Quando, dopo il terremoto del 2016, abbiamo chiuso Santa Maria della Visitazione è stato un enorme dispiacere. Noi casciani siamo molto legati a questo luogo di culto e la partenza dei lavori è davvero una grande gioia».

Al via il cantiere per la chiese di Santa Maria della Visitazione in Cascia e di S. Agostino Minore in Norcia. Approvato il progetto per quella di S. Vito ad Agriano di Norcia

Sabato 28 settembre 2024 alle ore 12.00 verrà avviato il cantiere per il recupero della chiesa di Santa Maria della Visitazione a Cascia, chiusa a seguito dei danni del terremoto del 2016. Dinanzi all’edificio di culto ci sarà la benedizione del cantiere da parte dell’arcivescovo Renato Boccardo e poi nella vicina sede del BIM (Bacino Imbrifero Montano) ci sarà la presentazione del progetto, alla presenza delle autorità, tra cui il Commissario straordinario del Governo per il sisma 2016 sen. Guido Castelli e il sindaco Mario De Carolis, e dei fedeli. L’importo dei lavori è di 3.900.000 euro, contributo concesso con il decreto del Commissario n. 282 del 12 aprile 2024. Il gruppo della progettazione è composto da: ing. Natale D’Ottavio, arch. Luigi Casula, geol. Giorgio Leoni. La gara di appalto è stata vinta dalla ditta Sacen srl di Napoli. I tempi per effettuare i lavori sono stimati in 742 giorni. Breve storia. Il primo documento che cita la chiesa è dell’856, mentre i resti più antichi dell’attuale edificio risalgono alla pieve romanica del XII secolo. La chiesa poi è stata a più riprese restaurata e rimaneggiata. L’interno è a tre navate coperte da crociera, ha assetto cinquecentesco e presenta altari in legno e stucco policromi del XVI e XVIII secolo con abside al termine della navata centrale e con altari alle pareti delle navate laterali e cappelle al loro termine. Nella chiesa è presente il fonte dove fu battezzata Santa Rita. Gli interventi attuali saranno volti, tra le altre cose, a ridurre la vulnerabilità sismica mediante il ripristino delle lesioni, il consolidamento della struttura, l’inserimento di catene e di micropali.

Chiesa di S. Agostino minore in Norcia. La mattina di giovedì 25 settembre 2024, invece, è stato avviato il cantiere per il restauro della chiesa di S. Agostino Minore in Norcia. Si tratta della terza chiesa all’interno delle mura di Norcia per la quale partono i lavori dopo la Basilica di S. Benedetto e la Concattedrale di Santa Maria Argentea. Era presente il vicario generale dell’Archidiocesi don Sem Fioretti (l’Arcivescovo era a Roma alla riunione del Consiglio Permanente della CEI, ndr), il sindaco Giuliano Boccanera, il parroco don Marco Rufini, il direttore dell’ufficio tecnico della Curia Simone Desantis, i progettisti, le maestranze e alcuni fedeli nursini, tra cui Francesco Ferrari referente del comitato spontaneo “Salviamo S. Agostinuccio”. Notevole la gioia e la soddisfazione di tutti per quella che è considerata una delle più belle chiese di Norcia, che presenta, tra l’altro, un ricco soffitto a cassettoni dorato e dipinto. L’importo dei lavori è di circa 1.690.000 €, che provengono dal fondo sisma 2016. La gara di appalto è stata vinta dalla ESTIA srl di Bastia Umbra (PG). I Progettisti sono: ing. Graziano Mancinelli; arch. Carla Bartelli; ing. Simona Paltricia; ing. Roberto Trovati; ing. Rita Sabatini; geologo Domenico Brosio; giovane professionista arch. Laura Batocchioni Sorbini. Il progetto di recupero prevede lavori di miglioramento sismico e restauro, compresi il consolidamento delle strutture murarie e la ricostruzione delle parti crollate usando materiali compatibili e moderni sistemi di copertura. Saranno inoltre restaurate le parti lignee della chiesa.

Chiesa di S. Vito in Agriano di Norcia. Nella mattina di giovedì 26 settembre 2024, infine, si è riunita la Conferenza permanente della ricostruzione post sisma 2016 tra la struttura del Commissario alla ricostruzione, l’Ufficio speciale alla ricostruzione dell’Umbria, la Sovrintendenza Speciale alla ricostruzione, l’Archidiocesi di Spoleto-Norcia e il Comune di Norcia. Si è approvato il progetto di ricostruzione della chiesa di S. Vito in Agriano di Norcia.

L’Archidiocesi, appena arriverà il decreto commissariale di finanziamento, procederà alla gara di appalto. L’importo dell’intervento è di 1.447.000 euro, che provengono dal fondo sisma 2016. I tecnici sono: arch. Agostino Tardioli, ing. Marco Zerbini, ing. Paolo Sensi, geol. Pamela Marinelli, ing. Monia Beranzoni.

Gubbio – Il card. Matteo Zuppi ha benedetto don Edoardo, nuovo abate dei Canonici regolari lateranensi

“Ogni comunità non è mai la somma delle nostre persone, perché tra noi c’è il Signore Gesù ed è lui che ci rende una cosa sola, con lui e tra di noi. Quanto è importante essere comunità in un mondo di individualisti, a cominciare da noi. Gesù ci chiama a essere famiglia, che è molto più di un’associazione o di un gruppo di scopo. Questa è la Chiesa madre che non smette di renderci figli, di ricordarci che lo siamo, di trattarci anche quando non pensiamo di esserlo, di aiutarci a comportarci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto”.

Sono le parole del card. Matteo Maria Zuppi – arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana – che ieri a Gubbio ha presieduto la liturgia che segna l’inizio del “mandato” del nuovo abate generale dei Canonici regolari lateranensi, dopo i sei anni di don Franco Bergamin. La santa messa con la benedizione abbaziale di don Edoardo Parisotto è stata celebrata nella chiesa di San Secondo.

La galleria fotografica della celebrazione

“Don Edoardo – ha continuato nell’omelia il presidente dei vescovi italiano – ci ha sempre coinvolti nella sua vita, con molta delicatezza, con tanta dolce ma fermissima persuasione, con la sua sensibilità così attenta e presente, con il suo tratto disponibile, sobrio, essenziale, per portarci a mettere in tutto sempre al centro Gesù, la sua parola, l’incontro con il prossimo e il libero dono di sé, sempre con tanta umanità e con tanta spiritualità. Oggi celebriamo la sua chiamata al nuovo servizio come abate dei fratelli ma anche – per certi versi – di tutte le nostre comunità”.

E poi la riflessione di Zuppi sul ruolo che l’abate generale dovrà avere per la comunità. “L’abate ha il compito di aiutarci – ha detto il cardinale – a pensarci insieme, di ricordare a tutti di seguire Gesù e di lavorare nella grande vigna di questo mondo, essendo lui stesso servo, come Gesù che è venuto a servire e non per essere servito. Aiutiamo don Edoardo, perché lui servirà nella comunione ma l’unità è affidata a ciascuno di noi”.

Anche il vescovo della Chiesa eugubina ha concelebrato la messa nella chiesa abbaziale di San Secondo, la comunità canonicale dove don Parisotto ha vissuto l’anno di noviziato tra il 1991 e il 1992. Per l’occasione sono arrivate decine e decine di fedeli dalle comunità dove don Edoardo ha compiuto il suo ministero sacerdotale nei decenni scorsi, in particolare da Roma e Bologna.

“Accogliamo con gioia e gratitudine – ha detto mons. Luciano Paolucci Bedini – la visita del card. Zuppi e il bel dono che la famiglia dei Canonici regolari lateranensi ci ha fatto nel decidere di celebrare qui la benedizione del nuovo abate generale. Credo non fosse mai successo prima e quindi ringrazio anche don Edoardo per questo pensiero. Aggiungiamo così la nostra preghiera per questa famiglia religiosa che ci onora da tanti secoli della sua presenza e del suo servizio. Il nostro patrono sant’Ubaldo è frutto anche della spiritualità dei Canonici regolari lateranensi”.

Il vescovo Luciano ha anche ricordato la recente nomina di don Gabriele Pauletto a visitatore della congregazione canonicale, ringraziandolo per il servizio svolto nella diocesi eugubina come parroco a Madonna del Ponte, comunità che lascerà entro circa un mese.

Originario di Fanzolo (Treviso), 51 anni, Parisotto è stato scelto durante il capitolo generale dei Canonici regolari lateranensi, riunito in Brasile a fine giugno scorso, e chiamato a succedere a don Franco Bergamin. Don Edoardo ha compiuto la sua professione religiosa nella congregazione nel 1992 ed è stato ordinato sacerdote nel 1999 a Treviso. Ha svolto la sua attività pastorale anche a Santa Maria Forisportam a Lucca, a San Floriano nel Trevigiano, poi a Roma dov’è stato cappellano universitario alla Sapienza e parroco a Sant’Agnese fuori le mura. Dal 2018 fino alla sua elezione ad abate è stato parroco a Bologna presso la comunità dei Santi Monica e Agostino e anche uno dei vicari pastorali dell’arcivescovo Matteo. E ieri è stato proprio il cardinale Zuppi a consegnargli le “insegne” distintive dell’abate generale dei Canonici: la Regola di Sant’Agostino, l’anello segno di fedeltà alla congregazione, la mitria e il pastorale.

 

Commissione Pastorale della Salute – convegno “Giunio Tinarelli testimone di Speranza”

In preparazione al Giubileo del 2025, l’ufficio per la Pastorale della Salute dell’Umbria, promuove un incontro dedicato a “Giunio Tinarelli testimone di speranza” che presieduto da mons. Francesco Antonio Soddu vescovo di Terni-Narni-Amelia e delegato Ceu per la pastorale della salute. Suor Anna Maria Lanari dei Silenziosi Operai della Croce ha presentato la figura e la spiritualità del venerabile Giunio Tinarelli quale testimone di speranza. Ha introdotto padre Angelo Gatto direttore della commisione per la pastorale della salute ed è intervenuta la dott.ssa Gabriella Angeletti coordinatrice della commissione regionale per la pastorale della salute.

«Raccogliendo volentieri l’invito di tutte le diocesi dell’Umbria – spiega il vescovo Soddu – che hanno espresso il desiderio di celebrare un grande testimone di speranza, abbiamo voluto mettere in risalto la figura esemplare del venerabile Giunio Tinarelli perché attingendo dal suo luminoso esempio di vita possiamo abitare il tempo prezioso dell’Anno di Grazia come autentici pellegrini di speranza.  È stato, in particolare per la comunità ecclesiale umbra, un fulgido esempio di vita cristiana nel lavoro, nella malattia, nella sofferenza e oggi insegna come in ogni nostra attività possiamo mettere a frutto con onestà i talenti, come essere uniti alla croce di Cristo e solidali con le croci degli altri, come porsi al servizio umile e delicato verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito».

Il venerabile Giunio Tinarelli trascorse venti nell’immobilità ed è stato un esempio immenso di vocazione alla sofferenza, di una fede incrollabile, testimoniata con forza nel dolore. Una vocazione che ha segnato la vita del giovane operaio delle Acciaierie, sempre presente tra i suoi coetanei e nella vita dell’oratorio, fin quando la poliartrite anchilosante e spondilite non gli consentirono più alcun movimento, ma non impedirono al giovane Giunio di essere “operaio” nel campo dell’apostolato. Nel 1948 fondò a Terni la sottosezione dell’Unitalsi, partecipando ogni anno ai pellegrinaggi a Loreto, Lourdes con il treno dei malati. Comunicò sempre questa sua grande fede agli altri anche nella sofferenza attraverso mani, penna, carta e leggio, i suoi nuovi ferri del mestiere, conversando con gli amici e con la gente che lo andava a visitare per consolarlo. Dal suo letto Giunio ha sconfitto tante illusioni che rendono triste e amara la vita degli uomini, ricordando che la felicità non sta nell’amare se stessi o nella salute o nella tranquillità, ma che la felicità e la pace stanno nell’amare gli altri.

 

A Terni convegno nazionale CEI pastorale della Salute: “Laudato si’ per sora nostra matre terra. Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”, il 27 settembre

Il percorso «Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro» giunge alla terza edizione e fa tappa a Terni, venerdì 27 settembre dalle 16.30 alle 19 presso l’Aula Magna Arpa Umbria, Via Carlo Alberto dalla Chiesa. Interverranno: mons. Francesco Antonio Soddu Vescovo di Terni – Narni – Amelia, avv. Massimo Perari Commissario straordinario Arpa Umbria, Gen. B. CC Giuseppe Vadalà Commissario Unico di Governo per la Bonifica delle Discariche abusive, p. Giuseppe Riggio SJ Direttore responsabile Aggiornamenti sociali, Marco Martuzzi Direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, Sauro Pellerucci Presidente PagineSi spa, don Massimo Angelelli direttore Ufficio pastorale della Salute della Cei, don Bruno Bignami direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, don Marco Pagniello direttore di Caritas Italiana.
IL PROGRAMMA 
Un convegno per riflettere su come coniugare la cura della salute, la tutela dell’ambiente e l’attività produttiva umana. L’equilibrio si raggiunge attraverso la proposta dell’ecologia integrale, suggerita dal Magistero sociale di papa Francesco. Davvero «tutto è connesso» e non è possibile affrontare i temi sociali senza associarli a quelli ambientali. E viceversa. A 800 anni dal Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi, la terra umbra è chiamata a una riscrittura profetica della cura del creato.
Tutto il territorio italiano è infatti contrassegnato da siti particolarmente inquinati, che destano gravi preoccupazioni per gli importanti interventi di bonifica necessari, e ben 78 Diocesi italiane portano queste ferite.
Come preservare la salute di tutti, offrendo luoghi di vita e di lavoro sicuri, e cure adeguate? A partire dallo stare vicino alle persone che vivono una condizione di sofferenza, è necessario incontrare e parlare con chi svolge attività di studio e di ricerca, come pure con chi riveste un ruolo a livello istituzionale.

La partecipazione è gratuita ma è necessario iscriversi online cliccando sul link di seguito:
https://iniziative.chiesacattolica.it/CustodireLeNostreTerre3

Perugia – La famiglia ricchezza della Chiesa e prima e più ancora della città, della società. Celebrata in cattedrale la Giornata diocesana della Famiglia.

«La ricchezza della nostra Chiesa e prima e più ancora dell’intera città, della società sia legata essenzialmente a questo essere famiglia». Lo ha auspicato l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica della Giornata diocesana della Famiglia, domenica 15 settembre, a Perugia, in una gremita cattedrale di San Lorenzo. Un evento promosso dalla Confraternita del Santo Anello e dall’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare, svoltosi nell’ambito della Festa della Madonna delle Grazie, proseguito, nel pomeriggio, con tanti bambini e adulti nel chiostro di San Lorenzo diventato un “oratorio a cielo aperto”.
Mons. Maffeis, durante la celebrazione, ha voluto attorno all’altare gli operatori della formazione dei fidanzati nei percorsi prematrimoniali per conferirgli il mandato del nuovo anno pastorale. Essi costituiscono a livello diocesano oltre venti equipe di formazione la cui attività è stata presentata dai coniugi Roberta e Luca Convito, direttori dell’Ufficio per la Pastorale familiare.
La celebrazione è stata preceduta dal rito della “calata-ostensione” del Santo Anello e dalla presenza di cinquanta ragazzi, insieme alle loro famiglie, che hanno ricevuto il Sacramento della
Cresima. «In tutti loro – ha commentato l’arcivescovo – abbiamo visto, respirato e sentito la bellezza della famiglia, di questo ritrovarsi insieme nel Signore cercando in Lui nuove motivazioni per volersi bene, per perdonarsi e per camminare insieme».
All’omelia, commentando il Vangelo della domenica (“La gente, chi dice che io sia?”, Mc 8, 27- 35), mons. Maffeis si è chiesto: «Se noi andassimo lungo corso Vannucci e ci fermassimo a
chiedere “chi dite che sia la famiglia?”, rischieremo di avere, come nel caso del Vangelo, le risposte più diverse. Rischieremo, addirittura, di litigare, paradossalmente, in visioni ideologiche e politiche esasperate… Come Chiesa sappiamo che attorno alla famiglia si gioca anche, nella maggioranza dei casi, la trasmissione della Fede. Un po’ tutti siamo cresciuti nella vita cristiana grazie ad una mamma, ad un papà, ad un nonno, ad una nonna…, a qualcuno che ci ha educato ed aiutato con la sua testimonianza umile, semplice, quotidiana a leggere la vita alla presenza del Signore, della sua provvidenza e del suo amore. Per questo dobbiamo aiutarci trovando le forme perché la famiglia non diventi una battaglia, non resti qualcosa di legato al privato, alle scelte individuali, sapendo quale ricaduta sociale ha la famiglia nell’educazione dei figli, nell’amore coniugale… Per questo nella Lettera pastorale di quest’anno ho sottolineato l’importanza che i nostri amministratori continuino l’impegno a riconoscere alla famiglia piena cittadinanza».
La celebrazione, che ha visto la presenza, in rappresentanza della massima Istituzione civile cittadina, della presidente del Consiglio comunale Elena Ranfa, si è conclusa con il raccogliersi in preghiera davanti al Santo Anello, l’antico monile con cui, secondo la tradizione, Maria si unì in sposa a san Giuseppe, esposto alla venerazione dei fedeli in occasione di questa importante giornata che ha visto protagoniste tante famiglie, come ha sottolineato il priore della Confraternita del Santo Anello Roberto Tittarelli nell’illustrare la storia e il significato.
Riccardo Liguori

Assisi – cerimonia di consegna del piano pastorale. Mons. Sorrentino: ““Siamo una comunità cresciuta ma c’è ancora molto da fare”

“Quest’anno sono particolarmente contento che questa comunità insieme con quella di Foligno abbia scritto il cammino pastorale, naturalmente con il mio discernimento e alla fine con la mia accoglienza. Sono orgoglioso di questo. È segno che siamo una comunità cresciuta. Però non sarei veritiero se vi dicessi che questo orgoglio è tale per cui possiamo dire: ‘Allora siamo a posto’. No. Possiamo dire: ‘C’è da fare molto, molto, ma molto’. Non possiamo non assumerci la responsabilità di non diventare discepoli scattanti, non possiamo arrenderci a un cristianesimo che muore”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino all’omelia della santa messa celebrata domenica 15 settembre nella cattedrale di San Rufino in occasione della consegna del programma pastorale intitolato “In cammino con Gesù per una carità nelle case e tra le case”. Gli orientamenti pastorali 2024-2024 sono stati infatti redatti su proposta degli organismi di partecipazione e dell’assemblea interdiocesana del giugno scorso.

Durante la celebrazione c’è stato il rito di ammissione agli ordini sacri del diaconato di Carlo Nannolo della parrocchia di Santa Maria degli Angeli.

Prima della celebrazione eucaristica don Giovanni Zampa, vicario episcopale per la pastorale della Diocesi di Foligno, ha presentato gli orientamenti pastorali spiegando che alcuni dei temi sui quali è stato posto l’accento nel programma pastorale sono: unità, comunione e comunicazione, necessità di vivere tempi insieme, di ascoltarsi, di formarsi.

Don Giovanni ha sottolineato che “questo anno pastorale sarà straricco di grazia sia perché andiamo incontro ad un duplice Giubileo quello ordinario e quello francescano sia perché ci sarà la canonizzazione del Beato Carlo Acutis. È un anno di particolari benedizioni. È stato bellissimo – ha aggiunto don Giovanni – aver dialogato con Gesù in questo anno, nei nostri incontri, nel nostro cammino di discernimento. Tutto è all’insegna della sinodalità”.