«La scelta di eseguire i lavori di restauro e consolidamento strutturale dal pavimento al tetto nasce sicuramente in un tempo azzardato, perché sono iniziati subito dopo la fase acuta del Covid-19, esattamente un anno fa. Già la pandemia aveva provocato una prima significativa diaspora di fedeli a cui si è aggiunta quella altrettanto consistente dovuta alla chiusura della chiesa dal giorno seguente la festa del Santo patrono Biagio, il 4 febbraio dello scorso anno». A sottolinearlo è il parroco dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, don Luca Delunghi, nell’annunciare la riapertura al culto della chiesa, domenica 26 marzo, V di Quaresima, con la celebrazione eucaristica, delle ore 17, presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis.
“Si direbbe che questa chiesa, ristrutturata dal pavimento fino al tetto, sia un po’ una parabola di tutto il cammino quaresimale che vorrebbe rinnovare tutti noi, dalla testa ai piedi, farci persone nuove”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis ha esordito nell’omelia pronunciata, domenica pomeriggio 26 marzo, nella chiesa parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, riaperta al culto dopo un anno di lavori di restauro e di consolidamento strutturale. “Se nei prossimi mesi sarà realizzato l’affresco dell’abside, completando i lavori – ha proseguito l’arcivescovo –, che tratteggerà l’Agnello, segno del Crocefisso Risorto, e la Gerusalemme, la città Santa, quest’affresco, che ancora non c’è, se chiudiamo per un istante gli occhi e ripensiamo nel nostro cuore al racconto che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo (la resurrezione di Lazzaro, n.d.r.), siamo introdotti nella città santa, in quella vita nuova che viene incontro con il Signore… Gesù prende parte a questo dolore lancinante che la morte porta nel cuore umano. Anche Lui, davanti alla morte di Lazzaro, è turbato, si commuove… Non si tratta di credere in qualche forma di resurrezione, ma di sentire che nella fede già ci siamo fatti partecipi di quest’ultimo giorno”.
“Vivere con questa presenza del Risorto nel cuore, con questa Luce – ha evidenziato mons. Maffeis –, tutto acquista un nuovo valore, come le cose di tutti i giorni, i volti dei fratelli, le relazioni sociali. Vi auguro che questo luogo santo, che oggi torna a rivivere, irradi su ciascuno la grazia del Signore e la sua benedizione raggiuga vicini e lontani, consoli quanti hanno il cuore ferito, renda tutti noi sensibili alle necessità dei fratelli, a partire dai più poveri, qualunque sia la forma di questa povertà. Il Signore ci renda comunità cristiana, parrocchia, tenda piantata tra le case della gente, fontana inesauribile di pace e di fraternità. Buon cammino a tutta la comunità”.
Per la comunità parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino e per tutte le altre dell’Unità pastorale, che per un anno hanno accolto celebrazioni liturgiche e attività pastorali della chiesa in cantiere, è stato un giorno di festa e di gioia come si è colto dalle parole del parroco, don Luca Delunghi, pronunciate nel suo intervento di saluto all’inizio della messa a cui hanno preso parte tantissimi fedeli, diversi sacerdoti, tra cui i vicari generale e per la pastorale, don Simone Sorbaioli e don Simone Pascarosa, il sindaco Andrea Romizi e alcuni dei suoi assessori. “Un grande segno – ha sottolineato don Delunghi – è stata l’accoglienza delle parrocchie vicine della nostra Unità pastorale, per questo, a loro, a quelli che sono qui presenti diciamo subito grazie: siete stati il volto, insieme ai vostri parroci, di una Chiesa accogliente e capace di fare spazio e la conferma che le Unità pastorali, anche con i loro limiti, più umani (campanilistici e clericali), hanno un senso. Abbiamo sentito il desiderio di tanti di tornare, non vedendo l’ora di poter varcare nuovamente quelle tre soglie per pregare qui, ma abbiamo anche scoperto la verità profonda che abbiamo bisogno sinceramente di chiederci come stare in mezzo a questo quartiere abitato da tante povertà, concrete ed essenziali, e come essere il volto bello di Colui che ci chiede di collaborare per la realizzazione del suo Regno in mezzo agli uomini”. Il parroco, rivolgendosi all’arcivescovo, gli ha chiesto a nome di tutti i parrocchiani di “aiutarci a comprendere meglio, attraverso questa celebrazione, questo tempo dove stiamo camminando e cosa dovremmo fare perché oggi non sia solo un evento, ma una tappa di questo percorso vissuto insieme”.
Non sono mancate, al termine della celebrazione, le parole di alcuni membri della comunità parrocchiale, alcune anche di “provocazione”, affinché il “ritorno a casa” dopo un anno possa essere letto come opportunità, ripartenza e occasione. “Tutti quanti ci siamo rimboccati le maniche – ha detto uno dei parrocchiani – e con l’incentivo di una salda e lungimirante guida ci abbiamo provato, offrendo continuativamente contributi in tempo, denaro, capacità e servizi. Come diceva mons. Ennio Antonelli (arcivescovo di Perugia dal 1988 al 1995, n.d.r.): ‘la comunità crescerà non con il molto di pochi, ma con il poco di molti’, e noi aggiungiamo: ‘senza nulla togliere a chi ha dato tanto’”.
«È tempo di ritornare a casa dopo un anno di diaspora – commenta don Luca –. Tanti esclamano: “Non vedo l’ora!”. Questo è molto incoraggiante per riprendere la vita di fede comunitaria contraddistinta anche da un’identità di Chiesa particolare radicata tra la gente. È stato bello vedere tanti volontari nel darsi da fare a pulire le panche e a mettere in ordine i diversi spazi ed oggetti».
Quella dei Ss. Biagio e Savino è una parrocchia “storica” del capoluogo umbro, che conta più di 4mila abitanti, un tempo di periferia, con l’attuale chiesa edificata alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. È la comunità parrocchiale più numerosa di una Unità pastorale molto attiva e solidale formata da sette parrocchie. Tant’è vero che le celebrazioni liturgiche festive della chiesa dei Ss. Biagio e Savino sono state ospitate in quella di San Ferdinando, mentre le attività di catechismo, socio-caritative, aggregative ed oratoriali si sono svolte nelle parrocchie di Santa Maria di Colle, di San Costanzo e di Santo Spirito avendone già in comune diverse. «Bisogna riconoscere la bella intuizione che già da alcuni anni i nostri vescovi hanno avuto nel proporci il modello dell’Unità pastorale – evidenzia don Luca –, come segno profetico di comunione e fraternità tra parrocchie limitrofe».
Erano lavori non più prorogabili, precisa sempre don Luca Delunghi, nel sottolineare che «già i miei predecessori, don Orlando Sbicca e don Umberto Stoppa, presenti anche loro alla riapertura di domenica, li avevano auspicati nel vedere le crepe e il cedimento del pavimento marmoreo di oltre un millimetro all’anno con un avvallamento nel punto più estremo che ha raggiunto quasi otto centimetri. Siamo intervenuti, una volta rimosso tutto il pavimento del 1959, con delle gettate di micro pali in cemento. Un intervento che ci ha permesso di realizzare anche il riscaldamento a pavimento. Altro importante intervento è stato effettuato sull’intero tetto a causa delle infiltrazioni d’acqua, coibentandolo con doppio strato di guaina, oltre all’adeguamento degli spazi liturgici secondo le linee della Cei ad iniziare dalla sede presbiterale avvicinata all’assemblea. Il fonte battesimale è stato portato all’ingresso della chiesa, il confessionale posizionato in parallelo alla cappellina che custodirà l’olii sacri e spostato il crocifisso dal centro dell’abside all’assemblea, così da essere più vicino al popolo di Dio, posto in parallelo all’altare dove si trova il tabernacolo. Inoltre sono stati rifatti gli impianti elettrico ed audio».
Don Delunghi annuncia anche che «abbiamo in cantiere, entro fine anno, un affresco su tutta la superficie absidale la cui opera l’andremo ad affidare a breve ad un atelier di alcuni artisti che hanno operato in diverse parti del mondo. La prospettiva è che venga rappresentata nell’affresco la gloria dell’Agnello, insieme ad altre figure della Gerusalemme Celeste; un rimando alla nostra chiesa che è tra le case, immersa tra i palazzi, con l’idea di dare la prospettiva biblica ed anche escatologica della visione della città e delle relazioni che in essa viviamo. Vedere come è stata compresa, vista e vissuta la città nell’antico e nel nuovo Testamento. Il richiamo alla Gerusalemme Celeste è per chi entra in chiesa, affinché possa guardare al futuro, la promessa della vita eterna, alla propria meta».
Il parroco, nell’invitare tutti i fedeli di «ritornare a casa nostra», fa anche un appello ad «essere ancora una volta generosi», perché «c’è un mutuo da pagare di quasi 1.000 euro al mese per 15 anni – ricorda don Luca –. Il bello di questo anno è che c’è già stato un gruppo di parrocchiani, giovani e adulti, che si sta autotassando per sostenere questa uscita mensile e non appesantire l’ordinario della comunità. Si è anche consapevoli che il 60% delle spese per questi lavori è stato sostenuto dalla Cei attraverso il fondo edilizia di culto dell’8xMille alla Chiesa cattolica. Rimanete generosi con la parrocchia – insiste il parroco –, perché, oltre a sostenere le spese dei lavori, la parrocchia ha continuato a rispondere alle necessità di chi suonava, in questi ultimi due anni, al Centro d’Ascolto Caritas, di sostenere l’emergenza per i soccorsi in Ucraina secondo le indicazioni della Caritas diocesana e aiutare la Chiesa diocesana per i tempi in cui è stato chiesto di rendere concreta la solidarietà».