Narni – celebrazione in preparazione alla Pasqua all’Alcantara

La celebrazione in preparazione alla Pasqua presso lo stabilimento Alcantara di Nera Montoro, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, e concelebrata da don Fabrizio Bagnara parroco di Taizzano, rinnova la tradizione pasquale della messa in fabbrica al polo industriale di Nera Montoro, che riunisce e unisce direzione, maestranze e operatori delle varie realtà imprenditoriali. È stata la prima celebrazione in questa azienda presieduta dal vescovo Soddu, accolto dal direttore Giovanni Addino che lo ha ringraziato a nome di tutta l’azienda ed ha brevemente illustrato la storia e l’attività dell’azienda in continua espansione ed evoluzione.
Alla celebrazione sono intervenuti numerosi lavoratori, rappresentanti di altre aziende esterne che operano in Alcantara.
Una celebrazione che vuole essere l’espressione della fede nel mistero centrale della religione, quello pasquale, cioè la passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo e portare il messaggio di salvezza e parole di incoraggiamento e di speranza.
«È significativo celebrare la messa in prossimità della Pasqua in questa azienda per il mondo del lavoro – ha detto il vescovo Soddu -. Il rinnovarsi di una memoria che è il centro della storia dell’umanità, ma anche della nostra vita. Tutto ciò ha un senso solo se, ognuno di noi, risponde al dono che il Signore ci ha fatto attraverso la fede, nell’affidarsi a Lui, ponendo la vita nelle mani di Dio. Tutto deve essere orientato alla Pasqua come comprensione e affidamento a Dio, come ha fatto Gesù sulla croce, un estremo atto di affidamento. Nella morte e resurrezione di Gesù Cristo ci rendiamo conto che la vittoria sul male deve essere fatta con il bene assoluto. Pasqua significa nuova vita, operare nel bene. Tutti dobbiamo adoperarci per fare opere buone ed essere capaci di rendere lode a Dio. Apriamo lo sguardo e il cuore ad una speranza nuova, così deve essere anche all’interno della fabbrica, all’interno della famiglia, all’interno della società».

Augurando una buona Pasqua a tutti i presenti, il vescovo ha sottolineato l’importanza del lavoro e della sua dignità per la crescita e lo sviluppo di una società giusta, equa ed umana.

Terni – incontro di preghiera interreligioso per la pace il 2 aprile domenica delle Palme

La pace è il bene più grande per l’umanità, a cui anelare sempre. In questo tempo carico di tensioni, violenze e attentati alla pace, nella domenica delle Palme, il comitato Interreligioso per la Pace di Terni organizza il secondo Incontro di Preghiera Interreligioso per la Pace, domenica 2 aprile dalle ore 17.30 in Piazza della Pace a Terni.

Prenderanno parte all’incontro mons. Francesco Antonio Soddu vescovo di Terni-Narni-Amelia, i rappresentanti della chiesa cattolica, delle altre chiese cristiane di Ucraina e Romania, della comunità islamica e di altre fedi presenti a Terni, le autorità cittadine, insieme ai rappresentanti di associazioni e gruppi di varie nazionalità, impegnate nei diversi ambiti di volontariato, di integrazione sociale e interculturale.

Dopo l’accoglienza dei partecipanti, in piazza sarà acceso il braciere della pace da parte di alcuni rappresentanti religiosi. A seguire ci saranno letture di testi e preghiere, secondo la tradizione spirituale di ciascuno dei rappresentanti delle diverse confessioni e religioni, con l’intermezzo di brani musicali, per dare modo di creare un clima di raccoglimento.

Un momento di silenzio in onore delle vittime di tutte le guerre precederà il messaggio di pace che il vescovo Mons. Francesco Antonio Soddu rivolgerà ai partecipanti. Nella domenica delle Palme il simbolo di pace del ramoscello d’ulivo sarà distribuito a tutti da parte dei giovani dei movimenti ecclesiali della diocesi. L’incontro di preghiera si concluderà con la lettura della preghiera al Creatore tratta dall’Enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco.

Foligno – Il coraggio del giorno dopo L’ex testimone di giustizia Luca Arena al Cammino dietro la Croce

Denunciare richiede coraggio. Continuare a vivere, dopo la denuncia, ne chiede ancora di più, lo stesso che Luca Arena ha avuto quando, poco più che ventenne, ha denunciato il malavitoso giro di affari delle così dette “ambulanze della morte”. Oggi, il giovane di Biancavilla (CT), è un ex testimone di giustizia e il prossimo 31 marzo racconterà la sua testimonianza a Foligno (PG) durante il Cammino dietro la Croce, il momento penitenziale che il servizio di pastorale giovanile della diocesi, ogni anno, propone nel venerdì che precede la Settimana Santa.

Il Cammino, che sarà presieduto dal Vescovo, mons. Domenico Sorrentino, è stato organizzato grazie alla fattiva collaborazione delle sezioni cittadine del Masci e dell’Agesci, dell’ufficio diocesano Educazione-scuola-università, Cittadini del Mondo e dell’associazione Libera e interesserà, questa volta, l’area più periferica della città: partirà alle ore 21:00 dalla scuola primaria di San Giovanni Profiamma e arriverà alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Belfiore dove le Sacre Rappresentazioni di Fiamenga rappresenteranno una scena evangelica.

Visto il tema scelto della legalità, sono quindi state coinvolte le diverse Forze dell’Ordine grazie alla preziosa collaborazione del vicequestore del commissariato di Foligno, dott. Adriano Felici. Parteciperanno, così, con una loro delegazione, i Carabinieri, la Guardia di Finanza e l’Esercito.

Luca Arena concluderà la sua esperienza nella città umbra incontrando personalmente anche alcune classi dei diversi istituti superiori di secondo grado di Foligno grazie alla fattiva collaborazione dei diversi Dirigenti Scolastici e dei docenti coinvolti nel progetto.

“È bello”, commenta Michele Tufo, il responsabile della pastorale giovanile, “poterci preparare alla Pasqua soffermandoci a riflettere su tematiche che ci chiamano all’impegno e alla responsabilità nei confronti non solo delle nostre vite, ma anche degli altri”.

Primo open day per gli Istituti Superiore di Scienze Religiose e Teologico di Assisi. Un percorso universitario che porta anche alla professionalizzazione dell’insegnamento della religione cattolica

Giovedì 30 marzo, dalle 15 alle 17, ci sarà il primo open day degli Istituti Superiore di Scienze Religiose (ISSRA) e Teologico di Assisi (ITA), che hanno sede nella città serafica, in via Beato Ludovico da Casoria 7, a ridosso del Seminario regionale.
L’ISSRA propone una formazione nell’ambito del sapere teologico e delle scienze religiose nel confronto con la cultura contemporanea, finalizzata alla formazione religiosa di laici e di persone consacrate per l’assunzione di impieghi professionali in differenti ambiti della vita ecclesiale e secolare. È diretto da suor Roberta Vinerba e dall’anno accademico 2008-2009 a quello 2022-2023 ha più che raddoppiato gli iscritti, passando da 62 a 142.
L’ITA offre la formazione culturale, biblica e teologica ai candidati ai ministeri ordinati e agli altri ministeri ecclesiali. Il preside è padre Giulio Michelini, ofm.
Entrambi, ISSRA e ITA, sono promossi dalla Conferenza episcopale umbra (Ceu) e dalle Famiglie Religiose Francescane e sono gestiti dalla Fondazione “Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi”, eretta dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica ed aggregata alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense di Roma. Il moderatore dei due Istituti è mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu. Quanti parteciperanno all’open day saranno accolti da suor Vinerba, da padre Michelini, da mons. Boccardo, dagli altri docenti e dagli studenti. Avranno anche la possibilità di assistere ad una parte di lezione. Maggiori info: https://ita-issra.it/

«Anche noi – afferma il direttore dell’ISSRA suor Roberta Vinerba – vogliamo aprire i nostri Istituti alla possibilità di conoscere i luoghi, i docenti, la proposta formativa. Sono particolarmente invitati quei ragazzi e ragazze che in questo momento stanno decidendo quale Università scegliere. È giusto che sappiano che ad Assisi c’è la possibilità di una professionalizzazione per quanto riguarda l’insegnamento della religione cattolica, attraverso lo studio della teologia, della filosofia, della storia e delle scienze del senso. È possibile, cioè, acquisire una laurea per insegnare religione nelle scuole di ogni ordine e grado. I nostri Istituti, poi, sono anche aperti a coloro che hanno già una professione, ma hanno il desiderio e la voglia di interrogarsi, di sapere e di scoprire tutto quello che riguarda le domande del senso».

«L’ISSRA in particolare – afferma il moderatore dei due Istituti mons. Boccardo – si presenta come una opportunità per quei giovani che finiscono la scuola superiore e che vogliono intraprendere un cammino di formazione universitario. È uno strumento per approfondire la fede. E una fede pensante, poi, si trasmette. Perché allora non pensare anche a questo percorso universitario che permette da una parte di comprendere le ragioni del credere e dall’altra di mettere poi a servizio delle giovani generazioni, anche nell’insegnamento, quanto è stato acquisito e fatto diventare patrimonio personale. È un invito e una sfida: tra le tante facoltà universitarie perché non considerare seriamente anche questa?».

Perugia – con la veglia di preghiera celebrata la Giornata dei missionari martiri nel mondo

Anche a Perugia è stata celebrata la Giornata dei missionari martiri nel mondo nel ricordo dell’uccisione, nella cattedrale di San Salvador, dell’arcivescovo san Oscar Romero, il 24 marzo 1980, che ha dato la vita per il Vangelo.

Nel capoluogo umbro, presso il centro parrocchiale “Shalom” di Santo Spirito, si è tenuta la Veglia di preghiera guidata dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme ai sacerdoti mons. Orlando Sbicca, direttore dell’Ufficio diocesano per le missioni, mons. Saulo Scarabattoli, parroco di Santo Spirito, don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana, e don Antony Situma, cappellano della comunità anglofona.

Nel commentare la Parola di Dio, l’arcivescovo Maffeis, ha ricordato le sue esperienze missionarie, maturate durante le visite ai suoi confratelli trentini nel sacerdozio in terra di missione, e la forza che ha ricevuto dal poter condividere le gioie e le speranze, le sofferenze e le attese di questi sacerdoti dediti a testimoniare il Vangelo nelle regioni più remote del mondo. “Come ci mostra la vita di san Oscar Romero – ha detto mons. Maffeis – solo il servizio umile e costante per la dignità dell’uomo porta frutto. Siamo tutti chiamati ad aprire il cuore ed a sentirci parte della Chiesa che è nel mondo”.

La veglia è stata preceduta dalla “cena povera” (a base di riso e patate), per sostenere i ragazzi del “Centro Kay Chal” dove ha lavorato per tanti anni suor Luisa Dall’Orto, uccisa ad Haiti lo scorso 22 giugno. “Sono fanciulli che hanno sofferto sia per il terremoto del 2010 che per le successive violenze e distruzioni da parte di bande armate”. A sottolinearlo, a margine della veglia, è stata Anna Maria Federico, responsabile del Centro missionario umbro e operatrice dell’Ufficio diocesano missionario di Perugia, che ha anche commentato che “con questa celebrazione così intensa e partecipata abbiamo tutti sentito di essere Chiesa viva e sperimentato che l’animazione missionaria, a partire da quella parrocchiale, è un valore aggiunto che ci fa crescere tutti”.

Come segno di speranza che non muore mai, nemmeno in terra di missione, sono stati deposti ai piedi dell’altare i ceri accesi dall’arcivescovo con i colori dei cinque continenti insieme a cinque vasetti di grano germogliato.

Assisi – il disarmo nucleare organizzata dal Comitato Civiltà dell’Amore, dalla Diocesi e dalla Città di Assisi

“Una commissione permanente con esperti russi e americani, che possa lavorare  in collaborazione con i leader cattolici e delle altre religioni, per cercare soluzioni utili ai governi che possiedono armi nucleari per incoraggiare modi e mezzi per ridurre gli arsenali e i pericoli nucleari”. È uno dei passaggi del documento finale della conferenza di pace per un tavolo di dialogo sul disarmo nucleare svoltasi sabato 25 marzo nella Sala dei vescovi del Santuario della Spogliazione di Assisi e organizzata dal Comitato Civiltà dell’Amore, dalla Diocesi di Assisi – Nocera – Gualdo e dalla Città di Assisi.

Nel corso dell’iniziativa, alla quale hanno presenziato il presidente del Comitato Giuseppe Rotunno, il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino e il sindaco Stefania Proietti, è stata ribadita “la necessità di un dialogo costante, soprattutto in questo momento tra esperti russi e americani, per ridurre il rischio dell’uso di armi nucleari con conseguenze catastrofiche. Stati Uniti e Russia detengono la vasta maggioranza dell’arsenale nucleare mondiale e hanno la speciale responsabilità di lavorare insieme a misure pratiche che riducano la minaccia di una guerra nucleare. Dalla terra natia di San Francesco, il Santo della pace e dell’amore per i poveri – si legge nella dichiarazione – parte la speranza di utilizzare i fondi attualmente spesi per le armi nucleari per scopi umanitari migliori”.

Perugia – riapre al culto la chiesa parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino.

«La scelta di eseguire i lavori di restauro e consolidamento strutturale dal pavimento al tetto nasce sicuramente in un tempo azzardato, perché sono iniziati subito dopo la fase acuta del Covid-19, esattamente un anno fa. Già la pandemia aveva provocato una prima significativa diaspora di fedeli a cui si è aggiunta quella altrettanto consistente dovuta alla chiusura della chiesa dal giorno seguente la festa del Santo patrono Biagio, il 4 febbraio dello scorso anno». A sottolinearlo è il parroco dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, don Luca Delunghi, nell’annunciare la riapertura al culto della chiesa, domenica 26 marzo, V di Quaresima, con la celebrazione eucaristica, delle ore 17, presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis.
“Si direbbe che questa chiesa, ristrutturata dal pavimento fino al tetto, sia un po’ una parabola di tutto il cammino quaresimale che vorrebbe rinnovare tutti noi, dalla testa ai piedi, farci persone nuove”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis ha esordito nell’omelia pronunciata, domenica pomeriggio 26 marzo, nella chiesa parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, riaperta al culto dopo un anno di lavori di restauro e di consolidamento strutturale. “Se nei prossimi mesi sarà realizzato l’affresco dell’abside, completando i lavori – ha proseguito l’arcivescovo –, che tratteggerà l’Agnello, segno del Crocefisso Risorto, e la Gerusalemme, la città Santa, quest’affresco, che ancora non c’è, se chiudiamo per un istante gli occhi e ripensiamo nel nostro cuore al racconto che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo (la resurrezione di Lazzaro, n.d.r.), siamo introdotti nella città santa, in quella vita nuova che viene incontro con il Signore… Gesù prende parte a questo dolore lancinante che la morte porta nel cuore umano. Anche Lui, davanti alla morte di Lazzaro, è turbato, si commuove… Non si tratta di credere in qualche forma di resurrezione, ma di sentire che nella fede già ci siamo fatti partecipi di quest’ultimo giorno”.

“Vivere con questa presenza del Risorto nel cuore, con questa Luce – ha evidenziato mons. Maffeis –, tutto acquista un nuovo valore, come le cose di tutti i giorni, i volti dei fratelli, le relazioni sociali. Vi auguro che questo luogo santo, che oggi torna a rivivere, irradi su ciascuno la grazia del Signore e la sua benedizione raggiuga vicini e lontani, consoli quanti hanno il cuore ferito, renda tutti noi sensibili alle necessità dei fratelli, a partire dai più poveri, qualunque sia la forma di questa povertà. Il Signore ci renda comunità cristiana, parrocchia, tenda piantata tra le case della gente, fontana inesauribile di pace e di fraternità. Buon cammino a tutta la comunità”.

Per la comunità parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino e per tutte le altre dell’Unità pastorale, che per un anno hanno accolto celebrazioni liturgiche e attività pastorali della chiesa in cantiere, è stato un giorno di festa e di gioia come si è colto dalle parole del parroco, don Luca Delunghi, pronunciate nel suo intervento di saluto all’inizio della messa a cui hanno preso parte tantissimi fedeli, diversi sacerdoti, tra cui i vicari generale e per la pastorale, don Simone Sorbaioli e don Simone Pascarosa, il sindaco Andrea Romizi e alcuni dei suoi assessori. “Un grande segno – ha sottolineato don Delunghi – è stata l’accoglienza delle parrocchie vicine della nostra Unità pastorale, per questo, a loro, a quelli che sono qui presenti diciamo subito grazie: siete stati il volto, insieme ai vostri parroci, di una Chiesa accogliente e capace di fare spazio e la conferma che le Unità pastorali, anche con i loro limiti, più umani (campanilistici e clericali), hanno un senso. Abbiamo sentito il desiderio di tanti di tornare, non vedendo l’ora di poter varcare nuovamente quelle tre soglie per pregare qui, ma abbiamo anche scoperto la verità profonda che abbiamo bisogno sinceramente di chiederci come stare in mezzo a questo quartiere abitato da tante povertà, concrete ed essenziali, e come essere il volto bello di Colui che ci chiede di collaborare per la realizzazione del suo Regno in mezzo agli uomini”. Il parroco, rivolgendosi all’arcivescovo, gli ha chiesto a nome di tutti i parrocchiani di “aiutarci a comprendere meglio, attraverso questa celebrazione, questo tempo dove stiamo camminando e cosa dovremmo fare perché oggi non sia solo un evento, ma una tappa di questo percorso vissuto insieme”.

Non sono mancate, al termine della celebrazione, le parole di alcuni membri della comunità parrocchiale, alcune anche di “provocazione”, affinché il “ritorno a casa” dopo un anno possa essere letto come opportunità, ripartenza e occasione. “Tutti quanti ci siamo rimboccati le maniche – ha detto uno dei parrocchiani – e con l’incentivo di una salda e lungimirante guida ci abbiamo provato, offrendo continuativamente contributi in tempo, denaro, capacità e servizi. Come diceva mons. Ennio Antonelli (arcivescovo di Perugia dal 1988 al 1995, n.d.r.): ‘la comunità crescerà non con il molto di pochi, ma con il poco di molti’, e noi aggiungiamo: ‘senza nulla togliere a chi ha dato tanto’”.

«È tempo di ritornare a casa dopo un anno di diaspora – commenta don Luca –. Tanti esclamano: “Non vedo l’ora!”. Questo è molto incoraggiante per riprendere la vita di fede comunitaria contraddistinta anche da un’identità di Chiesa particolare radicata tra la gente. È stato bello vedere tanti volontari nel darsi da fare a pulire le panche e a mettere in ordine i diversi spazi ed oggetti».

Quella dei Ss. Biagio e Savino è una parrocchia “storica” del capoluogo umbro, che conta più di 4mila abitanti, un tempo di periferia, con l’attuale chiesa edificata alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. È la comunità parrocchiale più numerosa di una Unità pastorale molto attiva e solidale formata da sette parrocchie. Tant’è vero che le celebrazioni liturgiche festive della chiesa dei Ss. Biagio e Savino sono state ospitate in quella di San Ferdinando, mentre le attività di catechismo, socio-caritative, aggregative ed oratoriali si sono svolte nelle parrocchie di Santa Maria di Colle, di San Costanzo e di Santo Spirito avendone già in comune diverse. «Bisogna riconoscere la bella intuizione che già da alcuni anni i nostri vescovi hanno avuto nel proporci il modello dell’Unità pastorale – evidenzia don Luca –, come segno profetico di comunione e fraternità tra parrocchie limitrofe».

Erano lavori non più prorogabili, precisa sempre don Luca Delunghi, nel sottolineare che «già i miei predecessori, don Orlando Sbicca e don Umberto Stoppa, presenti anche loro alla riapertura di domenica, li avevano auspicati nel vedere le crepe e il cedimento del pavimento marmoreo di oltre un millimetro all’anno con un avvallamento nel punto più estremo che ha raggiunto quasi otto centimetri. Siamo intervenuti, una volta rimosso tutto il pavimento del 1959, con delle gettate di micro pali in cemento. Un intervento che ci ha permesso di realizzare anche il riscaldamento a pavimento. Altro importante intervento è stato effettuato sull’intero tetto a causa delle infiltrazioni d’acqua, coibentandolo con doppio strato di guaina, oltre all’adeguamento degli spazi liturgici secondo le linee della Cei ad iniziare dalla sede presbiterale avvicinata all’assemblea. Il fonte battesimale è stato portato all’ingresso della chiesa, il confessionale posizionato in parallelo alla cappellina che custodirà l’olii sacri e spostato il crocifisso dal centro dell’abside all’assemblea, così da essere più vicino al popolo di Dio, posto in parallelo all’altare dove si trova il tabernacolo. Inoltre sono stati rifatti gli impianti elettrico ed audio».

Don Delunghi annuncia anche che «abbiamo in cantiere, entro fine anno, un affresco su tutta la superficie absidale la cui opera l’andremo ad affidare a breve ad un atelier di alcuni artisti che hanno operato in diverse parti del mondo. La prospettiva è che venga rappresentata nell’affresco la gloria dell’Agnello, insieme ad altre figure della Gerusalemme Celeste; un rimando alla nostra chiesa che è tra le case, immersa tra i palazzi, con l’idea di dare la prospettiva biblica ed anche escatologica della visione della città e delle relazioni che in essa viviamo. Vedere come è stata compresa, vista e vissuta la città nell’antico e nel nuovo Testamento. Il richiamo alla Gerusalemme Celeste è per chi entra in chiesa, affinché possa guardare al futuro, la promessa della vita eterna, alla propria meta».

Il parroco, nell’invitare tutti i fedeli di «ritornare a casa nostra», fa anche un appello ad «essere ancora una volta generosi», perché «c’è un mutuo da pagare di quasi 1.000 euro al mese per 15 anni – ricorda don Luca –. Il bello di questo anno è che c’è già stato un gruppo di parrocchiani, giovani e adulti, che si sta autotassando per sostenere questa uscita mensile e non appesantire l’ordinario della comunità. Si è anche consapevoli che il 60% delle spese per questi lavori è stato sostenuto dalla Cei attraverso il fondo edilizia di culto dell’8xMille alla Chiesa cattolica. Rimanete generosi con la parrocchia – insiste il parroco –, perché, oltre a sostenere le spese dei lavori, la parrocchia ha continuato a rispondere alle necessità di chi suonava, in questi ultimi due anni, al Centro d’Ascolto Caritas, di sostenere l’emergenza per i soccorsi in Ucraina secondo le indicazioni della Caritas diocesana e aiutare la Chiesa diocesana per i tempi in cui è stato chiesto di rendere concreta la solidarietà».

Terni – il vescovo Soddu visita i malati dell’ospedale di Terni

In occasione della Pasqua, il 23 marzo, il vescovo Francesco Antonio Soddu ha fatto visita ai malati e operatori sanitari dell’ospedale Santa Maria di Terni. La mattinata è cominciata con l’incontro con la dirigenza e amministrazione dell’azienda ospedaliera per uno scambio augurale e una benedizione. Quindi è proseguita con la visita all’interno del nosocomio, dove il vescovo Soddu, accompagnato dal cappellano padre Angelo Gatto, dai collaboratori della cappellania e dalle suore Missionarie Identes, ha visitato i reparti di Oculistica, Cardiologia, Neurologia, Ortopedia. Per ogni malato il vescovo ha avuto parole di conforto e di incoraggiamento, assicurando le proprie preghiere per tutti i malati e impartendo la benedizione. Ai medici e operatori sanitari ha rivolto parole di encomio per il lavoro e l’attenzione prestata ai malati, soprattutto nei periodi appena trascorsi che sono stati difficili dal punto di vista sanitario, ma soprattutto di sofferenza sotto l’aspetto umano. Agli operatori sanitari, amministrativi e ad ogni reparto sono stati donati dei crocifissi francescani di San Damiano.

Assisi – Accoglienza migranti Caritas

Sono 15 i cittadini arrivati in questi giorni ad Assisi e accolti dalla diocesi nella propria struttura della Caritas “La Madonnina” di Santa Maria degli Angeli. Gli immigrati sono arrivati attraverso i barconi della speranza a Lampedusa dove l’hot-spot di Lampedusa è ormai al collasso e, tramite le Prefetture, si sta cercando di redistribuire i profughi. “Si tratta di giovanissimi uomini, tra i 19 e i 20 anni – spiega la direttrice della Caritas diocesana, Rossana Galiandro – che sono sprovvisti di tutto. Sono dodici tunisini e tre della Costa D’Avorio e parlano solo arabo e un po’ di francese. Abbiamo dato subito la disponibilità ad accoglierli – aggiunge ancora Galiandro – perché anche noi, nel nostro piccolo, vogliamo fare la nostra parte rispetto alla tragedia degli sbarchi drammatici, continui e a volte tragici a cui stiamo assistendo in questo ultimo periodo sulle coste del nostro Meridione”. Già in passato la struttura della Madonnina era stata punto di riferimento per altri progetti di accoglienza, in particolare vi erano state accolte mamme con bambini piccoli. Per dare il proprio sostegno o avere informazioni sulle possibilità di volontariato in questo momento, si può contattare la Caritas scrivendo a segreteria@assisicaritas.it.

Perugia – i dodici monaci di clausura della Famiglia di Betlemme dell’Eremo di Montecorona preoccupati per le famiglie sfollate a causa del terremoto del 9 marzo

«Come tutti, le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti». A dirlo, in una toccante testimonianza raccolta dall’Ufficio stampa diocesano di Perugia, sono i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno che abitano, in clausura, l’Eremo di Montecorona (secolo XVI), nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È situato sulla sommità di una collina, nella zona dell’Alta Umbria interessata dal sisma di due settimane fa che ha costretto più di 700 persone a lasciare le proprie abitazioni inagibili e la chiusura di diverse attività produttive, mettendo a dura prova le località di Pierantonio, Pian d’Assino, Badia di Montecorona e Sant’Orfeto, tra i comuni di Perugia ed Umbertide.

I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che «non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura – affermano –, salvo tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili», ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che «non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati. Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi».

Nell’avviarsi alla conclusione del loro racconto, i monaci dell’Eremo di Montecorona affidano «tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza», ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: “Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce”.

Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona. “I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro” (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a san Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.

L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona. Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.