Foligno – Caritas numero verde per l’emergenza Covid 19

La Caritas della Diocesi di Foligno comunica che è attivo il numero verde della Caritas al quale sarà possibile rivolgersi in queste difficili settimane che stiamo vivendo a causa del Coronavirus.

IL NUMERO VERDE: 800218955.

Il servizio è disponibile tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00.

Per chi volesse, ricordano dall’ufficio della carità della Diocesi di Foligno, che è attivo anche un conto corrente per raccogliere fondi da destinare alle famiglie più fragili della nostra comunità.

Chi vorrà potrà contribuire con una donazione alla Diocesi di Foligno – Caritas Diocesana.

➡️ IBAN IT 71 C 03069 21705 0000 000 49982

➡️ Causale: “Emergenza Coronavirus”

#ChiCiSeparerà #CaritasOnCovid19

Foligno – Una Bibbia per bambini in un’app

L’area pastorale “Evangelizzazione e Catechesi” della Diocesi di Foligno, visto che sempre più precocemente i giovani sono attirati da smartphone e tablet per giocare e interagire, fa una proposta: perché non sfruttare questo potente mezzo per iniziare a far conoscere la Parola di Dio ai bambini? L’app “Bibbia per ragazzi”, creata da YouVersion in collaborazione con OneHope, propone avventure interattive per esplorare i grandi racconti biblici.

L’app, scaricabile gratuitamente su App Store, Google Play e Amazon Appstore, contiene animazioni, illustrazioni vivaci, attività e giochi adatti ai bambini, che hanno così la possibilità di ricordare meglio quello che vedono e imparano grazie all’intuitiva tecnologia touch. Un’occasione per mettere in relazione i più giovani con la Parola di Dio e fargli scoprire cosa significa credere e seguire Gesù.

Clicca qui per scaricare l’app

Perugia: il “Daidò” degli “Empori della Solidarietà” si presenta nel tempo del Covid-19. Luigi Palazzoni, da giornalista professionista a volontario Caritas, responsabile del “Daidò”

Le donazioni di prodotti alimentari e per il fabbisogno domestico da parte di enti, aziende e privati benefattori sono in costante crescita agli “Empori della Solidarietà” della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve. Basti pensare che negli ultimi due anni queste donazioni sono passate da 200,9 tonnellate (2018) a 208,3 tonnellate (2019), come si evince dal recente Report Empori della Solidarietà, al punto che la Caritas diocesana ha creato un settore specifico per la loro gestione. Questo settore è stato denominato “Daidò”, l’unione tra le parole “dai”, alla Caritas, e “do”, ai bisognosi.

Attività. A presentare l’attività del “Daidò” è il suo responsabile Luigi Palazzoni, “storica penna” del giornalismo professionista umbro, oggi volontario Caritas. «Il “Daidò”, come richiama la sua stessa denominazione, rappresenta un’attività che consiste nel ricevere qualcosa che viene poi dato ad altri – spiega Palazzoni –. Il lavoro svolto al suo interno da una equipe di volontari riguarda le varie fasi e procedure obbligatorie, da quando la merce viene annunciata dal soggetto donante fino al momento in cui viene sistemata sugli scaffali dell’emporio pronta per essere prelevata dalle quasi 500 famiglie che da noi vengono a fare spesa gratuitamente».

Passaggi obbligatori. «Ci sono infatti, tra le altre varie incombenze collaterali, diversi passaggi obbligatori – precisa il responsabile –: l’inventario della merce con la specificazione ufficiale scritta (per ogni singola confezione), di che tipo di alimento si tratti, la scadenza, la marca produttrice, il peso, il donatore e i punti (simbolizzati da pesciolini) assegnati ad ogni prodotto per essere prelevato da chi verrà a fare spesa in emporio, titolare di una tessera a punti a scalare».

Gestione computerizzata. «I principali dati relativi al suddetto inventario – prosegue Palazzoni – vengono quindi trasferiti attraverso computer nel sistema gestionale che registra tutta l’attività dell’emporio. In un file a parte vengono poi inserite, sempre all’interno del sistema gestionale computerizzato, le singole scadenze di ogni singola confezione donata».

Prezzo in punti-pesciolini. «Compiute queste operazioni, che costituiscono la base dell’attività del gruppo “Daidò”, sistemiamo in emporio, dopo avergli applicato il “prezzo” in punti-pesciolini, ogni prodotto donato secondo precisi criteri di necessità del momento, spazi a disposizione, categorie di prodotti, ecc. Ciò che non entra subito in distribuzione, viene sistemato in magazzino, suddiviso per generi e per date di scadenza in maniera di identificarlo immediatamente e trasferirlo in emporio non appena è possibile e necessario».

Preparati per il Covid-19. «Il “Daidò” è molto di aiuto nel tempo del Covid-19 – conclude Palazzoni –, perché le donazioni di prodotti alimentari sono ulteriormente cresciute, come anche il numero dei fruitori degli empori; non ci siamo trovati impreparati a fronteggiare questa nuova emergenza».

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Nulla è impossibile a un giornalista professionista di lungo corso come Luigi Palazzoni, che invece di invecchiare con una penna in mano, come la stragrande maggioranza dei colleghi, si è dato dal 2015 al volontariato presso la Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve. Palazzoni, dopo essere stato una “storica” firma de Il Messaggero, testata per la quale è stato capo redattore dell’edizione umbra, e poi direttore editoriale de Il Giornale dell’Umbria, oggi è il responsabile del “Daidò”, il settore per la gestione delle donazioni agli “Empori della Solidarietà” della Caritas perugina.

Il sentimento dell’altruismo. «Nella mia lunga attività di giornalista – racconta Luigi – mi sono trovato a faccia a faccia con il mondo del volontariato. Confesso che per me è stata come un’evoluzione elaborata nel corso degli anni, che ha conosciuto varie tappe: prima come fortemente scettico, poi come quasi disinteressato osservatore, a seguire la perplessità unita alle prime domande che mi ponevo (perché lo fanno?), ed ancora, il nascere della consapevolezza che qualcosa di forte sfuggiva alla mia riflessione. A sfuggirmi, poi lo capii, era il sentimento dell’altruismo, la voglia di aiutare chi ne aveva bisogno, chi era stato meno fortunato, chi era passato o si trovava ancora in mezzo al guado di una vita impossibile da vivere per le condizioni che imponeva ad uno o più di uno dei livelli della nostra esistenza: sociale, familiare, economico, psicologico, morale».

La rivelazione finale. «E poi, ecco la “rivelazione” finale, la consapevolezza – prosegue il giornalista –, verificata nelle persone e nei fatti, che effettivamente donare un po’ del proprio tempo a qualcuno gratifica tanto chi lo riceve quanto chi lo dona. Occorre provarlo per capirlo. La mia attività di giornalista, prima come semplice cronista e poi via via fino alla direzione di giornali importanti, mi ha regalato anche un osservatorio privilegiato sul mondo che ci circonda, sulla nostra società, sul bene ed il male, sulle gioie e i dolori che la gente vive giornalmente».

Ammirazione per i volontari. «La mia stima e ammirazione per coloro che dedicavano una parte del loro tempo agli altri, cresceva, fino a maturare la decisione che al momento di lasciare l’attività giornalistica per motivi pensionistici, avrei dedicato anch’io una buona parte delle mie energie al volontariato». Da «osservatore/ammiratore di chi si prodigava per il benessere altrui in maniera disinteressata e con forte abnegazione, ora sono dall’altra parte della barricata. Da qualche anno vivo finalmente in prima persona le soddisfazioni morali ed il benessere psicologico per una attività di volontariato che porto avanti anche con spirito di sacrificio – conclude Luigi Palazzoni –, ma con convinzione, determinazione e soprattutto la gioia intima e profonda della consapevolezza di fare qualcosa di utile per tante persone».

La testimonianza di Luigi Palazzoni, da giornalista a volontario Caritas, è pubblicata integralmente sul sito: www.lavoce.it (con breve intervista video). E’ una testimonianza di vita donata di esempio non solo per altri giornalisti, ma per tanti professionisti a riposo dopo anni di carriera.

Perugia – Emergenza Covid-19: Il Malawi chiede aiuto. Don Marco Briziarelli: “Aiutiamoli a prevenire il contagio”

«La pandemia da Coronavirus è ufficialmente arrivata anche in Malawi. E’ iniziata la lotta contro il tempo per prevenire e arginare più possibile il contagio. Non uso la parola curare appositamente, perché in uno Stato flagellato dalla povertà dove già in regime di normalità un’esigua parte della popolazione può accedere alle cure, la grande scommessa è e sarà la prevenzione». Lo afferma don Marco Briziarelli, presidente dell’associazione “Amici del Malawi Onlus”, una delle principali realtà missionarie dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve impegnata nella cooperazione internazionale in campo educativo-formativo e di sviluppo agroalimentare e socio-sanitario in uno degli Stati più poveri del mondo, realizzando progetti anche in collaborazione con aziende e istituzioni civili umbre, come quelli della scuola politecnica di Zomba (Diocesi che ha avviato un rapporto solidale-gemellaggio con quella perugino-pievese), degli asili per orfani, bambini soli e di famiglie in difficoltà e dell’ospedale “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”.

In Malawi appena 47 respiratori. «Da più di 40 anni come associazione “Amici del Malawi” – ricorda don Briziarelli – operiamo nel distretto di Zomba, ma mai come ora stiamo respirando un’aria di grande emergenza. Il Governo sta chiedendo il lockdown, una decisione che sta riscontrando molte resistenze in quanto la popolazione ha necessità estrema di muoversi alla ricerca del pane quotidiano. Se l’epidemia dovesse esplodere come in Italia, il presidente del Malawi Mutharika ha pronosticato almeno 50.000 morti in uno Stato di appena 18 milioni di abitanti, una vera ecatombe. In caso di diffusione dell’epidemia il sistema sanitario sarebbe al collasso in quanto il Paese non ha risorse». Basti pensare, prosegue il sacerdote perugino, che «in tutto lo Stato sono presenti soltanto 47 respiratori ed è difficile reperire ogni tipo di materiale sanitario, medicine, prodotti per la sanificazione e igiene personale».

Vicinanza dal Malawi. «Il grido del presidente Mutharika è stato immediatamente accolto dai vescovi malawiani – sottolinea don Briziarelli – che hanno creato delle vere e proprie Task Force in collaborazione con tutti i missionari presenti. In costante contatto con il vescovo di Zomba, mons. George Desmond Tambala, grazie a Sister Mary, responsabile del nostro ospedale “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”, in collaborazione con DHO (District Health Office, organo sanitario malawiano), siamo scesi subito in campo a servizio e sostegno dei nostri fratellini malawiani, un popolo davvero speciale che i questi giorni di grande sofferenza per la nostra Italia non ha mai smesso di inviarci messaggi di sostegno e vicinanza».

Azioni messe in campo. Tra i progetti messi in campo dagli “Amici del Malawi” quelli della riconversione del “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”, l’acquisto di materiale sanitario e di prevenzione e informazione capillare rivolta alle famiglie più povere escluse da ogni forma di comunicazione, grazie a cinque giovani volontari malawiani che distribuiranno materiale informativo e per prevenire il contagio (disinfettanti, sapone, acqua…). Inoltre si sta procedendo alla produzione di mascherine. Quest’attività, spiega il presidente degli “Amici del Malawi”, è resa possibile «grazie all’aiuto del gruppo di sanitari italiani nostri volontari che hanno inviato video tutorial e schede tecniche in lingua inglese, previa autorizzazione necessaria del DHO. Le mascherine vengono prodotte dalle suore Carmelitane che hanno messo a disposizione il loro monastero per questo progetto umanitario garantendo uno spazio di produzione senza rischi. Già le prime mascherine sono state consegnate ai sanitari e raggiungeranno nei prossimi giorni tutti i ricoverati e la popolazione. Oltre a questa attività, tramite l’invio di altre schede e video tutorial, siamo riusciti ad istruire i nostri referenti in Malawi nella costruzione di piccoli macchinari per avere acqua e sapone sempre disponibili per l’igiene personale».

L’epidemia in Africa. Ad oggi i casi dichiarati di Covid-19 in Malawi sembrano contenuti, ma nessuno sa realmente quali siano i dati della diffusione del contagio. «In questi giorni l’Oms – evidenzia don Briziarelli – ha lanciato l’allarme per l’Africa avendo riscontrato in una settimana l’aumento dei casi del 51% e delle morti del 60%».

SoS pro Malawi. Rivolgendosi alla sua comunità diocesana, da sempre solidale con la popolazione del Malawi, don Marco Briziarelli dice: «Non abbiamo altro tempo. Abbiamo bisogno di voi come non mai. Abbiamo bisogno del vostro sostegno e del vostro aiuto economico per rendere più efficaci e possibili queste azioni di prevenzione. Ogni euro è una goccia che può salvare centinaia di persone. Siamo stretti ancora dall’emergenza italiana, ma non volgiamo lo sguardo e le spalle a questi fratelli poveri che dopo tanti anni di collaborazione fanno parte delle nostre vite. Un grazie al nostro cardinale Gualtiero Bassetti per il sostegno continuo alla nostra opera. E allora cari amici il mio appello accorato: Donate, donate, donate! Seguiteci nei costanti aggiornamenti che riporteremo nel sito www.amicidelmalawiperugia.it e nella pagina facebook: Amici del Malawi Onlus di Perugia».

Donazioni all’associazione “Amici del Malawi” possono essere fatte tramite bonifico bancario (IBAN: IT 37 L 05216 03001 000003000735), specificando nella causale: #Emergenza Covid-19 in Malawi.

Perugia: L’omelia del cardinale Bassetti della Domenica della Divina Misericordia. Il presule: «Il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà… La gioia della Pasqua nasce nel farsi carico delle ferite di tanti uomini e donne vicini e lontani da noi».

Il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha celebrato la S. Messa della Domenica della Divina Misericordia (19 aprile) nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia, trasmessa in diretta dai media e sui social, ha introdotto l’omelia raccontando la sua recente esperienza nel visitare, nel tempo del “coronavirus”, «due luoghi dove, per motivi diversi, la sofferenza umana è più acuta e più forte: l’Ospedale della Misericordia di Perugia e il Carcere di Capanne».

Luogo santo e valle di lacrime. «Ho benedetto l’ospedale, quel luogo santo dove la Croce del Signore è così viva e presente. Poi il carcere, che ti si presenta con i suoi recinti, le sue mura e con 430 persone fra uomini e donne più coloro che sono addetti ad accudirli e alla vigilanza. Un’altra valle di lacrime, di solitudine. La vita per i carcerati si è fatta ancora più pesante: non ci sono più le visite dei parenti, non sono accordati i permessi, è terminato anche quel po’ di lavoro che almeno teneva alcuni occupati. Ma il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà».

Esempio evangelico di condivisione. Il cardinale ha raccontato un episodio che l’«ha profondamente commosso, e che si presta – ha sottolineato –, a modo di esempio, ad essere un buon commento al brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato, dove si parla di comunione fraterna e di condivisione dei beni, come avveniva nella primitiva comunità cristiana. I detenuti si sono impegnati a fare una colletta per i malati dell’Ospedale: uno di loro, che aveva sul suo conto corrente tre euro, ne ha dati due. È un miracolo di bontà che si commenta da solo. Ricordate l’episodio della vedova del Vangelo? Aveva soltanto due spiccioli. Dare tutto, è da lì che comincia la carità vera, diceva don Primo Mazzolari. Certamente un gesto del genere è insignificante per il mondo, ma davanti a Dio quanto è grande! I suoi criteri di misura quanto differiscono dai nostri…».

La Divina Misericordia legata all’Umbria. Il presule ha anche ricordato che questa seconda domenica del tempo di Pasqua, «per volontà del Santo Papa Giovanni Paolo II, è anche la domenica della Divina Misericordia: invochiamola per noi e per tutta la società, e ringraziamo il Signore per aver ispirato la Beata Madre Speranza di Gesù a costruire quel grande santuario di Collevalenza che, della Misericordia divina, è evidente espressione».

La rivelazione cristiana. Il cardinale, nel commentare il Vangelo, ha evidenziato che la «rivelazione cristiana» sta nella frase di Gesù mentre appare ai discepoli: “Pace a voi”. «Vorrei che in questo annuncio del Signore Risorto, che dice tutto con la parola “pace”, ci sentissimo presenti anche noi, e soprattutto ci sentissimo presenti con tanta umiltà nella persona di Tommaso, perché lui rappresenta tutti noi nella sua incredulità. Spesso siamo duri nel credere e nel fidarci fino in fondo di Gesù».

Necessario mettere le mani sulle ferite altrui. «Non è necessario mettere le nostre mani sulle ferite di Gesù – ha commentato il cardinale avviandosi alla conclusione –, ma su quelle di tanti corpi feriti, di tante persone malate e indebolite, di tanti poveri, che incontriamo sulla nostra strada: sono loro che ci offrono la possibilità di incontrare il Signore Risorto. La vittoria sulla nostra incredulità e sulla incredulità del mondo inizia proprio da qui: ascoltare il Vangelo di Pasqua e toccare le ferite del corpo di Gesù, ancora piagato in tanti uomini e donne vicini e lontani da noi. È da qui che nasce la gioia della Pasqua. E noi, questa gioia, la vogliamo sperimentare. Anche papa Francesco, visitando per la prima volta Assisi ed incontrando gli assistiti dell’Istituto Serafico, disse: “in quei bambini ci sono le ferite, le piaghe del Corpo di Cristo”. Gesù ci affida il compito di curare tante piaghe, tante lacrime dei nostri fratelli».

Gubbio – #ChiesaProssima: il bilancio del primo mese di interventi. La Diocesi rilancia i servizi per l’emergenza Coronavirus

Centinaia di interventi di vario genere e migliaia di euro in contributi economici di fronte ai vari bisogni incontrati. È un bilancio molto articolato quello stilato dalla diocesi di Gubbio, dopo oltre un mese di attività dei servizi attivati dall’inizio dello “stop” del Paese per l’inizio dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Con il coordinamento della Caritas diocesana, a fine marzo era stata lanciata anche l’iniziativa #ChiesaProssima, per dare ancora maggiore ascolto e risposte concrete alle persone in difficoltà.
Il centro di ascolto Caritas, nelle prime cinque settimane fino a Pasqua, ha incontrato 237 persone, distribuendo 137 pacchi viveri e mettendo in campo 8.865 euro di interventi economici di vario genere.
Il numero telefonico unico per le richieste di aiuto ha ricevuto una settantina telefonate, per attivare i vari servizi. Cioè: aiuto e sostegno spirituale, centro di ascolto della Caritas diocesana, attività di tutoraggio compiti e studio e attività di supporto genitoriale, supporto psicologico, consulenza e mediazione familiare, consulenza su questioni legali, amministrative e fiscali, sostegno alla maternità e genitorialità e altro ancora.
In particolare, la socializzazione telefonica a cura dei volontari di Anteas Gubbio-Gualdo Tadino ha riguardato 48 persone chiamanti, con 103 chiamate ricevute per richieste o il solo bisogno di compagnia e 115 chiamate fatte dagli operatori per ricontattare e assistere gli utenti. Cinque chiamate hanno riguardato il servizio psicologico, con vere e proprie visite o consulti attivati a distanza. Due gli interventi di assistenza legale: uno per la sospensione delle rate di un mutuo e uno per una questione di locazione.
Il contatto mobile numero 3357894562 resta attivo per molte tipologie di assistenza. Dal lunedì alla domenica, dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 18, chi chiama troverà un operatore qualificato, pronto ad ascoltare e a offrire indicazioni utili. Tutti i servizi offerti sono completamente gratuiti e viene garantito il pieno rispetto delle normative in materia di privacy e riservatezza.
La diocesi eugubina sta rilanciando questo progetto per il secondo mese, aggiungendo un conto corrente bancario dove si possono versare aiuti economici per contribuire alle tante attività avviate per il sostegno a povertà e stato di necessità. Si possono inviare fondi con un bonifico sul conto Iban IT21R0103038480000063165776, presso il Monte dei Paschi di Siena, intestato a Diocesi di Gubbio – Caritas, con la causale “Emergenza Coronavirus – Sostegno alle famiglie”.

Città di Castello – Centenario dalla morte di Beata Margherita da Castello

Avrebbe dovuto aprirsi solennemente domenica 19 aprile l’anno di celebrazioni per il settimo centenario della morte della beata Margherita, nata alla Metola (Mercatello sul Metauro) attorno all’anno 1287 e morta il 13 aprile 1320 a Città di Castello. Per circa due anni un comitato composto dalle diocesi di Città di Castello e di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, dai comuni di Città di Castello, Mercatello sul Metauro e Sant’Angelo in Vado e dall’Ordine dei Predicatori ha lavorato a un programma articolato in vari momenti liturgici, pastorali e culturali, accogliendo anche proposte e suggerimenti di varie associazioni. La pandemia in atto ha però imposto il rinvio delle manifestazioni programmate nei primi mesi a partire dalla solenne celebrazione di apertura, prevista per domenica prossima a Mercatello sul Metauro, dove il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, avrebbe presieduto la solenne concelebrazione eucaristica. Appena possibile, il comitato tornerà a riunirsi per ridefinire il calendario già previsto e proporre in altre date le varie iniziative.

Per ricordare la beata Margherita e segnare, a livello diocesano, l’inizio dell’anno sette volte centenario – che si concluderà il 9 maggio 2021 – il vescovo di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, domenica 19 aprile celebrerà una messa nella chiesa cittadina di San Domenico, dove si conserva il corpo della beata. La celebrazione avverrà senza la partecipazione del popolo e secondo le norme emanate dalla CEI e dal Ministero degli Interni.

La beata Margherita

Nacque da nobili genitori (Parisio ed Emilia) nel castello di Metola nella Massa Trabaria (oggi Comune di Mercatello sul Metauro e Arcidiocesi di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado), presumibilmente nel 1287.

Margherita nacque cieca e con una difformità degli arti inferiori e a motivo di ciò il padre le costruì una cella presso la chiesa del castello per nasconderla alla vista degli altri, ma anche per proteggerla dai conflitti in atto nella zona. Fin dai sette anni la fanciulla inizia una vita di penitenza con digiuni e cilicio. Nella speranza di un miracolo i genitori la portano a Città di Castello, al sepolcro di un pio frate minore morto da poco (il beato Giacomo), ma il miracolo non avviene e Margheritaviene abbandonata dai genitori stessi in quella città. Vive girovagando e ricevendo il vitto dalla carità della gente del popolo, fino a quando è accolta nel monasteriolum di Santa Margherita, da cui però in seguito viene espulsa. Margherita trova quindi un approdo nella casa dei coniugi Venturino e Grigia, dove si comincia ad attribuirle miracoli e dove vive in orazione e praticando forme penitenziali come la disciplina. Avendo imparato da fanciulla la preghiera liturgica grazie al cappellano che di lei si prese cura, ricambia l’ospitalità occupandosi dell’istruzione e dell’educazione dei figli della coppia. Si lega ai frati Predicatori (Domenicani) del vicino convento di San Domenico, porta l’abito domenicano e frequenta la loro chiesa. La sua vita è caratterizzata da una intensa preghiera e dalla meditazione sul mistero dell’incarnazione e sulla sacra famiglia: le si attribuiscono levitazioni e la visione di Cristo incarnato al momento dell’elevazione dell’eucarestia nella celebrazione della messa. Muore nella casa di Venturino e Grigia, munita dei sacramenti a lei impartiti dai frati domenicani, il 13 aprile 1320 e subito viene sepolta nella chiesa dei Domenicani; da qui, sarà poi traslata nell’attuale chiesa di San Domenico, edificata tra 1392 e 1424, dove tutt’ora i corpo è custodito e venerato. Il culto è diffuso in Europa, America e Asia.

Le caratteristiche della sua santità

La figura di Margherita bene s’inquadra in quella schiera di nuovi santi locali, sostenuti anche dal sentimento civico proprio dell’età comunale, assorbiti dagli ordini mendicanti, nel caso specifico dai Domenicani. La santità della beata Margherita è di profilo mistico-penitenziale, incentrato sulla meditazione dell’Incarnazione di Cristo, ma le due vite trecentesche esaltano la figura cristiforme di Margherita per la sua sofferenza e povertà di vita, una povertà non solo materiale, ma anche spirituale, che la porta a rinunciare a tutto per farsi strumento della volontà di Dio. Completamente sprovvista di beni materiali e di forze fisiche adeguate, Margherita non può esercitare la carità materiale nei confronti degli altri, ma non dimentica gli altri, ai quali rivolge il suo magistero spirituale, istruendo nella vita di fede sia i figli di Venturino e Grigia che un gruppo di donne. Nella sua vita spirituale la preghiera e le devozioni occupano un posto di grande rilievo.

Il culto

Nel 1395 a Città di Castello il culto e la devozione per la beata dovevano essere già stati istituzionalizzati, poiché si trova l’esplicita menzione della festivitas et obstensiocorporis beate Margarite. Nel 1422 il comune stabilisce che ogni anno nel giorno della festa della beata sia offerto un doppiere di cera. Da questa epoca il culto per la beata è sempre più intensamente documentato.

Il culto liturgico viene autorizzato da papa Paolo V nel 1609. Negli anni Sessanta del Seicento le lunette del chiostro del convento domenicano tifernate furono illustrate con scene di vita e di miracoli di Margherita, il cui corpo, nel 1678, fu collocato, in una urna nell’altare maggiore della chiesa di San Domenico.

Margherita oggi

In cosa ci è modello oggi la beata Margherita? Non dobbiamo cedere a facili attualizzazioni, perché ognuno è figlio del proprio tempo e nella sua vicenda umana e spirituale vi sono elementi tipici della stagione storica da lei vissuta. Tuttavia, Margherita continua a insegnarci la forza della carità, la fiducia in Dio, l’accettazione di noi stessi e dei nostri limiti, la possibilità di mettersi a servizio di Dio e del prossimo qualunque sia la nostra condizione; ci insegna i valori dell’accoglienza e dell’inclusione. La sua vicenda umana e spirituale ci dice che ciò gli uomini scartano viene esaltato da Dio e da lui adoperato per realizzare un mondo più umano.

Perugia: Ricevuto in dono da papa Francesco un ingente quantitativo di materiale sanitario per le Residenze protette per anziani del territorio. Il cardinale Gualtiero Bassetti ha ringraziato il titolare dell’Elemosineria Apostolica cardinale Konrad Krajewski

Poco dopo le 11 di stamani (17 aprile) è giunto nell’Arcivescovado di Perugia un automezzo dell’Elemosineria Apostolica Vaticana con a bordo un ingente quantitativo di materiale sanitario da distribuire alle Residenze protette per anziani del territorio perugino. Si tratta di tute, mascherine, guanti e copri scarpe monouso per il fabbisogno di queste residenze nel tempo del “Coronavirus”.

A ricevere il materiale, donato da papa Francesco su segnalazione del cardinale Gualtiero Bassetti, è stato il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi. “Il Papa, attraverso il suo elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski – ha commentato mons. Salvi – ha voluto donare questi oggetti molto utili e richiesti dalle strutture per l’accoglienza e la cura delle persone anziane e in gravi difficoltà, convinto – come lo stesso Santo Padre ci ricorda – che “i depositi vaticani devo essere sempre vuoti””.

Il cardinale Bassetti ha contattato personalmente al telefono il titolare della Elemosineria Apostolica, il confratello Krajewski, per manifestargli la sua gratitudine e per far giungere al Santo Padre Francesco il suo vivo ringraziamo.

Vita Francescana – Dalla Porziuncola al servizio degli appestati: fra Bartolomeo Cordoni da Castello tra mistica e misericordia

Frate Francesco d’Assisi, pochi mesi prima di morire alla Porziuncola, nel Testamento ha affermato che il suo cambiamento di vita e il conseguente passaggio dalla vita mercantile a quella evangelica è avvenuto nel fare misericordia con i lebbrosi (cfr. Francesco misericordioso. La sfida della fraternità, Milano 2019). I frati Minori come il Santo fondatore vissero la misericordia in molti modi, a seconda delle esigenze del tempo storico in cui si trovavano; basti ricordare l’azione tanto attuale dei Monti di pietà con cui l’Osservanza francescana aiutava i poveri meno poveri perché non diventassero più poveri, ossia – per dirla con Stefano Zamagni – sostenere i vulnerabili per non renderli fragili e quindi accattoni.

Un personaggio tanto sconosciuto quanto importante in ciò è il beato Bartolomeo Cordoni da Città di Castello (1471-1535). Dopo aver studiato a Firenze alla scuola di Poliziano, rimase vedovo e nel 1540 a trentatré anni entrò nei frati Minori osservanti presso il convento della Porziuncola. Seguendo le orme di Gesù si prese cura degli appestati, prima a Gubbio e successivamente a Terni. Divenuto guardiano di Monteripido presso Perugia, al termine del suo servizio si recò nella terra dei non cristiani per predicarvi il Vangelo e morì a Tunisi nel 1535.

Narrò la sua esperienza spirituale e mistica, radicata nella tradizione francescana, ossia negli scritti di Francesco d’Assisi, Jacopone da Todi, Angela da Foligno, Raimondo Lullo e altri ancora nel Liber de unione animae cum supereminenti lumine. Centrale del suo pensiero e spiritualità è la chiamata a diventare per grazia ciò che Gesù è per natura – concetto ben diverso dalla fusione con Dio che finirebbe in una sorta di pantesimo –, espressione già usata da Guglielmo da Saint-Thierry che la riprende da san Massimo Confessore e diffusa in tempi più recenti dal beato Columba Marmion.

Le opere e le parole del beato Bartolomeo Cordoni da Castello lungo i secoli sono state stimolo all’Ordine minoritico a essere sempre in uno stato di riforma, come la Chiesa che semper reformanda est.

a cura di Padre Pietro Messa

Terni – il vescovo Piemontese pellegrino alla basilica di San Valentino per affidare la città alla protezione del santo dell’amore

Un pellegrinaggio spirituale dei ternani verso la basilica del patrono della città e dell’amore, san Valentino, nel tempo del Coronavirus, per chiedere la protezione del santo, perchè con il suo sguardo benigno possa intercedere presso il Signore per liberarci dal male che ci avvolge.

Così, rappresentando l’intera comunità diocesana, il vescovo Giuseppe Piemontese si farà pellegrino verso il colle dove si trova la basilica di San Valentino, sabato 18 aprile, dove celebrerà la messa della domenica, ottava di Pasqua e della Divina Misericordia, alle ore 17, alla presenza del sindaco di Terni avv. Leonardo Latini e di pochi ministri.

A termine, dal sagrato della basilica, il vescovo impartirà la benedizione sulla città di Terni e sull’intera Diocesi con le Reliquie del patrono san Valentino.

La celebrazione e la preghiera saranno trasmesse dall’emittente televisiva Teleterni e dai canali You Toube e Facebook della Diocesi di Terni Narni Amelia.

“Mentre da oltre un mese siamo tutti in quarantena – ricorda mons. Piemontese – rinchiusi nelle nostre case, avvertiamo la durezza e la sofferenza, che l’epidemia del Coronavirus ha provocato a ciascuno di noi, alle nostre famiglie e alla società.
L’isolamento, il disagio di vivere in spazi ristretti, la paura del contagio, la sofferenza per la morte di tante persone care, specie nonni, la prospettiva di un futuro economico precario o di povertà, la proibizione di partecipare alle celebrazioni liturgiche, specie alla messa domenicale, il divieto di scambiarci abbracci e altri gesti di affetto, tutto ciò unito ad altri divieti ci spinge verso considerazioni preoccupate.

La fede nel Signore ci orienta alla speranza e ad una prospettiva ottimistica. Vogliamo lasciarci illuminare dalla Parola di Dio e affidarci alla protezione dei nostri Santi, in particolare del nostro patrono san Valentino, che nei momenti difficili e di pestilenza ha fatto sentire la sua vicinanza e il suo patrocinio. Invito tutti a unirsi spiritualmente alla preghiera”.