Terni – Veglia di preghiera per le vocazioni: “nella varietà delle vocazioni la missione di ogni cristiano è di annunciare il Vangelo”

Nella chiesa di San Francesco Terni si è tenuta la veglia di preghiera per le vocazioni “Un meraviglioso poliedro” presieduta dal vescovo Francesco Soddu. La comunità espressione delle diverse vocazioni nella Chiesa, capace di dar forma a un ‘camminare insieme’ che implica una valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno. Le letture del Vangelo e di brani tratti dall’esortazione apostolica Christus vivit di papa Francesco sono stati i filo conduttore della veglia, insieme alle testimonianze di persone che hanno seguito la propria vocazione nel diaconato permanente, nella vita consacrata claustrale, di un semonarista, di un giovane che ha fatto esperienza nella Gmg, che hanno posto l’accento sull’essere discepoli, della dimensione relazionale con il Padre e con gli altri, nella varietà di doni nella chiesa-comunità che diventa la casa e la famiglia dove nasce la vocazione.
E’ seguita l’adorazione eucaristica e la preghiera per tutti coloro che sono alla ricerca e in cammino verso la vita consacrata o al ministero ordinato, per i fidanzati e le famiglie.

Spoleto-Norcia – Progetto “Caritas Care” a favore dei bambini della Repubblica Democratica del Congo: raccolti 25.861,57 euro per la costruzione di una nuova scuola gestita dalle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto. A luglio il direttore della Caritas don Edoardo Rossi, con alcuni giovani volontari, vivrà un’esperienza missionaria in Costa d’Avorio, dove le religiose del beato Pietro Bonilli hanno l’altra missione africana

La Caritas diocesana di Spoleto-Norcia, in collaborazione con l’Istituto Suore Sacra Famiglia di Spoleto, sta portando avanti dalla primavera 2021 un progetto di adozioni a distanza, “Caritas Care”, per il sostegno dei bambini della Repubblica Democratica del Congo, Paese dove le “figlie” del beato Pietro Bonilli svolgono una preziosa azione pastorale, sociale ed educativa.

I numeri al 31 marzo 2023. Adozioni singole sostenute: 190. Adozioni di classi scolastiche sostenute: 5. Totale benefattori: 117. Totale raccolto: 25.861,57 euro. Alcuni benefattori hanno sostenuto, nel corso dello stesso anno, più di una adozione; altri hanno versato spontaneamente un importo maggiore di quello previsto. Delle 195 adozioni, 57 sono state rinnovate per il secondo anno consecutivo. Con i soldi raccolti e inviati alle Suore della Sacra Famiglia sono già iniziati i lavori di costruzione della nuova scuola nella missione delle religiose.

La quota annua di adozione di un bambino: per le famiglie è di 120,00 euro (10 euro al mese); per le parrocchie (che adotteranno una classe) è di 500,00 euro l’anno. Con l’adozione a distanza varrà assicurata la possibilità di frequentare la scuola per tutto l’anno, verrà garantito almeno un pasto al giorno e verrà fornito materiale scolastico.

Le parole di don Edoardo Rossi. «Sono veramente commosso dalla generosità che la gente della nostra Diocesi ha avuto per i bambini della Repubblica Democratica del Congo e che sono certo proseguirà. Grazie!». Poi, il direttore della Caritas diocesana di Spoleto-Norcia racconta dei vari colloqui e incontri avuti con la superiora generale delle suore della Sacra Famiglia, madre Paola Sisti, che ha da poco visitato la missione in Congo. «I bambini e le suore – afferma don Rossi – ci ringraziano per quanto stiamo facendo. La Caritas oltre ad essere impegnata con progetti a sostegno delle fasce deboli della popolazione e all’animazione delle opere-segno sul territorio, interpreta il suo mandato anche proponendo progetti di educazione alla mondialità, in cui rientra anche questo delle adozioni che, nelle scorse domeniche, è stato presentato dai volontari della Caritas in tutte le parrocchie della Diocesi. Appena la situazione nella Repubblica Democratica del Congo sarà migliore – dice ancora il sacerdote -, è mia intenzione andare a fare visita alla missione delle Suore della Sacra Famiglia e ai bambini da loro accolti. Intanto, però, dal 1° al 10 luglio prossimi, insieme ad alcuni giovani volontari, andrò in Costa d’Avorio, nell’altra missione africana delle Suore della Sacra Famiglia, per vivere un’esperienza di prossimità nel “Dispensario don Pietro Bonilli” e nel centro di accoglienza per bambini “Arc en Ciel”».

Al link seguente il video di ringraziamento delle Suore e dei bambini del Congo alla comunità di Spoleto-Norcia
https://youtu.be/1xxPLm6r9gY

 

Sacro Convento – convegno “Frati dietro le sbarre” e visita al “carcere della Scarpa”

“Frati dietro le sbarre” è l’iniziativa dei Frati del Sacro Convento di Assisi con due appuntamenti per visitare il “carcere della Scarpa” del Sacro Convento, venerdì 19 e 26 maggio, alle ore 17:00. La Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco propone un evento speciale dedicato all’antico carcere conventuale che sarà introdotto dalla Prof. ssa Suor Annalisa Bini OP, Istituto Teologico di Assisi sul tema: “Il sistema carcerario degli Ordini religiosi” e dal prof. P Felice Autieri OFMConv, Istituto Teologico di Assisi sul tema: “Il “carcere della Scarpa” del Sacro Convento”.
Al termine degli interventi dei relatori è prevista, per la prima volta e in via del tutto eccezionale, una visita esclusiva al carcere stesso.

ASSISI – PREADOLESCENTI AMBROSIANI IN PELLEGRINAGGIO AD ASSISI SULLE ORME DEL BEATO CARLO ACUTIS

Dal 22 al 24 aprile è in programma ad Assisi il tradizionale pellegrinaggio diocesano dei preadolescenti (11- 14 anni), che quest’anno coinvolge circa 1500 ragazzi ambrosiani. Sarà un’immersione nella spiritualità di San Francesco e Santa Chiara e nei luoghi della loro vita ma anche l’occasione per rendere omaggio a Carlo Acutis, beatificato nel 2020, che ora riposa nel Santuario della Spogliazione.

Una lampada votiva offerta dai ragazzi degli oratori milanesi sarà collocata in forma stabile vicino alla tomba del beato: un gesto simbolico per consolidare l’unione spirituale che lega la Diocesi e il milanese Acutis, deceduto nel 2006 a soli 15 anni. La fiamma della lampada sarà alimentata continuamente grazie all’offerta dell’olio da parte degli oratori che aderiscono alla FOM (Fondazione Oratori Milanesi).

Un’iniziativa promossa e voluta anche dalla Diocesi meta del pellegrinaggio perché, sottolinea monsignor Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, «Questa lampada ci fa sentire più vicine e unite, Chiese sorelle che si ritrovano nel segno del Beato Carlo Acutis. Ringrazio di cuore l’Arcidiocesi di Milano per questo dono che simboleggia la luce, la speranza, la gioia e soprattutto la fede in Cristo che Carlo, con la sua vita santa, ha testimoniato. Sarà accanto al corpo del Beato, nel Santuario della Spogliazione dove l’esempio di San Francesco ha spinto anche Carlo ad essere tutto di Dio e dei fratelli».

«Ho desiderato che ci fosse una lampada portata dagli oratori della Diocesi di Milano vicino alla tomba di Carlo Acutis – spiega l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini – proprio perché vogliamo ribadire il nostro impegno a pregarlo, a conoscerlo e a imitarlo e vogliamo chiedere a questo santo ragazzo, che ora è più vicino a Dio, che ci aiuti a trovare la nostra strada, a vivere intensamente i nostri cammini negli oratori, a cercare con semplicità e gioia la nostra vocazione».

A guidare il pellegrinaggio, in rappresentanza dell’Arcivescovo, sarà il Vescovo ausiliare mons. Luca Raimondi che con don Stefano Guidi, direttore della FOM, accompagnerà i ragazzi in questa esperienza di grande valore spirituale.

Due i momenti più significativi. Domenica 23, ore 17.30, mons. Raimondi darà avvio alla celebrazione della luce con la benedizione e l’accensione della lampada nella cattedrale di San Rufino e poi con il gruppo dei giovani ambrosiani si recherà in processione verso la tomba di Carlo Acutis dove sarà collocata la lampada. Il giorno seguente, ore 9, nella basilica di Santa Maria degli Angeli l’altro momento diocesano con la Messa celebrata dal Vescovo ausiliare e la visita alla Porziuncola.

A questo link il video messaggio di mons. Delpini e mons. Sorrentino: https://www.youtube.com/watch?v=AA8XYwsylIc

Assisi – nuovo rettore al Santuario della Spogliazione: è padre Marco Gaballo

“Padre Carlos ci saluta ma non per dirci un addio di separazione. Ormai il globo terrestre, il nostro pianeta è diventato piccolo, non c’è più la distanza che poteva esserci nei secoli passati, quando i frati cappuccini cominciarono a partire per il Brasile. E dunque gli diamo questo incarico di apostolo della spogliazione in Amazzonia, in quella terra che è stata una terra spogliata nella quale egli potrà ricordare cosa significa la spogliazione operata dalla violenza e insieme potrà ricordare la spogliazione di chi si spoglia per amore come San Francesco e il Beato Carlo Acutis”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno monsignor Domenico Sorrentino all’omelia della santa messa celebrata domenica 16 aprile nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione per salutare e ringraziare padre Carlos Acácio Gonçalves Ferreira che, dopo circa 9 anni di servizio in diocesi come parroco e rettore del Santuario della Spogliazione, lascia Assisi per una grande parrocchia dell’Amazzonia e per accogliere il suo successore padre Marco Gaballo. All’inizio della santa messa il vescovo ha ricordato che “gli avvicendamenti nella Chiesa come nella società servono perché siamo fatti per dare il nostro servizio e poi per dare spazio ad altri che ci possono succedere. Nella Chiesa – ha aggiunto il vescovo – questo ha un’importanza ancora più grande perché ci ricorda che noi servitori passiamo e che al centro della nostra vita, della nostra attenzione, del nostro cuore deve rimanere Gesù, il Buon Pastore, il Crocifisso risorto”. Prima della benedizione del nuovo parroco, monsignor Sorrentino ha spiegato che padre Marco prende questo incarico “dopo essere stato già da un po’ con noi. Io – ha aggiunto il vescovo – fin da ora lo ringrazio. Ringrazio tanto di cuore – ha sottolineato – anche padre Carlos che ha svolto per diversi anni questo servizio e che ora vola verso la sua Amazzonia. Padre Carlos torna in quella terra che è la sua di origine a ricordare e a testimoniare tutto questo insieme ai suoi fratelli cappuccini. Ed ora Padre Marco assume la responsabilità piena e diretta di questa comunità parrocchiale e di questa comunità santuariale”.

Al termine della celebrazione eucaristica padre Carlos ha salutato l’intera comunità. “Il mio ringraziamento – ha detto – va innanzitutto a nostro Signore che è l’artefice di tutto, che ci chiama e ci sorprende. In Amazzonia, dove sono cresciuto, da ragazzino ascoltavo mia madre raccontare la vita di San Francesco e la cosa che più mi colpiva era la spogliazione. Sognare non costa nulla, ma io non mi sono mai permesso neanche di sognare che un giorno avrei visitato Assisi perché mi sembrava una possibilità irraggiungibile. Invece non solo ho visitato Assisi, ma sono stato con voi dieci anni fratelli amati che mi avete fatto sentire a casa”. Infine Padre Carlos ha ringraziato tra gli altri, il vescovo, il presbiterio e il Vicariato di Assisi, i confratelli, il sindaco di Assisi Stefania Proietti, alcune fraternità e associazioni locali, come l’Ente Calendimaggio e la Parte de Sotto, presente con il proprio vessillo. Padre Marco ha sottolineato che “tutto quello che abbiamo celebrato bisognerà viverlo. Sono veramente grato al Signore, al vescovo, a Dio per questo dono. Le parole che mi risuonano dalla liturgia sono: essere scelto, benedetto, inviato. Sono tutti nomi dell’amore. Nell’omelia il vescovo ha detto che siamo tutti benedetti, chiamati, inviati, abbiamo una missione che impariamo da Dio giorno per giorno. In questo andremo insieme nel vedere i piani del Signore”. Infine a Padre Carlos sono stati consegnati alcuni doni, tra essi quelli del Consiglio di amministrazione della Fondazione diocesana Assisi Santuario della Spogliazione, della Città di Assisi e dell’Associazione Amici Carlo Acutis.

Perugia – è tornato alla Casa del Padre don Francesco Bastianoni, parroco emerito di Preggio e già direttore della Corale “Laurenziana – R. Casimiri” della Cattedrale di San Lorenzo

Dopo una grave lunga malattia, nella tarda serata del 15 aprile, presso l’Ospedale di Città di Castello, è tornato alla Casa del Padre don Francesco Bastianoni, parroco emerito di Preggio, Castel Rigone e Lisciano Niccone, già direttore della Corale “Laurenziana – R. Casimiri” della Cattedrale di San Lorenzo di Perugia.

Le esequie si terranno a Preggio, suo paese natale, lunedì 17 aprile, alle ore 15.30, nella chiesa parrocchiale di San Francesco, presiedute dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme al vicario generale don Simone Sorbaioli e ai confratelli diocesani.

Un sacerdote molto legato alle comunità. A Preggio don Francesco ha esercitato il ministero sacerdotale fin dal lontano 1974, dopo essere stato, nei primi anni di sacerdozio, vice parroco a Madonna Alta di Perugia, da sempre legato alla sua chiesa parrocchiale dove ricevette il battesimo e celebrò la sua prima Messa dopo l’ordinazione presbiterale avvenuta il 29 giugno 1966 nella cattedrale di San Lorenzo. Un legame che ha intessuto sin da giovane con le sue comunità parrocchiali divenendo loro punto di riferimento non solo pastorale e spirituale, ma anche sociale, nel prodigarsi per i più bisognosi, e culturale, per la sua “seconda vocazione”, quella al canto e alla musica sacra. È stato anche un cultore della storia dell’arte e del bello, attraverso la tutela del patrimonio storico-artistico ecclesiale locale. Basti pensare al suo impegno per il restauro ed il consolidamento strutturale dell’antica chiesa di San Francesco a Preggio, ma non solo. Un uomo e un sacerdote, che il prossimo 30 agosto avrebbe compiuto ottantuno anni, che “ha speso la sua intera vita per la Chiesa”, è stato il primo commento di quanti l’hanno conosciuto nell’apprendere la notizia della sua morte.

Ricordi e testimonianze di confratelli ed amici

Mons. Fausto Sciurpa. “Don Francesco è stato un sacerdote con la passione per il canto e la musica sacra, esercitando con competenza il ruolo di direttore della Corale Laurenziana animandola oltre la ‘semplice’ direzione”. A dirlo è mons. Fausto Sciurpa, arciprete della cattedrale. “Negli ultimi anni giungeva da Preggio facendosi spesso accompagnare dal fratello Giorgio, dopo aver celebrato nella sua chiesa parrocchiale. Arrivava anche a tarda sera, a volte non curante delle proibitive condizioni meteo, per dirigere la Corale nelle celebrazioni come quelle della notte di Natale e della Veglia pasquale. Non gli nascondevo la mia preoccupazione sapendolo per strada – commenta don Sciupa –, ma fino a quando ha potuto non ha mancato al suo impegno, a testimonianza di quanto fosse legato alla nostra cattedrale e al suo servizio di direttore della Laurenziana”.

Mons. Saulo Scarabattoli. “Siamo stati insieme, nella Chiesa perugina, dall’ottobre del 1953, quando entrammo in Seminario con altri 23 giovani. In sei diventammo sacerdoti e don Francesco è il primo ad andare in Paradiso”. Lo racconta mons. Saulo Scarabattoli, parroco di Santo Spirito e vicario episcopale della Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi. “Suonavamo il pianoforte a quattro mani, sin dagli anni del seminario, e lo facevamo anche ogni mese, nell’ultimo anno della sua malattia, quando insieme agli altri ‘vecchi’ amici e confratelli lo andavamo a trovare nella sua Preggio. Anche la fase acuta della malattia non l’ha distolto dalla grande passione per il canto e la musica, perché, come diceva spesso, “aiutano, insieme alla Parola e alla Carità, ad avvicinare l’uomo a Dio”.

Gli amici della Corale Laurenziana. Come non raccoglie anche il ricordo degli amici coristi della Laurenziana. “È ritornato al Padre il nostro caro don Francesco, sacerdote e musicista di grande valore, che ha diretto per più di trenta anni il Coro della Cattedrale”. Lo scrivono i coristi in un breve ma significativo messaggio in cui sottolineano: “Ha educato e trasmesso la passione per la musica bella a decine di coristi, mettendo sempre in primo piano il senso vero del servizio liturgico: raffinare lo spirito attraverso il canto per meglio esprimere, nei confronti del Signore, la lode, il grazie per i doni ricevuti e per il suo perdono. In questo modo era facile cogliere quanta ricchezza ci fosse in lui e quanto fosse profondo il suo amore per il Signore. Ha mantenuto fino all’ultimo il suo entusiasmo contagioso. Il nostro Coro gli è debitore per il suo esempio, il suo generoso impegno e per tutto quello che ci ha insegnato e che porteremo con noi”.

Perugia – la Domenica di Pasqua celebrata dall’arcivescovo Ivan Maffeis con la popolazione colpita dal terremoto del 9 marzo.

Tanti i volti di giovani e adulti segnati dalle lacrime e dalla commozione la Domenica di Pasqua, per la casa che non c’è più, per il lavoro divenuto ancora più precario a seguito del terremoto, che, esattamente un mese fa, il 9 marzo, ha messo a dura prova i centri abitati dell’Alta Umbria, al confine tra i comuni di Perugia ed Umbertide. È il clima che ha avvolto le comunità di Pierantonio e Sant’Orfeto nel giorno della festa più importante della cristianità, la Risurrezione del Signore. Ed è per questo che l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Ivan Maffeis ha voluto celebrare la Pasqua con la popolazione ferita dal recente sisma. È ritornato domenica mattina 9 aprile a Sant’Orfeto dove ha celebrato l’Eucaristia pasquale insieme al parroco dell’Unità pastorale di Pierantonio-Sant’Orfeto, don Anton Sascau, alla presenza di numerosi fedeli e dei rappresentanti delle Istituzioni civili locali, il sindaco e vice sindaco di Umbertide, Luca Carizia e Annalisa Mierla.

Affrontare insieme le difficoltà. Il primo cittadino, nel ringraziare l’arcivescovo per l’attenzione e la vicinanza avute sin da subito per la popolazione, ha fatto sue le parole di mons. Maffeis, riguardo alla ricostruzione materiale e del tessuto sociale. “Bisogna essere fiduciosi per il futuro e stare insieme, perché, ha ragione l’arcivescovo – ha detto il sindaco –, tutti quanti insieme ce la faremo sicuramente”.

“Grazie a tutti coloro che aiutano la comunità a non disperdersi in questo memento in cui – ha commentato l’arcivescovo – sarebbe davvero il pericolo più grande. Affrontiamo insieme questo momento anche con la fiducia nella misura in cui saremo davvero insieme, Istituzioni civili e religiose, realtà sociali, produttive e famiglie. Non posso promettervi chissà che cosa, se non una presenza che cercherà di essere settimanale. Stiamo cercando anche con l’aiuto della Chiesa italiana, oltre che come Diocesi, di riaprire le chiese perché è un segno importante per i credenti e per i non, affinché questa terra torni presto a vivere in pienezza come comunità e come famiglie”.

Il dono della vita di Cristo porti un riflesso di luce. Mons. Maffeis nell’omelia ha ricordato che “la liturgia di Pasqua ci assicura che il Crocifisso è risorto e noi preghiamo perché questa comunità risorga, si rialzi. La risurrezione può sembrare la cosa più lontana, più assurda, eppure, se guardiamo nel nostro cuore, c’è una domanda di vita che chiede l’eternità. Sento che la nostra vita non è come se fossero tante foglie che un colpo di vento, un colpo di terremoto, può spazzare via. Questa fiducia l’abbiano nel cuore e la Chiesa, nel giorno di Pasqua, la proclama dicendo che nel Signore Gesù c’è la Luce anche per attraversare questo momento di buio, di pesantezza. In Cristo – ha proseguito l’arcivescovo – c’è la chiave per decifrare il mistero che è nella vita di ciascuno di noi. È un mistero tante volte di sofferenza e di resa, che cerca un po’ di luce, di pace che in Lui questa luce e questa pace c’è data. Cristo conosce la sofferenza, la solitudine”, perché “certi momenti neri della vita li ha vissuti anche Lui arrivando a gridare: ‘Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?’. Chiediamo che il dono della sua vita, della sua pace porti davvero un riflesso di luce, di vita in questa comunità, in questi paesi duramente provati. La Pasqua ci dice che la vita di ciascuno di noi, dal più piccolo al più anziano, è sacra, è preziosa e va difesa e tutelata”.

Terni – celebrazione della Pasqua di Resurrezione nella concattedrale di Narni. Mons. Soddu: “Il Risorto, come fu per la Maddalena e gli apostoli, dischiuse e spalancò la nuova pagina di una esistenza impensabile”

Celebrata la Pasqua di Risurrezione, il 9 aprile, nella Cattedrale di Narni dal vescovo Francesco Antonio Soddu. La Risurrezione del Signore è per i cristiani il giorno della nuova creazione: in Cristo fiorisce la vera vita e la speranza.
All’inizio della celebrazione con il rito dell’aspersione con l’acqua lustrale, benedetta nella veglia pasquale è stata fatta memoria del Battesimo, per mezzo del quale siamo stati immersi nella morte redentrice del Signore per risorgere con lui alla vita nuova.
«Questo è il nuovo giorno – ha detto il vescovo nell’omelia – il giorno senza tramonto, che coinvolge l’intera creazione e la riconsegna salvata al Padre. Rallegriamoci pertanto per tutto questo. Non possiamo non farlo se nelle ricerche affannate della nostra vita non avremo individuato la meta e incontrato il Risorto il quale, come fu per la Maddalena e gli apostoli, dischiuse e spalancò la nuova pagina di una esistenza impensabile, inimmaginabile: questo è il giorno che ha fatto il Signore. In questo giorno, in questa nuova creazione, come fu per l’origine del modo, il Signore dà innanzitutto la luce, ma non più semplicemente come elemento fisico, Egli da sé stesso Luce del mondo. Il Signore è la luce che vince le tenebre. Egli è la luce che illumina e dà il senso all’esistente; Egli è la luce che riscalda le fredde giornate della vita; disgela e scalda il cuore delle persone, dalle quali fa rinascere la primavera di un mondo nuovo.».
«È un giorno nuovo che non si pone semplicemente come rinnovamento, quasi una sorta di manutenzione dei giorni precedenti, passati e vecchi, quanto piuttosto l’inizio di un’autentica rinascita. Non si tratta di un’aggiunta artificiosa al calendario annuale o settimanale ma è la novità assoluta, la pienezza della vita nel nostro tempo. Spetta a noi farne tesoro ed impegnarlo esistenzialmente nell’agenda del tempo che ci è dato da vivere. La Risurrezione di Gesù invade amorevolmente la nostra vita mediante il sacramento del Battesimo, entra nella nostra povera esistenza come la luce del nuovo giorno. Attraverso di esso, per mezzo del quale siamo anche risorti, ci viene regalato il saldo di un debito incalcolabile, quello causato dal nostro peccato e che nessuno al mondo sarebbe mai stato in grado di assolvere e ripagare. Immersi nella morte e risurrezione di Cristo viviamo nel tempo orientati alle cose del cielo per poterle, attraverso la vita nuova, inserire e far germogliare nella storia, che comunque procede ed anela ad essere vivificata attraverso la presenza del Risorto nella esistenza di quanti si affidano a lui».

 

L’OMELIA DEL VESCOVO

Spoleto – Pasqua di Risurrezione. Mons. Renato Boccardo: «Dovremo prenderci cura dell’altro senza sapere bene dove questo ci porterà: lo capiremo strada facendo, e soprattutto guardando negli occhi chi di quella cura ha bisogno»

“Cristo è risorto! È veramente risorto!” Questo augurio nella giornata di domenica 9 aprile 2023, solennità di Pasqua, è risuonato in tutte le chiese del mondo: non è solo una professione di fede, ma anche e soprattutto un impegno di vita. A Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto alle 9.00 la Messa all’Hospice “La torre sul colle” di Spoleto, portando così la carezza della Chiesa a quanti sono segnati dalla sofferenza fisica, e alle 11.30 il solenne pontificale in una Basilica Cattedrale piena di fedeli. «Siate tutti benvenuti», ha detto loro il Presule. «Saluto i tanti spoletini presenti e anche i numerosi turisti che sono qui per ammirare le bellezze della nostra Città». Era presente anche il vice sindaco di Spoleto Stefano Lisci. La liturgia è stata animata dalla corale della Pievania diretta da Loretta Carlini, con all’organo Angelo Rosati. Il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi della Diocesi e dai ministranti, coordinati dal cerimoniere arcivescovile don Pier Luigi Morlino.

La celebrazione. La Pasqua di Risurrezione è il culmine della Settimana Santa e mons. Boccardo ha presieduto in Duomo le varie liturgie che hanno scandito questi giorni: la Messa Crismale con tutti i sacerdoti della Diocesi nel pomeriggio di mercoledì 4 aprile; la Messa in Coena Domini giovedì 6 aprile; l’Azione liturgica del Venerdì Santo il 7 aprile; la via Crucis la sera del 7 al Giro della Rocca con arrivo in Cattedrale: le riflessioni alle singole stazioni sono state scritte dai detenuti, dai loro familiari, dal persone del Carcere di Spoleto e dai volontari Caritas che svolgono servizio alla Casa circondariale; la Veglia Pasquale la notte di sabato 8 aprile con l’amministrazione del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia ad un uomo adulto, Bernard. E all’avvio dell’omelia del giorno di Pasqua l’Arcivescovo ha proprio sottolineato come «ciò che riviviamo oggi non è estraneo a ciò che abbiamo rivissuto nei giorni scorsi. Ne è piuttosto la prosecuzione, il frutto. La resurrezione infatti non è la rivincita sulla morte, ma lo svelamento della salvezza procurata da quella morte: l’amore infinito vissuto da Gesù con i suoi discepoli nel Cenacolo, quando aveva lavato loro i piedi e offerto il suo corpo e il suo sangue, e l’amore infinito confermato sulla croce, ora appare in tutta la sua potenza di vita. Perché l’amore, quando è autentico, genera vita».

Abbiamo bisogno delle energie del Risorto. Mons. Boccardo, poi, si è chiesto se ha un senso celebrare la Pasqua del Signore quando il modo è lacerato da guerre o quando abbiamo ancora negli occhi e nel cuore le immagini strazianti viste sulla spiaggia di Cutro? «Ha senso – ha affermato l’Arcivescovo – perché, mai come in questo momento, avvertiamo il bisogno di una pace che viene dall’alto, proprio come la vita del Risorto. Mai come in questo frangente ci rendiamo conto che noi esseri umani siamo troppo piccoli per fare da soli, che abbiamo bisogno delle energie del Risorto, della sua vita, del dono della sua presenza in mezzo a noi». Poi, l’invito del Presule ai presenti ad avere cura dell’altro. «Prendersi cura – ha detto – significa agire responsabilmente laddove vediamo il male all’opera; e dovremo farlo spesso senza sapere bene dove questo ci porterà: lo capiremo strada facendo, e soprattutto guardando negli occhi chi di quella cura ha bisogno, come anche chi di quel male è causa. La fiducia nella parola folle della resurrezione dice fede in Colui che crediamo ospite delle nostre miserie e medico delle nostre malattie. Egli, sceso negli inferi che noi esseri umani non smettiamo mai di creare, proprio lì, al fondo del non-senso, ripete sommessamente il suo annuncio pasquale».

Perugia: Celebrata, in una gremita cattedrale di San Lorenzo, la Veglia pasquale. L’arcivescovo Ivan Maffeis ai fedeli: “Vivete un battesimo senza naftalina”

“Grazie a Sofia, Omar, Kamel, Eleonora, Henok e Milad: la loro scelta di ricevere il battesimo per vivere da cristiani diventa un forte richiamo per noi, che il battesimo l’abbiamo ricevuto tanti anni fa e forse l’abbiamo conservato in naftalina, come succede con certe tovaglie, talmente belle che finiscono per restare in un cassettone, inutilizzate, sempre in attesa dell’occasione buona… Da questi giovani ci viene un salutare scossone a far nostra un’esistenza pasquale, che profuma per ogni gesto d’amore, di compassione, di solidarietà, di servizio, di preghiera, di perdono e di tenerezza di cui la sappiamo arricchire”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis a conclusione dell’omelia, intitolata “Un battesimo senza naftalina” (testo integrale al link: https://diocesi.perugia.it/wd-document/8-aprile-2023-veglia-pasquale/), pronunciata alla Veglia pasquale, l’8 aprile, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, dove per le sue mani hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana sei giovani al termine del catecumenato.

I riti della Veglia. La liturgia battesimale è stato uno dei riti caratterizzanti la Veglia pasquale, “la madre di tutte le celebrazioni cristiane”, come l’ha definita mons. Maffeis, insieme alla benedizione del fuoco, all’accensione del cero pasquale e alla benedizione dell’acqua immergendo il cero nel fonte battesimale.

Una cattedrale gremita. È stata una Veglia pasquale molto partecipata, la prima presieduta dall’arcivescovo Maffeis dopo la sua ordinazione episcopale dello scorso 11 settembre, che ha visto concelebranti mons. Fausto Sciurpa, arciprete della cattedrale, don Calogero Di Leo, parroco del centro storico, don Fabrizio Crocioni, parroco dell’Unità pastorale di Prepo, e don Mauro Angelini, rettore della chiesa del Gesù. Ad animare la liturgia è stato il canonico sacrista don Luca Bartocci assieme ai seminaristi diocesani e la corale Laurenzia che, al termine, ha intonato l’Hallelujah dal “Messiah” di Hadel, accompagnata all’organo dal maestro Adriano Falcioni. Tra i numerosi fedeli, le comunità Neocatecumenali perugine con le vesti bianche, che hanno terminato il loro cammino, e non pochi turisti, che in questi giorni di festa soggiornano nel capoluogo umbro, gremendo la cattedrale sin dal pomeriggio del Sabato Santo per visitarla ma anche per confessarsi. Ai confessionali non si vedevano tanti fedeli in fila da prima della pandemia. Un ritorno alla fede praticata?

Rinascere nuove creature. Una cosa è certa, rivivere il battesimo per ciascun cristiano nella Veglia pasquale, è rinascere “nuove creature, che nel pane della Parola e nel pane dell’Eucaristia trovano la forza di ‘camminare in una vita nuova’”, ha evidenziato, nell’omelia, mons. Maffeis. Riflettendo sulla “notizia sconvolgente di un evento che riapre tutti i giochi”, la risurrezione di Cristo, questa, ha commentato l’arcivescovo, “diventa la chiave di lettura di tutto. Nel buio che ci avvolge, Lui è la luce, come abbiamo cantato accogliendo il simbolo del cero; in Lui le pagine della Sacra Scrittura che abbiamo meditato trovano pienezza e ci coinvolgono nelle grandi opere che Dio ha compiuto per il suo popolo, per la Chiesa, per l’intera umanità”.

Attesa che trova compimento nel Cristo. Mons. Maffeis, prima ancora, ha richiamato i fedeli all’annuncio che “Gesù Crocifisso è risorto dai morti’; un annuncio, ha precisato, “non facile né da comprendere né da esprimere a parole, tanto è sorprendente. Eppure, è un annuncio che incontra la domanda più forte che ci portiamo dentro: come scrive Nietzsche, ‘ogni desiderio reclama eternità, profonda eternità’. Sì, ‘tutta la vita chiede l’eternità’. Più che una speranza, è una necessità, diversamente, la vita resterebbe un conto che non torna, un’incompiuta”. Al riguardo l’arcivescovo ha raccontato la sua esperienza vissuta il mattino del Venerdì Santo (7 aprile) all’Hospice di Perugia, dove, ha raccolto “questa urgenza nella voce spezzata di una donna, nei giorni scorsi è morto il fratello. Nello smarrimento che la morte porta con sé, questa donna avvertiva con chiarezza che suo fratello non poteva essere stato semplicemente cancellato, quasi fossimo foglie che il vento del tempo o della malattia disperde… Questa attesa trova compimento nel Cristo”.