Raccontare le risorse, non solo le sciagure. Dal Coordinamento nazionale addetti alla comunicazione Caritas diocesane

«Per la Caritas la comunicazione è anche formazione nel raccontare tante attività e tante loro storie di vita. La nostra formazione nasce soprattutto dall’ascolto che facciamo delle comunità, delle persone che incontriamo e questo è il nostro punto di forza non soltanto nell’accompagnare le persone nelle situazioni di difficoltà». Lo ha detto don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, nell’aprire i lavori del recente Coordinamento nazionale degli addetti alla Comunicazione delle Caritas diocesane, tenutosi a Roma in Caritas italiana, dedicato al “Dare voce ai territori”, vissuto anche come evento conclusivo di un ciclo di quattro incontri formativi online dal titolo: “Dalla progettazione all’attuazione di un piano editoriale”.
Al Coordinamento anche i rappresentanti delle Caritas diocesane umbre di Città di Castello, Foligno e Perugia. È stata una proficua occasione di confronto con i direttori de Avvenire, Marco Girardo, di Tv2000 e Radio InBlu, Vincenzo Morgante, dell’agenzia di stampa SIR, Amerigo Vecchiarelli, dell’Ufficio nazionale Comunicazioni sociali della CEI, Vincenzo Corrado, e con il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, Massimo Monzio Compagnoni. A coordinare i lavori Paolo Valente, vice direttore e responsabile della Comunicazione di Caritas italiana.
«Ci stiamo riorganizzando al meglio – ha proseguito don Pagniello – per quelle che sono le nuove sfide attraverso un piano pastorale strategico, dando alla Comunicazione un ruolo importante, perché per noi la pedagogia dei fatti vuol dire realizzare delle opere segno che, per essere tali, devono comunicare qualcosa. Non ci si deve limitare a comunicare la prestazione di un servizio, non solo di un piatto caldo, di un posto letto, ma, come direbbe Papa Benedetto XVI, “il profumo e il sapore del Vangelo”».
«In questa riorganizzazione – ha precisato – ci siamo dati tre obiettivi. Il primo, lavorare con e per la comunità, perché non dobbiamo comunicare solo come Caritas, ma quello che la Chiesa, in quel determinato territorio sta vivendo, sta facendo. Questo è anche la bellezza della nostra presenza capillare sul territorio. Quando la comunità si sente al centro, viene stimolata, formata e animata è capace di fare grandi cose e questo va raccontato».
«Il secondo obiettivo è quello di non raccontare solo le sciagure, ma vanno soprattutto raccontate le risorse che sono le persone che abbiamo di fronte a noi nei centri di ascolto, nelle opere segno, negli empori, nelle mense… Come è una risorsa per l’Italia l’immigrato che arriva, non un problema. Raccontiamo attraverso i fatti che le persone, i piccoli paesi, le aree interne possono essere una risorsa per la Chiesa e per l’Italia. Raccontiamo la bellezza e non soltanto la fatica del servizio che facciamo».
«Il terzo obiettivo è quello di pensare alla comunicazione anche di tutela dei diritti, di rappresentanza. Dare voce a chi non ha voce, il nostro slogan di sempre, ci deve portare non semplicemente a fare una denuncia, ma a rappresentare quelli che possono essere i diritti e le vie nuove da percorrere su alcune questioni. Con Avvenire abbiamo sperimentato una pagina particolare per Caritas nel non raccontare solo i numeri della povertà, ma cosa facciamo come risposte a quei numeri attraverso una comunità che legge un bisogno, che attiva delle risorse e che dà delle risposte».
A fare “sintesi” di quanto è emerso nella prima giornata (la seconda è stata dedicata agli “sviluppi dell’Intelligenza Artificiale”), è stato il vice direttore Paolo Valente, cogliendo da diversi interventi dei partecipanti, oltre che dai relatori, la necessità di comunicare bene, con più formazione, non a compartimenti stagno facendo sinergia tra tutti gli ambiti pastorali.
«Come l’amico che, nel Vangelo di Luca, si alza a mezzanotte per chiedere dei pani – ha commentato Valente –, siamo pronti a chiedere, cercare, bussare, per ricevere, trovare e aprire porte. Per rendere “parlanti” le nostre opere e i nostri progetti. Si tratta di promuovere la carità, l’amore gratuito per sorelle e fratelli, prima della Caritas, la cui mission è la promozione della testimonianza della comunità».
Riccardo Liguori

Associazione Santo Sepolcro Foligno – concerto di beneficenza dei Neri x Chiesa a sostegno delle popolazioni di Terra Santa

Sabato 26 ottobre alle ore 16,30, presso la chiesa del Convento delle Suore Angeline “Laudato sii”, in via delle Stuoie,1 – Santa Maria degli Angeli (Assisi) si esibiranno i Neri x Chiesa.
Il gruppo nasce da una grande amicizia di otto giovani del territorio cilentano basata sull’amore per i sani principi. Il territorio, la natura e la musica hanno influito molto sulla loro sensibilità e la specializzazione presso il Conservatorio ha contribuito sulla crescita personale e professionale.
Ogni componente del gruppo proviene da parrocchie differenti, presenti sul territorio diocesano, nel quale ognuno ha vissuto la propria esperienza di fede e di vita.
L’idea dei Neri x Chiesa nasce dal piacere di fare musica insieme, iniziando così a vivere un percorso di fede arricchente e di testimonianza di gruppo, grazie a diverse esperienze di evangelizzazione vissute soprattutto con Don Gianluca Cariello, partendo da Assisi e all’interno della diocesi e non solo, riscuotendo molto successo.
Il fine della serata è offrire un’ esperienza di evangelizzazione in cui, attraverso le ultime sette parole di Cristo e alcuni brani di cantautori italiani, tra i più conosciuti, si possa vivere un’ esperienza autentica e originale.

L’ingresso è gratuito e il concerto ha una durata di circa due ore.

IL ricavato delle offerte sarà destinato a sostenere la popolazione di Terra Santa, martoriata da guerre che mettono in seria difficolta la vita delle persone. Manca acqua, cibo, abitazioni, lavoro e molti bambini non possono andare a scuola.

L’Associazione Santo Sepolcro Foligno ETS promuove, da oltre dodici anni, varie iniziative (Concerti, mostre, prosa,mercatini, lotterie, pubblicazioni, pellegrinaggi, viaggi, presentazione di libri, visite guidate in luoghi simbolo della cristianità, cene, pranzi, conferenze) in varie regioni d’Italia e non solo in Umbria, per sostenere i più bisognosi tra cui gli ucraini, i siriani ecc.

Per informazioni e prenotazione
E mail: associazione@santosepolcrofolignoets.it

Intervista al presidente della Ceu, l’arcivescovo Renato Boccardo, in vista del Giubileo, degli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu e sul rapporto “Chiesa-Politica”

Tocca temi di grande attualità non solo per la Chiesa, ma per l’intera società umbra, l’intervista rilasciata da monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu), al sito-quotidiano online Chiesainumbria, in vista sia del Giubileo 2025 sia degli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu, ad Assisi, il prossimo 9 novembre, per fare il punto sul Cammino sinodale della Chiesa voluto da Papa Francesco. Gli “Stati Generali” vedranno la partecipazione di circa duecento membri, in gran parte laici, delle attuali ventidue Commissioni Ceu raggruppate in sei macro aree: Evangelizzazione e Liturgia; Carità e Salute (Delegazione Caritas; Fondazione Contro l’Usura; Commissioni pastorali Salute e Sociale); Clero e Vita Consacrata; Laici (Famiglia; Giovani e Vocazioni; Servizio Tutela Minori); Cultura e Comunicazione; Giuridico-Amministrativa (cfr. www.chiesainumbria.it – sezione “Commissioni”)

Monsignor Boccardo, nell’intervista, si sofferma su come la Chiesa umbra si sta preparando a vivere l’anno giubilare sia localmente, privilegiando la dimensione personale e comunitaria di questo evento di grazia, sia nell’accogliere i pellegrini di passaggio e sosta nella nostra regione, in primis i giovani diretti a Roma per il loro Giubileo della prossima estate, offrendo cammini di spiritualità e la possibilità di conoscere il vasto patrimonio storico-artistico e culturale ecclesiale. Nel contempo, non trascura le criticità, come la crisi delle vocazioni, ed esorta ad un maggiore impegno per l’evangelizzazione di tutti. «Non si tratta di portare la gente in chiesa, di aumentare il numero dei partecipanti alle nostre celebrazioni – afferma il presidente della Ceu -. Si tratta di aiutare la gente ad incontrare il Signore Gesù… Far vedere con la nostra testimonianza di cristiani che seguire il Vangelo può dare senso e pienezza alla vita anche nel terzo millennio».

Altro tema trattato da monsignor Boccardo, nel sostenere l’importanza di operare tutti per «il bene massimo della società», è il rapporto “Chiesa-Politica”, facendo chiarezza su un aspetto non secondario in questo periodo, soprattutto per gli umbri chiamati alle urne il 17-18 novembre per eleggere il presidente della Regione e l’Assemblea Legislativa. «I Vescovi non hanno candidati politici da proporre e tanto meno da sostenere nelle elezioni regionali del prossimo novembre, così come in tutte le altre – precisa il presidente della Ceu -. La Chiesa richiama i cattolici e tutti gli uomini e donne di buona volontà ad operare per una società nella quale tutti abbiano il proprio posto e vedano rispettata la propria dignità, in particolare i più fragili, al di là di ogni ideologia e di ogni interesse di gruppo…».

Monsignor Boccardo conclude ammettendo che «c’è sempre il rischio che qualcuno si voglia appropriare del cappello della Chiesa, ma la Chiesa non garantisce cappelli di nessun genere, la Chiesa ribadisce la propria volontà di lavorare insieme nella ricerca del bene di tutti, nella promozione della solidarietà, dell’accoglienza e dell’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della società, sia a chi ha problemi economici sia a chi viene da fuori, protagonista della grave tragedia delle migrazioni, sia a tutti coloro che stanno tentando di uscire da una situazione che li opprime e li umilia».

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Eccellenza, la Chiesa umbra si sta preparando all’imminente Giubileo, in che modo?

«Nella Bolla di indizione Papa Francesco ci ha indicato alcune piste preferenziali: la prima è quella personale, interiore, per creare le condizioni affinché l’appello alla riconciliazione, al rinnovamento, alla novità di vita che porta il tempo giubilare possa trovare un terreno fecondo a livello personale. Poi, nella misura in cui le persone si rinnovano anche la vita cristiana e le comunità si rinnovano. A livello organizzativo, i delegati diocesani per il Giubileo si sono già incontrati per confrontarsi sui diversi percorsi che le Chiese stanno elaborando e individuando per vivere anche localmente questo tempo di grazia».

L’Umbria, con le sue grandi figure di santità e luoghi di spiritualità noti in tutto il mondo, è da sempre terra di passaggio e sosta per tanti pellegrini diretti a Roma. Siamo pronti ad accoglierli?

«Certamente, molta della nostra attenzione è riservata alla capacità dell’accoglienza, peraltro già sperimentata durante il Grande Giubileo del 2000. In particolare, un gruppo di lavoro si occupa dell’accoglienza da assicurare ai tanti giovani che transiteranno nella nostra regione alla volta di Roma, a fine luglio, in occasione del “Giubileo dei Giovani”. Si sta puntando molto sull’accoglienza nelle famiglie, perché non si tratta semplicemente di fornire un tetto e un pasto, ma di promuovere una conoscenza e un arricchimento reciproci, uno scambio di storie di vita. Abbiamo fiducia che non soltanto a livello giovanile, ma nelle diverse comunità questa accoglienza possa essere un investimento che arricchisce la dimensione umana della vita anche degli adulti».

Altro ambito di impegno e promozione dell’Umbria religiosa e culturale per il Giubileo sono i cammini di fede…

«Su quest’ambito si sta lavorando molto perché, pensando ai pellegrini che vorranno raggiungere Roma a piedi, la nostra regione è ricca di cammini legati alla memoria dei nostri Santi e delle nostre Sante. La dimensione del pellegrinaggio giubilare è anche un momento da vivere nel silenzio, nel raccoglimento, nella solitudine… Per questo l’accoglienza del pellegrino può diventare anche una delle caratteristiche dell’Anno Santo. Un anno che donerà agli umbri e a tutta la Chiesa altre due figure di santità: la beatificazione dello spoletino don Giovanni Merlini, che sarà la prima giubilare (il 12 gennaio), e la canonizzazione di Carlo Acutis. Inoltre, ci prepareremo a vivere il nostro pellegrinaggio regionale, a Roma, alla tomba dell’Apostolo Pietro, in programma il 13 settembre, che vedrà la partecipazione di alcune migliaia di fedeli umbri con i loro Pastori».

Gli umbri, richiamando il tema del Giubileo, come potranno essere loro stessi dei “pellegrini di speranza” nella propria terra, nel farsi più prossimi, ad esempio, con quanti vivono gravi disagi?

«Non possiamo farci assorbire totalmente dalla dimensione logistica e gestionale dell’evento giubilare, ma privilegiare, come dicevo all’inizio, la dimensione personale e comunitaria, perché il Giubileo ci viene offerto come un tempo di grazia. Già nell’antico Israele il Giubileo portava con sé il tema della “restituzione”. Restituire quanto nel corso del tempo era stato alienato, riportare a pienezza quanto si era incrinato, curare e guarire quanto era stato ferito. Il Papa ci parla di “pellegrini di speranza” e ci esorta a ricomporre l’unità dell’essere umano con una attenzione particolare a chi affronta con maggiore fatica le ferite della vita. Immettere dei germi di speranza nel tessuto della vita quotidiana».

Come si può ricomporre l’unità dell’essere umano?

«Penso alle relazioni, ai gesti di vicinanza, di accoglienza, di solidarietà nei confronti delle persone che il Papa definisce gli “scarti” della società. Sappiamo anche in Umbria quante sono le Istituzioni religiose e civili che si prendono cura del reinserimento nella vita sociale di chi ha vissuto momenti difficili. Penso alle opere segno delle nostre Caritas. Penso alle carceri, alle case di cura e a quelle di riposo, tutti luoghi dove il cristiano può portare una parola, un gesto concreto che riscaldi il cuore. Penso ai problemi che segnano gravemente la vita quotidiana delle famiglie, come quelli della mancanza o della difficoltà del lavoro. Penso al mondo giovanile bisognoso di segni concreti che diano speranza; e questa è una responsabilità di non poco conto degli adulti, chiamati a trasmettere ai giovani le “chiavi” per interpretare la vita e affrontare con fiducia il futuro. Sono una fucina di valori i nostri Oratori».

L’evento giubilare è anche un’occasione per valorizzare ancora di più il vasto patrimonio storico-artistico della Chiesa umbra. Cosa verrà offerto?

«Quanti verranno in Umbria nel 2025 potranno godere della ricchezza di quei monumenti che noi oggi presentiamo al mondo con giustificato orgoglio, e che sono il frutto, nella stragrande maggioranza, della fede del popolo cristiano che con grandi sacrifici ha voluto rendere bella la Casa di Dio arricchendola di tante opere d’arte. È un contribuito alla bellezza che noi vogliamo dare offrendo la possibilità ai pellegrini e a tutti i visitatori di godere di quello che noi abbiamo continuamente a nostra disposizione».

Eccellenza, nel prepararsi al Giubileo la Chiesa non si distrae dalle sue criticità come la crisi delle vocazioni…

«Io sostengo da sempre che non c’è crisi di vocazioni, perché Dio continua a chiamare, la crisi sta nella capacità di rispondere. C’è una crisi di risposta perché, probabilmente, i nostri giovani non sono accompagnati a scoprire e valorizzare la dimensione dell’ascolto e, dunque, a discernere tra le diverse voci che li circondano, e nelle quali sono immersi, quella di Dio che li chiama. Questo perché nelle nostre comunità parrocchiali, presi da tante urgenze e priorità, si è messo un po’ da parte il clima di raccoglimento, di silenzio, di frequentazione della Parola di Dio, dell’accompagnamento spirituale, che può aiutare sia i giovani che gli adulti a scoprire il progetto di Dio per ciascuno».

Nonostante questo si colgono dei segnali incoraggianti in ambito vocazionale? 

«Direi di sì. Il nostro Seminario Regionale oggi è frequentato da ventuno giovani che si preparano al sacerdozio. Come Conferenza episcopale umbra, in quest’ultimo periodo, abbiamo avuto la possibilità di garantire il completamento dell’équipe formativa, costituita dal rettore, dal vice rettore, da due padri spirituali e da altri collaboratori che con le loro specifiche competenze accompagnano i giovani in questo cammino. Naturalmente, quando guardiamo i numeri vediamo la grande sproporzione tra i sacerdoti che invecchiano e concludono il proprio percorso terreno, e le giovani forze che sono chiamate a sostituirli. Papa Francesco ci ha detto: “Non siamo in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento d’epoca”. In questa epoca nuova, che ci fa paura perché non la conosciamo e non la sappiamo gestire, dobbiamo avere modalità nuove di presenza e di azione pastorale».

Prima del Giubileo la Chiesa è impegnata negli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu. Questo per fare il punto in Umbria sul Cammino sinodale della Chiesa, quindi sulla missione e sull’annuncio del Vangelo?

«Ormai da anni abbiamo ascoltato, interiorizzato e tentato di rendere operativo l’appello insistente di Papa Francesco alla missione, che è l’annuncio del Vangelo. Annunciare il Vangelo in un mondo che non soltanto cambia velocemente ma che è già cambiato, richiede di prendere coscienza che il rinnovamento non consiste semplicemente nel cambiare le strutture, ma specialmente e innanzitutto nel rinnovare l’autenticità della nostra fede e la professione della nostra vita cristiana. Nel contempo, siamo chiamati a trovare i mezzi per annunciare il Vangelo di Gesù a questa società concreta. Non si tratta di portare la gente in chiesa, di aumentare il numero dei partecipanti alle nostre celebrazioni. Si tratta di aiutare la gente ad incontrare il Signore Gesù e il resto verrà di conseguenza. Far vedere con la nostra testimonianza di cristiani che seguire il Vangelo può dare senso e pienezza alla vita anche nel terzo millennio».

La finalità di questi “Stati Generali” non è per contarsi e nemmeno per guardarsi gli uni e gli altri. Può dirci quale è?

«La sua finalità è quella di prendere coscienza, ancora una volta, della missione affidata ad ogni battezzato e mettere insieme non soltanto le nostre esperienze ma anche le nostre differenze, che sono sempre un arricchimento. Bisogna mettere insieme tutte le nostre forze, domandarci quale tipo di presenza significativa come cristiani possiamo avere nella società di oggi. È questo il servizio più prezioso che come Chiesa possiamo rendere alla società. Penso agli Apostoli Pietro e Giovanni che, andando al Tempio di Gerusalemme, incontrano uno storpio che chiede la carità e Pietro risponde: “Non ho né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina”. La nostra Chiesa in Umbria, oggi, dice la stessa cosa: non abbiamo le formule segrete per superare tutti i problemi, non abbiamo la capacità di affrontare chissà quali sfide, ma siamo coscienti di avere un tesoro prezioso che è la presenza del Signore Risorto. È di questo tesoro che noi siamo debitori nei confronti della società».

Eccellenza, ha appena menzionato il servizio che la Chiesa rende alla società. Quella umbra è chiamata alle urne, il 17-18 novembre, per eleggere il presidente della Regione e l’Assemblea legislativa…

«Papa Paolo VI diceva che “la politica è la forma più alta della carità” e la Dottrina sociale della Chiesa continua a proporre la ricerca, la promozione, la realizzazione del bene comune. Tutti coloro che ricevono la fiducia dei cittadini sono chiamati ai diversi livelli di governo (locale, regionale, nazionale) a farsi carico dei loro contemporanei con prospettive ampie e sguardo attento, solleciti non del bene di qualcuno ma del bene di tutti. E per ottenere il bene di tutti bisogna essere disponibili a rinunciare a qualcosa del bene personale, a prescindere dalla appartenenza partitica».

La Chiesa, attraverso il suo Magistero, contribuisce non poco al bene dell’intera società, incoraggiando i cattolici dei diversi schieramenti a farsi interpreti dei propri ideali e valori nei consessi democratici. Incoraggiamento che spesso è recepito o anche confuso con l’appoggiare uno o più politici. Eccellenza, vuole provare a fare chiarezza?

«I Vescovi non hanno candidati politici da proporre e tanto meno da sostenere nelle elezioni regionali del prossimo novembre, così come in tutte le altre.  La Chiesa richiama i cattolici e tutti gli uomini e donne di buona volontà ad operare per una società nella quale tutti abbiano il proprio posto e vedano rispettata la propria dignità, in particolare i più fragili, al di là di ogni ideologia e di ogni interesse di gruppo… Tutti i cittadini hanno la grave responsabilità di esprimere il proprio voto, perché non si può guardare alla finestra quello che succede, così come non ci si può lamentare di quello che non succede senza impegnarsi in prima persona. Nel contempo, anche gli eletti hanno una grave responsabilità: quella di dover rendere conto agli elettori delle loro azioni e della realizzazione delle promesse manifestate in campagna elettorale. Se vogliamo progredire e guardare avanti, sappiamo che solo con lo sforzo e la collaborazione di tutti, ai vari livelli, si riesce a costruire qualcosa di buono».

L’incoraggiamento della Chiesa nei confronti dei cattolici ad impegnarsi in prima persona c’è sempre stato, soprattutto da quando non c’è più la DC…

«Si parla di sussidiarietà, di collaborazione intelligente e certamente la comunità cristiana non si tira indietro nell’assumersi le proprie responsabilità, ma attende dalla controparte, sia politica, sociale o economica, l’apertura e la disponibilità a lavorare insieme, come dicevo prima, per il bene comune. È vero che c’è sempre il rischio che qualcuno si voglia appropriare del cappello della Chiesa, ma la Chiesa non garantisce cappelli di nessun genere; la Chiesa ribadisce piuttosto la propria volontà di lavorare insieme nella ricerca del bene di tutti, della solidarietà, dell’accoglienza e dell’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della società, sia a chi ha problemi economici sia a chi viene da fuori, protagonista della grave tragedia delle migrazioni, sia a tutti coloro che stanno tentando di uscire da una situazione che li opprime e li umilia».

Riccardo Liguori

Spirito di Assisi – il 27 ottobre torna la preghiera interreligiosa per la pace

“Noi credenti in Dio partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, chiediamo a noi stessi e ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”. È questo uno dei passaggi dell’invito alla preghiera di monsignor Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, in occasione del prossimo 27 ottobre, 38esimo anniversario dello Spirito di Assisi che ricorda lo storico incontro interreligioso di preghiera per la pace del 1986, voluto da San Giovanni Paolo II. Nella sua lettera, monsignor Sorrentino scrive che “nell’anniversario dello spirito di Assisi del 27 ottobre 1986, non possiamo fare a meno di volgere ancora lo sguardo ai tanti conflitti armati in corso e a farci voce del dolore delle tante vittime che questi producono. Come donne e uomini di fede – aggiunge il vescovo -, siamo chiamati ad adottare lo sguardo di Dio sull’umanità, sguardo che è sempre una volontà di pace. Per questo, come membri di tante religioni diverse, siamo chiamati a riaffermare il bene supremo della pace nelle nostre coscienze, nella preghiera e nelle nostre scelte, come avvenne in quello storico incontro di Assisi. Dobbiamo smascherare ogni tentativo strumentale di usare Dio e la religione per giustificare o addirittura motivare l’uso della forza e della violenza in tutte le sue espressioni. Pertanto ci facciamo volentieri eco di quanto Papa Francesco e Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar, affermarono nel Documento sulla Fratellanza umana ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019”.

Ricco il programma di quest’anno, che si apre venerdì 25 ottobre alle ore 10.30 nella Sala della Spogliazione del palazzo vescovile di Assisi con un incontro di approfondimento con gli studenti, dal titolo “Lo Spirito di Assisi è giovane”. Dopo il videomessaggio del vescovo Sorrentino ci sarà il dialogo con don Tonio Dell’Olio, presidente della Commissione spirito di Assisi. Sabato 26 ottobre dalle ore 8 alle ore 20 nella chiesa della Cittadella – Laudato sì preghiera continua per la pace. Domenica 27 ottobre alle ore 12, nella Basilica superiore di San Francesco, si terrà la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Sorrentino. Nel pomeriggio alle ore 17 nel Refettorietto della Porziuncola a Santa Maria degli Angeli è prevista la preghiera interreligiosa con la partecipazione dei membri di diverse tradizioni religiose.

Perugia – Al via la “Missione Giovani 2024” Il 18 ottobre, con la celebrazione eucaristica di mandato missionario, più di cento ad annunciare il Vangelo ai loro coetanei

Va e annuncia il Vangelo! È il “mandato missionario” che il vescovo Ivan, insieme ai frati minori e ai sacerdoti diocesani, ha affidato a più di cento ragazzi e ragazze nel consegnare a ciascuno di loro il “tau”, la croce francescana (vs. fotogallery), simbolo della “Missione Giovani 2024” avviata la sera del 18 ottobre, a Perugia, con la celebrazione eucaristica nella chiesa di San Donato all’Elce, vissuta anche in preparazione alla Giornata Mondiale Missionaria di domenica 20 ottobre. Questi giovani, provenienti da comunità parrocchiali, associazioni, gruppi e movimenti presenti nelle sette Zone pastorali dell’Arcidiocesi, simbolicamente rappresentate da sette lumi accesi sull’altare (vs. fotogallery), vivranno dieci giorni intensi nel portare la proposta cristiana ai loro coetanei. Il programma della missione, con luoghi, iniziative e incontri, è consultabile-scaricabile al link: Al via la Missione Giovani – Diocesi Perugia.

All’omelia, il vescovo Ivan, nel ricordare le «regole d’ingaggio» dei giovani missionari per tenere a debita distanza gli idoli del nostro tempo nell’annunciare il Vangelo, ha esortato tutti dicendo: «Curate i malati e non penso solo a quelli dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, dell’Hospice o che giacciono nei letti di casa nostra. Penso alle tante persone ferite nelle relazioni, ferite perché si sentono tradite o incomprese. Penso a tante persone che hanno visto sfumare il progetto buono di vita».

«Curate i malati – si è raccomandato nuovamente il vescovo –, perché la vera grandezza sta nel sapersi chinare sull’altro, saper maturare quello spessore di con-passione, che ti permetta davvero di aiutare l’altro se non a risolvere i suoi problemi, di aiutarlo a portarli, a non perdere la fiducia, a gioire di tutti quei segni di bene, di bellezza e di vita che il Signore continua, anche grazie a ciascuno di noi, a seminare nel campo». Il testo integrale dell’omelia è al link: Le regole di ingaggio di un missionario

Fra’ Alfio Vespoli, dei frati minori, responsabile della “Missione Giovani”, nel prendere la parola al termine della celebrazione, ha promesso al vescovo Ivan di «fare un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore di ragazzi e ragazze incontrandoli per le vie, le piazze, nei locali, nelle scuole, nelle facoltà…, perché il Signore ci darà la grazia per fare questo. Un chiasso che ricorderà che sono figli amabili e preziosi. Il cuore di ciascuno di loro non aspetta altro che gli venga ricordato che è amato da Dio, non aspetta altro che ricevere dai giovani missionari, attraverso il loro sguardo, i loro occhi, la loro preghiera l’annuncio che è un figlio preziosissimo. Questo sarà il chiasso che faremo nei prossimi giorni a Perugia – ha precisato fra’ Alfio –. Grazie a tutti i giovani che si dedicheranno all’annuncio della Parola di Dio e per quanti non sono giovani, chiediamo di sostenere la missione con la preghiera».

Alla Giornata regionale del Clero umbro don Fabio Rosini, ha offerto una riflessione sul sacramento della riconciliazione. «La confessione serve per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia» – IL VIDEO

«La Giornata sacerdotale del Clero umbro ospitata al Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” ad Assisi è da sempre molto partecipata e sentita. Certamente, la presenza di don Fabio Rosini ha fatto da elemento catalizzatore». Così il vescovo delegato Ceu per il Clero, mons. Gualtiero Sigismondi di Orvieto-Todi, a margine dell’annuale giornata regionale di formazione per i sacerdoti delle otto Diocesi dell’Umbria del 17 ottobre a cui hanno partecipato anche gli altri vescovi: Domenico Sorrentino di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, Luciano Paolucci Bedini di Città di Castello e Gubbio, Ivan Maffeis di Perugia-Città della Pieve, Renato Boccardo di Spoleto-Norcia e presidente Ceu, e Francesco Soddu di Terni-Narni-Amelia.
«Nell’affrontare il tema della penitenza – ha proseguito mons. Sigismondi –, don Fabio ha ricordato che non c’è rinnovamento spirituale che possa prescindere da questo sacramento, sottolineando che l’atto penitenziale è il primo passo verso la conversione. Sappiano che la penitenza è un sacramento che ha la sorgente, che è il battesimo, e ha un cammino davanti, che è quello verso il Regno».
Lo stesso relatore, noto per essere l’ideatore dei “Dieci Comandamenti” per evangelizzare in particolare le giovani generazioni, oltre ad essere il direttore del Servizio per le vocazioni della Diocesi di Roma, si è soffermato sul sacramento della riconciliazione che va «riscoperto» e «sdoganato», perché «banalizzato troppo». È entrato nel merito dicendo: «La gente ha percepito questo sacramento come un semplice antivirus per la vita. Il problema non è non fare del male, ma essere persone cristiane che annunciano e producono bellezza, altrimenti il male non svanisce».
«La confessione serve – ha aggiunto – per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia. La penitenza è il primo passo della vita nuova e non il peso da portare per il peccato commesso. Al centro del sacramento della riconciliazione non c’è la semplice confessione per ammettere il male, ma il movimento che lo Spirito dà al cuore dell’uomo per ritrovare la sorgente della vita dentro di sé».
Don Rosini non ha nemmeno tralasciato l’aspetto dell’«avere a cuore le persone», come confessori, «anche quando non è possibile dare l’assoluzione».

LA CATECHESI DI DON ROSINI

Al via la Missione Giovani. Venerdì 18 celebrazione del mandato agli oltre 100 giovani missionari che fino a domenica 27 ottobre porteranno la proposta cristiana ai loro coetanei

È al nastro di partenza a Perugia la “Missione Giovani 2024”: si svolgerà dal 18 al 27 ottobre nei luoghi più frequentati dai giovani, dalle scuole alle facoltà universitarie, dai locali di ritrovo come bar e mense, ai convitti e pensionati universitari, dalle piazze alle vie del centro storico, senza escludere le stazioni di bus, minimetro e ferroviarie.

La missione inizierà venerdì 18 ottobre, alle ore 18.30, nella chiesa di San Donato all’Elce, con la celebrazione eucaristica di “mandato” ai giovani da parte dell’arcivescovo Ivan Maffeis. Parteciperà anche l’equipe dell’Ufficio missionario diocesano per pregare insieme ai giovani, alla vigilia della Giornata Mondiale Missionaria che si celebra domenica 20 ottobre.

«Ai giovani missionari dico: non abbiate timore di far vedere a chi incontrate la gioia e la speranza che è in voi – commenta il diacono Massimo Pio Gallì, direttore Ufficio missionario diocesano –: so per esperienza che solo così potrete accrescere compagni di viaggio in un percorso che regala vita. “Questo mese missionario – aggiunge – a livello locale è dedicato soprattutto alla preghiera per sostenere i ragazzi in questa iniziativa».

Dopo sei mesi di preparazione, cento giovani insieme a Frati Minori, a sacerdoti, religiosi e religiose, si apprestano a vivere la loro “Missione” promossa dall’Area giovani diocesana.

“Quartieri generali” dei giovani sono i complessi parrocchiali di Elce – dove c’è la segreteria operativa e si terranno per dieci giorni preghiera delle Lodi, S. Messa mattutina, briefing – e di Case Bruciate, dove i missionari pranzeranno e ceneranno.

La chiesetta di Piazza Piccinino, dietro la Cattedrale, ospiterà l’adorazione eucaristica giornaliera (dalle ore 10.30 alle 00.30).

Tra gli appuntamenti, le catechesi da martedì 22 a venerdì 26 alle 21 al Teatro Pavone (Corso Vannucci); domenica 20 ottobre la S. Messa nel carcere di Capanne (ore 9) e la preghiera nella Chiesa dell’Ospedale S. Maria della Misericordia (ore 18.15), la “Festa dell’accoglienza” ad “Umbrò” martedì 22 (ore 18), le catechesi a cura dei Frati Minori al Teatro Pavone (ore 21), dal 22 al 26 ottobre, e la celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione”, presieduta in Cattedrale dall’Arcivescovo domenica 27 ottobre (ore 11).

«La missione, come Gesù ci insegna nel Vangelo, è un investimento a perdere: quello che investiamo, il tempo per esempio, non ci verrà restituito perché è donato e i giorni di missione non torneranno più nella nostra vita. In quei giorni avremmo potuto fare tantissime altre cose per noi e non le faremo, ma Gesù, come ci promette nel Vangelo, questo tempo e le sue cose ci verranno restituite cento volte tanto». A ricordarlo è fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione Giovani 2024” e del settore evangelizzazione dell’Ordine dei Frati Minori, che sottolinea che «la città si accorgerà che i giovani non sono sempre quelli delle analisi sociologiche, che li vedono incollati ai social, disadattati, feriti, ma sono anche disposti a fare quello che gli adulti, forse, si sono dimenticati: vivere nella dimensione della gratuità».

Assisi – Giornata regionale del Clero

Giovedì 17 ottobre presso il Pontificio Seminario Regionale Umbro di Assisi si terrà la giornata Regionale del Clero che riunisce i sacerdoti e religiosi delle otto diocesi umbre per un momento di incontro e formazione. L’appuntamento è alle ore 9:45 con la recita dell’Ora Terza e a seguire la relazione di Don Fabio Rosini. Alle ore 11 spazio al dibattito e dialogo e alle 11.30 l’Adorazioen Eucaristica. La giornata si concluderà alle 12.30 con il pranzo.
Si prega di comunicare la propria partecipazione, specificando se ci si trattiene o meno a pranzo, alla segreteria diocesane entro lunedì 14 ottobre

Assisi – al Santuario della Spogliazione celebrata la santa messa nella Memoria liturgica del beato Carlo Acutis

“Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo ‘tutto’ e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di ‘riparare la Chiesa’. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena”.

Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, sabato 12 ottobre all’omelia della santa messa nella Memoria liturgica del Beato Carlo Acutis celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione ad Assisi.

“La Provvidenza – ha aggiunto il vescovo – ha voluto che la proclamazione della sua santità – la ‘canonizzazione’ – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto ‘san’ Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo!” Per questo – scrive il vescovo – mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora”.

Tra le iniziative organizzate in vista della celebrazione della Memoria Liturgica del Beato Carlo Acutis, venerdì 11 ottobre, nella Sala dei Vescovi all’interno del Santuario della Spogliazione è stata inaugurata la mostra dei miracoli eucaristici, ideata e realizzata dal giovane Carlo Acutis, che resterà esposta al pubblico fino a metà novembre e sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18.

OMELIA DEL VESCOVO SORRENTINO
La violenza e la guerra, incredibilmente ancora praticate su così vasta scala, sembrano dirci che la cultura della morte abbia la meglio nel mondo. In realtà, nonostante tutto, l’uomo ha un bisogno irresistibile di vita. Desidera una vita piena, soprattutto piena di gioia. E non si accontenta di tempo limitato: vuole vivere per sempre.
Si comprende così la domanda che il Vangelo di questa domenica dell’anno liturgico pone sulle labbra di un uomo ricco, anzi, – precisa un altro degli evangelisti – di un “giovane” ricco: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna”?

Se pensiamo che anche Carlo era figlio di genitori facoltosi, viene spontaneo sentire riecheggiare questa domanda sulle sue labbra. Egli amava la vita in tutti i sensi. Tutto gli era caro, dalla natura allo sport, dalla musica al computer. Aveva però compreso che le cose della terra, pur belle, sono passeggere. La risposta di Gesù al giovane ricco gli era entrata nel cuore: se vuoi la vita eterna, osserva i comandamenti. E Carlo i comandamenti di Dio li osservava. Li sentiva, quali sono, non catene che imprigionano, ma una segnaletica che assicura alla nostra vita un orizzonte e una meta.
Nel brano che abbiamo letto c’è un dettaglio che non deve sfuggire. Quando il giovane ricco dice a Gesù di essere già osservante dei comandamenti, Gesù ha come un moto di tenerezza: “lo guardò e lo amò”. Che cosa ci fu in quello sguardo è impossibile dirlo. Dovette essere uno di quegli sguardi che ti stringono come un abbraccio facendoti sentire unico al mondo, amato più di tutti, guarito fin nell’intimo, pieno di cielo. Di fronte a quello sguardo, che certamente anche Carlo ha sperimentato, le vie si divaricano: il giovane del Vangelo si fa scuro in volto e volge le spalle, intrappolato dai suoi molti beni: Carlo, sceglie Gesù. Si innamora di quello sguardo intenso e divino, vedendolo nell’Eucaristia, sentendo che l’Ostia santa è veramente Gesù, da incontrare, adorare, mangiare, diventando una sola cosa con lui.
Quando si incontra Gesù, tutta la vita cambia. Non cambiano le cose che fai, cambia come le fai. Le cose restano le stesse, ma profumano di cielo. Possono essere, come fu nella vita di Carlo, i compiti di scuola o una partita di calcio, una melodia suonata al sassofono o una passeggiata in montagna, la realizzazione di un video clip o il prendere parte a una discussione, portare i cani a passeggio o accompagnare la mamma a fare la spesa, e mille altre cose proprie del quotidiano. Ma nel passeggero puoi mettere l’eterno, e la vita si trasfigura. Si illumina persino su un letto di ospedale, mentre si muore. Può succedere quello che avvenne qui, dove Francesco passò, alla fine della sua vita, molti giorni prima di scendere alla Porziuncola incontro a “sorella Morte”. Qui, ai frati che lo attorniavano, chiese di cantare senza sosta il Cantico di Frate Sole. Anche Carlo, spogliato dalla leucemia di tutti i suoi sogni, si abbandonò all’abbraccio di Gesù.
Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo “tutto” e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di “riparare la Chiesa”. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena.
La Provvidenza ha voluto che la proclamazione della sua santità – la “canonizzazione” – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto “san” Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo! Per questo mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora. Con essa mi piace chiudere questa riflessione

Carlo, sorriso di cielo
per questa terra ferita e senza pace,
noi lodiamo Dio
per la tua vita semplice, gioiosa e santa.

Tu hai accolto con fiducia
di essere spogliato della tua giovinezza
per dedicarti in cielo, con Gesù e Maria,
a una missione di amore senza confini.
Riposando col tuo corpo mortale
dove Francesco d’Assisi
si spogliò d’ogni bene terreno,
tu gridi con lui al mondo
che Gesù è tutta la nostra gioia.

Giovane pieno di sogni,
attratto dalla natura, dallo sport, da internet,
ma ancor più rapito dal miracolo
di Gesù realmente presente nell’Ostia Santa,
aiutaci a credere che egli è lì vivo e vero,
mistica “autostrada” che conduce al cielo,
e insegnaci a contemplarlo con Maria,
nei misteri del Santo Rosario.

Spiegaci, Carlo,
che, al di là delle mode,
solo Gesù, unendoci a sé,
ci rende “originali e non fotocopie”,
liberi davvero.
Ottienici di saperlo incontrare
in ogni creatura, ma soprattutto nei poveri,
perché l’umanità sia più giusta e fraterna,
ricca di bellezza e di speranza,
a gloria del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo. Amen