Terni – lutto in diocesi per la morte di don Carlo Romani parroco della Cattedrale di Terni per 57 anni

Il 31 gennaio 2024 si è spento alla vita terrena per aprirsi al Paradiso mons. Giancarlo Romani, 93 anni, decano dei sacerdoti diocesani, parroco emerito della Cattedrale di Terni parrocchia che ha guidato per 57 anni. Priore del Capitolo della Cattedrale di Terni, Cappellano di Sua Santità, cavaliere dell’Ordine Equestre Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Le esequie saranno celebrate giovedì 1 febbraio alle ore 15 nella Cattedrale di Terni. La camera ardente sarà allestita in Cattedrale dalle ore 16 del 31 gennaio fino alla celebrazione delle esequie.

Don Giancarlo Romani è nato a Terni il 13 maggio 1930, ha frequentato il seminario diocesano di Terni e il seminario regionale di Assisi, ed è stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1954 da mons. Giovanni Battista Dal Prà. E’ stato viceparroco della Cattedrale e direttore dell’oratorio fino al 1957, poi due anni parroco a Rocca San Zenone e Collicino e nel 1959 nominato parroco di Santa Maria Assunta nella Cattedrale di Terni. Nel suo lungo ministero sacerdotale il diocesi ha dato impulso e sostegno a tante realtà caritative, sociali e culturali della chiesa locale: la sottosezione dell’Unitalsi di Terni, la San Vincenzo de’ Paoli, l’oratorio della Cattedrale, assistente dell’Azione Cattolica femminile, all’ufficio pellegrinaggi in particolare con i pellegrinaggio in Terra Santa e Lourdes, il centro di Spiritualità, e l’insegnamento per 40 anni nei licei di Terni. Conoscitore profondo della storia di Terni, la sua città, si è sempre impegnato nel tramandare la conoscenza storica, artistica e culturale di Terni.
Ha pubblicato diversi libri sulla storia della Cattedrale e della città, ed ha collaborato con il settimanale regionale “La Voce”. Il suo dialogare con tutti cittadini, istituzioni, associazioni, mondo della scuola e della cultura, per esprimere il suo pensiero sagace e sempre propositivo, lo ha portato ad essere un punto di riferimento per la chiesa e la città.
Don Carlo è stato una presenza esemplare anche per la preghiera e attento nel curare le grandi solennità dell’anno liturgico. A lui si deve il restauro della cappella della Madonna della Misericordia e la sistemazione della cripta della Cattedrale.
Un prete all’antica, don Romani, sempre in abito talare, con l’oratoria da predicatore di un tempo, capace di tenere sempre desta l’attenzione del fedele.
Una figura significativa della chiesa ternana e della città di Terni e di lui così scriveva don Gianni Colasanti in occasione del 50esimo di parroco di don Carlo nel 2009: “Pensare a lui, per me, significa pensare a quelle parole del Vangelo che dicono che colui che costruisce la sua casa sulla parola del Signore la costruisce sulla “roccia”, e anche se cade la pioggia, soffiano i venti, imperversano le inondazioni, quella casa non va in rovina perché è fondata sulla “roccia”. Ecco, mi sembra che don Carlo rappresenti quell’aspetto di solidità del cristianesimo che resta al di là del fluttuare delle “mode”. Certo non è facile mantenere la rotta tra una fedeltà assoluta ed una traduzione nel tempo di una “parola che non passa”. La responsabilità è tanto più grande quanto più questa “parola” contiene la vita vera delle persone. E queste, le persone, amano don Carlo perché ad esse dà questo senso di sicurezza, di orientamento certo, di consiglio affidabile perché va sul sicuro dei contenuti della fede e della morale cristiana”.

Perugia – La Giornata della vita consacrata

Nel giorno della festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio, venerdì 2 febbraio, alle ore 18, nella cattedrale di San Lorenzo, si ritroveranno le comunità e le congregazioni di religiosi e di religiose e di vita consacrata presenti nell’Archidiocesi per la loro annuale Giornata. Presiederà la celebrazione eucaristica l’arcivescovo Ivan Maffeis insieme al vicario episcopale per la Vita consacrata mons. Vittorio Gepponi.

Per l’occasione verranno ricordati i giubilei di professione religiosa di suor Mary Angela Ojaibor, delle Suore del Cuore Eucaristico di Gesù, che ricorda il 25°anniversario, di fra Luigi Napolitano (Ofm) e di fra Alessandro Cardello (Ofm), della comunità dei Cappellani dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, che ricordano il 25° anniversario, e di suor Maria Elena Fantarillo, delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli, che ricorda il suo 60mo di professione.

«Ci uniamo a loro nel ringraziare il Signore per il dono della fedeltà, lo preghiamo perché li ricolmi dei suoi doni di grazia e porgiamo a tutti carissimi auguri», annunciano la segretaria suor Nicoletta e il Consiglio diocesano dell’USMI, l’Unione Superiori Maggiori d’Italia, invitando l’intera comunità diocesana ad unirsi a loro nella preghiera, «per invocare dal Signore, insieme alla Chiesa universale, sante vocazioni alla vita di speciale consacrazione».

Attualmente nell’Archidiocesi perugino-pievese sono presenti 59 famiglie religiose (16 maschili di cui 1 di clausura e 43 femminili di cui 20 comunità, 18 congregazioni e 5 monasteri di clausura), per più di 270 membri (188 religiose).

Perugia – giornata per la Vita 4 febbraio

Nella comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve la 46a Giornata nazionale per la Vita 2024 vedrà due iniziative: giovedì primo febbraio, alle ore 21, “Pregare per la Vita”, con l’adorazione eucaristica animata presso la chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia; domenica 4 febbraio, alle ore 18, “Celebrare la Vita” e “Prendersi cura della Vita”, presso la chiesa parrocchiale dei Ss. Severo e Agata al Girasole a San Mariano di Corciano, con la celebrazione eucaristica e a seguire la testimonianza dei coniugi Chiara e Giovanni Segantin, della Casa Caritas “Il Casolare” a Sanfatucchio di Castiglione del Lago.
La loro testimonianza incarna il tema della giornata, “La forza della vita ci sorprende”, ed è esempio di «quante volte il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente» (dal messaggio della Cei per questa 46a Giornata nazionale).
La Giornata per la Vita nell’Archidiocesi perugino-pievese è promossa dall’Ufficio per la pastorale familiare, dalla Federazione Umbria del Movimento per la Vita, dalla Caritas diocesana e dalla Sezione di Perugia “Vittorio Trancanelli” dell’AMCI (Ass. Medici Cattolici Italiani).

Foligno – Life Skills per prendersi cura delle relazioni

Martedì 30 gennaio, presso la sala parrocchiale della Chiesa di S. Paolo, grande partecipazione di educatori, catechisti, docenti, operatori pastorali, sacerdoti, della Diocesi di Foligno, circa 80 persone, al primo di quattro incontri del Laboratorio sulle Life Skills ossia sulla conoscenza delle competenze emotive e relazionali necessarie per affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana. Le Life Skills rappresentano un patrimonio di competenze trasversali che permettono alla persona di affrontare le sfide di tutti i giorni, a livello personale o professionale, generando relazioni di qualità. Scopo di ogni seminario è quello di potenziare le abilità relazionali basilari come l’ascolto attivo, la comunicazione efficace, l’intelligenza emotiva, la consapevolezza della propria interiorità e delle qualità interiori. Il laboratorio è organizzato attraverso il coinvolgimento di diversi uffici diocesani come il Coordinamento diocesano oratori, la Pastorale giovanile, la Caritas diocesana, l’Ufficio catechistico, la Pastorale per la salute. Formatori gli operatori per la Promozione della salute del distretto di Foligno dell’ USL Umbria 2 : Ivan Paci, Pamela Raspa, Ilaria Mattarelli, coordinati dalla dottoressa Lucia Coco del Serd di Foligno. Prossimo incontro sul tema “Gestione delle emozioni” martedì 13 febbraio dalle ore 18.00 alle 20.00 presso la sala parrocchiale della Chiesa di S. Paolo.

Perugia – celebrazione della festa di San Costanzo. L’arcivescovo Maffeis: «San Costanzo diventa un simbolo di unità tra la tradizione della fede e la storia della nostra città»

La luminaria, che ieri sera ci ha visti partecipare numerosi alla processione da Palazzo dei Priori alla chiesa di San Costanzo, è stata l’occasione – oltre che per invocare luce sulla giornata di ciascuno – anche per ringraziare quanti, nella Chiesa come nella Città, portano luce con il loro servizio: per chi diffonde la luce ragionevole della fede e della speranza – in particolare la gratitudine va a diaconi e sacerdoti, tra i quali ricordo don Claudio Faina, che oggi celebra il primo anniversario dell’ordinazione –; grazie, quindi, per quanti portano luce con la loro presenza qualificata e operosa nei luoghi della sofferenza e della carità – ospedale, hospice, case di riposo, Caritas –; grazie per gli uomini e le donne che, nei diversi ambiti della vita civile e sociale, interpretano il loro impegno come servizio del bene comune: amministratori, magistrati, forze dell’ordine, giornalisti. San Costanzo diventa così un simbolo di unità tra la tradizione della fede e la storia della nostra città. Come credenti onoriamo in San Costanzo un padre nella fede. Come perugini lo riconosciamo patrono della città e fondatore della diocesi, della quale a metà del secondo secolo è stato il primo vescovo.

Rinverdire le nostre profonde radici. Sono, dunque, radici profonde le nostre; ma, oggi, fino a che punto possiamo dire che siano ancora feconde? Ed, eventualmente, cosa fare per rinverdirle?

Ancora: San Costanzo ha pagato con la vita la sua fedeltà al Vangelo; il suo martirio lo avvicina a quello di tanti credenti che anche oggi in varie parti del mondo sono discriminati, torturati e martirizzati.

La libertà religiosa è un diritto essenziale per tutti; oggi, la fede cristiana è la più perseguitata: l’ultimo attacco armato, ieri in una chiesa a Istanbul, in Turchia. In alcune parti del mondo, il Cristianesimo è semplicemente scomparso (Nord Africa) o ridotto al lumicino (Terra Santa, Iraq, Siria…).

E noi come ci poniamo? Forse restiamo intimiditi e disorientati dal cambiamento d’epoca che ci coinvolge e che sta già trasformando in modo sensibile anche il volto della Chiesa: diventa sempre più importante il rapporto personale, mentre spesso i responsabili delle comunità si trovano il tempo sottratto da strutture sempre più difficili da gestire.

Senza sottovalutare le difficoltà, se interrogassimo San Costanzo, probabilmente ci aiuterebbe a maturare uno sguardo fiducioso; ci aiuterebbe, ad esempio, a riconoscere i tanti che, anche in mezzo a questa stagione confusa, affrontano la vita quotidiana affidandosi al Signore.

La Chiesa fiorisce nella relazione con Dio, non in virtù di qualche privilegio. Se chiedessimo consiglio al nostro Patrono, probabilmente ci rimanderebbe alla pagina evangelica appena ascoltata, per ricordarci che la Chiesa fiorisce sociale, ma nella relazione con Dio, nel legame con il Signore Gesù, nella fraternità con gli altri: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore…Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.

Siamo un mistero in cui si nasconde e opera l’amore; è l’amore che ci dà identità: l’amore di Dio, inseparabile dall’amore agli altri; l’amore che, come diceva il profeta Isaia, ci invia come Chiesa, a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”.

Il cambiamento in atto si rivelerà un’opportunità. Questa missione – con le scelte che impone – disegna il nostro programma pastorale. Il cambiamento in atto si rivelerà un’opportunità, se lo sapremo vivere così. Ci consegnerà una Chiesa più povera, ma più libera e radicata nell’essenziale; una Chiesa più credibile, perché più credente; una Chiesa capace di farsi prossima alle ferite, alle gioie, alle paure e alle speranze di ognuno per essergli segno e strumento della tenerezza del Padre.

I frutti già si intravvedono, perfino nel cuore dell’inverno. Penso, anche qui per esemplificare, ai giovani che si avvicinano alla Chiesa per prepararsi al battesimo. Molti di loro sono cresciuti in un’altra cultura e in un’altra religione – convertirsi dalla quale è davvero rischioso –: quando chiedo perché vogliano diventare cristiani, rispondono di aver incontrato persone, famiglie e comunità accoglienti; di aver riconosciuto nel Vangelo la proposta di una vita buona, lontana da ogni forma di violenza e di paura, capace di perdono, di riconciliazione, di amore.

Le vere riforme della Chiesa sono state attuate dai Santi. Cara gente, come sollecitavo nella Lettera pastorale, “andiamo avanti con coraggio, memori che le vere riforme della Chiesa sono state attuate dai Santi”. Dai Santi di ieri e dai tanti Santi di oggi, uomini e donne che – come Abramo, da amici di Dio – intercedono per la città.

La via è tracciata. Ci sia data la grazia – la chiedo innanzitutto per me, quale indegno successore di Costanzo – di percorrerla per la nostra parte, senza disertare le responsabilità che sono affidate a ciascuno.

Don Ivan Maffeis – Vescovo

Perugia: Dieci anni fa nasceva il “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza”. Benedetto e presentato il dipinto “Tabgha – Moltiplicazione dei pani e dei pesci” della Mensa Caritas

L’occasione per ricordare i primi dieci anni di attività del “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” di Perugia, inaugurato il 29 gennaio 2014, giorno della festa del santo patrono Costanzo, è stata la benedizione e presentazione del dipinto “Tabgha – Moltiplicazione dei pani e dei pesci” dell’artista Riccardo Secchi. Presenti, oltre l’autore, l’arcivescovo Ivan Maffeis, il direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli e il presidente della Fondazione di Carità “San Lorenzo”, organismo operativo della stessa Caritas che gestisce il “Villaggio”. Sede anche della Caritas diocesana, nel “Villaggio” si trovano il Centro di ascolto diocesano, l’Emporio della solidarietà “Tabgha”, gli appartamenti che ospitano attualmente 24 famiglie in gravi difficoltà, la “Farmacia solidale”, il “Consultorio medico” e la Mensa “Don Gualtiero” dove è stato posizionato sulla parete di fronte all’ingresso questo dipinto dalle grandi dimensioni (380×138 cm, tempera acrilica su tavola di betulla), che richiama l’opera quotidiana nella preparazione e distribuzione di oltre 100 pasti caldi (dal lunedì al sabato), oltre a quella di accoglienza e di ascolto degli ospiti svolta da diversi volontari.

Una fotografia di quello che si vive. Le parole dell’arcivescovo Maffeis: «Grazie a chi ha realizzato l’opera e all’interpretazione che ha dato all’opera stessa, perché questo curvarsi di Gesù è forzato in maniera esagerata come lo è la carità, che è un dono, una gratuità. Giustamente il nostro autore ci aiuta a leggere l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci come un esempio chiaro del cammino che Gesù ha fatto di donazione di sé stesso, di “svotamento” come ci dice san Paolo. In questo dipinto credo che ci sia non solo un richiamo diretto al Vangelo, ma ci sia anche una fotografia di quello che qui dentro si vive».

Richiamo ad una carità impegnativa. Le parole dell’artista Secchi: «Riflettendo su quanto appena detto da mons. Maffeis, la mia intenzione è stata quella di lasciare un elemento di bellezza all’interno di questa mensa che sia esplicativo della bellezza che tutti i giorni si vive qui dentro, l’esperienza della Carità. I colori e la gioia che esprime questo dipinto sono un augurio a quanti vi operano, ma anche una richiesta di sacrificio, come si vede dalla posizione della figura di Gesù, perché in questo luogo non si esercita una carità a buon mercato, ma richiede tanto impegno».

Costruire insieme un percorso di dignità e relazione. Le parole del direttore don Briziarelli: «Oggi per noi è una giornata speciale nel festeggiare dieci anni di attività del “Villaggio della Carità”. È un luogo che è diventato d’incontro, punto di riferimento per la Carità della nostra città, un luogo che ha accolto centinaia di famiglie in questi primi dieci anni, restituendo loro un cammino bello, un cammino che le ha riportate all’autonomia, alla dignità, perché questo siamo chiamati a vivere come operatori della Carità. Continuiamo ad accogliere tante persone: l’Emporio “Tabgha” dove quasi 800 famiglie vengono a fare la “spesa”, il Centro di ascolto diocesano che ha superato i 12mila ascolti, la “Farmacia solidale” con i suoi oltre 1.000 accessi e la bellissima mensa dove abbiamo benedetto questa meravigliosa opera dell’artista Riccardo Secchi, un luogo dove ogni giorno viene moltiplicato il pane, il cibo per più di 100 poveri. Il “Villaggio” è una vera e propria cittadella della Carità dove quotidianamente centinaia di persone, tra poveri e volontari, si incontrano per costruire insieme un percorso di dignità e di relazione».

Illustrazione del dipinto. La tavola ci presenta l’episodio evangelico della seconda “Moltiplicazione dei pani e dei pesci” in uno stile pittorico volutamente semplice e immediato, dove colore e forme naïf, cioè ingenue, fondano il linguaggio di una comunicazione più diretta. Al centro della composizione giganteggia la figura di Cristo, piegato verso il basso per raccogliere pani e pesci da consegnare ai discepoli. Questo “piegarsi” richiama ciò che san Paolo scrive nella Lettera ai Filippesi per introdurci al mistero dello spogliamento di Cristo (“kenosis”) per amore degli uomini. La postura di Gesù è, infatti, intenzionalmente forzata e difficile da mantenersi, a sottolineare la determinazione del gesto del Figlio di Dio e il suo desiderio di servire e di offrire sé stesso ai discepoli. Il gesto di Cristo è chiaramente profezia dell’Eucarestia che Gesù istituirà il Giovedì Santo nel Cenacolo con gli Apostoli poco prima di iniziare la Sua Passione. Mentre le vesti di Cristo splendono della Sua divinità, i discepoli, avvolti da panni più modesti, esprimono, con i loro volti e con le mani, lo stupore per il miracolo che vedono accadere davanti ai loro occhi. L’episodio è ambientato dai Vangeli sulle rive del Lago di Tiberiade in una località detta Tabgha, dal greco “Hepta Pegon”, cioè Sette fonti che sono raffigurate alle spalle dei personaggi principali. Queste fonti di abbondante acqua potrebbero raffigurare i sette sacramenti creati da Cristo per sostenere la vita di ogni uomo che lo vuole seguire.

Perugia – Festa di San Costanzo. L’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia del Primi Vespri al termine della “Luminaria”: «la luce della fede continua ad illuminare la nostra città»

Con la tradizionale e suggestiva processione della “Luminaria”, dal palazzo dei Priori alla basilica di San Costanzo, nel pomeriggio del 28 gennaio, la comunità civile e religiosa di Perugia è entrata nel vivo della festa del suo Santo Patrono Costanzo, vescovo e martire; processione a cui hanno partecipato, come è consuetudine, l’arcivescovo Ivan Maffeis, il sindaco Andrea Romizi, la presidente della Regione Donatella Tesei, diversi rappresentanti delle Istituzioni del capoluogo umbro ed animata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, di San Giuseppe e del Sant’Anello della Cattedrale e dal corteo storico dei figuranti dei cinque rioni medioevali della città.
Al termine della “Luminaria”, nella basilica di San Costanzo, si sono tenuti Primi Vespri con il rito dell’omaggio votivo in memoria del Santo di alcuni segni e simboli dell’antico legame tra la Perugia civile e quella religiosa.
L’arcivescovo Maffeis, all’omelia, si è soffermato sul significato cristiano della “luce”, esortando tutti ad essere «ostinati cercatori di luce…», facendo «memoria di san Costanzo» la cui testimonianza umana e cristiana «arriva a parlare al nostro tempo; anche in questo modo la luce della fede continua a illuminare la nostra città».

L’OMELIA DELL’ARCIVESCOVO MAFFEIS
«La luce della fede continua ad illuminare la nostra città»

Occasione di incontro e unità. Anche quest’anno la figura di San Costanzo ci offre una tradizionale, ma pur sempre nuova, occasione di incontro; grazie alla memoria di questo Santo, noi – pur provenendo da sensibilità e da situazioni spirituali diverse – ci ritroviamo insieme. Questa unità si manifesta anche in due segni eloquenti, promossi fin dal 1310 dall’autorità civica: la luminaria, di cui siamo stati partecipi poco fa lungo le vie della nostra città, e il cero votivo, offerto dal Sindaco a nome di tutti. Siamo tutti ostinati cercatori di luce…

Più luce rispetto all’oscurità di oggi. “Più luce!”, invoca Goethe nel momento del tramonto della sua esistenza. “Più luce!” invochiamo noi, rispetto all’oscurità che avvolge il nostro tempo, a partire dai tanti focolai di guerra che nel loro diffondersi spengono la speranza e la vita, a conferma della tragica inutilità, della disumanità e dell’immoralità della guerra, di ogni guerra.

Non solo grandi strategie politiche. La via per uscire dalla notte non può essere affidata soltanto alle grandi strategie politiche: la luce passa anche dal coltivare nelle nostre relazioni quei valori fondamentali di rispetto della dignità della persona, che vivono di ogni piccolo gesto di disponibilità, d’accoglienza, di dialogo culturale, di carità generosa.

La luce del Signore Gesù. E non è forse questa la risposta che sgorga dalla fede cristiana? Il Vangelo ci ricorda che la luce che cerchiamo è una Persona, il Signore Gesù. “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”, afferma San Giovanni. Seguendolo, vivendo nella sua amicizia, diveniamo sempre più simili a lui e con ciò capaci di Dio, di conoscere la verità, di riconoscerci fratelli, di entrare nella vita: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.

Testimone di fede a prezzo della vita. San Costanzo è vissuto per trasmetterci questa fede; ne è stato testimone a prezzo della vita.

Gratitudine a chi diffonde la luce. Questa sera diciamo grazie per chi diffonde la luce ragionevole della fede, che educa a uscire da sé e ad affidarsi allo Spirito di Dio. Grazie per i genitori, i catechisti, gli educatori, gli insegnanti, i diaconi e i presbiteri. Grazie per la luce diffusa da quanti sanno stare un passo indietro per far spazio agli altri e contribuiscono a rispondere al bisogno che tutti ci portiamo dentro, che è bisogno di sentirsi accolti, stimati, amati. Grazie per la luce alimentata dai volontari e dagli operatori della Caritas, come da chi in Ospedale, all’hospice e nelle case di riposo lavora nei servizi di cura; da chi, con presenza discreta, accompagna chi vive l’esperienza della malattia o del lutto.

Portatori di luce i rappresentanti delle Istituzioni. Di luce sono portatori i rappresentanti delle Istituzioni, uomini e donne che, nei diversi ambiti del vivere civile e sociale, sono a servizio della nostra città e del territorio. A ciascuno di loro va la nostra riconoscenza per il contributo che assicurano a una serena convivenza, per le energie che – con competenza e sacrificio – dedicano a favore del bene comune, che non è tanto o solo la somma del bene dei singoli, ma è il bene di tutti.

Gratitudine alla comunità ecclesiale locale. Infine, un grazie ai sacerdoti di questa unità pastorale, a don Luca Delunghi in particolare, per l’iniziativa che, da dopodomani (martedì 30 gennaio, n.d.r.), offrirà dal lunedì al venerdì la possibilità a studenti e lavoratori di raccogliersi in questa chiesa alle 7.20 per la celebrazione eucaristica. Anche in questo modo la memoria di San Costanzo arriva a parlare al nostro tempo; anche in questo modo la luce della fede continua a illuminare la nostra città.

Don Ivan Maffeis

Vescovo

Trevi – festa del patrono S. Emiliano. L’Arcivescovo Boccardo: «Il martire ci ricorda che l’amore non si vende, si dona; la fedeltà non si compra, si vive»

«Emiliano non ha temuto di andare incontro al carnefice, ben sapendo che suprema disgrazia non è perdere la vita ma, per amore della vita fisica, perdere le ragioni del vivere». È uno dei passaggi dell’omelia che l’Arcivescovo ha tenuto domenica 28 gennaio 2024 nel Duomo di Trevi per la festa del martire Emiliano, patrono del secondo Comune più popoloso dell’Archidiocesi dopo Spoleto. Tanti i trevani che hanno reso omaggio al Santo: nel triduo in preparazione alla festa, nella storica processione dell’Illuminata con la statua del Santo portata nelle vie del centro storico il pomeriggio del 27 gennaio e nel solenne pontificale dell’Arcivescovo.
Ricordiamo che Emiliano – ma sarebbe più corretto chiamarlo Miliano, come viene citato nei più antichi documenti e come viene ancora chiamato correntemente in Trevi – venne a Spoleto dall’Armenia alla fine del III sec. Consacrato vescovo da papa Marcellino, fu inviato a Trevi dove già esisteva una comunità cristiana evangelizzata, ormai da un secolo, da Feliciano vescovo di Foligno. Fu messo a morte sotto l’imperatore Diocleziano il 28 di gennaio del 304, insieme a tre suoi compagni, dopo innumerevoli supplizi invano inflittigli per indurlo ad abiurare. Fu decapitato a tre chilometri da Trevi, in località Bovara, zona sacra per i pagani, legato ad una pianta di olivo (albero monumentale ancora esistente).

Con mons. Boccardo hanno concelebrato: il pievano della Pievania del beato Pietro Bonilli don Jozef Gerčák, don Luca Gentili cancelliere arcivescovile e don Fabrizio Maniezzo. Diaconi: Paolo Eleuteri e Claudio Vandini. Il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi diocesani e dai ministranti. La liturgia è stata animata dalla corale della Pievania diretta da Mauro Presazzi. Per l’occasione è giunta a Trevi la presidente della Giunta regionale dell’Umbria Donatella Tesei. C’era naturalmente il sindaco della Città Ferdinando Gemma, che ha donato l’olio per alimentare la lampada votiva alla statua di S. Emiliano. Presenti anche le autorità militari, tra cui il comandante della Compagnia Carabinieri di Foligno, il maggiore Giuseppe Agresti.

L’omelia dell’Arcivescovo. «Emiliano – ha detto mons. Boccardo – non esitò a dare la vita per Cristo. Per lui scelse la morte, preferì la via stretta e solitaria della tribolazione e del sacrificio anziché quella luccicante e affollata del successo terreno. Perché l’amore non si vende, si dona; la fedeltà non si compra, si vive. E la Chiesa che propone la figura di S. Emiliano alla venerazione dei fedeli dichiara vero il suo modo di giudicare: “riconoscere Cristo davanti agli uomini” significa prendere pubblicamente posizione a suo favore, implica il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi. Forse – ha proseguito il Presule – non saremo chiamati ad imitare S. Emiliano nel martirio cruento. Tutti però siamo chiamati al martirio incruento della professione quotidiana della fede, senza fratture tra il credere e l’operare». L’Arcivescovo, poi, ha delineato alcune caratteristiche del martire: «Non muore per un’idea, se pur elevata; egli muore per Cristo, che è morto e resuscitato per lui. I martiri – ha chiarito il Presule – non sono eroi, ma gente abitata da una sola forza: quella umile della fede e dell’amore. Essi non rubano la vita, ma la donano. E allora il ricordo del nostro patrono di Trevi ci offre l’occasione per interrogarci sulla qualità della nostra fede. Perché se il seme della fede ricevuto nel battesimo non cresce e matura, diventa sterile e resta chiuso in sé. La vita cristiana – ha sottolineato mons. Boccardo – non può ridursi ad un’abitudine (frequentare la chiesa per la Messa domenicale, celebrare battesimi, matrimoni e funerali, recitare preghiere) che non cura la crescita della fede, che non osserva i comandamenti, che non si impegna a capire cosa si deve fare e cosa no. La fede professata con le labbra deve esprimersi nella visione e comprensione del mondo e nel modo concreto di pensare e di agire. Perché sono le opere che attestano e certificano il valore della testimonianza: se visibilità ci deve essere, ha da essere visibilità di persone più che di sigle, di azioni più che di parole, di comportamenti più che di proclami».

Assisi – Giorno della Memoria, l’omaggio ai Giusti e ai deportati nei lager e campi di lavoro

Grande commozione ed emozione nella mattina di sabato 27 gennaio nel palazzo vescovile-Santuario della Spogliazione di Assisi, dove la Prefettura di Perugia, in occasione del Giorno della Memoria, ha consegnato le medaglie d’onore “ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra”. A ricevere le medaglie d’onore i familiari di Massimo Angeli, nato a Collazzone, Mariano Cosucci, nato a Magione, Cesare Machelli, nato a Scheggia e Pascelupo, Renato Marini, nato a Bolzano, Francesco Palazzi e Pompeo Patarini, nati a Spoleto, Mario Porcorossi, nato a Perugia, Giovanni Rosati, nato a Foligno e Alfiero Stocchi nato a Gubbio.
Alcuni avevano in mano la foto, o il quadretto del loro congiunto e tutti hanno ringraziato per aver reso omaggio a chi si è speso per il proprio Paese, ha passato incredibili sofferenze o è anche morto nei campi di lavoro e nei lager. La mattinata si è aperta con i saluti di Marina Rosati, ideatrice e curatrice del “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” che ha sottolineato quanto sia importante oggi parlare di Giusti. “I ragazzi, se condotti, si rendono conto che questo esempio non è lontano. E che, oggi più che mai, è importante scegliere e non rimanere indifferenti”. A portare i saluti è stato poi il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino: “Rivolgiamo un pensiero ai Giusti, raggio di luce che si aprì in un periodo di oscurità totale. Questa è una sala importante perché qui abbiamo il Museo della Memoria, ma è anche il luogo in cui Francesco si spogliò e dal Santo e dalla sua Spogliazione dobbiamo prendere esempio”.

Il vice presidente della Regione Umbria, Roberto Morroni, ha sottolineato come “oggi questa giornata assuma un valore ancora più particolare. Ricordare è giusto, un dovere, un imperativo morale ed etico per chi ha a cuore un cammino di civiltà. Fondamentale è anche guardarsi intorno e attualizzare e cogliere il nesso, i segnali e i prodromi che rievocano pericoli passati che l’umanità non è stata in grado di schivare”. Il sindaco di Assisi, Stefania Proietti ha ricordato i Giusti di Assisi, facendo proprie le parole del presidente Mattarella, ed anche i tanti internati militari italiani che hanno provato tante sofferenze e privazioni.

Il prefetto di Perugia, Armando Gradone, ha incentrato il suo discorso sulla parola dignità, ricordando la tragica vicenda che è stata la Shoah e come “tuttora nel nostro paese ci sono segnali di antisemitismo, basti pensare ai disegni imbrattati nel Binario 21 a Milano. Questa giornata serve per ricordare che la vita umana non può essere violata”.
Il sottosegretario agli Interni, Emanuele Prisco, ha ricordato che “c’è un comune sentire della nostra nazione sull’importanza di questa giornata, non solo per omaggiare le vittime e abbracciare i loro cari, per onorare il sacrificio dei Giusti che con piccoli e grandi gesti di coraggio hanno interrotto la spirale di odio, ma anche perché stiamo assistendo al ritorno dell’antisemitismo”.

Perugia: “San Costanzo cambia colore” venendo pastoralmente incontro a giovani e a lavoratori

«“San Costanzo cambia colore” è il titolo che abbiamo dato al progetto pastorale con cui vogliamo venire incontro a giovani, studenti universitari, lavoratori residenti e di passaggio e non solo, nel solco della recente Lettera pastorale del nostro arcivescovo Ivan Maffeis, “Il coraggio dei passi”, in cui ci esorta, ci incoraggia, ci stimola ad essere sempre più comunità in cammino nell’evangelizzare e nell’essere missionaria». Ad annunciarlo è il parroco moderatore della 2a Unità pastorale dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, don Luca Delunghi, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale giovanile, nel presentare questa iniziativa che prenderà il via il giorno seguente la festa del Santo patrono Costanzo, martedì 30 gennaio, alle ore 7.20, con la celebrazione eucaristica, presso la basilica di San Costanzo, rivolta a quanti, prima di andare al lavoro o a lezione, vorranno raccogliersi in preghiera, ascoltare la Parola di Dio e ricevere la comunione; celebrazione che si terrà ogni settimana, dal lunedì al venerdì.

A messa senza fretta. Altro significativo appuntamento, in calendario il martedì, alle ore 18.30, sempre a San Costanzo, è la “Messa senza fretta” per i giovani (18-30 anni d’età), «per vivere un tempo di silenzio (15 minuti) dopo aver ascoltato il Vangelo», spiega don Luca Delunghi, che aggiunge: «L’occasione che ti viene data è quella di fermarti e riflettere su quello che abita il tuo cuore a partire dalla Parola di Dio. L’abbiamo denominata “Messa senza fretta” riprendendo l’iniziativa avviata dai Gesuiti in diverse città italiane ed europee, dando ai giovani l’opportunità di avere all’interno della messa un tempo cospicuo di silenzio con la provocazione di due domande di volta in volta».

Riqualificare la vita ecclesiale. Questo progetto, nel suo complesso, è una importante iniziativa pastorale rivolta anche a tutti i fedeli. «È un progetto – precisa il parroco moderatore – frutto di un “sondaggio e ricerca-studio” della partecipazione dei fedeli, che non è un problema di numeri, bensì di riqualificazione della vita ecclesiale delle nostre comunità. Pertanto abbiamo inteso modificare anche gli orari delle messe e, soprattutto, darci degli obiettivi pastorali da raggiungere in ambito di nuova evangelizzazione, missione, catechesi, liturgia e carità».

Al passo con i tempi. Le parrocchie della 2a Unità pastorale, con “capofila” la parrocchia di San Costanzo, hanno inteso mettersi pastoralmente al passo con i tempi anche con i cambiamenti sociali vissuti da quanti vivono o transitano nei loro quartieri, quelli che formano quest’’Unità pastorale, la più popolosa dell’Archidiocesi con 16mila residenti, oltre a numerosi studenti fuori sede che frequentano i Dipartimenti universitari di Agraria, Scienze motorie e Veterinaria (quest’ultimo è situato di fronte alla basilica di San Costanzo). Sono le parrocchie di San Costanzo, Santa Maria di Colle, San Ferdinando, Santi Biagio e Savino, Sant’Antonio, Santo Spirito e San Domenico.

Al servizio degli universitari. Con la presenza di tre frequentati dipartimenti d’Ateneo, l’Unità pastorale ha inteso rivolgere il suo sguardo anche a studenti offrendo loro, presso la canonica di San Costanzo, degli spazi per ospitarli e per realizzare una “aula-studio” pensata e gestita con loro (chi vuole partecipare al progetto può contattare don Luca Delunghi al 346.8942202). Questo per creare una maggiore “rete-sinergia” con la Pastorale universitaria operante già in due delle parrocchie costituenti la 1a Unità pastorale, San Donato all’Elce e di Sant’Agostino i cui territori insistono nella “cittadella universitaria”. «Siamo venuti incontro agli studenti fuori sede e a tutti i giovani modificando gli orari delle messe festive da tenersi di sera – spiega il parroco –, perché i giovani, vivendo il sabato sera da giovani, la domenica mattina non vanno a messa, come accade nella parrocchia di Elce dove da tempo si tiene una messa festiva serale».

Attenzione per i lavoratori. Non vengono trascurati nemmeno quanti la mattina, prima di andare al lavoro, voglio partecipare alla messa feriale. «Per le lavoratrici e i lavoratori che risiedono o che transitano nei nostri quartieri (quello di via della Pallotta è prossimo agli svincoli del “Raccordo autostradale Perugia-Bettolle” da dove quotidianamente arrivano migliaia di “pendolari” in città, n.d.r.), c’è la celebrazione eucaristica in San Costanzo, alle ore 7.20, dal lunedì al venerdì, a cui sono invitati a partecipare anche gli studenti universitari prima di andare a lezione».