Nel tardo pomeriggio del 24 ottobre il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha ricevuto nell’Arcivescovado di Perugia il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte in visita in Umbria. Il colloquio, durato 45 minuti, è stato molto cordiale e ha trattato diversi temi di carattere sociale, in particolare le politiche di sostegno alle fasce più deboli, come le famiglie numerose, in difficoltà a causa della crisi e della mancanza di lavoro, i giovani, le persone affette da disabilità e gli anziani. Temi anche al centro della prossima legge di bilancio.
Ott, 2019
Spoleto – l’ arcivescovo Boccardo in Polonia per rafforzare e incoraggiare la devozione a Santa Rita nella diocesi di Siedlce. Oltre 1300 persone presenti alla Messa
Dal 21 al 23 ottobre 2019 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo si è recato nel centro-est della Polonia, ai confini con l’Ucraina e la Bielorussia, nella Diocesi di Siedlce. Qui, nella parrocchia del Corpus Domini, che contra oltre diecimila abitanti, da due anni è stato avviato il culto a Santa Rita grazie ad una reliquia giunta da Cascia e alla sensibilità di alcuni sacerdoti, tra cui il parroco don Stanislao Wojteczukche che è stato in contatto più volte col Santuario di Roccaporena, in particolare col pro-rettore don Canzio Scarabottini (presente con il Vescovo in Polonia, insieme anche all’amministratore del Santuario Simone Desantis), e nello scorso mese di maggio si è recato pellegrino nella terra di Rita.
Devozione giovane, in costante crescita. Nella chiesa del Corpus Domini di Siedlce è stato realizzato un bellissimo mosaico della Santa e il 22 di ogni mese viene celebrata una Messa a cui segue la benedizione delle rose, simbolo della spiritualità ritiana. A questo momento di preghiera partecipa sempre tanta gente, circa mille persone, che arrivano da varie parti della diocesi di Siedlce, così come da quelle confinanti. Alla Messa presieduta da mons. Boccardo il pomeriggio del 22 ottobre c’erano oltre 1300 persone. «La presenza dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia tra noi – ha detto il parroco don Stanislao – è un sogno che si realizza. Lui rappresenta la Chiesa che custodisce il corpo e la memoria di Santa Rita, con i due santuari a lei dedicati a Cascia e Roccaporena, ed è venuto in qualche modo a rafforzare e ad incoraggiare la nostra “giovane” devozione a Santa Rita, ma soprattutto è venuto pellegrino per condividere con noi la fede in Gesù Cristo».
Messa e benedizione delle rose. Nell’omelia mons. Boccardo ha descritto Rita come «una donna del popolo, che ha affrontato i diversi aspetti dell’esistenza con la capacità di guardare in alto. Non si è chiusa in sé nonostante i tanti momenti difficili della sua vita, anzi è stata capace di non perdere la fiducia e la speranza. Ed è per questo che la sua figura è eloquente e ricca di messaggi anche noi: la nostra vita porta con sé, nelle diverse situazioni, dei momenti di luce e di ombra. Da Rita impariamo ad essere forti nella fede e nella speranza e ad affidarci alla provvidenza di Dio che sempre si prende cura dei suoi figli». Poi, il Presule nel vedere la chiesa gremita in ogni zona ha detto: «È bello vedere come Rita parli alle persone di Paesi diversi, di storie diverse; è una figura trasversale che incontra le culture, le tradizioni, le espressioni religiose di tutti i Continenti. E ciò per la sua semplicità, la sua quotidianità. La gente le affida tutte le proprie intenzioni, le preoccupazioni, i desideri, le sofferenze e anche le richieste impensabili: c’è questa fiducia e questa confidenza con Rita». Al termine della Messa l’Arcivescovo ha benedetto le rose. In questi due anni di conoscenza della figura di Rita già si segnalano alcune “grazie”: sette coppie di sposi che non avevano figli hanno sperimentato la bellezza di accogliere nuove vite e due di queste hanno messo nome alla figlia proprio Rita; ragazze/i che hanno trovato fidanzato/a; sostegno nell’affrontare la malattia come il caso di una bambina colpita da un tumore che ogni mese, con i genitori, va ad affidare la sua vita alla Santa casciana e che mons. Boccardo ha salutato al termine della Messa. Alla comunità del Corpus Domini il Santuario di Roccaporena ha donato un calice quale segno spirituale di gemellaggio.
Nell’intervista al settimanale diocesano di Siedlce, invece, il Presidente della Conferenza episcopale umbra ha sottolineato che «vivere in Umbria, luogo santificato dalla presenza di persone straordinarie come Santa Rita, S. S. Benedetto da Norcia, Francesco d’Assisi e Santa Chiara, solo per citare quelli più “famosi”, è innanzitutto un dono prezioso della provvidenza, perché si diventa in qualche modo in relazione con questi Santi e la loro intercessione ottiene la grazia e la benedizione di Dio sulla nostra vita quotidiana. Ma accanto a un dono c’è anche una responsabilità. Essere gli eredi di questo patrimonio di santità diventa per tutti noi una esigenza: siamo, infatti, chiamati ad imitare la loro vita».
Incontro col Vescovo di Siedlce. Martedì 22 ottobre l’Arcivescovo ha incontrato il suo confratello di Siedlce mons. Casimiro Gurda. Quest’ultimo ha confermato come «la devozione a Santa Rita sia viva e in crescita. Siamo davvero contenti».
Ott, 2019
Concerto Pro Terra Santa a San Pietro Perugia il 27 ottobre, promosso dal Commissariato di Terra Santa per l’Umbria, dalla Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, in collaborazione con l’ Associazione Santo Sepolcro Foligno Onlus.
Il capolavoro di Mozart “Requiem KV 626” ha raggiunto le più alte vette spirituali ed artistiche. La versione più famosa, che verrà proposta, è quella di Franz Xaver Sussmayr, che integrò in molte parti il lavoro lasciato a metà dal maestro, scrivendo di suo pugno alcune parti del testo. Il concerto, che rappresenta una delle composizioni più celebri dell’ intera storia della musica, si terrà domenica 27 ottobre, alle ore 18,00.
In occasione degli ottocento anni del pellegrinaggio di pace di San Francesco in Terra Santa ( 1219 – 2019 ), è stato organizzato e sostenuto il concerto “ Pro Terra Santa “ dal Commissariato di Terra Santa per l’ Umbria, dalla Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, in collaborazione con l’ Associazione Santo Sepolcro Foligno Onlus.
Un appuntamento ormai consueto per la città di Perugia, che quest’anno, in occasione degli ottocento anni dell’ incontro di San Francesco con il Sultano al-Malik al-Kamil, trasferisce un forte messaggio di pace molto importante per l’ epoca che stiamo vivendo. “ Nel momento in cui, in piena crociata, l’ esercito cristiano e quello musulmano stavano per affrontarsi a Damietta, Francesco combatte pacificamente per poter andare disarmato ad incontrare al-Malik al- Kamil. Portando con se solamente un compagno, attraversa le linee sulle quali sono attestati in armi i due eserciti nemici. Riesce a incontrare il Sultano. Riesce a parlare con lui. E riesce anche ritornare indietro sano e salvo, anzi portando con sé dei doni che manifestano il senso dell’ ospitalità orientale e forse un salvacondotto per poter visitare i Luoghi Santi.
E non è solo Francesco ad osare, anche il Sultano si assume il rischio di contraddire i suoi consiglieri e di ascoltare questo piccolo frate, armato solo del saluto di pace, e venuto a parlargli di Gesù Cristo. Anche il Sultano si mostra aperto nell’ applicare a questo “ infedele “ che proviene dal campo avversario tutte le cortesie e le regole dell’ ospitalità e dell’ accoglienza” ( P. Francesco Patton ofm – Custode di Terra Santa- Tratto da “ Francesco ed il Sultano nell’ arte – Edizioni Terra Santa.
Il concerto di beneficienza verrà interpretato dal Coro Canticum Novum di Solomeo e dall’ Orchestra da Camera di Perugia. I solisti saranno: Lucia Casagrande Raffi ( Soprano ), Ellisabetta Pallucchi ( Mezzosoprano ), David Sotgiu ( Tenore ), e Ferruccio Finetti ( Basso ). Si esibiranno circa novanta artisti nella splendida Basilica. Il programma di sala quest’ anno sarà arricchito da molte immagini di opere d’ arte di artisti famosi che riproducono la passione e la resurrezione di Cristo, un messaggio importante in prossimità della commemorazione di tutti i defunti del 2 novembre.
Un introduzione al concerto verrà effettuata da P. Giuseppe Battistelli ofm, Commissario di Terra Santa per l’ Umbria, che rientrerà appositamente da Milano, dove partecipa al Congresso Internazionale dei Commissari di Terra Santa guidato dal Custode di Terra Santa P. Francesco Patton.
Le offerte raccolte saranno destinate alla scuola di Gerico “ Terra Santa School “ che P. Mario Hadchty, direttore della scuola, vorebbe ampliare, attraverso la costruzione di un terzo piano, al fine di poter accogliere circa trecento bambini e bambine in lista di attesa, oltre che sostenere gli studenti bisognosi, ed altri progetti nelle Terra di Gesù.
Ott, 2019
Assisi: oltre cento artisti per la pace. Domenica 27 ottobre verrà eseguita in prima assoluta l’opera di teatro musicale “Francesco e il Sultano” a 800 anni dallo storico incontro
Artisti ad Assisi per la pace. Lo Spirito di Assisi, in ricordo dello storico incontro del 27 ottobre 1986 voluto da San Giovanni Paolo II che si svolgerà nella città serafica dal 25 al 27 ottobre, non sarà solo confronto e preghiera, ma anche musica grazie alla partecipazione di oltre 100 musicisti, tra studenti e professionisti, provenienti da tutto il mondo. “Sarà un vero pellegrinaggio musicale – spiega Fausto Tuscano, assisano, compositore e docente all’Università di Salisburgo – che vuole rilanciare non solo il valore più profondo della pace, ma anche porre l’accento sulla necessità dell’apporto di nuovi ‘costruttori di pace’. La musica, e più nello specifico il suono, è l’elemento che più unisce gli uomini di ogni nazionalità, religione, etnia. Assisi sarà quindi il punto d’incontro di musicisti (professionisti e studenti) provenienti da più parti del mondo, esponenti di vari sistemi musicali, che, inserendosi nello storico contesto dello “Spirito di Assisi”, cercheranno di fornire un prezioso contributo al dialogo interreligioso per la pace”. L’incontro musicale è dedicato principalmente ai quattro strumenti a pizzico più diffusi nel mondo: la chitarra, il liuto, l’oud (liuto arabo) e il sitar, considerati come ‘ambasciatori’ di pace tra Oriente e Occidente, ma anche tra passato e presente. Per creare un’occasione concreta di scambio creativo e di studio tra i quattro solisti di fama internazionale, che qui ad Assisi saranno i rappresentanti delle diverse culture musicali, e tutti i partecipanti del Pellegrinaggio, sabato 26 ottobre, a partire dalle ore 15, ci saranno quattro incontri con Imran Khan (India, sitar), Hossam Mahmoud (Egitto, oud), Michele Carreca (Italia, liuto) e Marco Socías (Spagna, chitarra), organizzati in successione “Come un canone”, su un percorso cittadino che farà tappa nelle tre piccole chiese di Santa Caterina, San Vitale e Sant’Apollinare e si concluderà nelle sale del Museo del Duomo di San Rufino. Ogni sera ci sarà un concerto. Venerdì 25 ottobre, nella Basilica Inferiore di San Francesco il chitarrista spagnolo Marco Socías presenterà brani solistici che hanno chiari riferimenti alle origini arabe della musica spagnola. Sabato 26, nella Chiesa abbaziale di San Pietro, si esibirà l’Iberian Folk Ensemble, un’orchestra di chitarre tradizionali spagnole. Quest’anno ricorre anche l’ottavo centenario dell’incontro di San Francesco con il sultano Al Kamil, avvenuto, nel 1219, durante le manovre belliche della quinta crociata. Questo storico incontro sarà tematizzato nella serata finale delle manifestazioni, il 27 ottobre a partire dalle ore 21 nella Basilica Superiore di San Francesco, verrà eseguita in prima assoluta l’opera di teatro musicale “Francesco e il Sultano”, su libretto del sacerdote austriaco Peter Deibler e musica di Fausto Tuscano. Il pezzo verrà concertato nei giorni del Pellegrinaggio assieme a tutti i “pellegrini musicali” da un gruppo di artisti provenienti da Salisburgo, sotto la direzione del M.o Kai Röhrig. “Ogni nota, dalla più semplice dell’allievo, a quelle più complesse e articolate dei grandi maestri – conclude Tuscano – troverà la sua giusta collocazione nel grande mosaico della pace che, speriamo, con lo stimolo iniziale dei tre giorni di Assisi, si andrà a formare duraturo nel tempo”.
Ott, 2019
ASSEMBLEA REGIONALE – celebrazione dei Vespri – Omelia mons. Sorrentino
Vi offro qualche spunto di riflessione su questa lettura breve appena proclamata (Col 1, 3-6).
È un piccolo spaccato, ma tanto intenso, sulla vita di una delle comunità cristiane dell’Asia minore. Uno spaccato in cui risplende la comunione di preghiera tra l’apostolo, al quale è attribuita la lettera, e i cristiani ai quali si rivolge.
Un quadretto che tratteggia le dimensioni fondamentali della loro esperienza di fede.
Un dato ci colpisce, leggendolo nel contesto della nostra assemblea. Quello della comunità di Colossi è una realtà cristiana in “crescita”. I cristiani di Colossi hanno accolto il Vangelo come “parola di Verità”, e l’apostolo si rallegra per il fatto che esso “in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa”.
A distanza di duemila anni, guardando la situazione della nostra Umbria dentro il quadro generale dell’Italia e dell’Europa, noi oggi siamo tentati di intonare il lamento.
Dov’è il cristianesimo che ha plasmato le nostre terre? Dov’è Francesco? Dov’è Benedetto? Dove il cristianesimo che ancora tanti vengono ad onorare riversandosi da tutto il mondo sui passi dei nostri eroi, che ancora parlano al mondo, e ancora ci offrono lo scenario in cui un Papa può persino – come ha fatto papa Francesco per il prossimo anno – convocare ad Assisi le energie più giovani e promettenti dell’economia mondiale?
Il cristianesimo, che ha fatto la storia delle nostre terre, diventa sempre più evanescente e marginale, sotto i colpi di processi culturali e sociali che svuotano le nostre case di famiglia, di vita e di fede, rendendo la nostra cultura, pur erede del messaggio evangelico, una cultura che di esso conserva certo alcuni valori fondamentali – quelli che hanno plasmato la nostra società diventando persino cultura politica – ma che sempre più stentatamente onora proprio il cuore pulsante dell’annuncio evangelico: Gesù, nella sua verità di “pienezza divina”, come la lettera ai Colossesi lo presenta, poco dopo questi versetti, in un potente inno, analogo a quello che la liturgia ci ha appena messo in bocca nella lettera gemella agli Efesini.
È su questa verità, la verità di Cristo che il cristianesimo si distingue, sta in piedi o cade.
Una verità che già nella prima evangelizzazione dovette essere accuratamente difesa, come appare anche nella lettera ai Colossesi. La fede appena germinata era già alle prese con la tentazione di annacquamenti dovuti a influenze culturali che l’intervento apostolico deve arginare.
In questi versetti prevale il positivo. Paolo rende grazie per le notizie ricevute circa la fede dei suoi destinatari. Rende grazie non solo per la fede: ringrazia anche per la carità che essi mostrano verso tutti i “santi”, ossia, nel gergo paolino, i cristiani stessi santificati dall’unica immersione nel Cristo.
È il quadro di una comunità che sa farsi comunione, cuor solo e anima sola, in un’operosa sollecitudine fraterna.
L’apostolo ringrazia infine per la speranza, che in queste parole è colta nella sua proiezione celeste, ma che, per essere speranza autenticamente cristiana, non può certo dimenticare questa terra, e dunque non può essere motivo di alienazione e disattenzione al mondo, ma al contrario dev’essere motivo per rimboccarsi le maniche nella sua costruzione secondo il cuore di Dio.
Fede, speranza e carità sono così intrecciate, che la mancanza dell’una pregiudica e devitalizza l’altra. Sono l’unico programma della vita cristiana, centrato su Cristo e il Vangelo come parola di verità.
Sarebbe bello anche per noi poter dire, come dice qui l’apostolo, che il vangelo si “moltiplica” e porta frutti in tutto il mondo.
Oggi siamo piuttosto tentati di dire che diminuisce e porta sempre meno frutti, stando a quanto la cronaca e le statistiche impietose ci documentano.
E tuttavia la re-immersione negli accenti delle origini cristiane è sempre ispirante e motivo di speranza.
Il miracolo delle origini può ridiventare il miracolo del terzo millennio cristiano. Il Risorto è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8). E la forza della Pentecoste continua ad abitare le profondità della Chiesa come sorgente sempre viva.
Tocca a noi il coraggio di “rituffarci” nell’originario cristiano, ritemprarci all’acqua viva delle sorgenti, riprendere, per la nostra gente, l’annuncio della bella notizia come annuncio di vera gioia.
Lo facciamo senza la pretesa di prevedere e calcolare i risultati. Al seminatore spetta seminare. Il tempo del raccolto è nelle mani di Dio.
Ma intanto, anche in queste brevi espressioni appena proclamate attingiamo il motivo per ringraziare, anzi, la logica del grazie, la logica “eucaristica”, che anche nei frangenti meno facili e più problematici, ci impedisce di abbatterci e ci sprona all’entusiasmo della ripresa.
È quanto ci ripromettiamo, con l’aiuto di Dio, in questa nostra Assemblea.
Ott, 2019
Conclusa l’Assemblea ecclesiale regionale delle Chiese umbre. Le parole dell’arcivescovo Boccardo, del cardinale Bassetti, del vescovo Sigismondi e di don Luciano Avenati
Al termine della tavola rotonda e prima della Messa conclusiva dell’Assemblea ecclesiale regionale delle Chiese umbre, che si è tenuta a Foligno nel complesso parrocchiale di S. Paolo il 18 e il 19 ottobre, il presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha tenuto le conclusioni della due giorni. Il Presule ha detto che per le Chiese umbre è ora tempo di «guardare avanti, senza accontentarsi più del “si è sempre fatto così”, di rispondere alle attese, trovare audacia e coraggio, di rivedere l‘agire pastorale per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione. … La sinodalità che abbiamo vissuto in questi due giorni – ha proseguito il Presule – ci aiuta a vivere pienamente il nostro essere popolo di Dio in cammino, in discernimento e ascolto reciproco, fino a programmare insieme, decidere insieme e operare insieme». I Vescovi ora saranno chiamati a fare una sintesi di quanto emerso in questi due giorni e offrire così un documento alle Chiese particolari dell’Umbria al fine di avviare qualche progetto pastorale comune che, come ha sottolineato mons. Boccardo, «vada incontro alle fatiche, alle ferite e alle domande delle persone e possa offrire una “cura” misericordiosa che pone al centro “i poveri”. Come cristiani, dunque, siamo chiamati sempre più a raccontare con lo stile della vita quotidiana quanto è bello essere discepoli di Gesù a Perugia-Città della Pieve, a Città di Castello, a Gubbio, ad Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, a Foligno, ad Orvieto-Todi, a Spoleto-Norcia e a Terni-Narni-Amelia. È questo lo “snodo” – ha concluso il Presidente della Ceu – di una Chiesa “in uscita” che sappia accogliere, discernere, integrare, accompagnare».
«Il nostro convenire in questi due giorni dell’Assemblea Ecclesiale regionale, voluta dalla CEU, e realizzata con tanta passione dal nostro presidente Mons. Renato Boccardo insieme all’équipe regionale, ci ha consentito di fare un’esperienza unica, di sentirci parte di una comunità, della santa Chiesa di Dio che vive nel mondo con la grazia dello Spirito e che si incarna nel cuore e nelle membra di ciascuno di noi», ha detto il card. Gualtiero Bassetti nell’omelia della Messa conclusiva dell’assise, concelebrata dagli altri Vescovi dell’Umbria e dai sacerdoti delegati. «Quello che abbiamo vissuto – ha chiarito il Presidente della Conferenza episcopale italiana – non è stato un convegno né tanto meno un congresso, ma un incontro di popolo, del popolo cristiano, che animato dalla Parola si mette alla ricerca di quel tesoro nascosto, che altro non è se non l’amore di Dio, l’unico capace di rendere piena la nostra gioia e di dare un senso vero alla vita». Il Porporato, poi, ha detto che trasmettere e condividere la “gioia del Vangelo” è l’atteggiamento di fondo che deve permeare l’azione dei cristiani. «Non nascondiamo – ha detto Bassetti – la difficoltà di un incontro, di un dialogo a volte molto difficile con un mondo disilluso dalle promesse umane, stordito dai bagliori della tecnologia e del benessere, che non sente più il bisogno di interrogarsi sulla propria esistenza. Ma il cuore umano non si può imbrigliare, esso palpita, vibra e si scuote quando non si sente appagato e a questo non bastano le sicurezze umane. Ci vuole qualcosa di più, che il nostro intimo non smette mai di cercare. In questo scenario, a volte un po’ desolato, la Parola di Dio ci apre spazi infiniti, ci dona il coraggio e la forza per intravedere ciò che sta oltre».
«Per grazia di Dio – ha proseguito l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – le Chiese dell’Umbria si sono trovate in questa bella esperienza di sinodalità e hanno avuto il coraggio di guardare con gratitudine al passato, di analizzare il presente, e di gettare anche uno sguardo più lontano, sul futuro. Non tutto ci è chiaro, e, se la situazione che abbiamo visto, in qualche tratto, è preoccupante, non deve mancare la speranza che da essa possono maturare frutti che nemmeno riusciamo ora ad immaginare. Uniti intorno a Cristo Signore possiamo portare veramente il frutto che la Chiesa e la società si aspettano da noi. Uniti intorno al Signore si superano le paure delle battaglie, anche quelle più aspre, e si scopre che è in lui che ogni speranza si realizza, ogni vittoria arriva e ogni buio lascia spazio alla luce di un giorno nuovo. In Lui troviamo la forza di parlare alle famiglie di oggi, così provate dalla secolarizzazione, ai giovani che cercano faticosamente di costruire il loro futuro, a quanti, anche tra noi, sono provati dalla povertà e da situazioni di vita dolorose. È una Chiesa presente, che si carica delle ansie dei suoi figli e ne condivide le gioie, che sa infondere fiducia».
Mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno, la Diocesi che ha ospitato quest’Assemblea, ha voluto commentare la due giorni ecclesiale umbra con queste parole: «Innanzitutto ringrazio il Signore per questo appuntamento veramente sinodale. Per la nostra Diocesi di Foligno è stata un’occasione provvidenziale e un momento favorevole. Ho visto in questi giorni, come ho detto più volte, il mandorlo in fiore, della disponibilità di tutte le Diocesi di camminare insieme. E’ ormai tempo di farlo e dobbiamo metterci in cammino decisamente».
Don Luciano Avenati, coordinatore della segreteria preparatoria dell’Assemblea, ha presentato alcuni simboli visivi a futura memoria di quest’assise ecclesiale: le otto piante d’ulivo, ciascuna per ogni Diocesi della terra dei santi Benedetto e Francesco, che saranno piantate nell’area verde circostante il complesso parrocchiale di San Paolo in Foligno che l’ha ospitata, segno di comunione e sinodalità nel camminare insieme verso il Regno di Dio; i semi di una pianta di olio di ricino (nella Bibbia pianta legata alla figura di Giona, che non voleva essere annunciatore della Parola di Dio ai pagani) saranno inviati a ciascuno dei 400 delegati dell’Assemblea ecclesiale regionale, affinché le loro comunità possano proseguire l’opera di evangelizzazione della società odierna».
Ott, 2019
Assemblea ecclesiale celebrazione – Omelia del cardinale Bassetti
A voi carissimi confratelli nell’episcopato; a te mons. Gualtiero, che ci hai accolto in questa Chiesa di Foligno; a voi carissimi fratelli e sorelle, fedeli di Cristo, giunti dalle varie Diocesi, a tutti pace e gioia dal Signore risorto.
Il nostro convenire in questi due giorni dell’Assemblea Ecclesiale regionale, voluta dalla CEU, e realizzata con tanta passione dal nostro presidente Mons. Renato Boccardo insieme all’équipe regionale, ci ha consentito di fare un’esperienza unica, di sentirci parte di una comunità, della santa Chiesa di Dio che vive nel mondo con la grazia dello Spirito e che si incarna nel cuore e nelle membra di ciascuno di noi.
Quello che abbiamo vissuto non è stato un convegno né tanto meno un congresso, ma un incontro di popolo, del popolo cristiano, che animato dalla Parola si mette alla ricerca di quel tesoro nascosto, che altro non è se non l’amore di Dio, l’unico capace di rendere piena la nostra gioia e di dare un senso vero alla vita.
Siamo qui perché ci sentiamo amati dal Signore e vogliamo condividere questo amore tra noi e trasmetterlo, come possiamo, ai tanti fratelli che vivono la sofferenza, l’abbandono, la solitudine. Trasmettere, condividere la “gioia del Vangelo” è l’atteggiamento di fondo che deve permeare ogni nostra azione e tutta la vita. Non nascondiamo la difficoltà di un incontro, di un dialogo a volte molto difficile con un mondo disilluso dalle promesse umane, stordito dai bagliori della tecnologia e del benessere, che non sente più il bisogno di interrogarsi sulla propria esistenza. Ma il cuore umano non si può imbrigliare, esso palpita, vibra e si scuote quando non si sente appagato e a questo non bastano le sicurezze umane. Ci vuole qualcosa di più, che il nostro intimo non smette mai di cercare. In questo scenario, a volte un po’ desolato, la Parola di Dio ci apre spazi infiniti, ci dona il coraggio e la forza per intravedere ciò che sta oltre: quella “luce gentile”, diceva il santo cardinale Newman, che ci penetra, e quel Volto che ritrae l’immagine vera di ciascuno di noi: il volto del Signore Gesù. Egli non ci lascia soli, ci viene incontro, parla al nostro cuore, sana le nostre ferite, e ci invia a portare a tutti la buona novella del Regno.
Carissimi, anche i temi principali delle Letture di questa domenica ci rimandano alla forza della preghiera e alla speranza della vittoria nell’ora della prova.
In primo luogo, la Parola di Dio ci esorta alla preghiera perseverante. Come quella di Mosè, che è protagonista della vittoria contro gli Amaleciti quanto Giosuè, che si trovava in prima linea, nel mezzo della battaglia, e combatteva con ben altre armi. Mosè invece, sul monte, insieme al sacerdote Aronne, è il mediatore che vede quanto accade al suo popolo, e si mette davanti a Dio con le braccia alzate.
Possiamo dire, carissimi fratelli e sorelle, che anche noi, pastori delle Chiese dell’Umbria, abbiamo ascoltato in questi giorni quanto ci veniva detto dai delegati delle comunità che siamo chiamati a custodire e guidare, e la prima cosa che ci impegniamo a fare – ancor prima di programmare piani pastorali o scrivere documenti – la prima cosa è proprio pregare. È con la preghiera che anzitutto comprendiamo, come deve aver capito Mosè, che non siamo noi a dover proteggere il popolo, ma è il Signore Gesù, che ha cura della sua Chiesa. È grazie alla preghiera, poi, che Dio ci purifica e ispira le nostre menti perché possiamo anche noi combattere la nostra “buona battaglia” comprendendo cosa dobbiamo fare, quali scelte possiamo e dobbiamo compiere. È la preghiera, poi, che ci permette di stare davanti a Dio con una confidenza e un’insistenza che ha il suo modello nella vedova importuna del Vangelo.
Il secondo tema delle letture di oggi viene dallo sfondo in cui è collocata la parabola di Gesù, come anche dal combattimento di Israele contro gli Amaleciti. In tutti e due i casi l’orante – che sia rappresentato dalla vedova o da Mosè – si trova in una situazione difficile, pericolosa, dove può perdere tutto: la vedova può perdere quello che le spettava, e che il suo avversario le vuole prendere; Mosè e il suo popolo invece rischiano addirittura di perdere la stessa possibilità di sopravvivere nel deserto.
Anche noi, cari fratelli e sorelle, ci troviamo in un tempo difficile – come ci ha ricordato ieri la relazione del prof. Diotallevi –, nel quale i molti e repentini cambiamenti a cui assistiamo rischiano di portare le nostre Chiese, se non ad una sconfitta, ad una pericolosa insignificanza. In questo tempo così complesso e che ci può mettere in crisi, la domanda di Gesù risuona più che opportuna: quando lui tornerà, troverà ancora la fede? Non lo sappiamo.
Ma, una cosa è certa: dobbiamo fissare lo sguardo al ritorno di Gesù; a Colui che «verrà a giudicare i vivi e i morti». Ci è stato promesso che non saremo soli per sempre, ma che il Signore verrà, e, se ora le nostre Chiese sono nella condizione di una vedova che grida perché il suo Sposo e i suoi figli, l’hanno abbandonata, Gesù ci chiede di fidarci di lui, come fa l’orante del Salmo 122, che, alzando i suoi occhi verso i monti, dice: «Il mio aiuto viene dal Signore».
Per grazia di Dio le Chiese dell’Umbria si sono trovate in questa bella esperienza di sinodalità e hanno avuto il coraggio di guardare con gratitudine al passato, di analizzare il presente, e di gettare anche uno sguardo più lontano, sul futuro. Non tutto ci è chiaro, e, se la situazione che abbiamo visto, in qualche tratto, è preoccupante, non deve mancare la speranza che da essa possono maturare frutti che nemmeno riusciamo ora ad immaginare. Ci ha ricordato Mons. Brambilla, commentando la prima lettera di Pietro: «Non si può rendere ragione della speranza viva se non innestati nel grande edificio della vita ecclesiale. Fuori di essa la speranza è solo un azzardo fallace, un tentativo destinato ad andare a vuoto». Ci è chiesto uno spirito di figli, che, strettamente uniti alla pietra viva che è Cristo, rendano credibile la propria testimonianza, ricompongano le lacerazioni e contengano le derive. Uniti intorno a Cristo Signore possiamo portare veramente il frutto che la Chiesa e la società si aspettano da noi. Uniti intorno al Signore si superano le paure delle battaglie, anche quelle più aspre, e si scopre che è in lui che ogni speranza si realizza, ogni vittoria arriva e ogni buio lascia spazio alla luce di un giorno nuovo. In Lui troviamo la forza di parlare alle famiglie di oggi, così provate dalla secolarizzazione, ai giovani che cercano faticosamente di costruire il loro futuro, a quanti, anche tra noi, sono provati dalla povertà e da situazioni di vita dolorose. Papa Francesco, al Convegno ecclesiale di Firenze, ha chiesto alla Chiesa italiana di far propri i tratti dell’umiltà, del disinteresse e della beatitudine. «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – disse papa Francesco – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente». È una Chiesa presente, che si carica delle ansie dei suoi figli e ne condivide le gioie, che sa infondere fiducia. Nella logica del Vangelo, è la fiducia che muove l’uomo che – come ci ricorda l’icona biblica di questa Assemblea – si fida di Dio al punto di lasciare tutto e vendere quello che ha per comprare il campo dove ha trovato il tesoro.
Chiediamo al Signore, per intercessione dei nostri santi, di rivelarci cosa dobbiamo abbandonare e di darci la forza per cercare quel Regno che è nascosto, ma che, siamo sicuri, c’è, anche qui, in questa terra benedetta, anche oggi: un Regno che non mancherà di far fruttificare i semi che ci impegniamo a seminare ancora in questo campo. Amen!
Ott, 2019
Assemblea ecclesiale regionale (Foligno 18-19 ottobre). La tavola rotonda con “alcuni ospiti dell’Umbria”: Ernesto Galli delle Loggia, Maria Gabriella Mecucci, Paolo Raffaelli e Marco Tarquinio
Nel pomeriggio del 19 ottobre si è svolta la tavola rotonda con “alcuni ospiti dell’Umbria”: Ernesto Galli delle Loggia, Maria Gabriella Mecucci, Paolo Raffaelli e Marco Tarquinio, che ha coordinato i lavori. Il direttore de Avvenire ha domandato agli ospiti: «Con quali occhi vedete la Chiesa umbra?».
Gabriella Mecucci ha risposto: «Non sono rabbiosamente critica della Chiesa, sono credente a modo mio. In Umbria per la Chiesa si apre una grande occasione di presenza in un tempo di crisi delle élite culturali e politiche, crisi del pensiero del mondo massonico, crisi quantitativa e qualitativa delle due Università di Perugia. Tutti guardano alla Chiesa chiedendole qualche risposta, un’attenzione nuova ai problemi. È in grado il mondo cattolico di dare qualche piccola risposta?» si è chiesta la giornalista Mecucci. «Una delle strade possibili da percorrere per la comunità, è quella di parlare con voce chiara e forte delle difficoltà che attraversa la regione, come, ad esempio, ha fatto e continua a fare in occasione degli eventi sismici».
Lo storico e politologo Galli della Loggia, prima di rispondere alla domanda di Tarquinio, ha detto di essere «qualcosa di mezzo tra diversamente credente e credente. L’Umbria è stata la regione più disastrata a livello politico, una regione povera, con poca presenza di ceto intellettuale. La politica dal 1945 ha occupato tutti gli spazi possibili. Ora l’umbria è nuda e senza punti di riferimento, senza identità collettiva. La Chiesa umbra ha subito questa situazione non riuscendo ad esprimere nessuna voce significativamente diversa, alta, culturale, diversa da quella politica. Oggi la Chiesa, anche in Umbria, svolge le funzioni tipiche che un tempo erano appannaggio dei sindacati (attenzione alle fasce deboli, ndr), mentre ha abbandonato il “pensiero politico”, ossia la capacità di fare un discorso generale ed incisivo sulla collettività che essa rappresenta. Non basta predicare solo il bene, è necessario che gli esponenti della Chiesa indichino anche con quali mezzi fare il bene».
Il giornalista Rai ed ex politico Paolo Raffaelli ha sottolineato che senza la rete diffusa delle parrocchie e delle altre realtà ecclesiali, il sistema di società civile dell’Umbria sarebbe molto più fragile. Questo l’ho sperimentato personalmente da sindaco di Terni e negli ultimi tre anni come cronista nelle aree terremotate dell’Umbria, esperienza quest’ultima tra le più formative della mia vita professionale, una grande palestra di riflessione personale». Raffaelli ha poi parlato di «un rischio: gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una sistematica opera di attacco alle iniziative delle periferie e la Chiesa, invece, in Umbria dà voce alle periferie»
Il direttore Tarquinio, nel commentare questi interventi, ha sottolineato che «la nostra società civile tesse ancora oggi reti di fede, di speranza, di carità. Le reti di carità, però, sono sotto attacco: tutti i buoni, infatti, finiscono inesorabilmente sul banco degli imputati. In tutto questo c’è stata la cancellazione delle parole dei Pastori e delle voci della Chiesa. Mi ritrovo solo (sulle pagine di Avvenire, ndr) a far risuonare le parole buone per tutta la società italiana che i Vescovi trovano il coraggio e la forza di pronunciare e che il Papa in maniera scomoda fa echeggiare. I Vescovi fanno notizia solo quando fanno “la guerra” sui fronti tradizionali, dove ci aspetta l’atteggiamento moralistico della Chiesa. Cerca di incidere nel dibattito pubblico indicando la vita concreta delle persone e il bene concreto delle persone, state tranquilli che ciò non suscitano emozioni».
Conclusioni di Mons. Boccardo presidente della Ceu
«Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione” (EG 25)… Affinché questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma» (EG 30).
«Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragi lità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti» (EG 85).
INTRODUZIONE
Non una conclusione, ma una sollecitazione per un rendimento di grazie che richiama quanto abbiamo vissuto negli incontri preparatori nelle nostre diocesi e nell’esperienza di queste due giornate
Vorrei dunque aiutare tutti noi ad esprimere un ringraziamento che consiste nel
a) proclamare la presenza del Signore che ha presieduto all’Assemblea Ecclesiale
b) riconoscervi l’azione dello Spirito Santo
c) con la consapevolezza delle ricchezze e delle povertà che l’Assemblea ha messo in luce
d) un ringraziamento concreto di prospettive pastorali e di impegno di vita: occorre
– guardare avanti
– senza accontentarsi più del “si è sempre fatto così”
– rispondere alle attese
– trovare audacia e coraggio
– rivedere l‘agire pastorale per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione
1. COSA ABBIAMO VISSUTO
Possiamo dire che nell’Assemblea Ecclesiale abbiamo
a) compiuto un atto d’amore per la nostra Chiesa e il nostro territorio
– l’amore comporta sempre uno sguardo amoroso, non ansioso, rassegnato e ingenuo, ma coraggioso e capace di guardare al futuro
– l’amore maturo sa vedere ed amare la realtà (la Chiesa) così come è, e nello stesso tempo desidera – “sogna” – che essa sia sempre più vera, più bella, più affascinante
– uno sguardo che ha espresso la passione per la nostra Chiesa, la preoccupazione per la nostra Chiesa, la fiducia per il futuro della nostra Chiesa.
b) vissuto una esperienza di “sinodalità”, che non è un metodo come tanti per dare la parola a tutti e agevolare l’ascolto reciproco e le conclusioni condivise; la sinodalità ci aiuta a vivere pienamente il nostro essere popolo di Dio in cammino, in discernimento e ascolto reciproco, fino a programmare insieme, decidere insieme e operare insieme; esprime il cuore stesso del nostro essere comunità di discepoli alla scuola dell’unico Maestro che è Cristo guidati dal suo Spirito; nasce da una conversione che parta dal cuore e da motivazioni spirituali, non solo funzionali.
c) iniziato (o continuato) un processo, seguendo l’insegnamento di Papa Francesco, che con Evangelii gaudium ci ha ricordato che nella attività pastorale il nostro impegno deve essere quello di iniziare percorsi, cammini, lasciare un’impronta e consegnare al futuro uno stile: la passione di essere sempre più Chiesa-comunione in missione (cf nn. 222-225).
2. CON QUALI ATTEGGIAMENTI
a) grande impegno, coinvolgimento personale, serietà con cui i delegati hanno lavorato durante tutto questo anno e anche oggi
b) una maturazione di coscienza e di conoscenza ecclesiale: una crescita nel senso di appartenenza alla diocesi, una maggiore consapevolezza della situazione delle nostre Chiese con i loro problemi e ricchezze, uno sviluppo della corresponsabilità nella vita delle comunità e della Chiesa locale
c) un clima di dialogo, di rispetto reciproco per le diversità di visioni e di opinioni, di cordiale ascolto vicendevole, che ha permesso una buona lettura della realtà ecclesiale, una migliore conoscenza del territorio e della vita della gente
3. QUALCHE DIFFICOLTÀ E FATICA
a) la prima e più grande fatica è certamente quella di leggere la realtà, ecclesiale e del territorio. Essa deriva forse dalla scarsa abitudine a confrontarsi e a dialogare in maniera “sinodale” e anche l’ambiente circostante può spingere ad una lenta rassegnazione o ad una passiva accettazione del “si è fatto sempre così”; c’è la tentazio- ne di credere che non possa cambiare
b) una seconda fatica, che confirma di fatto la necessità di essere una Chiesa “in uscita”, una Chiesa “che si sporca nelle periferie”, è la fatica ad accettare la realtà del mondo, a guardare con compassione e cordialità alle “ferite” della gente; facilmente tendiamo al moralismo, al giudizio e al pregiudizio che separano dalla vita delle per sone e non mostrano la gioia e la misericordia del Vangelo
Ancora Papa Francesco ci ricorda che la realtà è più importante dell’idea. Siamo portatori di una promessa e di un attesa: è l’ideale del Vangelo ciò a cui tendiamo e per cui lavoriamo. Ma è un ideale che necessita di essere incarnato in una realtà umana fatta di volti e di storie, dove dobbiamo sempre ricercare e favorire “il bene possibile”. Sfuggire al confronto con la realtà porta ad essere sradicati, idealisti, fondamentalisti. L’incarnazione è il criterio di fondo: Cristo è venuto nella carne ed è la carne di Cristo che noi valorizziamo, è la carne di questo popolo che noi curiamo (cf EG nn. 231-233).
4. LE PAROLE RICORRENTI
a) ascoltare
– la Parola per una fede adulta che susciti cristiani robusti, gioiosi, liberi; che conduca ad assumere una “mentalità cristiana”
– la gente per una presenza nel mondo di cristiani appassionati del bene comune e della vita delle persone. Questo richiede una autentica conversione missionaria non procrastinabile; una rinnovata misericordia e una ricercata e voluta compassione per incarnare l’amore evangelico dentro il quotidiano della vita; la disponibilità ad affrontare con serenità e serietà le grandi provocazioni del tempo in cui viviamo
b) appartenere
– alla Chiesa, che è la diocesi, di cui la parrocchia e le unità pastorali sono delle cellule; le unità pastorali, che rappresentano non il passato rispolverato ma il futuro, devono diventare lo snodo e il collante tra parrocchia e diocesi
– l’Eucaristia domenicale dà il polso e garantisce l’esistenza e la crescita del senso di appartenenza (chi si allontana dalla Chiesa lascia anzitutto l’Eucaristia; chi ritrova il senso della Chiesa recupera anzitutto la partecipazione all’Eucaristia)
c) formare
– formazione è stata la parola più ricorrente (significa che la formazione è la più necessaria e insieme la più carente)
– formare (dare forma) l’uomo, il cristiano, la coppia, i preti, gli operatori pastorali, i cristiani impegnati nella vita pubblica, i giovani…
– tale formazione richiede itinerari differenti (ai fedeli laici non è chiesto di essere ecclesiastici ma ecclesiali) e una grande perseveranza nel cammino; non si misura dal numero ma dalla qualità delle proposte: «L’uomo abile è colui che raccoglie molto; l’uomo di Dio e di fede è colui che non smette di seminare»
– dare vita ad esperienze, luoghi e istituzioni in grado di contaminare il presente con la buo na notizia del Vangelo di Gesù
d) andare
– incontro alle fatiche, ferite, domande
– ed offrire una “cura” misericordiosa, che pone al centro “i poveri”
– raccontando con lo stile della vita quotidiana quanto è bello essere discepoli di Gesù
– è lo “snodo” di una Chiesa “in uscita”: accogliere, discernere, integrare, accompagnare.
Ormai sono innumerevoli le affermazioni di Papa Francesco sulla necessità, per la Chiesa, di “uscire”, con le ricadute pastorali per quanto riguarda le relazioni interne alla comunità cristiana, i suoi rapporti con il mondo, l’evangelizzazione, l’attenzione ai poveri, ecc. Basti
pensare alla celebre variazione sul tema delle pecore, dell’odore delle pecore, della inopportunità che si resti a “pettinare le pecore” rimaste nell’ovile…
L’urgenza di “uscire” è innanzitutto uno stato d’animo che dovrebbe generare una situazione totalmente nuova. Il rischio è che di fronte a un ideale così alto, si finisca per rifugiar si nella semplice impossibilità di attuarlo. Non ci sono mani che guidano l’uscita e quindi si rinuncia ad uscire. Dobbiamo invece affermare con forza che il rendersi conto di queste difficoltà di base serve non per evitare di affrontare il transito, ma per affrontarlo davvero.
5. QUALE CHIESA PER IL FUTURO
a) una chiesa in ascolto, perché senza Parola la fede muore o al massimo rimane o diventa religione che non tocca la vita (mettere la Parola a fondamento)
b) una chiesa eucaristica, che trova la gioia nel Signore Risorto. È lui che continuamente la rianima, la rinnova, la manda nel mondo e la fa essere unita nelle diversità (l’Eucaristia al centro)
c) una chiesa maestra di formazione, che ha cura della crescita bella, vera e matura delle persone: cristiani adulti, coraggiosi, liberi, il cui atteggiamento morale non è “costrizione” ma scoperta della verità e della bellezza della vita e delle cose che la com pongono (la persona come progetto)
d) una chiesa in movimento, movimento dei piedi, delle mani, ma prima ancora degli occhi, degli orecchi, del cuore; una Chiesa “buon samaritano”, una Chiesa che non ha paura di contagiarsi abbassandosi al livello dei più poveri, dei più feriti, dei più stanchi, dei più peccatori.
6. E ADESSO?
– il risultato dei tavoli di lavoro sarà affidato alla Segreteria, che lo consegnerà ai Vescovi, cui spetta accogliere, discernere e “restituire” alle Chiese quanto dalle Chiese hanno ricevuto
– ad ogni diocesi la possibilità di prolungare nel tempo questo “stile sinodale”, soprattutto negli organismi di comunione; e forse anche alla nostra Regione ecclesiastica con esperienze simile a questa…
– molte indicazioni nasceranno non da considerazioni a tavolino, ma dalla capacità che avremo di ripensarci cammin facendo. Perché se è vero che molte “cose da fare” nascono da buone idee, è vero anche il contario: molte idee buone nascono dalle cose fatte. «In una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio» (Papa Francesco all’Assemblea CEI, 16 maggio 2016).
Attenzione poi ad un virus sempre presente nel tessuto ecclesiale e sociale:
– ci si rende disponibili ma poi non ci si coinvolge
– si comincia ma non si continua
– alle prime difficoltà si viene meno
– si vorrebbero vedere immediatamente i frutti
– si pensa che tanto ci sono altri che fanno.
7. UN RINGRAZIAMENTO
– alla diocesi di Foligno che ci ha accolto e al suo vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi
– alla parrocchia di San Paolo (sacerdoti e collaboratori)
– alle parrocchie che hanno ospitato i tavoli
– a tutti coloro che, in modi diversi, hanno collaborato alla riuscita dell’Assemblea
– all’Ufficio Comunicazioni della CEU
– alla Segreteria, specialmente a don Luciano Avenati e don Marcello Cruciani
– a tutti voi, per il lavoro compiuto, per la passione manifestata, per i sogni coltivati…
8. CONCLUSIONE BENEDICENTE
– Ti benediciamo, Signore, per la Chiesa che è in Umbria, che tu da sempre ami come tua sposa e tuo corpo, e alla quale continui a mostrare tutto il tuo amore donandole incessantemente il tuo Spirito.
– Ti benediciamo, Signore, per questa nostra Chiesa, nella quale hai fatto fiorire la straordinaria santità di figli e figlie il cui nome risuona ancora sulle nostre labbra, e insieme con loro hai fatto fiorire la santità quotidiana, umile, tenace, di una schiera innumerevole di figli e figlie che attraverso i tempi della storia e le vicende della vita e del nostro territorio hanno fatto trasmesso noi la fede, facendo risuonare il tuo nome come garanzia di benedizio- ne e di speranza.
– Ti benediciamo, Signore, per il territorio in cui la nostra Chiesa vive, condividendo l’abitazione con gli uomini e le donne che lavorano, lottano, soffrono, sperano e amano per rendere più bella e più umana questa casa comune.
– Ti benediciamo, Signore, per le città e i paesi, per le valli e le montagne, per le bellezze della natura e dell’arte; ti benediciamo per quanti sono chiamati a ricostruire il tessuto sociale, lavorativo e morale nella perdutante crisi economica e dopo la dura prova del terremoto.
– Ti benediciamo, Signore, per i nostri vescovi, oggi ultimo anello della catena di pastori che hanno speso la vita per questo popolo; ti benediciamo per i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, per i fedeli laici che insieme spendono generosamente la vita nelle nostre comunità e per tutti quelli che animano la vita sociale con il fermento del Vangelo.
– Ti benediciamo, Signore, per la grazia dell’Assemblea Ecclesiale, che ci hai offerto come occasione favorevole per crescere nel senso di appartenenza alla diocesi, per discernere i segni dei tempi e ascoltare la voce dello Spirito, per diventare più capaci di guardare con amore e cordialità il nostro territorio, per farci attenti alle fatiche e alle ferite degli uomini e delle donne che camminano con noi, per ritrovare la gioia di vivere e di annunciare il Vangelo di cui siamo debitori nei confronti del nostro tempo.
La nostra benedizione faccia scendere sulle nostre Chiese la tua benedizione, Signore, perché il tuo Spirito vinca le resistenze, distrugga le divisioni, sani le ferite, elimini le pigrizie, bruci le mediocrità, e tutti insieme – Vescovo, presbiteri e laici – possiamo attuare quanto con questa Assemblea Ecclesiale ci hai fatto intuire. Amen.
Ott, 2019
Assemblea ecclesiale regionale. Mons. Domenico Sorrentino: «Il cristianesimo sempre più vago e marginale». Mons. Renato Boccardo: «Auspichiamo che il futuro Governo della Regione abbia a cuore la vita quotidiana degli umbri pregna di sacrifici”.
La preghiera del Vespro ha concluso, sabato sera 18 ottobre, la prima giornata dell’Assemblea ecclesiale regionale, in svolgimento a Foligno nel complesso parrocchiale di S. Paolo. Preghiera guidata dall’arcivescovo vice presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu) mons. Domenico Sorrentino che, nel commentare la Lettera dell’apostolo Paolo ai Colossesi, ha accostato questa antica comunità cristiana dell’Asia Minore al «contesto della nostra Assemblea», evidenziando che «quella della comunità di Colossi è una realtà cristiana in ‘crescita’. I cristiani di Colossi hanno accolto il Vangelo come ‘parola di Verità’, e l’Apostolo si rallegra del fatto che esso “in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa”».
«A distanza di duemila anni – ha proseguito mons. Sorrentino -, guardando la situazione della nostra Umbria dentro il quadro generale dell’Italia e dell’Europa, noi oggi siamo tentati di intonare il lamento. Dov’è il cristianesimo che ha plasmato le nostre terre? Dov’è Francesco? Dov’è Benedetto? Dove il cristianesimo che ancora tanti vengono ad onorare riversandosi da tutti il mondo sui passi dei nostri eroi, che ancora parlano al mondo, e ancora ci offrono lo scenario in cui un Papa può persino – come ha fatto papa Francesco per il prossimo anno – convocare ad Assisi le energie più giovani e promettenti dell’economia mondiale?».
«Il cristianesimo che ha fatto la storia delle nostre terre – ha sottolineato il presule –, diventa sempre più vago e marginale, sotto i colpi di processi culturali e sociali che svuotano le nostre case di famiglia, di vita e di fede, rendendo la nostra cultura, pur erede del messaggio evangelico, che di esso conserva certo alcuni valori fondamentali quelli che hanno plasmato la nostra società diventando persino cultura politica, ma che sempre più stentatamente onora proprio il cuore pulsante dell’annuncio evangelico: Gesù, nella sua verità di “pienezza divina”, come la Lettera ai Colossesi lo presenta poco dopo in un potente inno, analogo a quello che la liturgia ci ha appena messo in bocca nella Lettera gemella agli Efesini. È su questa verità, verità di Cristo, che il cristianesimo si distingue, sta in piedi o cade. … Sarebbe bello anche per noi poter dire, come dice l’apostolo Paolo, che il Vangelo “si moltiplica e porta frutti in tutto il mondo. Oggi siamo piuttosto tentati di dire che diminuisce e porta sempre meno frutti, stando a quanto la cronaca e la statistiche impietose ci documentano. E tuttavia la re-immersione negli accenti delle origini cristiane è sempre ispirante e motivo di speranza».
I lavori della mattinata della seconda ed ultima giornata di questa Assemblea ecclesiale (19 ottobre) sono stati dedicati a sette tematiche specifiche affrontate da 28 tavoli di lavori, che hanno visto impegnati i 400 delegati delle otto Diocesi umbre, ospitati in varie parrocchie della Città di Foligno. Questi tavoli di lavoro sono stati “allestiti”, come ha ricordato l’arcivescovo presidente della Ceu mons. Renato Boccardo, in apertura dell’Assemblea (18 ottobre), per riflettere su alcuni aspetti pastorali e sociali che le Chiese umbre portano avanti nell’accogliere anche le istanze della gente della regione. Sulla riflessione di come rendere “politica” la fede, una politica che costruisca la società a partire dagli ultimi, mons. Boccardo, a margine della prima giornata dell’Assemblea, ha auspicato che il futuro Governo della Regione, che i cittadini sceglieranno domenica 27 ottobre, abbia a cuore «la vita quotidiana degli umbri pregna di sacrifici, basti pensare al terremoto e alla precarietà del lavoro di tanti concittadini che costringe soprattutto i giovani a lasciare la terra di origine».
I lavori proseguono nel pomeriggio alle ore 14.30 con la tavola rotonda coordinata da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, con alcuni “ospiti” dell’Umbria tra cui lo storico e politologo Ernesto Galli della Loggia. A seguire, le conclusioni del presidente della Ceu mons. Boccardo e la Celebrazione Eucaristica presieduta dal card. Gualtiero Bassetti presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei).