ASSEMBLEA REGIONALE – celebrazione dei Vespri – Omelia mons. Sorrentino

Vi offro qualche spunto di riflessione su questa lettura breve appena proclamata (Col 1, 3-6).
È un piccolo spaccato, ma tanto intenso, sulla vita di una delle comunità cristiane dell’Asia minore. Uno spaccato in cui risplende la comunione di preghiera tra l’apostolo, al quale è attribuita la lettera, e i cristiani ai quali si rivolge.
Un quadretto che tratteggia le dimensioni fondamentali della loro esperienza di fede.

Un dato ci colpisce, leggendolo nel contesto della nostra assemblea. Quello della comunità di Colossi è una realtà cristiana in “crescita”. I cristiani di Colossi hanno accolto il Vangelo come “parola di Verità”, e l’apostolo si rallegra per il fatto che esso “in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa”.

A distanza di duemila anni, guardando la situazione della nostra Umbria dentro il quadro generale dell’Italia e dell’Europa, noi oggi siamo tentati di intonare il lamento.
Dov’è il cristianesimo che ha plasmato le nostre terre? Dov’è Francesco? Dov’è Benedetto? Dove il cristianesimo che ancora tanti vengono ad onorare riversandosi da tutto il mondo sui passi dei nostri eroi, che ancora parlano al mondo, e ancora ci offrono lo scenario in cui un Papa può persino – come ha fatto papa Francesco per il prossimo anno – convocare ad Assisi le energie più giovani e promettenti dell’economia mondiale?

Il cristianesimo, che ha fatto la storia delle nostre terre, diventa sempre più evanescente e marginale, sotto i colpi di processi culturali e sociali che svuotano le nostre case di famiglia, di vita e di fede, rendendo la nostra cultura, pur erede del messaggio evangelico, una cultura che di esso conserva certo alcuni valori fondamentali – quelli che hanno plasmato la nostra società diventando persino cultura politica – ma che sempre più stentatamente onora proprio il cuore pulsante dell’annuncio evangelico: Gesù, nella sua verità di “pienezza divina”, come la lettera ai Colossesi lo presenta, poco dopo questi versetti, in un potente inno, analogo a quello che la liturgia ci ha appena messo in bocca nella lettera gemella agli Efesini.

È su questa verità, la verità di Cristo che il cristianesimo si distingue, sta in piedi o cade.
Una verità che già nella prima evangelizzazione dovette essere accuratamente difesa, come appare anche nella lettera ai Colossesi. La fede appena germinata era già alle prese con la tentazione di annacquamenti dovuti a influenze culturali che l’intervento apostolico deve arginare.

In questi versetti prevale il positivo. Paolo rende grazie per le notizie ricevute circa la fede dei suoi destinatari. Rende grazie non solo per la fede: ringrazia anche per la carità che essi mostrano verso tutti i “santi”, ossia, nel gergo paolino, i cristiani stessi santificati dall’unica immersione nel Cristo.
È il quadro di una comunità che sa farsi comunione, cuor solo e anima sola, in un’operosa sollecitudine fraterna.
L’apostolo ringrazia infine per la speranza, che in queste parole è colta nella sua proiezione celeste, ma che, per essere speranza autenticamente cristiana, non può certo dimenticare questa terra, e dunque non può essere motivo di alienazione e disattenzione al mondo, ma al contrario dev’essere motivo per rimboccarsi le maniche nella sua costruzione secondo il cuore di Dio.

Fede, speranza e carità sono così intrecciate, che la mancanza dell’una pregiudica e devitalizza l’altra. Sono l’unico programma della vita cristiana, centrato su Cristo e il Vangelo come parola di verità.

Sarebbe bello anche per noi poter dire, come dice qui l’apostolo, che il vangelo si “moltiplica” e porta frutti in tutto il mondo.
Oggi siamo piuttosto tentati di dire che diminuisce e porta sempre meno frutti, stando a quanto la cronaca e le statistiche impietose ci documentano.

E tuttavia la re-immersione negli accenti delle origini cristiane è sempre ispirante e motivo di speranza.
Il miracolo delle origini può ridiventare il miracolo del terzo millennio cristiano. Il Risorto è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8). E la forza della Pentecoste continua ad abitare le profondità della Chiesa come sorgente sempre viva.
Tocca a noi il coraggio di “rituffarci” nell’originario cristiano, ritemprarci all’acqua viva delle sorgenti, riprendere, per la nostra gente, l’annuncio della bella notizia come annuncio di vera gioia.
Lo facciamo senza la pretesa di prevedere e calcolare i risultati. Al seminatore spetta seminare. Il tempo del raccolto è nelle mani di Dio.
Ma intanto, anche in queste brevi espressioni appena proclamate attingiamo il motivo per ringraziare, anzi, la logica del grazie, la logica “eucaristica”, che anche nei frangenti meno facili e più problematici, ci impedisce di abbatterci e ci sprona all’entusiasmo della ripresa.
È quanto ci ripromettiamo, con l’aiuto di Dio, in questa nostra Assemblea.

Conclusa l’Assemblea ecclesiale regionale delle Chiese umbre. Le parole dell’arcivescovo Boccardo, del cardinale Bassetti, del vescovo Sigismondi e di don Luciano Avenati

Al termine della tavola rotonda e prima della Messa conclusiva dell’Assemblea ecclesiale regionale delle Chiese umbre, che si è tenuta a Foligno nel complesso parrocchiale di S. Paolo il 18 e il 19 ottobre, il presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha tenuto le conclusioni della due giorni. Il Presule ha detto che per le Chiese umbre è ora tempo di «guardare avanti, senza accontentarsi più del “si è sempre fatto così”, di rispondere alle attese, trovare audacia e coraggio, di rivedere l‘agire pastorale per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione. … La sinodalità che abbiamo vissuto in questi due giorni – ha proseguito il Presule – ci aiuta a vivere pienamente il nostro essere popolo di Dio in cammino, in discernimento e ascolto reciproco, fino a programmare insieme, decidere insieme e operare insieme». I Vescovi ora saranno chiamati a fare una sintesi di quanto emerso in questi due giorni e offrire così un documento alle Chiese particolari dell’Umbria al fine di avviare qualche progetto pastorale comune che, come ha sottolineato mons. Boccardo, «vada incontro alle fatiche, alle ferite e alle domande delle persone e possa offrire una “cura” misericordiosa che pone al centro “i poveri”. Come cristiani, dunque, siamo chiamati sempre più a raccontare con lo stile della vita quotidiana quanto è bello essere discepoli di Gesù a Perugia-Città della Pieve, a Città di Castello, a Gubbio, ad Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, a Foligno, ad Orvieto-Todi, a Spoleto-Norcia e a Terni-Narni-Amelia. È questo lo “snodo” – ha concluso il Presidente della Ceu – di una Chiesa “in uscita” che sappia accogliere, discernere, integrare, accompagnare».

«Il nostro convenire in questi due giorni dell’Assemblea Ecclesiale regionale, voluta dalla CEU, e realizzata con tanta passione dal nostro presidente Mons. Renato Boccardo insieme all’équipe regionale, ci ha consentito di fare un’esperienza unica, di sentirci parte di una comunità, della santa Chiesa di Dio che vive nel mondo con la grazia dello Spirito e che si incarna nel cuore e nelle membra di ciascuno di noi», ha detto il card. Gualtiero Bassetti nell’omelia della Messa conclusiva dell’assise, concelebrata dagli altri Vescovi dell’Umbria e dai sacerdoti delegati. «Quello che abbiamo vissuto – ha chiarito il Presidente della Conferenza episcopale italiana – non è stato un convegno né tanto meno un congresso, ma un incontro di popolo, del popolo cristiano, che animato dalla Parola si mette alla ricerca di quel tesoro nascosto, che altro non è se non l’amore di Dio, l’unico capace di rendere piena la nostra gioia e di dare un senso vero alla vita». Il Porporato, poi, ha detto che trasmettere e condividere la “gioia del Vangelo” è l’atteggiamento di fondo che deve permeare l’azione dei cristiani. «Non nascondiamo – ha detto Bassetti – la difficoltà di un incontro, di un dialogo a volte molto difficile con un mondo disilluso dalle promesse umane, stordito dai bagliori della tecnologia e del benessere, che non sente più il bisogno di interrogarsi sulla propria esistenza. Ma il cuore umano non si può imbrigliare, esso palpita, vibra e si scuote quando non si sente appagato e a questo non bastano le sicurezze umane. Ci vuole qualcosa di più, che il nostro intimo non smette mai di cercare. In questo scenario, a volte un po’ desolato, la Parola di Dio ci apre spazi infiniti, ci dona il coraggio e la forza per intravedere ciò che sta oltre».

«Per grazia di Dio – ha proseguito l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – le Chiese dell’Umbria si sono trovate in questa bella esperienza di sinodalità e hanno avuto il coraggio di guardare con gratitudine al passato, di analizzare il presente, e di gettare anche uno sguardo più lontano, sul futuro. Non tutto ci è chiaro, e, se la situazione che abbiamo visto, in qualche tratto, è preoccupante, non deve mancare la speranza che da essa possono maturare frutti che nemmeno riusciamo ora ad immaginare. Uniti intorno a Cristo Signore possiamo portare veramente il frutto che la Chiesa e la società si aspettano da noi. Uniti intorno al Signore si superano le paure delle battaglie, anche quelle più aspre, e si scopre che è in lui che ogni speranza si realizza, ogni vittoria arriva e ogni buio lascia spazio alla luce di un giorno nuovo. In Lui troviamo la forza di parlare alle famiglie di oggi, così provate dalla secolarizzazione, ai giovani che cercano faticosamente di costruire il loro futuro, a quanti, anche tra noi, sono provati dalla povertà e da situazioni di vita dolorose. È una Chiesa presente, che si carica delle ansie dei suoi figli e ne condivide le gioie, che sa infondere fiducia».

Mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno, la Diocesi che ha ospitato quest’Assemblea, ha voluto commentare la due giorni ecclesiale umbra con queste parole: «Innanzitutto ringrazio il Signore per questo appuntamento veramente sinodale. Per la nostra Diocesi di Foligno è stata un’occasione provvidenziale e un momento favorevole. Ho visto in questi giorni, come ho detto più volte, il mandorlo in fiore, della disponibilità di tutte le Diocesi di camminare insieme. E’ ormai tempo di farlo e dobbiamo metterci in cammino decisamente».

Don Luciano Avenati, coordinatore della segreteria preparatoria dell’Assemblea, ha presentato alcuni simboli visivi a futura memoria di quest’assise ecclesiale: le otto piante d’ulivo, ciascuna per ogni Diocesi della terra dei santi Benedetto e Francesco, che saranno piantate nell’area verde circostante il complesso parrocchiale di San Paolo in Foligno che l’ha ospitata, segno di comunione e sinodalità nel camminare insieme verso il Regno di Dio; i semi di una pianta di olio di ricino (nella Bibbia pianta legata alla figura di Giona, che non voleva essere annunciatore della Parola di Dio ai pagani) saranno inviati a ciascuno dei 400 delegati dell’Assemblea ecclesiale regionale, affinché le loro comunità possano proseguire l’opera di evangelizzazione della società odierna».

Assemblea ecclesiale celebrazione – Omelia del cardinale Bassetti

A voi carissimi confratelli nell’episcopato; a te mons. Gualtiero, che ci hai accolto in questa Chiesa di Foligno; a voi carissimi fratelli e sorelle, fedeli di Cristo, giunti dalle varie Diocesi, a tutti pace e gioia dal Signore risorto.

Il nostro convenire in questi due giorni dell’Assemblea Ecclesiale regionale, voluta dalla CEU, e realizzata con tanta passione dal nostro presidente Mons. Renato Boccardo insieme all’équipe regionale, ci ha consentito di fare un’esperienza unica, di sentirci parte di una comunità, della santa Chiesa di Dio che vive nel mondo con la grazia dello Spirito e che si incarna nel cuore e nelle membra di ciascuno di noi.

Quello che abbiamo vissuto non è stato un convegno né tanto meno un congresso, ma un incontro di popolo, del popolo cristiano, che animato dalla Parola si mette alla ricerca di quel tesoro nascosto, che altro non è se non l’amore di Dio, l’unico capace di rendere piena la nostra gioia e di dare un senso vero alla vita.

Siamo qui perché ci sentiamo amati dal Signore e vogliamo condividere questo amore tra noi e trasmetterlo, come possiamo, ai tanti fratelli che vivono la sofferenza, l’abbandono, la solitudine. Trasmettere, condividere la “gioia del Vangelo” è l’atteggiamento di fondo che deve permeare ogni nostra azione e tutta la vita. Non nascondiamo la difficoltà di un incontro, di un dialogo a volte molto difficile con un mondo disilluso dalle promesse umane, stordito dai bagliori della tecnologia e del benessere, che non sente più il bisogno di interrogarsi sulla propria esistenza. Ma il cuore umano non si può imbrigliare, esso palpita, vibra e si scuote quando non si sente appagato e a questo non bastano le sicurezze umane. Ci vuole qualcosa di più, che il nostro intimo non smette mai di cercare. In questo scenario, a volte un po’ desolato, la Parola di Dio ci apre spazi infiniti, ci dona il coraggio e la forza per intravedere ciò che sta oltre: quella “luce gentile”, diceva il santo cardinale Newman, che ci penetra, e quel Volto che ritrae l’immagine vera di ciascuno di noi: il volto del Signore Gesù. Egli non ci lascia soli, ci viene incontro, parla al nostro cuore, sana le nostre ferite, e ci invia a portare a tutti la buona novella del Regno.

Carissimi, anche i temi principali delle Letture di questa domenica ci rimandano alla forza della preghiera e alla speranza della vittoria nell’ora della prova.

In primo luogo, la Parola di Dio ci esorta alla preghiera perseverante. Come quella di Mosè, che è protagonista della vittoria contro gli Amaleciti quanto Giosuè, che si trovava in prima linea, nel mezzo della battaglia, e combatteva con ben altre armi. Mosè invece, sul monte, insieme al sacerdote Aronne, è il mediatore che vede quanto accade al suo popolo, e si mette davanti a Dio con le braccia alzate.

Possiamo dire, carissimi fratelli e sorelle, che anche noi, pastori delle Chiese dell’Umbria, abbiamo ascoltato in questi giorni quanto ci veniva detto dai delegati delle comunità che siamo chiamati a custodire e guidare, e la prima cosa che ci impegniamo a fare – ancor prima di programmare piani pastorali o scrivere documenti – la prima cosa è proprio pregare. È con la preghiera che anzitutto comprendiamo, come deve aver capito Mosè, che non siamo noi a dover proteggere il popolo, ma è il Signore Gesù, che ha cura della sua Chiesa. È grazie alla preghiera, poi, che Dio ci purifica e ispira le nostre menti perché possiamo anche noi combattere la nostra “buona battaglia” comprendendo cosa dobbiamo fare, quali scelte possiamo e dobbiamo compiere. È la preghiera, poi, che ci permette di stare davanti a Dio con una confidenza e un’insistenza che ha il suo modello nella vedova importuna del Vangelo.

Il secondo tema delle letture di oggi viene dallo sfondo in cui è collocata la parabola di Gesù, come anche dal combattimento di Israele contro gli Amaleciti. In tutti e due i casi l’orante – che sia rappresentato dalla vedova o da Mosè – si trova in una situazione difficile, pericolosa, dove può perdere tutto: la vedova può perdere quello che le spettava, e che il suo avversario le vuole prendere; Mosè e il suo popolo invece rischiano addirittura di perdere la stessa possibilità di sopravvivere nel deserto.

Anche noi, cari fratelli e sorelle, ci troviamo in un tempo difficile – come ci ha ricordato ieri la relazione del prof. Diotallevi –, nel quale i molti e repentini cambiamenti a cui assistiamo rischiano di portare le nostre Chiese, se non ad una sconfitta, ad una pericolosa insignificanza. In questo tempo così complesso e che ci può mettere in crisi, la domanda di Gesù risuona più che opportuna: quando lui tornerà, troverà ancora la fede? Non lo sappiamo.

Ma, una cosa è certa: dobbiamo fissare lo sguardo al ritorno di Gesù; a Colui che «verrà a giudicare i vivi e i morti». Ci è stato promesso che non saremo soli per sempre, ma che il Signore verrà, e, se ora le nostre Chiese sono nella condizione di una vedova che grida perché il suo Sposo e i suoi figli, l’hanno abbandonata, Gesù ci chiede di fidarci di lui, come fa l’orante del Salmo 122, che, alzando i suoi occhi verso i monti, dice: «Il mio aiuto viene dal Signore».

Per grazia di Dio le Chiese dell’Umbria si sono trovate in questa bella esperienza di sinodalità e hanno avuto il coraggio di guardare con gratitudine al passato, di analizzare il presente, e di gettare anche uno sguardo più lontano, sul futuro. Non tutto ci è chiaro, e, se la situazione che abbiamo visto, in qualche tratto, è preoccupante, non deve mancare la speranza che da essa possono maturare frutti che nemmeno riusciamo ora ad immaginare. Ci ha ricordato Mons. Brambilla, commentando la prima lettera di Pietro: «Non si può rendere ragione della speranza viva se non innestati nel grande edificio della vita ecclesiale. Fuori di essa la speranza è solo un azzardo fallace, un tentativo destinato ad andare a vuoto». Ci è chiesto uno spirito di figli, che, strettamente uniti alla pietra viva che è Cristo, rendano credibile la propria testimonianza, ricompongano le lacerazioni e contengano le derive. Uniti intorno a Cristo Signore possiamo portare veramente il frutto che la Chiesa e la società si aspettano da noi. Uniti intorno al Signore si superano le paure delle battaglie, anche quelle più aspre, e si scopre che è in lui che ogni speranza si realizza, ogni vittoria arriva e ogni buio lascia spazio alla luce di un giorno nuovo. In Lui troviamo la forza di parlare alle famiglie di oggi, così provate dalla secolarizzazione, ai giovani che cercano faticosamente di costruire il loro futuro, a quanti, anche tra noi, sono provati dalla povertà e da situazioni di vita dolorose. Papa Francesco, al Convegno ecclesiale di Firenze, ha chiesto alla Chiesa italiana di far propri i tratti dell’umiltà, del disinteresse e della beatitudine. «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – disse papa Francesco – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente». È una Chiesa presente, che si carica delle ansie dei suoi figli e ne condivide le gioie, che sa infondere fiducia. Nella logica del Vangelo, è la fiducia che muove l’uomo che – come ci ricorda l’icona biblica di questa Assemblea – si fida di Dio al punto di lasciare tutto e vendere quello che ha per comprare il campo dove ha trovato il tesoro.

Chiediamo al Signore, per intercessione dei nostri santi, di rivelarci cosa dobbiamo abbandonare e di darci la forza per cercare quel Regno che è nascosto, ma che, siamo sicuri, c’è, anche qui, in questa terra benedetta, anche oggi: un Regno che non mancherà di far fruttificare i semi che ci impegniamo a seminare ancora in questo campo. Amen!

Assemblea ecclesiale regionale (Foligno 18-19 ottobre). La tavola rotonda con “alcuni ospiti dell’Umbria”: Ernesto Galli delle Loggia, Maria Gabriella Mecucci, Paolo Raffaelli e Marco Tarquinio

Nel pomeriggio del 19 ottobre si è svolta la tavola rotonda con “alcuni ospiti dell’Umbria”: Ernesto Galli delle Loggia, Maria Gabriella Mecucci, Paolo Raffaelli e Marco Tarquinio, che ha coordinato i lavori. Il direttore de Avvenire ha domandato agli ospiti: «Con quali occhi vedete la Chiesa umbra?».

Gabriella Mecucci ha risposto: «Non sono rabbiosamente critica della Chiesa, sono credente a modo mio. In Umbria per la Chiesa si apre una grande occasione di presenza in un tempo di crisi delle élite culturali e politiche, crisi del pensiero del mondo massonico, crisi quantitativa e qualitativa delle due Università di Perugia. Tutti guardano alla Chiesa chiedendole qualche risposta, un’attenzione nuova ai problemi. È in grado il mondo cattolico di dare qualche piccola risposta?» si è chiesta la giornalista Mecucci. «Una delle strade possibili da percorrere per la comunità, è quella di parlare con voce chiara e forte delle difficoltà che attraversa la regione, come, ad esempio, ha fatto e continua a fare in occasione degli eventi sismici».

Lo storico e politologo Galli della Loggia, prima di rispondere alla domanda di Tarquinio, ha detto di essere «qualcosa di mezzo tra diversamente credente e credente. L’Umbria è stata la regione più disastrata a livello politico, una regione povera, con poca presenza di ceto intellettuale. La politica dal 1945 ha occupato tutti gli spazi possibili. Ora l’umbria è nuda e senza punti di riferimento, senza identità collettiva. La Chiesa umbra ha subito questa situazione non riuscendo ad esprimere nessuna voce significativamente diversa, alta, culturale, diversa da quella politica. Oggi la Chiesa, anche in Umbria, svolge le funzioni tipiche che un tempo erano appannaggio dei sindacati (attenzione alle fasce deboli, ndr), mentre ha abbandonato il “pensiero politico”, ossia la capacità di fare un discorso generale ed incisivo sulla collettività che essa rappresenta. Non basta predicare solo il bene, è necessario che gli esponenti della Chiesa indichino anche con quali mezzi fare il bene».

Il giornalista Rai ed ex politico Paolo Raffaelli ha sottolineato che senza la rete diffusa delle parrocchie e delle altre realtà ecclesiali, il sistema di società civile dell’Umbria sarebbe molto più fragile. Questo l’ho sperimentato personalmente da sindaco di Terni e negli ultimi tre anni come cronista nelle aree terremotate dell’Umbria, esperienza quest’ultima tra le più formative della mia vita professionale, una grande palestra di riflessione personale». Raffaelli ha poi parlato di «un rischio: gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una sistematica opera di attacco alle iniziative delle periferie e la Chiesa, invece, in Umbria dà voce alle periferie»

Il direttore Tarquinio, nel commentare questi interventi, ha sottolineato che «la nostra società civile tesse ancora oggi reti di fede, di speranza, di carità. Le reti di carità, però, sono sotto attacco: tutti i buoni, infatti, finiscono inesorabilmente sul banco degli imputati. In tutto questo c’è stata la cancellazione delle parole dei Pastori e delle voci della Chiesa. Mi ritrovo solo (sulle pagine di Avvenire, ndr) a far risuonare le parole buone per tutta la società italiana che i Vescovi trovano il coraggio e la forza di pronunciare e che il Papa in maniera scomoda fa echeggiare. I Vescovi fanno notizia solo quando fanno “la guerra” sui fronti tradizionali, dove ci aspetta l’atteggiamento moralistico della Chiesa. Cerca di incidere nel dibattito pubblico indicando la vita concreta delle persone e il bene concreto delle persone, state tranquilli che ciò non suscitano emozioni».

Conclusioni di Mons. Boccardo presidente della Ceu

«Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione” (EG 25)… Affinché questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma» (EG 30).

«Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragi lità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti» (EG 85).

INTRODUZIONE

Non una conclusione, ma una sollecitazione per un rendimento di grazie che richiama quanto abbiamo vissuto negli incontri preparatori nelle nostre diocesi e nell’esperienza di queste due giornate

Vorrei dunque aiutare tutti noi ad esprimere un ringraziamento che consiste nel
a) proclamare la presenza del Signore che ha presieduto all’Assemblea Ecclesiale

b) riconoscervi l’azione dello Spirito Santo

c) con la consapevolezza delle ricchezze e delle povertà che l’Assemblea ha messo in luce

d) un ringraziamento concreto di prospettive pastorali e di impegno di vita: occorre
– guardare avanti
– senza accontentarsi più del “si è sempre fatto così”
– rispondere alle attese
– trovare audacia e coraggio
– rivedere l‘agire pastorale per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione

1. COSA ABBIAMO VISSUTO

Possiamo dire che nell’Assemblea Ecclesiale abbiamo
a) compiuto un atto d’amore per la nostra Chiesa e il nostro territorio
– l’amore comporta sempre uno sguardo amoroso, non ansioso, rassegnato e ingenuo, ma coraggioso e capace di guardare al futuro
– l’amore maturo sa vedere ed amare la realtà (la Chiesa) così come è, e nello stesso tempo desidera – “sogna” – che essa sia sempre più vera, più bella, più affascinante
– uno sguardo che ha espresso la passione per la nostra Chiesa, la preoccupazione per la nostra Chiesa, la fiducia per il futuro della nostra Chiesa.

b) vissuto una esperienza di “sinodalità”, che non è un metodo come tanti per dare la parola a tutti e agevolare l’ascolto reciproco e le conclusioni condivise; la sinodalità ci aiuta a vivere pienamente il nostro essere popolo di Dio in cammino, in discernimento e ascolto reciproco, fino a programmare insieme, decidere insieme e operare insieme; esprime il cuore stesso del nostro essere comunità di discepoli alla scuola dell’unico Maestro che è Cristo guidati dal suo Spirito; nasce da una conversione che parta dal cuore e da motivazioni spirituali, non solo funzionali.

c) iniziato (o continuato) un processo, seguendo l’insegnamento di Papa Francesco, che con Evangelii gaudium ci ha ricordato che nella attività pastorale il nostro impegno deve essere quello di iniziare percorsi, cammini, lasciare un’impronta e consegnare al futuro uno stile: la passione di essere sempre più Chiesa-comunione in missione (cf nn. 222-225).

2. CON QUALI ATTEGGIAMENTI

a) grande impegno, coinvolgimento personale, serietà con cui i delegati hanno lavorato durante tutto questo anno e anche oggi

b) una maturazione di coscienza e di conoscenza ecclesiale: una crescita nel senso di appartenenza alla diocesi, una maggiore consapevolezza della situazione delle nostre Chiese con i loro problemi e ricchezze, uno sviluppo della corresponsabilità nella vita delle comunità e della Chiesa locale

c) un clima di dialogo, di rispetto reciproco per le diversità di visioni e di opinioni, di cordiale ascolto vicendevole, che ha permesso una buona lettura della realtà ecclesiale, una migliore conoscenza del territorio e della vita della gente

3. QUALCHE DIFFICOLTÀ E FATICA

a) la prima e più grande fatica è certamente quella di leggere la realtà, ecclesiale e del territorio. Essa deriva forse dalla scarsa abitudine a confrontarsi e a dialogare in maniera “sinodale” e anche l’ambiente circostante può spingere ad una lenta rassegnazione o ad una passiva accettazione del “si è fatto sempre così”; c’è la tentazio- ne di credere che non possa cambiare

b) una seconda fatica, che confirma di fatto la necessità di essere una Chiesa “in uscita”, una Chiesa “che si sporca nelle periferie”, è la fatica ad accettare la realtà del mondo, a guardare con compassione e cordialità alle “ferite” della gente; facilmente tendiamo al moralismo, al giudizio e al pregiudizio che separano dalla vita delle per sone e non mostrano la gioia e la misericordia del Vangelo

Ancora Papa Francesco ci ricorda che la realtà è più importante dell’idea. Siamo portatori di una promessa e di un attesa: è l’ideale del Vangelo ciò a cui tendiamo e per cui lavoriamo. Ma è un ideale che necessita di essere incarnato in una realtà umana fatta di volti e di storie, dove dobbiamo sempre ricercare e favorire “il bene possibile”. Sfuggire al confronto con la realtà porta ad essere sradicati, idealisti, fondamentalisti. L’incarnazione è il criterio di fondo: Cristo è venuto nella carne ed è la carne di Cristo che noi valorizziamo, è la carne di questo popolo che noi curiamo (cf EG nn. 231-233).

4. LE PAROLE RICORRENTI

a) ascoltare
– la Parola per una fede adulta che susciti cristiani robusti, gioiosi, liberi; che conduca ad assumere una “mentalità cristiana”
– la gente per una presenza nel mondo di cristiani appassionati del bene comune e della vita delle persone. Questo richiede una autentica conversione missionaria non procrastinabile; una rinnovata misericordia e una ricercata e voluta compassione per incarnare l’amore evangelico dentro il quotidiano della vita; la disponibilità ad affrontare con serenità e serietà le grandi provocazioni del tempo in cui viviamo

b) appartenere
– alla Chiesa, che è la diocesi, di cui la parrocchia e le unità pastorali sono delle cellule; le unità pastorali, che rappresentano non il passato rispolverato ma il futuro, devono diventare lo snodo e il collante tra parrocchia e diocesi

– l’Eucaristia domenicale dà il polso e garantisce l’esistenza e la crescita del senso di appartenenza (chi si allontana dalla Chiesa lascia anzitutto l’Eucaristia; chi ritrova il senso della Chiesa recupera anzitutto la partecipazione all’Eucaristia)

c) formare
– formazione è stata la parola più ricorrente (significa che la formazione è la più necessaria e insieme la più carente)
– formare (dare forma) l’uomo, il cristiano, la coppia, i preti, gli operatori pastorali, i cristiani impegnati nella vita pubblica, i giovani…
– tale formazione richiede itinerari differenti (ai fedeli laici non è chiesto di essere ecclesiastici ma ecclesiali) e una grande perseveranza nel cammino; non si misura dal numero ma dalla qualità delle proposte: «L’uomo abile è colui che raccoglie molto; l’uomo di Dio e di fede è colui che non smette di seminare»
– dare vita ad esperienze, luoghi e istituzioni in grado di contaminare il presente con la buo na notizia del Vangelo di Gesù

d) andare
– incontro alle fatiche, ferite, domande
– ed offrire una “cura” misericordiosa, che pone al centro “i poveri”
– raccontando con lo stile della vita quotidiana quanto è bello essere discepoli di Gesù
– è lo “snodo” di una Chiesa “in uscita”: accogliere, discernere, integrare, accompagnare.

Ormai sono innumerevoli le affermazioni di Papa Francesco sulla necessità, per la Chiesa, di “uscire”, con le ricadute pastorali per quanto riguarda le relazioni interne alla comunità cristiana, i suoi rapporti con il mondo, l’evangelizzazione, l’attenzione ai poveri, ecc. Basti
pensare alla celebre variazione sul tema delle pecore, dell’odore delle pecore, della inopportunità che si resti a “pettinare le pecore” rimaste nell’ovile…

L’urgenza di “uscire” è innanzitutto uno stato d’animo che dovrebbe generare una situazione totalmente nuova. Il rischio è che di fronte a un ideale così alto, si finisca per rifugiar si nella semplice impossibilità di attuarlo. Non ci sono mani che guidano l’uscita e quindi si rinuncia ad uscire. Dobbiamo invece affermare con forza che il rendersi conto di queste difficoltà di base serve non per evitare di affrontare il transito, ma per affrontarlo davvero.

5. QUALE CHIESA PER IL FUTURO

a) una chiesa in ascolto, perché senza Parola la fede muore o al massimo rimane o diventa religione che non tocca la vita (mettere la Parola a fondamento)
b) una chiesa eucaristica, che trova la gioia nel Signore Risorto. È lui che continuamente la rianima, la rinnova, la manda nel mondo e la fa essere unita nelle diversità (l’Eucaristia al centro)
c) una chiesa maestra di formazione, che ha cura della crescita bella, vera e matura delle persone: cristiani adulti, coraggiosi, liberi, il cui atteggiamento morale non è “costrizione” ma scoperta della verità e della bellezza della vita e delle cose che la com pongono (la persona come progetto)
d) una chiesa in movimento, movimento dei piedi, delle mani, ma prima ancora degli occhi, degli orecchi, del cuore; una Chiesa “buon samaritano”, una Chiesa che non ha paura di contagiarsi abbassandosi al livello dei più poveri, dei più feriti, dei più stanchi, dei più peccatori.

6. E ADESSO?

– il risultato dei tavoli di lavoro sarà affidato alla Segreteria, che lo consegnerà ai Vescovi, cui spetta accogliere, discernere e “restituire” alle Chiese quanto dalle Chiese hanno ricevuto
– ad ogni diocesi la possibilità di prolungare nel tempo questo “stile sinodale”, soprattutto negli organismi di comunione; e forse anche alla nostra Regione ecclesiastica con esperienze simile a questa…
– molte indicazioni nasceranno non da considerazioni a tavolino, ma dalla capacità che avremo di ripensarci cammin facendo. Perché se è vero che molte “cose da fare” nascono da buone idee, è vero anche il contario: molte idee buone nascono dalle cose fatte. «In una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio» (Papa Francesco all’Assemblea CEI, 16 maggio 2016).

Attenzione poi ad un virus sempre presente nel tessuto ecclesiale e sociale:
– ci si rende disponibili ma poi non ci si coinvolge
– si comincia ma non si continua
– alle prime difficoltà si viene meno
– si vorrebbero vedere immediatamente i frutti
– si pensa che tanto ci sono altri che fanno.

7. UN RINGRAZIAMENTO

– alla diocesi di Foligno che ci ha accolto e al suo vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi
– alla parrocchia di San Paolo (sacerdoti e collaboratori)
– alle parrocchie che hanno ospitato i tavoli
– a tutti coloro che, in modi diversi, hanno collaborato alla riuscita dell’Assemblea
– all’Ufficio Comunicazioni della CEU
– alla Segreteria, specialmente a don Luciano Avenati e don Marcello Cruciani
– a tutti voi, per il lavoro compiuto, per la passione manifestata, per i sogni coltivati…

8. CONCLUSIONE BENEDICENTE

– Ti benediciamo, Signore, per la Chiesa che è in Umbria, che tu da sempre ami come tua sposa e tuo corpo, e alla quale continui a mostrare tutto il tuo amore donandole incessantemente il tuo Spirito.

– Ti benediciamo, Signore, per questa nostra Chiesa, nella quale hai fatto fiorire la straordinaria santità di figli e figlie il cui nome risuona ancora sulle nostre labbra, e insieme con loro hai fatto fiorire la santità quotidiana, umile, tenace, di una schiera innumerevole di figli e figlie che attraverso i tempi della storia e le vicende della vita e del nostro territorio hanno fatto trasmesso noi la fede, facendo risuonare il tuo nome come garanzia di benedizio- ne e di speranza.

– Ti benediciamo, Signore, per il territorio in cui la nostra Chiesa vive, condividendo l’abitazione con gli uomini e le donne che lavorano, lottano, soffrono, sperano e amano per rendere più bella e più umana questa casa comune.

– Ti benediciamo, Signore, per le città e i paesi, per le valli e le montagne, per le bellezze della natura e dell’arte; ti benediciamo per quanti sono chiamati a ricostruire il tessuto sociale, lavorativo e morale nella perdutante crisi economica e dopo la dura prova del terremoto.

– Ti benediciamo, Signore, per i nostri vescovi, oggi ultimo anello della catena di pastori che hanno speso la vita per questo popolo; ti benediciamo per i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, per i fedeli laici che insieme spendono generosamente la vita nelle nostre comunità e per tutti quelli che animano la vita sociale con il fermento del Vangelo.

– Ti benediciamo, Signore, per la grazia dell’Assemblea Ecclesiale, che ci hai offerto come occasione favorevole per crescere nel senso di appartenenza alla diocesi, per discernere i segni dei tempi e ascoltare la voce dello Spirito, per diventare più capaci di guardare con amore e cordialità il nostro territorio, per farci attenti alle fatiche e alle ferite degli uomini e delle donne che camminano con noi, per ritrovare la gioia di vivere e di annunciare il Vangelo di cui siamo debitori nei confronti del nostro tempo.

La nostra benedizione faccia scendere sulle nostre Chiese la tua benedizione, Signore, perché il tuo Spirito vinca le resistenze, distrugga le divisioni, sani le ferite, elimini le pigrizie, bruci le mediocrità, e tutti insieme – Vescovo, presbiteri e laici – possiamo attuare quanto con questa Assemblea Ecclesiale ci hai fatto intuire. Amen.

Assemblea ecclesiale regionale. Mons. Domenico Sorrentino: «Il cristianesimo sempre più vago e marginale». Mons. Renato Boccardo: «Auspichiamo che il futuro Governo della Regione abbia a cuore la vita quotidiana degli umbri pregna di sacrifici”.

La preghiera del Vespro ha concluso, sabato sera 18 ottobre, la prima giornata dell’Assemblea ecclesiale regionale, in svolgimento a Foligno nel complesso parrocchiale di S. Paolo. Preghiera guidata dall’arcivescovo vice presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu) mons. Domenico Sorrentino che, nel commentare la Lettera dell’apostolo Paolo ai Colossesi, ha accostato questa antica comunità cristiana dell’Asia Minore al «contesto della nostra Assemblea», evidenziando che «quella della comunità di Colossi è una realtà cristiana in ‘crescita’. I cristiani di Colossi hanno accolto il Vangelo come ‘parola di Verità’, e l’Apostolo si rallegra del fatto che esso “in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa”».

«A distanza di duemila anni – ha proseguito mons. Sorrentino -, guardando la situazione della nostra Umbria dentro il quadro generale dell’Italia e dell’Europa, noi oggi siamo tentati di intonare il lamento. Dov’è il cristianesimo che ha plasmato le nostre terre? Dov’è Francesco? Dov’è Benedetto? Dove il cristianesimo che ancora tanti vengono ad onorare riversandosi da tutti il mondo sui passi dei nostri eroi, che ancora parlano al mondo, e ancora ci offrono lo scenario in cui un Papa può persino – come ha fatto papa Francesco per il prossimo anno – convocare ad Assisi le energie più giovani e promettenti dell’economia mondiale?».

«Il cristianesimo che ha fatto la storia delle nostre terre – ha sottolineato il presule –, diventa sempre più vago e marginale, sotto i colpi di processi culturali e sociali che svuotano le nostre case di famiglia, di vita e di fede, rendendo la nostra cultura, pur erede del messaggio evangelico, che di esso conserva certo alcuni valori fondamentali quelli che hanno plasmato la nostra società diventando persino cultura politica, ma che sempre più stentatamente onora proprio il cuore pulsante dell’annuncio evangelico: Gesù, nella sua verità di “pienezza divina”, come la Lettera ai Colossesi lo presenta poco dopo in un potente inno, analogo a quello che la liturgia ci ha appena messo in bocca nella Lettera gemella agli Efesini. È su questa verità, verità di Cristo, che il cristianesimo si distingue, sta in piedi o cade. … Sarebbe bello anche per noi poter dire, come dice l’apostolo Paolo, che il Vangelo “si moltiplica e porta frutti in tutto il mondo. Oggi siamo piuttosto tentati di dire che diminuisce e porta sempre meno frutti, stando a quanto la cronaca e la statistiche impietose ci documentano. E tuttavia la re-immersione negli accenti delle origini cristiane è sempre ispirante e motivo di speranza».

I lavori della mattinata della seconda ed ultima giornata di questa Assemblea ecclesiale (19 ottobre) sono stati dedicati a sette tematiche specifiche affrontate da 28 tavoli di lavori, che hanno visto impegnati i 400 delegati delle otto Diocesi umbre, ospitati in varie parrocchie della Città di Foligno. Questi tavoli di lavoro sono stati “allestiti”, come ha ricordato l’arcivescovo presidente della Ceu mons. Renato Boccardo, in apertura dell’Assemblea (18 ottobre), per riflettere su alcuni aspetti pastorali e sociali che le Chiese umbre portano avanti nell’accogliere anche le istanze della gente della regione. Sulla riflessione di come rendere “politica” la fede, una politica che costruisca la società a partire dagli ultimi, mons. Boccardo, a margine della prima giornata dell’Assemblea, ha auspicato che il futuro Governo della Regione, che i cittadini sceglieranno domenica 27 ottobre, abbia a cuore «la vita quotidiana degli umbri pregna di sacrifici, basti pensare al terremoto e alla precarietà del lavoro di tanti concittadini che costringe soprattutto i giovani a lasciare la terra di origine».

I lavori proseguono nel pomeriggio alle ore 14.30 con la tavola rotonda coordinata da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, con alcuni “ospiti” dell’Umbria tra cui lo storico e politologo Ernesto Galli della Loggia. A seguire, le conclusioni del presidente della Ceu mons. Boccardo e la Celebrazione Eucaristica presieduta dal card. Gualtiero Bassetti presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei).

Le otto Chiese diocesane dell’Umbria si apprestano a vivere l’Assemblea ecclesiale regionale. I temi e il programma

Dal 18 al 19 ottobre, a Foligno, presso il complesso parrocchiale di San Paolo, si terrà l’Assemblea ecclesiale regionale dal titolo: “Perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,4). L’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra”. Un’importante assise per rilanciare nel tessuto ecclesiale e sociale dell’Umbria “la gioia del Vangelo” attraverso una decisa conversione pastorale in senso missionario.

Rendere “politica” la fede.

Si rifletterà sulla necessità sempre più urgente della nuova evangelizzazione senza trascurare le problematiche di natura sociale che attanagliano la società umbra di inizio XXI secolo, quali la famiglia, il lavoro, i giovani… Inoltre sostenere la fatica dei laici cristiani a stare in modo significativo dentro l’impegno politico e di una politica che costruisca la società a partire dagli “ultimi”. Una presenza capace di dialogo con tutte le diversità dei laici chiamati per loro natura e missione a rendere “politica” la fede.

Numeri e criticità della Chiesa.

Sono questi i temi su cui saranno chiamati a riflettere i 400 partecipanti ai lavori di questa assemblea, tra invitati a motivo delle responsabilità ecclesiali ricoperte e per il ruolo sociale che rivestono e I 345 delegati in rappresentanza di ciascuna delle otto Diocesi dell’Umbria (Assisi-Nocera Umbria-Gualdo Tadino, 40; Città di Castello, 30; Foligno, 30; Gubbio, 30; Orvieto-Todi, 40; Perugia-Città della Pieve, 80; Spoleto-Norcia, 45; Terni-Narni-Amelia, 50). Una terra, quella dei santi Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi che conta 601 comunità parrocchiali, 498 sacerdoti diocesani residenti, 565 religiosi, 1.329 religiose, 144 diaconi permanenti, 41 seminaristi, 111 istituti di beneficienza, 83 istituti di educazione, con 4.651 battesimi nell’ultimo anno. Non mancano neppure le criticità, che si registrano in tutta la Chiesa italiana, come la crisi delle vocazioni a la diminuzione dei fedeli alla messa domenicale ed in generale alle attività parrocchiali collegate (va a messa una volta alla settimana meno del 20% dei battezzati).

Programma e relatori.

Anche queste criticità saranno affrontate nella due-giorni di questa assise delle Chiese dell’Umbria, i cui lavori inizieranno venerdì 18 ottobre (ore 15) con l’intervento di saluto dell’arcivescovo presidente della Ceu mons. Renato Boccardo. Seguiranno le relazioni socio-religiosa e teologico-pastorale tenute rispettivamente da Luca Diotallevi, ordinario di Sociologia all’Università di “Roma Tre”, e da mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novare e vice presidente della Cei. I lavori termineranno con la recita del Vespro presieduta dall’arcivescovo vice presidente della Ceu mons. Domenico Sorrentino. Sabato 19 ottobre, dopo la preghiera iniziale (ore 9.30), saranno avviati, in varie sedi parrocchiali della città, i “tavoli di lavoro” su sette tematiche aventi un’unica finalità, quella di riaffermare e risvegliare la capacità delle Chiese diocesane nel “dare ragione della speranza che è in noi”. Oltre a come “Vivere la Chiesa” attraverso una fede celebrata e condivisa, i tavoli di lavoro a cui parteciperanno solo i delegati all’Assemblea, affronteranno temi che trattano il rapporto degli adulti e dei giovani con la fede, “Fede e vita” negli affetti, nel lavoro, nel tempo libero e nelle fragilità e “Fede e bene comune”. Nel pomeriggio (ore 14.30) ci sarà la tavola rotonda coordinata da Marco Tarquinio, direttore de Avvenire, con “alcuni ospiti dell’Umbria”, tra cui lo storico Ernesto Galli Della Loggia e i giornalisti Maria Gabriella Mencucci e Paolo Raffaelli. A seguire le conclusioni del presidente della Ceu mons. Boccardo e la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei.

I “portavoce” dell’Assemblea.

I lavori dell’Assemblea potranno essere seguiti sul sito della Ceu – www.chiesainumbria.it -, nel quale sarà possibile reperite il materiale aggiornato in diretta dei lavori (testi, foto e video); inoltre potranno essere seguiti anche sui media partner: La Voce, Gazzetta di Foligno, Umbria Radio In Blu, Radio Gente Umbra, Umbriaoggi.news e sui canali social di Chiesainumbria e delle otto Diocesi. E’ anche a disposizione un press kit video di immagini e interviste sui preparativi dell’Assemblea (https://we.tl/t-zY3gotm3vz).

Terni-Narni-Amelia – i 50 delegati. Mons. Piemontese: “riflettere e comprendere in che modo poter annunciare il Vangelo agli uomini del nostro territorio, ponendo attenzione alle persone, alla solidarietà, alla politica e al bene comune”

Oltre cinquanta delegati della diocesi di Terni-Narni-Amelia, sacerdoti, religiosi e laici in rappresentanza del mondo della cultura, del lavoro, della scuola, dell’associazionismo, parteciperanno all’Assemblea ecclesiale regionale della Chiesa umbra sul tema: “Perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,4). L’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra”, che si terrà a Foligno venerdì 18 e sabato 19 ottobre presso il complesso parrocchiale di San Paolo e nei locali di altre parrocchie della città. Un’assemblea che ha come finalità quella di attuare la sinodalità raccomandata da Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze.
«Un’assemblea ecclesiale per annunciare il Vangelo alle popolazioni del nostro territorio, della nostra regione – spiega il vescovo Giuseppe Piemontese -. Vogliamo riflettere e comprendere in che modo poter annunciare il Vangelo agli uomini del nostro territorio, della nostra terra. In modo particolare vogliamo un riferimento preciso alle nostre città, all’attenzione alle persone, la solidarietà, la politica, soprattutto la politica. Perché i cristiani dei nostri giorni si sono ritirati, si sono messi da parte, lasciando ad altri il compito di provvedere e a volte si provvede in maniera sbagliata. Ecco allora, vogliamo riappropriarci di questo compito. Soprattutto i cristiani laici devono riappropriarsi di questo compito, in una maniera evangelica: annunciare il Vangelo nella terra umbra, secondo i criteri di Gesù. Vogliamo partecipare, essere presenti, riflettere e trovare le vie dell’annuncio del Vangelo. Oggi, qui e ora».
Il documento di sintesi prodotto dalla diocesi di Terni-Narni-Amelia ha analizzato la realtà della chiesa locale nei sette ambiti di riflessione proposti a cominciare dal tessuto delle comunità, del senso di appartenenza, evidenziando come la realtà ecclesiale rispecchia la crisi che più in generale, nel contesto sociale attuale, sta vivendo il senso di appartenenza ai gruppi, alle comunità, alle associazioni o ad altre forme di aggregazione. Ne consegue un mutato senso di appartenenza al gruppo che si esprime spesso in rapporti, legami, presenza ed impegno fragili e vissuti dai membri con una estrema volatilità.La comunità ecclesiale è così chiamata a rispondere al grido del cuore sofferente dell’umanità, a farsi carico delle ferite e delle fragilità umane. Tale risposta deve essere organizzata, professionale, competente e umanizzante affinché l’uomo si senta accolto, compreso e accompagnato.
I delegati sono: Don Vincenzo Greco, Mons. Salvatore Ferdinandi, Mons. Paolo Carloni, Don Matteo Antonelli, Don Luca Andreani, Don Sergio Rossini, Don Stefano Mazzoli, Mons Roberto Bizzarri, Don Lucian Aflorei, Don Marco De Cesaris, Don Lisnardo Morales Serrano, Don Cristoforo Kochanowski, Don Francesco Vaccarini, Don Gianluca Bianchi, Diac. Ideale Piantoni, Diac. Evaldo Millesimi, Diac.Mauro Tosi, P.Mauro Russo, P.Luca Paraventi, P.Angelo Gatto, Sr. Sonia Montes, Sr. Imamcudada Duarte (Identes), P.Sergio Pruna Cerai, Stefania Parisi, Cristina Montesi, Ermanno Ventura, Giorgio Armillei, Maria Grazia Proietti, Antonella Catanzani, Flavia Chitarrini, Simonetta Bolloni, Raffaele Natini, Francesco Venturini, Fernanda Scimmi, Marco Farroni, Giuseppe Croce, Cinzia Fabrizi, Angelo Giansanti, Catia Francescucci Giansanti, Luca Aleandri
Silvia Tempobuono Camiciola, Daniele Chiappini, Patrizia Adriani, Chiara Pellegrini, Maddalena Penserini, Michele Boccialoni, Joana Sokoli, Elena Marchi, Francesco Lanfiuti Baldi, Daniele Martelli, Tommaso Sereni, Rita Pileri, Emanuela Buccioni, Elisabetta Lomoro, Luca Diotallevi.

Sul sito dedicato all’assemblea www.chiesainumbria.it, sarà possibile seguire in diretta streaming i lavori, e sui canali social (Youtube Chiesainumbria, Facebook @chiesainumbria; Twitter @chiesainumbria) e sui media regionali (Umbria Radio, Radio Gente Umbra, Umbriaoggi.news, Gazzetta di Foligno-online, La Voce-www.lavoce.it).

Assisi – 40 i delegati all’assemblea. Mons. Sorrentino: “Stare insieme a pensare ci aiuta a ritessere relazioni di fraternità”

Oltre quaranta delegati della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino parteciperanno all’Assemblea ecclesiale della regione Umbria che si terrà a Foligno venerdì 18 e sabato 19 ottobre presso il complesso parrocchiale di San Paolo e nei locali di altre parrocchie della città.
“Perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,4). L’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra”, è il tema della due giorni che ha tra le sue finalità quella di attuare la sinodalità raccomandata da Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze.
“È bello ritrovarci con tutte le Chiese umbre in assemblea – afferma il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino, vice presidente della Conferenza episcopale umbra -. La parola assemblea può significare tanto, può significare poco. Per noi significa innanzitutto “famiglia”, perché la Chiesa è famiglia. E dunque, ritrovarci insieme con i rappresentanti di tutte le nostre diocesi, avendo alle spalle l’intera comunità diocesana, significa fare esperienza di una Chiesa che tesse sempre di più le sue relazioni. Relazioni che vengono dall’alto, come sappiamo, perché essere Chiesa significa vivere in Dio, vivere nella Trinità, vivere in Gesù, nello Spirito Santo. Ma relazioni che sono anche fraterne, per cui ci si incontra, ci si guarda negli occhi, si vedono i problemi degli uni e degli altri, e insieme si cerca qualche soluzione. In un tempo di grandi sfide. È un tempo di crisi, in cui le stesse relazioni sociali e familiari sono sempre più messe a repentaglio. E’ il tempo dell’individualismo, della separazione, il tempo della disgregazione, persino nel nucleo fondamentale che è la famiglia. E dunque, stare insieme a pensare su tanti aspetti e tante dimensioni del vivere cristiano – spiega il vescovo nel suo messaggio – ci aiuta anche a ritessere relazioni di fraternità. Non soltanto tra le diocesi in quanto tali, ma anche tra noi cristiani. Ed è bello puntare a un immagine di Chiesa e a un futuro di Chiesa in cui questo aspetto fraterno sia sempre più messo in relazione. La Chiesa sia sempre più famiglia. Questo nostro convenire a Foligno come Chiese dell’Umbria sta proprio a dire il nostro desiderio e la nostra voglia di ritessere tra di noi una grande fraternità”.

Il programma, disponibile sul sito www.chiesainumbria.it, prevede diversi momenti, a partire dall’apertura di venerdì 18 ottobre alle ore 15 con i saluti del presidente della Ceu, monsignor Renato Boccardo. Al termine della prima giornata, il vescovo Sorrentino presiederà la celebrazione del vespro. L’assemblea può essere seguita in diretta streaming su www.chiesainumbria.it, sui canali social (Youtube Chiesainumbria, Facebook @chiesainumbria; Twitter @chiesainumbria) e sui media regionali (Umbria Radio, Radio Gente Umbra, Umbriaoggi.news, Gazzetta di Foligno-online, La Voce-www.lavoce.it).

Dieci anni presenza dell’arcivescovo Renato Boccardo nella Chiesa di Spoleto-Norcia. Una pubblicazione con prefazione del card. Gualtiero Bassetti racchiude questi dieci anni di episcopato

«Progressivamente – e specialmente dopo la morte della mia mamma – voi siete diventati la mia famiglia, presso la quale ho desiderio di fare ritorno ogni qualvolta sono lontano. Così, giorno dopo giorno, voi siete diventati “miei” e, di riflesso, io spero di essere diventato anche un po’ “vostro”». È questo uno dei passaggi dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha pronunciato domenica 13 ottobre 2019 nel Duomo di Spoleto a conclusione dell’Assemblea diocesana che ha avviato ufficialmente l’anno pastorale 2019-2020, nel decimo anniversario dell’ingresso di mons. Boccardo in questa Chiesa particolare.

Tanti i fedeli che sono giunti in Cattedrale da ogni angolo della Diocesi per ascoltare l’intervento di suor Roberta Vinerba, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, sul tema dell’Assemblea “Discepoli di Gesù, nella chiesa per il mondo”. Al termine un breve video ha riassunto i dieci anni di presenza di mons. Boccardo nella Chiesa di Spoleto-Norcia. Poi, la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal Presule e concelebrata dai sacerdoti, diocesani e religiosi, dell’Archidiocesi. Ha animato la corale diocesana diretta da Alessandra Natalini. Presenti i sindaci di Spoleto Umberto de Augustinis, di Norcia Nicola Alemanno, di Castel Ritaldi Elisa Sabbatini e altre autorità civili. Lungo la navata centrale erano stati sistemati gli stendardi dei Santi della Diocesi. Sul presbiterio le reliquie di S. Ponziano, S. Benedetto e la Santissima Icone. All’inizio della celebrazione il vicario generale mons. Luigi Piccioli ha salutato l’Arcivescovo a nome dell’intera Chiesa e gli ha donato una croce pettorale a nome di tutti i presbiteri e i fedeli.

Mons. Boccardo ha ricordato la calorosa accoglienza di dieci anni fa: «Ripensandoci, ancora mi commuovo e anch’io lodo Dio a gran voce e mi prostro davanti a Gesù per ringraziarlo. È il sentimento che mi abita prepotente questa sera e che – lasciando da parte per una volta la connaturale riservatezza piemontese – vorrei provare a condividere con voi. Giunto qui, per me tutto era nuovo; ho dunque iniziato un lungo e quasi quotidiano pellegrinare sulle nostre strade, che ancora non si è concluso. Ed ho scoperto la grande tradizione di vita cristiana e di santità che rende bella e ricca la nostra diocesi; l’impegno costante nella donazione gratuita e nel sacrificio silenzioso di tanti uomini e donne nella vita famigliare e professionale e sociale; il servizio prezioso degli operatori pastorali, dei catechisti, dei ministri straordinari dell’Eucaristia, dei volontari della Caritas, della pastorale famigliare e giovanile, dei tanti che in mille modi diversi donano tempo e cuore per il bene dei fratelli, dentro e fuori la comunità cristiana».

Incontro ad un’umanità ferita. «Ho avuto modo – ha detto ancora il Presule – di accostare tante sofferenze, fisiche e morali, pubbliche e segrete – come non ricordare la tragedia del terremoto, con le sue conseguenze ancora ben presenti -, e di versare sulle piaghe di questa umanità ferita, grazie al concorso di molti, l’olio della consolazione e il vino della speranza. Ed ho raccolto tante confidenze, desideri, progetti, attese, delusioni e fallimenti che la fiducia delle persone ha voluto deporre nel cuore del vescovo».

I preti, saggi collaboratori dell’ordine episcopale. «Lungo queste strade, sempre presenti con generosità e discrezione, ho incontrato i miei fratelli preti, dai quali ho imparato la concretezza del ministero, la passione apostolica, la fantasia nella missione, la vicinanza e la condivisione della vita della gente».

Poi, una confidenza del Vescovo alla “sua gente”: «Ogni sera, a fine giornata, dal balconcino del primo piano del palazzo vescovile, quello che si affaccia sulla bellissima valle spoletana, traccio un segno di croce per invocare la benedizione di Dio su ogni casa e su ogni abitante della diocesi: non ho e non posso darvi altro (cf At 3, 6), ma vorrei che leggeste in questo gesto benedicente un segno e il pegno d’amore da parte del vostro vescovo. Perché, lo sapete, anche un vescovo esperimenta le fatiche, la delusione, il fallimento, la solitudine. Specialmente in quei momenti, la certezza di essere come avvolto e portato dalla preghiera della Chiesa diventata “mia” mi ha permesso di guardare in alto e di ricominciare sempre di nuovo, nella fiducia e nella speranza».

Continuare il cammino con lena rinnovata. «Ci aspetta il consolidamento delle Pievanie con i diversi progetti pastorali da mettere in atto, ci sollecitano i bisogni morali e materiali dei nostri contemporanei, ci attende una testimonianza convinta e credibile del Signore Gesù, il solo che può dare senso e pienezza alla vita dell’uomo. Una pastorale “di conservazione” deve trasformarsi in una pastorale “di missione”, affinché la gioia della Buona Novella sia da tutti conosciuta, esperimentata e amata. Un solo programma dunque ci consegniamo reciprocamente questa sera: il Vangelo del Signore, come regola di vita e bussola di comportamento, da declinare nei pensieri e nelle azioni, per ridare slancio e vigore alle nostre comunità parrocchiali, per farle diventare sempre più luoghi di autentica umanità e fraternità, capaci di generare veri discepoli di Gesù, nella Chiesa, per il mondo».

Al termine della Messa a tutti i presenti è stata consegnata una pubblicazione che raccoglie testi e foto dei dieci anni di presenza dell’Arcivescovo, con prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana. La serata si è conclusa con una cena fraterna nel cortile del Palazzo Arcivescovile curata da “Il Cavaliere” e animata dai cantori di Cannaiola di Trevi.