Contributo della Delegazione regionale della Caritas

Regione ecclesiastica dell’Umbria
Delegazione regionale Caritas

Contributo al Convegno ecclesiale regionale

1. Quali sono i deboli nei nostri territori

La storia della povertà coincide evidentemente con quella dell’umanità dei nostri territori e della nostra Regione. Uomini dalle condizioni disagiate rispetto ad altri in una situazione sociale per vari motivi più favorevole, sono stati presenti in tutte le società organizzate ed è per questo che il concetto di povertà è un concetto relativo. E certamente, la povertà nei territori della Regione, oggi più di ieri, assume carattere multiforme, dinamico, evolutivo.
Tale affermazione è desunta sia dal contenuto delle principali indagini sulla povertà realizzate dalla statistica pubblica: Reddito e condizioni di vita e Spese per i consumi delle famiglie, entrambe dell’ISTAT, ma soprattutto dai dati rilevati in decine e decine di “Centri di ascolto”, sparsi in tutti i territori, sostenuti dalle Caritas diocesane e parrocchiali. In molte Diocesi tali dati sono comunicati in diversi Rapporti annuali dai responsabili delle Caritas e dai vescovi ordinari.
Da ciò emerge un primo dato generale di rilievo, quello del numero medio di incontri annui per ogni persona presso i centri di ascolto. In dieci anni si è passati da 1,2 incontri per persona a 6,6 all’anno. Ciò significa che certi tipi di povertà richiedono sia interventi continuativi, sia un prendersi cura in senso globale della persona, necessità di “relazioni di prossimità” e non solo singoli gesti di solidarietà o di “elemosina”.
Un secondo dato, è quello che nella Regione, gli interventi effettuati per i cittadini stranieri non supera ormai da tempo quello degli italiani. Non solo, dal punto di vista economico, gli interventi per gli italiani hanno un “valore” assolutamente superiore. Ciò per dire che la percezione generale di sbilanciamento di “solidarietà” verso gli stranieri, del resto per quello che può valere, non è assolutamente veritiera.
Complessivamente i bisogni rilevati in Regione:
• Povertà economica (La povertà economica, in massima parte, è dovuta o a reddito insufficiente o ad assenza di reddito)
• Problemi di occupazione
• Problemi abitativi
• Problemi familiari
• Problemi di salute fisica e mentale
• Problemi di povertà educativa
• Problemi legati alla condizione di immigrato
• Handicap
• Solitudine
• Dipendenze (alcol, droga, gioco)
• Il degrado ambientale non sembra invece entrato nella percezione dei fedeli come una delle cause di povertà e di rischio per la salute.

Inoltre, sembra assolutamente efficace l’affermazione di Papa Francesco (da l’Osservatore Romano): “Che cos’è la povertà? Di questo solitamente si tace, si sottolineano molto i soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, in formazione, per progettare un nuovo welfare e per salvaguardare l’ambiente. È giusto, ma il vero problema non sono i soldi che da soli non creano sviluppo. La loro mancanza è diventata una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro. Il rischio è che l’indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi con lo specchio davanti. Uomini e donne chiusi in se stessi. C’era qualcuno così che si chiamava Narciso. Quella strada no. Noi siamo chiamati ad andare oltre, il che vuol dire allargare, non restringere, creare nuovi spazi e non limitarsi al loro controllo. Andare oltre significa liberare il bene e goderne i frutti”.
2. Esistono nella comunità o nelle zone luoghi, tempi, servizi di accoglienza e di ascolto, di consolazione e di compassione, di misericordia?
La Bibbia non fa distinzione tra i poveri, ma invita ad occuparci di tutti, qualsiasi sia la loro condizione e provenienza. Nelle Sacre Scritture, troviamo le ragioni dell’accoglienza, dai patriarchi alla parabola di Gesù sul giudizio finale: Non si tratta solo di difendere il diritto dello straniero, ma di assumere lo stesso atteggiamento di Dio nei suoi confronti, quello dell’amore”.
Alla luce di Sacre Scritture, etica e realtà, permane per i credenti il richiamo all’accoglienza, che “per noi cristiani non è un optional”, al di là di ogni tipo di legislazione e certo non per opporsi a leggi che comunque devono governare fenomeni come quello delle migrazioni, con cui ci dobbiamo misurare.
In ogni chiesa diocesana vi sono “opere di misericordia” e luoghi specifici per l’ascolto, la solidarietà e l’accoglienza. Ma tutto ciò, se da un lato appare un traguardo – per come era organizzata la vita ecclesiale solo un decennio fa – dall’altro, è altrettanto evidente come la “carità della Chiesa” non è collegata, se non sporadicamente, con la vita liturgica e soprattutto catechetica delle parrocchie o delle zone pastorali.
Così i “luoghi” dell’accoglienza oggi potrebbero costituire una sfida formativa per la Chiesa.
Una sfida formativa per l’integrazione di catechesi e carità liturgia. È ormai evidente a chiunque sia dotato di un minimo di sensibilità che sulla capacità di accoglienza si gioca la nostra condizione di esseri umani o, al contrario, il nostro scivolare sempre più in quella barbarie che si vedono affiorare qua e là, sempre più insistentemente. Non a caso, l’accoglienza è stato il “grande” segno del Giubileo della Misericordia, un segno che può testimoniare la concretezza del Vangelo e l’autenticità della nostra conversione. Accoglienza è pratica di solidarietà, è esercizio di giustizia, è affermazione del diritto alla esistenza. Come può tutto questo non essere organicamente presente nelle celebrazioni e nei percorsi educativi?
La delegazione Regionale riscontra che c’è bisogno di un’educazione all’accoglienza da far emergere in tutti i luoghi della vita quotidiana; c’è bisogno di un’informazione onesta e non ideologizzata; c’è bisogno di far crescere un dialogo adulto e fraterno tra culture e etnie diverse.

3. Quale atteggiamento prevalente circola nella nostre comunità nei confronti delle persone che mostrano i segni delle ferite?

Per capire facilmente l’atteggiamento prevalente di oggi nei confronti delle povertà e dei poveri, anche nelle nostra chiese, si potrebbe ricorrere ad una metafora tratta dalla storia della Chiesa stessa. Il povero era stato fino a gran parte del Medioevo un simbolo di valori cristiani: in ogni povero c’era la sofferenza di Cristo e la stessa elemosina più che un carattere di solidarietà sociale assumeva un valore religioso. Ma successivamente, la figura del povero prima assimilata a quella dell’eremita, del viandante pellegrino, è venuta via via confusa con quella di un “esercito minaccioso di miserabili”. Le istituzioni cittadine cominciarono allora a distinguere tra la povertà “vera” da quella “falsa”, comprendendo nella prima i malati, coloro che non potevano più mantenersi per motivi fisici, i ragazzi e i bambini abbandonati dalle famiglie, i vecchi che non potevano più lavorare ma che avevano lavorato in passato. Vi erano poi i poveri organizzati in “compagnie” come quelle dei ciechi e degli storpi riconosciute dall’assistenza pubblica. Ma gli altri indigenti, soprattutto la moltitudine dei poveri occasionali che chiedevano l’elemosina, esclusi da corporazioni e confraternite, cominciarono ad essere denigrati e colpiti da leggi repressive senza più alcun significato pastorale.
Nella nostra contemporaneità sembra ripetersi lo stesso schema: non è la situazione di bisogno, qualunque esso sia, a riconoscervi il bisogno “del nostro Signore”, ma è il giudizio dell’ideologia che domina i media ad indicare chi è povero e chi no, chi merita del nostro aiuto e chi no; non è più la pastorale a guidare l’opinione dei fedeli sulle forme di carità, bensì istituzioni e agenzie esterne alla Chiesa.
In questo senso, si crede, che occorra leggere anche la “crisi del volontariato” anche nella Chiesa. La dimensione della gratuità, che scaturisce direttamente dalla conversione dei cuori, non sembra più essere interessante per i cristiani di oggi.

Non a caso che Francesco sempre ricorda che il cristiano è una persona che accoglie, accogliere significa fidarsi, abbattere i propri muri per riuscire ad intravvedere la pienezza dell’amore, accogliere è fare lo sforzo di aprire le porte di casa, le porte del cuore, aprire i propri confini a chi viene a bussare: “Com’è bello immaginare le nostre parrocchie, comunità, cappelle, dove ci sono i cristiani, non con le porte chiuse, ma come veri centri di incontro tra noi e Dio. Come luoghi di ospitalità e di accoglienza“.

Todi, 07.05.2019
Il Delegato Regionale
Marcello Rinaldi

Contributo preparatorio della Commissione per la vita Consacrata

Conferenza Episcopale Umbra
Commissione per la Vita Consacrata
A CURA DEL CISM REGIONALE

Contributo in vista dell’Assemblea Ecclesiale
Delle Diocesi Umbre
Foligno, 18-19 ottobre 2019

Introduzione
I Religiosi e le Religiose dell’Umbria, come corpo organico all’interno della comunità Ecclesiale, sentono forte il richiamo e l’invito a partecipare alla vita delle diocesi. Per questo avvertiamo come essenziale la preparazione all’incontro che si terrà il prossimo ottobre tra tutte le Diocesi umbre, delle quali siamo parte integrante, e che avrà come titolo l’avvincente espressione della Prima Lettera di Giovanni: «Perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,4). L’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra».
In questa ottica abbiamo pure deciso di dedicare il prossimo incontro dei Religiosi e Religiose, che si terrà nel mese di maggio 2019, ad un tema che vuole essere in continuità con quello dell’Assemblea: «Collaboratori della gioia» (2Cor 1,24).
La gioia del Vangelo è il senso della nostra vita e della nostra consacrazione e avvertiamo la responsabilità di comunicare questa gioia, non da “padroni della verità” ma da servi della gioia altrui. Assieme a tutte le chiese umbre vogliamo «riscoprire la gioia di vivere il Vangelo e di annunciarlo ai nostri contemporanei» (Indicazioni per il cammino di preparazione nelle diocesi e in regione, p. 4). È la stessa commissione preparatoria a chiarire che l’impegno di partecipazione dovrà «interessare e appassionare le diocesi, le parrocchie, i religiosi, le associazioni e i movimenti;…».
Il coinvolgimento lo avvertiamo ancora più pressante in riferimento all’icona evangelica scelta per l’Assemblea: la parabola del tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44). In essa, oltre ad un comune sentire delle chiese in vista dell’incontro, suscita in noi molta attenzione ed interesse perché ci sembra che descriva in modo essenziale la sostanza della vocazione religiosa stessa. Abbiamo abbracciato tale forma di vita proprio perché un giorno abbiamo scoperto questo tesoro ed abbiamo deciso di lasciare tutto per poter acquistare il campo nel quale è nascosto.
In definitiva dunque sentiamo di dover guardare con particolare interesse al cammino di preparazione all’Assemblea di ottobre, perché avvertiamo di dover riscoprire quel tesoro e di approfondire, assieme ai Vescovi, ai presbiteri, ai laici e a tutti i Religiosi, l’arte del comunicarlo.
Le nostre comunità si impegnano ad assicurare la preghiera per la riuscita di questo evento, coinvolgendo particolarmente i contemplativi e le contemplative delle nostre diocesi, consapevoli del fatto che «se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1).
All’interno del Significato Ecclesiale che assume l’incontro di ottobre ci teniamo a sottolineare la nostra apprensione nel prendere consapevolezza che è in gioco «la fede delle nostre Chiese e quindi la qualità della vita nella Regione».
La Chiesa è una sinfonia di voci, di carismi diversi e, particolarmente in questa nostra terra, i Religiosi e le Religiose ricoprono un ruolo di primo piano nella testimonianza e nella cura anche pastorale delle diverse comunità. Non possiamo tirarci in dietro dinanzi alla responsabilità dell’annuncio ed alla condivisione della gioia.
Nostro particolare compito sarà comprendere come rafforzare la gioia nei credenti umbri, facendo la nostra parte in comunione con tutte le espressioni della vita ecclesiale.

Dando uno sguardo alle schede di lavoro per la preparazione diocesana all’Assemblea, abbiamo pensato di rispondere principalmente alle domande che, nei vari argomenti trattati, ci sembravano particolarmente rivolte a noi anzitutto come uomini e come Religiosi e poi come operatori pastorali.
Di ogni scheda dunque abbiamo preso in esame gli aspetti più inerenti alla nostra forma di vita.

1. VIVERE LA CHIESA. Per una fede celebrata e condivisa: tessuto delle comunità, senso di appartenenza, qualità delle celebrazioni.
L’Eucaristia è il fondamento della vita Religiosa e della vita di tutte le comunità cristiane. L’Eucaristia edifica la Chiesa e fa sì che ogni credente possa assimilarsi sempre più al Figlio del Padre per poter essere in Lui figlio. Avvertiamo come sia una grande sfida quella di far percepire ai fedeli la consapevolezza della propria appartenenza ad un corpo più grande, quello ecclesiale, e che celebrando l’Eucaristia, soprattutto quella domenicale, si è in comunione con tutta la Chiesa di Gesù.
In particolare noi, Religiosi, ai quali sono affidati molti dei santuari umbri, una ricchezza inestimabile, dobbiamo avere le necessarie attenzioni affinché tutte le nostre comunità si sentano parte attiva e integrante delle Diocesi nelle quali sono inserite, ed educhino tutti i fedeli a questo sentire cum ecclesia, senza il quale la formazione manca di un aspetto fondamentale e sostanziale.
Dall’altra parte auspichiamo che i vescovi, i pastori ed i laici delle diverse Chiese ci considerino anch’essi parte di quel corpo che costituisce la comunità cristiana.
Nel nostro impegno ad annunciare la gioia del Vangelo riscontriamo una grande difficoltà nel far sentire la necessità di celebrare la domenica come giorno del Risorto. Spesso, in generale, anche tra i pastori e i Religiosi, si riscontra una sorta di stanchezza che si ripercuote nella vita liturgica e spirituale delle nostre assemblee.
Abbiamo bisogno di ritrovare in noi la gioia perché possa, con la grazia del Signore, circolare tra tutti i credenti.

2. GLI ADULTI E LA FEDE. Per una fede pensata e adulta: priorità degli adulti, problema dei linguaggi.
Ritornando alle intuizioni del Concilio la Parola e l’Eucaristia debbono essere riconosciute chiaramente come il fondamento della vita della Chiesa.
Anzitutto avvertiamo di doverci convertire sempre e incessantemente ad una vita spirituale nutrita dalla Parola di Dio. Ritornare alla Scrittura è l’impegno che sentiamo di dover riprendere e lo stile con il quale fare il nostro annuncio.
Riteniamo che tutti i membri della Chiesa locale debbano operare questo tipo di conversione utilizzando tutti quegli strumenti che già vengono offerti dalle Diocesi e stimolando a produrne di nuovi che sappiano radicarsi efficacemente nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione della liturgia. In generale però rileviamo che in molti casi la molteplicità delle iniziative o dei sussidi offerti possa essere in qualche modo eccessiva, rischiando di far smarrire il confronto semplice e diretto con la Sacra Scrittura, fonte privilegiata del cammino di fede di ciascuno.
L’ascolto della Parola va accompagnato da una sana capacità di tradurlo nella lingua del popolo di Dio. In questo sentiamo che i Pastori debbano essere sempre più esperti in umanità, capaci di condividere la vita e le sfide della gente, affinché non venga svilito e avvertito come superfluo o incomprensibile, l’annuncio della gioia del Vangelo.

3. I GIOVANI E LA FEDE. Per una fede interessante trasmessa alle nuove generazioni: coraggio innovativo.
Affrontando il tema dei “Giovani e la fede” non possiamo non partire dalla costatazione che, pur avendo le nostre Comunità un età media alta, ci sono ancora giovani che si accostano e chiedono di entrare nel cammino di formazione verso la professione religiosa. Questo aspetto porta a considerare che tutta la ricchezza, ma anche la fragilità della condizione giovanile ci tocca da vicino.
Non possiamo non costatare che la terra di Francesco e di Chiara, di Benedetto e di Rita, eserciti ancora il suo fascino sulle nuove generazioni ma non possiamo perdere la consapevolezza che il “moto” iniziale della vocazione abbia poi bisogno di concretezza e di radicamento nella vita vera.
Ci accorgiamo della difficoltà che, nella nostra società, il Vangelo incontra per radicarsi nella vita e nel cuore delle persone, ed in particolare dei giovani. Un mondo che viaggia a velocità sempre più elevate sembra essere in dissonanza con la necessità della cura attenta e distesa della dimensione spirituale e autenticamente umana. Allo stesso tempo però si riscontra nei giovani e nella loro disposizione ad essere sempre “connessi”, l’attitudine ad abitare quegli spazi nei quali una sorta di annuncio può essere vissuta.
Soprattutto pensando ai giovani dobbiamo avere uno sguardo positivo e costruttivo, capace di cogliere tutte le enormi potenzialità e lo spirito di profezia che la condizione di giovane può portare con sé.

4. FEDE E VITA 1. Per una fede capace di plasmare la vita: gli affetti.
La dimensione affettiva è una componente essenziale della vita di ogni uomo. L’annuncio del Vangelo non può non toccare anche tale aspetto, anzi deve essere capace di parlare al “cuore” di ciascuno.
La conversione che deve realizzarsi in noi e che deve essere annunciata e proclamata non può esimersi di arrivare fino alle profondità del cuore umano.
Ci siamo resi conto che troppo spesso la nostra predicazione è concentrata principalmente sulla dimensione intellettiva e conoscitiva, una sorta di comunicazione di informazioni, talvolta molto interessanti, sulla fede cristiana.
Riteniamo che, l’annuncio all’uomo integrale, debba prendere le mosse dal cammino personale di ogni annunciatore che abbia toccato le corde più profonde della vita spirituale, intellettuale ed affettiva della persona umana.
In questo senso abbiamo bisogno, anzitutto noi, di riscoprire la necessità di “evangelizzare l’amore”, questa parola abusata da tutti e per questo svilita nel suo significato più vero. Abbiamo bisogno di ritornare al Vangelo e a Gesù perché ritroviamo in lui il senso dell’amore, che sta alla base di tutte le nostre relazioni e che deve essere il fine ultimo di ogni progetto di vita.
Abbiamo riconosciuto quanto bene possa fare l’approfondimento serio dell’Amoris Laetitia, in alcuni ambienti ancora troppo ignorata o considerata a partire da pregiudizi molto radicati.

5. FEDE E VITA 2. Per una fede concreta e incisiva: il lavoro, il tempo libero.
Ci sentiamo molto interrogati dal tema di questa scheda. In particolare il tema del lavoro assume per noi Religiosi e Religiose un significato tutto particolare. Ci aiuta infatti a ricordare che, in quanto consacrati, siamo sì uomini e donne di Dio, ma siamo pure uomini e donne che lavorano, che affondano le radici della propria vita in quella dell’operaio di Nazaret. Chiamati a imitare il Maestro non possiamo rinunciare a questa dimensione essenziale della vocazione religiosa.
Riconosciamo dunque che il nostro ruolo di consacrati possa apportare un contributo notevole a questo tema, aiutando anche i laici a considerare il lavoro non come esperienza frustrante ma come sequela, contemplazione, e come collaborazione all’opera creativa di Dio.
Ovviamente siamo ben consapevoli che il lavoro sia un aspetto determinante della vita umana. Riscontriamo che, per troppi, la ricerca del lavoro sia un percorso estenuante che può lasciare spazio alla disperazione ed allo sconforto. In questo noi con la Chiesa tutta dobbiamo fare di più per sensibilizzare a questo tema e per offrire un contributo efficace nella ricerca di soluzioni concrete.
Spesso il contributo che noi Religiosi e Religiose offriamo si esprime nell’ascolto e, non di rado, nella risoluzione di singoli casi, aiutando persone in necessità a trovare lavoro. Forse anche a livello comunitario di Parrocchie e Diocesi, si deve pensare ad un modo più efficace di essere vicini a quanti faticano a trovare un lavoro abbastanza stabile, o a quanti lo hanno perso magari in età piuttosto avanzata e per i quali le speranze di essere riassunti si assottigliano con il passare del tempo.

6. FEDE E VITA 3. Per una fede risanante e consolante: le fragilità.
Quello delle fragilità è un tema che tocca sul vivo l’esperienza di ciascuno di noi. Come approccio sentiamo il bisogno di dichiarare che, per guardare alle fragilità ed alle ferite altrui, abbiamo necessità di riconoscere le nostre fragilità e le nostre ferite.
In questo senso, ci sembra, non esistono dei sani chiamati a prendersi cura dei malati, ma delle persone ferite e, qualche volta, guarite che si fanno compagni di viaggio di altri indigenti come loro.
Detto questo e assimilato tale contenuto, ci si può guardare attorno per individuare nel nostro territorio quelli che “rimangono indietro”, i deboli e i meno dotati.
Un aspetto che sta diventando sempre più urgente è la cura dell’incontro con chi, per motivi diversi, viene nel nostro paese e rischia di vivere in una condizione di emarginato, per la mancanza di una casa, di un lavoro o per la semplice impossibilità di comunicare nella nostra lingua. Il clima politico dei questo periodo poi invita pesantemente ad un atteggiamento di diffidenza, di chiusura, a volte di vero e proprio razzismo. Ci sentiamo di prendere le distanze da questo comune sentire, per aprirci invece ad un autentico spirito evangelico di sapiente accoglienza e integrazione.
Sul territorio ci sono molti importanti tentativi di vera integrazione ma sono da far conoscere e da incrementare.

7. FEDE E BENE COMUNE. Per una fede incisiva e decisiva nella e per la costruzione delle città a partire dai più deboli e ultimi: politica e solidarietà.
Anche questo tema, come il precedente, tocca da vicino la nostra vita religiosa. Il prendersi cura dell’altro, l’attenzione verso i poveri, richiama alcuni aspetti fondamentali della scelta della vita consacrata: la vita comunitaria e i voti, in particolare quello della povertà. Anche in questo caso dunque quando noi Religiosi e Religiose parliamo dei poveri dobbiamo avvertire chiaramente che quanto diciamo vale anzitutto per noi. Dobbiamo recuperare la consapevolezza di essere dei poveri tra i poveri e, a motivo della nostra povertà, possiamo avere una spiccata sensibilità nei confronti di chiunque viva in una condizione d’indigenza.
A partire da questa premessa possiamo dedicarci ad una proposta di percorsi di evangelizzazione che si traducano nell’educazione all’attenzione operosa verso l’altro. Riconosciamo che in questo c’è molto da fare: abbiamo da rifondare le nostre proposte in questa direzione.
È da rilevare però che, in generale, le comunità religiose spesso si trovano, nell’attenzione ai poveri, a supplire a molte mancanze di questa società incapace di venire incontro a chi più ha bisogno. A tutto questo va aggiunto che, come cattolici, dobbiamo fare di più per incidere maggiormente nell’azione politica e sociale della nostra Regione. Dobbiamo ritornare ad una sana e seria formazione alla politica, che non abbia timore di chiamare le cose con il loro nome, di annunciare quei valori che caratterizzano le comunità cristiane, e di far sentire la dimensione politica come dimensione propria di ogni cittadino e quindi di ogni credente.

Fra’ Matteo Siro provinciale cappuccini dell’Umbria
PRESIDENTE CISM UMBRIA

Fr. Leonardo Antonio De Mola piccoli fratelli Jesus Caritas
SEGRETARIO CISM UMBRIA

Perugia-Città della Pieve: Un Avvento di arte e carità

L’arte e la carità nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve sono al centro del tempo forte di Avvento, attraverso una serie di eventi significativi di rilevanza culturale e sociale: dal presepe nelle Logge di Braccio della cattedrale di San Lorenzo alla mostra artistica nella cripta della concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio.

Il presepe nelle Logge di Braccio.

A Perugia, sabato 7 dicembre, alle ore 18.30, sarà inaugurato dal cardinale Gualtiero Bassetti e dal sindaco Andrea Romizi il presepe artistico nelle Logge di Braccio, all’esterno della cattedrale, davanti alla splendida Fontana Maggiore di piazza IV Novembre. Il presepe sarà allestito da alcuni giovani delle opere segno-strutture di accoglienza della Caritas diocesana, che si sono ispirati ai luoghi che li ospitano e agli oggetti e manufatti della loro vita quotidiana. L’inaugurazione sarà preceduta (ore 17.30) dal concerto canoro-musicale natalizio di 400 alunni della Scuola Montessori in piazza o in cattedrale (se il meteo non lo permetterà).

La nuova sede Caritas.

A Città della Pieve, domenica 8 dicembre, alle ore 16.30, alla presenza del cardinale Gualtiero Bassetti e del sindaco Fausto Risini, in via Caduti del Lavoro (adiacente al Santuario della Madonna di Fatima), sarà inaugurata la nuova sede della Caritas parrocchiale con il Centro di ascolto, il servizio di distribuzione prodotti alimentari di prima necessità, vestiti e materiale scolastico e ludico per bambini. A seguito del crescente impegno della comunità parrocchiale nell’aiutare non poche famiglie in difficoltà, è stato necessario dotarsi, spiega il parroco don Simone Sorbaioli, di una sede Caritas più funzionale, realizzata grazie alla generosità di una famiglia pievese e alle offerte raccolte per questo progetto. La responsabile della nuova sede Caritas è la signora Roberta Rismondo, mentre la referente Caritas per la 7a Zona pastorale dell’Archidiocesi (Città della Pieve – Castiglione del Lago) è la signora Emanuela Stoico.

La mostra artistica natalizia.

A Città della Pieve, sempre domenica 8 dicembre, alle ore 19, nella cripta della concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio, si terrà l’inaugurazione della mostra dal titolo: “Il Natale nella rappresentazione artistica pievese”, fruibile fino al 6 gennaio prossimo. Saranno presenti il cardinale Gualtiero Bassetti, il sindaco Fausto Risini e i rappresentanti delle Istituzioni culturali locali. L’occasione di questa mostra, spiega l’arciprete della concattedrale don Simone Sorbaioli, nasce dal recente restauro di due predelle databili tra la fine del XV secolo e l’inizio de XVI secolo di autore anonimo, parti di un’opera più complessa di cui si sono perse notizie. La mostra approfondirà gli studi su queste due opere così da presentarle meglio al grande pubblico, insieme ad altre opere selezionate con temi affini e materiale liturgico legato alle celebrazioni natalizie, oltre a valorizzare gli splendidi ambienti della cripta della concattedrale

Gubbio – la Chiesa diocesana celebra l’Immacolata, compatrona della città

Continua l’omaggio dei fedeli alla Vergine Immacolata, compatrona di Gubbio, con le ultime giornate di novena, iniziata il 29 novembre scorso nella chiesa di San Francesco.
Venerdì scorso è stata celebrata la memoria dei beati Tommaso da Gubbio (+ 1334) del Primo ordine francescano, Bartolomeo da Gubbio (+ 1236) e Pietro da Gualdo (+ 1367) del Terz’ordine. In quell’occasione è stato anche celebrato l’anniversario dell’approvazione della regola francescana da parte del papa Onorio III ed è stata rinnovata la professione religiosa dei frati del convento eugubino.
Poi, nei giorni seguenti, sono state le parrocchie della zona cittadina ad animare le celebrazioni liturgiche della novena in preparazione della festa dell’Immacolata. Martedì 3 dicembre è stato celebrato anche il secondo anniversario dell’ordinazione episcopale di mons. Paolucci Bedini.
Domani, alle ore 18, ci sarà la celebrazione penitenziale comunitaria, con la possibilità di accostarsi al sacramento della confessione. In serata, alle ore 21, ci sarà poi l’omaggio dei giovani alla Vergine Maria. La novena si concluderà sabato 7 dicembre, con la liturgia officiata da don Andrea Svanosio e anticipata di un’ora, alle 17, per evitare sovrapposizioni con la cerimonia di accensione dell’Albero di Natale.
Domenica 8 dicembre, nella solennità dell’Immacolata, sono previste sante messe alle ore 7,30, 9, 10 e 11.30 del mattino (quest’ultima celebrata da don Edoardo Mariotti). Nel pomeriggio, alle ore 17.30 la preghiera del rosario e alle 18 la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Luciano, con la partecipazione delle autorità eugubine con il gonfalone della città. I canti della liturgia vespertina saranno eseguiti dalla cappella musicale Cantores Beati Ubaldi.
Sul canale 111 del digitale terrestre, Trg trasmette in diretta sia la novena, sia la messa pomeridiana dell’8 dicembre.

Arrone – “Suoniamo i Campanili d’Europa per sostenere i Diritti Umani”

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, il Gruppo Campanari di Arrone con il sostegno della Federazione Nazionale Suonatori di Campane, promuove per il decimo anno consecutivo l’iniziativa “Suoniamo i Campanili d’Europa per sostenere i Diritti Umani”.
Considerato il crescente successo avuto nelle passate edizioni quando campanili da tutta Italia, dalla Spagna e dall’Inghilterra hanno suonato in contemporanea, torniamo a lanciare nuovamente l’iniziativa auspicando che continui questo trend positivo con una partecipazione ancor più numerosa. Anche quest’anno, rivolgeremo un pensiero ed un augurio di pronta rinascita alle zone colpite dal sisma.

L’impegno prevede un’esecuzione (suonata a festa o qualsiasi cosa preferiate) da effettuarsi la sera del 10 dicembre 2019 alle ore 20.00 della durata di dieci minuti. Lo scopo è quello di divulgare e sostenere il valore dei Diritti Umani tramite le armonie dei Sacri Bronzi.
Informazioni sulle passate edizioni sul sito: www.campanariarrone.it

Campi di Norcia: inaugurato il Centro di Comunità “S. Andrea”, frutto della semplicità dell’amicizia delle Diocesi di Como e di Mantova. Mons. Boccardo: «È questa solidarietà che ci riscalda il cuore»

Sabato 30 novembre 2019 per la comunità parrocchiale dell’Abbazia di S. Eutizio in Preci guidata da don Luciano Avenati è stata una giornata importante: a tre anni dai terremoti del 2016 è stato infatti inaugurato il Centro di Comunità “S. Andrea” nella frazione di Campi di Norcia, un ulteriore segno che l’archidiocesi di Spoleto-Norcia consegna alla popolazione per dire che è possibile ricominciare.

Il Centro, frutto dell’amicizia delle Chiese di Como e di Mantova. L’arcivescovo mons. Renato Boccardo ha benedetto e presieduto la Messa per l’inaugurazione del Centro. Con lui hanno concelebrato i vescovi di Como mons. Oscar Cantoni e di Mantova mons. Gianmarco Busca, ossia le Diocesi che hanno raccolto i fondi per le costruzione del Centro. C’erano poi i sacerdoti del nursino e casciano, alcuni presbiteri della diocesi di Terni-Narni-Amelia e don Diego Testino parroco di sei comunità nel Comune di Ceranei (Genova) gemellate da dopo il sisma con quella dell’Abbazia di S. Eutizio. “Regista” attento e accogliente è stato don Luciano Avenati, coadiuvato da tanti parrocchiani che hanno dedicato tanto tempo ad arredare e abbellire la nuova struttura di oltre 200 metri quadri. Moltissimi i fedeli presenti, tra cui il sindaco di Norcia Nicola Alemanno, quello di Preci Massimo Messi e le autorità militari. La liturgia è stata animata dalla corale parrocchiale; il servizio all’altare è stato invece curato dall’eremita Tadeusz Wrona e da due seminaristi diocesani.

Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato il motivo di questa giornata: «Siamo qui per inaugurare questo luogo che diventa la casa di Dio in mezzo alle case degli uomini, un luogo di condivisione e di fraternità che ci ricorda la presenza amica di Dio nella vita di ogni giorno. È vero che quando si entra nella prova – per noi quella del terremoto e la conseguente fatica di andare avanti con i segni della speranza che mancano, con la frustrazione delle attese e delle promesse non mantenute – si pensa che non vale la pena ricominciare. E invece no: vale la pena sempre ripartire, perché il Signore si prende cura di noi e continua ad essere presente al nostro fianco per ricordarci ciò che vale veramente. Questa casa allora ci ricorda ad essere solleciti del bene vero, ad essere ricchi interiormente, certi che Dio è con noi».

Il grazie di mons. Boccardo alle Chiese di Como e Mantova e a don Luciano. L’Arcivescovo, poi, ha ringraziato i suoi confratelli di Como e di Mantova e con loro le Caritas diocesane e tutti i fedeli di queste due Chiese lombarde: «La semplicità dell’amicizia – ha detto – riscalda il cuore: care Eccellenze, siete qui per dirci che ci volete bene, che siete con noi senza calcolo, che siete qui per amore e non per fare delle passerelle a fini propagandistici. Da ciò impariamo che solo nella misura in cui riusciamo a metterci insieme e a non avere paura di chi è diverso è possibile costruire: oggi, invece, i tanti messaggi che riceviamo ci invitano a ripiegarci su noi stessi nella ricerca dell’interesse personale e privilegiare lo slogan prima noi e gli altri si arrangino». Infine mons. Boccardo ha ringraziato don Luciano per «la sua fedeltà, la tenacia, la determinazione e la fantasia. Sono orgoglioso – ha detto il Presule – dei miei sacerdoti che dopo il sisma sono rimasti qui e non si sono mai allontanati da questa gente».

Don Luciano Avenati ha ringraziato l’Arcivescovo per la sua presenza e vicinanza in questi tre anni post sisma. «Al di là di quello che qualcuno ancora dice – ha affermato – io devo testimoniare davanti a tutti che la sua presenza non è farfallona ma molto concreta, affettuosa, discreta, vicina. Lui ha avuto a cuore molto la realizzazione di questo luogo e con tenacia lo ha portato avanti. Grazie monsignore per questo ulteriore segno che ci dà». Poi, don Luciano si è commosso quando ha ringraziato gli operai della ditta che ha realizzato il Centro (Valentini & Scarponi Costruzioni) per l’abnegazione dimostrata. Per la cronaca: il progettista architettonico e direttore dei lavori è stato il geometra Simone Desantis, il progettista strutturale l’ing. Giuseppe Scatolini.

Il vescovo di Como mons. Oscar Cantoni ha detto: «Usciamo da questa celebrazione con la certezza che i colpi del terremoto sono meno intensi della carità di Dio, del suo amore che si fa vivo e viene realizzato dall’amicizia e dalla solidarietà che formano la vera fraternità cristiana. L’occasione calamitosa del terremoto è diventata occasione di solidarietà: così vivono i cristiani e le comunità sono attraenti per la carità che manifestano di volta in volta. Grazie a questa comunità parrocchiale che ci permette di esercitare questa carità che proseguirà anche con l’invio di giovani da Como per un tempo di servizio in questo territorio, a questa gente».

Mons. Gianmarco Busca vescovo di Mantova, città che ha sofferto il terremoto nel 2012, ha sottolineato che «la distruzione che provoca il sisma ci rimane non soltanto negli occhi per aver visto i muri che cadevano, ma lascia anche una traccia interiore. È molto bello allora che per guarire le ferite interiori si possano celebrare anche i successi di ricostruzione come questo Centro. Il terremoto – ha concluso – ci lascia due frutti: la pazienza, che è la virtù di sopportazione attiva anche di eventi non previsti come il terremoto, che non si lascia piegare ma che sa inventare percorsi nuovi; la fraternità, ossia il concretizzarsi della bellezza per i cristiani dell’essere membra gli uni degli altri e che quando un membro soffre tutti soffriamo, quando uno gioisce tutti gioiamo».

Alla fine, ha preso la parola anche don Diego Testino parroco di sei comunità nel Comune di Ceranei (Genova): «La Divina Provvidenza – ha detto – ci ha fatto incontrare don Luciano e questa parrocchia dell’Abbazia di S. Eutizio. Nelle visite reciproche abbiamo ricevuto tanto da questa comunità, ci ha fatto crescere nella fede e nell’amore, ci ha dato delle belle testimonianze di tenacia, di forza, di amore alla terra e alla comunità. Veniamo sempre volentieri per imparare».

Perugia: Presentato il 4° Rapporto diocesano sulle povertà. Diminuiti nell’ultimo triennio (2016-2018) gli utenti Caritas, sia italiani che stranieri, ma aumentata la domanda dei loro molteplici bisogni

Sono diminuiti da 1.061, del 2016, a 1.008, del 2018, gli utenti del Centro di ascolto diocesano della Caritas di Perugia-Città della Pieve, sia italiani che stranieri, ma non la domanda dei loro bisogni, in costante crescita rispetto al passato. E’ il primo dato che emerge dal 4° Rapporto diocesano dal titolo “La forza della fragilità. L’impegno Caritas”, redatto dall’Osservatorio sulle povertà e l’inclusione sociale della Caritas perugino-pievese diretto dall’economista Pierluigi Grasselli, la cui attività di ricerca-studio è incoraggiata e sostenuta dal cardinale Gualtiero Bassetti che ha apprezzato molto anche quest’ultima edizione curata sui dati dell’anno 2018 raccolti dai Centri di ascolto diocesano e parrocchiali.

La presentazione del 4° Rapporto sulle povertà si è tenuta nel pomeriggio del 29 novembre, presso la sede della Caritas diocesana del “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” di Perugia, che ha visto come relatori il direttore di quest’organismo pastorale, il diacono Giancarlo Pecetti, e il direttore dell’Osservatorio diocesano sulle povertà, il prof. Pierluigi Grasselli. Significativa la presenza, oltre di alcuni rappresentanti e volontari Caritas giunti da altre diocesi dell’Umbria, di un nutrito gruppo di giovani operatori dei Servizi sociali del Comune di Perugia. Questi hanno apprezzato il rapporto nel ritenerlo interessante e funzionale al loro servizio, perché di aiuto alla lettura del fenomeno non tanto per i dati che contiene, ma per la raccolta di diverse e differenti richieste di aiuto e, nel contempo, per le proposte che la Caritas formula, grazie alla sua esperienza, per contrastare vecchie e nuove forme di povertà.

Infatti, dall’articolata presentazione del prof. Grasselli, sono emerse soprattutto le problematiche e le tendenze attuali e future della povertà, delle molteplici forme di povertà che quotidianamente il Centro di ascolto diocesano e quelli parrocchiali raccolgono e soccorrono. L’economista, soffermando sulla varia natura delle richieste di aiuto, ha evidenziato che «spaziano da quelle economiche in senso stretto, a quelle del lavoro, della casa e di tanti bisogni legati alla famiglia, alla scuola e alla salute. Anche la sanità mostra un ruolo crescente nel sostegno a queste famiglie. Davanti a questa domanda molto complessa, la Caritas ha sviluppato un’azione adeguata, nel senso che ha accresciuto il numero dei suoi interventi e ne ha ampliato l’articolazione». Inoltre per l’aumento del tipo di domanda di aiuto, secondo il prof. Grasselli e il direttore della Caritas Pecetti, è sempre più importante l’intervento e la sinergia con le Istituzioni preposte in materia, chiamate a rispondere in maniera più specifica alle tante esigenze e forme di povertà.

Perugia: “Avvento di fraternità 2019” dedicato sempre a chi soffre ed è in difficoltà.
Quest’anno la Caritas diocesana si mobilita per aiutare le popolazioni terremotate dell’Albania

A margine della presentazione del 4° Rapporto sulle povertà, il direttore Caritas diocesana di Perugia, il diacono Giancarlo Pecetti, ha annunciato la prossima iniziativa di carità, che si svolgerà nell’incipiente periodo di Avvento, che inizia domenica primo dicembre. Si tratta dell’iniziativa dell’“Avvento di fraternità 2019”, ovvero una raccolta di offerte che si compie tradizionalmente la Terza domenica di Avvento (il prossimo 15 dicembre) in tutte le comunità parrocchiali e di volta in volta ha una destinazione diversa. «Quest’anno – ha affermato Pecetti – vogliamo far sentire la nostra vicinanza e condivisione ai fratelli albanesi colpiti dalla grave calamità naturale del recente terremoto che ha provocato morti, feriti e distruzioni. Non potendo essere presenti con nostri volontari in Albania, lo facciamo con il dedicare a questi fratelli nella sofferenza il nostro “Avvento di fraternità”, segno dell’amore di Cristo, attraverso l’amore di noi uomini verso persone molto provate da lutti e dalla perdita della casa». Il diacono Pecetti ha colto l’occasione per richiamare il significato cristiano della parola «fraternità», in questo caso «verso i nostri fratelli albanesi, cercando di poter alleviare le loro sofferenze – ha sottolineato – facendo sentire concretamente la nostra vicinanza anche con una raccolta di offerte da destinare ai progetti avviati dalla Caritas italiana a favore delle popolazioni colpite dal terremoto».

Perugia – il cardinale Gualtiero Bassetti in visita alla comunità cattolica romena di rito greco bizantino. «La Chiesa vi è madre… Siete una delle sue tante sfaccettature che sono delle ricchezze»

L’Avvento, la Festa nazionale della Romania e il primo anniversario della costituzione della comunità cattolica di rito greco o bizantino dell’Umbria, sono stati i motivi per i quali il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha fatto visita, nella mattinata del primo dicembre, a questa comunità di fedeli (in tutta la regione conta più di 500 famiglie), che si ritrova settimanalmente nella chiesa della Valle, situata tra i centri abitati di Ferro di Cavallo e Olmo del capoluogo umbro, messa a sua disposizione dall’Archidiocesi perugino-pievese nell’autunno 2018.

Il cardinale Bassetti è stato accolto dal parroco padre Lucian Gheoge Cordis e dal decano di Toscana e Umbria padre Valer Sician, parroco della comunità greca romena di Firenze, e a rappresentare il Clero dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve è stato don Marco Briziarelli, parroco solidale della vicina Unità pastorale di San Sisto-Lacugnano-Sant’Andrea delle Fratte. Il porporato ha salutato i numerosi presenti soffermandosi sui «tantissimi riti nella nostra Chiesa, che sono un segno della sua ricchezza nel rispetto delle sue tradizioni e delle sue diversità – ha evidenziato Bassetti –. Il “denominatore” è unico: noi siamo della Chiesa cattolica e sentiamo tutti la gioia di appartenere a questa Chiesa nell’obbedienza e nella comunione con il Santo Padre Francesco. La diversità dei riti liturgici con cui noi tutti esprimiamo la nostra lode a Dio viene la Lui ricambiata con il suo dono della salvezza. Dice il Papa: “La Chiesa non è un cristallo con una sola facciata; la Chiesa è un poliedro che comunica e trasmette la Luce e il messaggio di salvezza attraverso tante sfaccettature che sono delle ricchezze».

«L’Avvento – ha proseguito il cardinale – ci esorta a riflettere sul mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e questo diventa motivo di speranza anche se abbiamo tanti motivi di preoccupazione che ci accomunano. Basti pensare a chi non ha lavoro, ha chi ha problemi di salute, a chi è lontano dal Paese d’origine, come voi, e anche questa è una sofferenza provata dagli stessi italiani migranti nel mondo, perché l’immigrazione è un fenomeno umano che riguarda tutti i popoli. Vorrei aiutarvi come Chiesa a farvi sentire pienamente inseriti nella nostra comunità e soprattutto nella Chiesa cattolica che è la vostra madre. Vivete con intensità l’Avvento andando incontro al Signore con fede, speranza, gioia e con tanto amore».

Il cardinale si è soffermato anche sul secondo e sul terzo motivo della sua visita: la Festa nazionale della Romania e il primo anniversario della costituzione della comunità cattolica romena con sede nella chiesa della Valle di Perugia. «Anche la Nazione, come la Chiesa – ha evidenziato –, ci è madre e io mi auguro che per nessun popolo della terra una nazione sia matrigna». Poi, nel ricordare il primo anniversario di questa comunità di fedeli, ha annunciato un suo dono. «A completamento dell’arredo liturgico di questa chiesa – ha detto Bassetti – io vi donerò l’iconostasi, perché voglio che la liturgia la compiate nel rispetto di tutte quelle che sono le norme liturgiche del vostro rito. Questo dono è anche un segno della vicinanza e dell’affetto della Chiesa perugino-pievese che vi è madre come la vostra Chiesa di Romania».

Assisi – inaugurazione scuola socio-politica “Giuseppe Toniolo”. Oltre 3400 giovani hanno presentato la loro candidatura per partecipare ad “Economy of Francesco”.

Oltre 3400 giovani da 120 Paesi del mondo hanno presentato la loro candidatura per partecipare ad “Economy of Francesco”, l’evento che dal 26 al 28 marzo 2020 porterà ad Assisi giovani economisti, imprenditori e change-makers alla presenza del Santo Padre.
I dati sono stati forniti da Maria e Florencia, due ragazze del team di giovani che affianca il Comitato organizzatore di “Economy of Francesco”. Queste ed altre informazioni sono state evidenziate nel corso della cerimonia di inaugurazione della Scuola socio-politica “Giuseppe Toniolo” che si è tenuta sabato 30 novembre all’Istituto Serafico di Assisi, quest’anno dedicata proprio all’evento del marzo prossimo.
L’incontro è iniziato con i saluti del direttore della Scuola socio-politica, Francesca Di Maolo, del presidente della Conferenza Episcopale Umbra, monsignor Renato Boccardo e del sindaco di Assisi, Stefania Proietti. Sono seguite l’introduzione del vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino e la relazione dell’economista Luigino Bruni, rispettivamente presidente e direttore scientifico del Comitato organizzatore di “Economy of Francesco”.

“L’individualismo – ha detto il vescovo Sorrentino nella sua introduzione – è un’ideologia che fa concentrare su sé stessi, ma c’è anche una visione diversa in cui l’‘io’ non si concepisce se non in relazione con il ‘tu’ e il ‘voi’. Questo ha ispirato grandi scuole anche dell’economia. Non si può fare un’economia sulla misura egocentrica, ma su una misura solidale con l’umanità. Questa scuola – ha sottolineato – è un piccolo segno di questa economia dal volto umano”.

Nel suo intervento l’economista Bruni, dopo avere spiegato il rapporto tra cristianesimo e capitalismo, ha affermato che “il capitalismo ha depredato l’ambiente. Non abbiamo applicato alla terra il principio del mutuo vantaggio. In questo momento – ha precisato – si corre il rischio che l’urgenza ambientale offuschi tutte le altre. Insieme a quelle della terra sono tante le sostenibilità. Il grido della terra e quello dei poveri è lo stesso grido”.

Durante i saluti conclusivi il direttore Di Maolo ha sottolineato che per l’evento di marzo ci sono tante attese. “Abbiamo bisogno – ha detto – di un’economia che cambi di efficienza, efficacia e qualità”.

Per iscriversi alla Scuola socio-politica, uno degli eventi accreditati “Towards” in preparazione a “The Economy of Francesco”, scaricare il modulo di partecipazione disponibile sul sito della diocesi www.diocesiassisi.it inviandolo compilato alla mail della segreteria: scuolasp@assisi.chiesacattolica.it.

Assisi – all’accensione e benedizione dell’albero di Natale e del Presepe nella piazza inferiore della Basilica di San Francesco

Si terrà domenica 8 dicembre la tradizionale accensione e benedizione dell’albero di Natale e del Presepe nella piazza inferiore della Basilica di San Francesco d’Assisi. L’evento è dedicato alla cura e alla salvaguardia del creato. Il Presepe e l’albero arrivano da Borca di Cadore, zona colpita nell’ottobre 2018 dalla tempesta Vaia che distrusse migliaia di ettari di foresta.

Il Presepe, donato dall’Associazione “Io Amo Castellavazzo”, è composto da pastori in legno di abete rosso a grandezza naturale. L’albero di 14 metri offerto dalla “Regola” di Borca di Cadore, verrà addobbato con circa 45 mila luci a led. Verranno inoltre donati da artisti, associazioni e artigiani veneti oggetti natalizi in legno che la comunità francescana metterà all’asta per i poveri dell’Umbria. La giornata si concluderà nella Basilica Superiore di San Francesco con un concerto gratuito di Giovanni Allevi.

IL PROGRAMMA

Alle 15.00 nel Sacro Convento di Assisi si terrà un incontro, moderato dal Presidente di Symbola, Ermete Realacci, dal titolo “La casa comune in rovina. Cosa fare?” al quale parteciperanno il Relatore Generale Sinodo Amazzonia, Cardinale Cláudio Hummes, l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il fondatore dell’associazione Slow Food, Carlo Petrini.

Alle 17.00 si terrà la Santa Messa nella Basilica Inferiore presieduta dal Cardinale Cláudio Hummes. 

Alle 18.15, al termine della celebrazione, si terrà la cerimonia di accensione e benedizione dell’albero di Natale e del Presepe aperta dal Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, durante la quale verranno consegnati i doni alle famiglie più bisognose.

Parteciperanno all’evento la Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, il Sindaco di Betlemme, Anton Salman, la Sindaca di Assisi, Stefania Proietti, e per la Regione Veneto, Fabrizio Stella, “Soggetto Attuatore per il rilievo opere agricolo-forestali” per l’emergenza post Vaia.

Per l’occasione ci sarà anche un coro di voci bianche che si esibirà con i tradizionali canti natalizi. Il coro delle classi I della Scuola Media Frate Francesco, le classi V della Scuola Elementare S. Antonio e le classi V della Scuola Elementare di Rivotorto sono diretti dalla Professoressa Gloria Negroni e accompagnati alla tastiera dal M° Michele Fumanti.