Movimenti per la vita dell’Umbria, una giornata per celebrare la vita e dare speranza

La Federazione Umbra dei Movimenti per la Vita e dei Centri di Aiuto alla vita si appresta a celebrare la 42° Giornata Nazionale per la Vita. In diverse località della regione, laddove sorge uno dei MpV o un Centro di Aiuto alla Vita, si svolgeranno nei prossimi giorni iniziative per informare, sensibilizzare e far riflettere l’opinione pubblica sui temi della vita nascente, ma non solo.

Per sottolineare l’importanza ma anche descrivere quello che è il quotidiano di queste associazioni di volontariato che sostengono la maternità più fragile e il diritto alla vita, si è svolta oggi a Perugia una conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, con un accenno anche a quelli che sono i numeri della demografia nella nostra regione, che fanno una foto precisa e impietosa della realtà. I dati (allegati più oltre) sono stati gentilmente messi a disposizione dalla sociologa prof. Rosita Garzi, docente presso l’Università degli Studi di Perugia.
Ad intervenire in conferenza è stata la presidente della Federazione Umbra MpV, Assuntina Morresi che – dopo aver ricordato i dati e i numeri legato alle attività dei vari presidi MpV (vedere scheda più in basso) ha spiegato:

“In Umbria lo scorso anno abbiamo svolto attività sia di formazione di personale sanitario legato alla gravidanza, sia di sensibilizzazione sui temi della vita: anziani, fine vita, etc, Abbiamo cercato di abbracciare le varie situazioni di fragilità: in particolare con riferimento all’invecchiamento della popolazione. Famiglie più sottili, più fragili non solo con pochi figli ma anche con una rete parentale più ridotta che quindi sosterrà con difficoltà, nel tempo, la famiglia stessa’”.

Presente anche la presidente del Movimento per la Vita di Todi, Daniela Durastanti, che sarà sede di una delle iniziative divulgative in programma (vedere sotto).

In molte piazze italiane – è stato ricordato in conferenza – e anche in Umbria, nelle principali parrocchie cittadine, i volontari del MpV e CAV offriranno primule, le prime piante che nascono a primavera, raccogliendo delle offerte. E’ un modo per sostenere le tante attività a favore delle madri in attesa e dei loro bambini.

Il tema della 42° Giornata per la Vita è Aprite le porte alla Vita, ed è anche il titolo del messaggio dei vescovi italiani in occasione della ricorrenza, il cui testo è disponiblie qui: https://famiglia.chiesacattolica.it/aprite-le-porte-alla-vi/

Assisi: giorno della Memoria. Pubblicato un libro di un’ebrea salvata ad Assisi

È stato mostrato dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, nel corso della cerimonia della Prefettura di Perugia in occasione della Giorno della Memoria, che si è tenuta lunedì 27 gennaio al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944”, nel Vescovado-Santuario della Spogliazione il romanzo intitolato “Gli abitanti del Castelletto”. Il libro inedito, scritto da una bambina ebrea che allora aveva solo dieci anni, ed ora vive a Gerusalemme, Mirjam Viterbi Ben Horin, rifugiata ad Assisi con la sua famiglia, è uscito proprio in questo giorni e sarà presentato lunedì 10 febbraio alla presenza della presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello e del giornalista del Tg1, Ignazio Ingrao. “E’ una storia felice, a prima vista – ha detto il vescovo – , ma che nasconde l’altra faccia della tragedia dell’olocausto. A leggere tra le righe, Mirjam racconta la Shoah. La racconta, paradossalmente, evitando di raccontarla. Questa ragazza è ancora capace di sognare”.

Alla cerimonia hanno partecipato il prefetto Claudio Sgaraglia, la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, il sindaco di Assisi, Stefania Proietti e le massime autorità civili e militari.

La presidente Tesei nel sottolineare l’importanza del Museo della Memoria e dei laboratori che vengono realizzati, ha precisato che in essi bisogna andare per “vedere il passato, analizzare il presente e avere in mente il futuro. La conoscenza che viene trasmessa è importantissima, soprattutto per gli studenti. Giornate come questa ci devono aiutare a una prospettiva basata sul rispetto e sull’insindacabilità di alcuni valori”.

Sono state consegnate le medaglie d’onore a cinque umbri quale riconoscimento per i “cittadini italiani, militari e civili deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra, ai quali, se militari, è stato negato lo status di prigioniero di guerra, e ai familiari dei deceduti, che abbiano titolo per presentare l’istanza di riconoscimento dello stato di lavoratore coatto”. A ricevere le medaglie sono stati Amedeo Faloci, nato a Montone nel 1927 e i familiari di Guido Casagrande, nato a Gubbio nel 1916, Agostino Conocchia, nato a Montefalco nel 1921, Guglielmo Iezza, nato a Castellamare di Stabia nel 1920 e Domenico Macellari, nato a Tarquinia nel 1912. Nel corso della cerimonia, alla quale hanno partecipato gli studenti della scuola secondaria di primo grado Frate Francesco di Assisi, il sindaco Stefania Proietti ha annunciato l’iniziativa presa insieme al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” di conferire la cittadinanza onoraria per la pace ai tredici sopravvissuti ai campi di sterminio nazista e ancora oggi in vita.

Frati Assisi: il nuovo sito sanfrancesco.org e l’inedito carattere tipografico “Franciscus”

I frati del Sacro Convento di Assisi si preparano al centenario della rivista San Francesco e lo fanno con grandi novità per il mensile e il sito sanfrancesco.org. La prima riguarda un nuovo carattere tipografico. È stato creato ad hoc, dai frati della Basilica di San Francesco e i designer di Studiogusto, “Franciscus”, il primo font digitale della Chiesa, un unicum. Per elaborarlo, sono stati fonte di ispirazione i manoscritti dal ‘200 al ‘400 della Biblioteca del Sacro Convento e gli affreschi della Basilica di San Francesco. E le parole del santo, scritte di suo pugno per frate Leone e impresse sulla celebre “Chartula di Assisi”, con cui ogni giorno immaginiamo di accogliere i lettori: “Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore ti dia la sua grande benedizione”

I tratti spigolosi, tipici della scrittura gotica medievale, sono stati il punto di partenza per la creazione di un carattere che mette insieme tradizione e contemporaneità. Franciscus, infatti, affonda le radici nell’epoca di Francesco ma ha la forza di rivolgersi con chiarezza all’uomo di oggi. Riflette l’identità francescana, capace di rinnovarsi sempre perché sempre attuale il messaggio del Santo di Assisi. Franciscus sarà open source, scaricabile e disponibile gratuitamente per tutti.

Rappresenta insomma l’apertura francescana all’altro, storicamente racchiusa nei manoscritti e nelle stampe in cui riecheggiano le preghiere e gli insegnamenti di Francesco. Negli antichi testi medievali è facile rintracciare lettere, parole o intere frasi scritte in rosso. Con quel colore, gli amanuensi segnalavano l’inizio di un testo, note o parti da non leggere a voce alta che però costituivano indicazioni essenziali per la lettura. Il rosso, per la rivista San Francesco, è il nome della testata e il logo online perché ancora oggi le parole del santo di Assisi sono una guida per il mondo, una lente attraverso cui leggere i fatti.

Il colore delle antiche “rubriche” sarà ancor più pervasivo nel nuovo sito, a partire proprio dalla testata: San Francesco è scritto integralmente in rosso e molti più elementi sono evidenziati nello stesso tono. Non solo grafica, però, tra le novità del sito. Consultando le sezioni, si noterà un altro prezioso contenuto, la “rubrica San Francesco” dove, con un apposito strumento di ricerca, sarà possibile ripercorrere virtualmente la vita del santo per parole chiave.

Perugia: Solennità di san Costanzo, vescovo e martire, Patrono della città e dell’Archidiocesi. La tradizionale processione della “Luminaria” del 28 gennaio e la concelebrazione eucaristica del 29 gennaio presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti

Il 28 e il 29 gennaio Perugia celebra la solennità del Santo Patrono Costanzo, vescovo e martire del II secolo. Una festa che rinsalda il legame tra la comunità civile e la comunità religiosa, come testimonia la tradizionale processione della “luminaria” risalente all’inizio del XIV secolo, menzionata negli Statuti medioevali del Comune di Perugia, che si svolge nel pomeriggio della vigilia di questa solennità (28 gennaio) a cui partecipano i rappresentanti delle massime Istituzioni cittadine, guidata dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti e dal sindaco Andrea Romizi.

La “Luminaria di San Costanzo”, animata dai figuranti in costume medioevale dei cinque rioni storici della città, con i balestrieri di Assisi e del Palio dei terzieri di Città della Pieve, si terrà martedì 28 gennaio (ore 17), con inizio davanti al Palazzo comunale dei Priori per poi raggiungere la basilica minore di San Costanzo, percorrendo l’antica “via sacra” che collega la chiesa di Sant’Ercolano (intitolata all’altro patrono di Perugia) alle basiliche di San Domenico e di San Pietro. A San Costanzo (ore 18) si terrà la celebrazione dei Primi Vespri Solenni presieduta dal cardinale Bassetti, allietata dal Coro della polizia municipale, con il rito dell’omaggio votivo al Santo di alcuni doni-simbolo della storia civile e religiosa della comunità perugina dal forte e attuale richiamo sociale e culturale. Si tratta dei doni del cero, da parte del sindaco, segno della disponibilità degli amministratori pubblici ad essere attenti ai bisogni dei più deboli e indifesi e a promuovere con onestà e saggezza ciò che giova al bene comune; della corona d’alloro, da parte della polizia municipale, segno di devozione e testimonianza di dedizione al bene comune attraverso l’azione di ordine pubblico, che mira alla pace e alla concordia; del torcolo (dolce tipico della festa a ricordo del martirio di Costanzo), da parte degli artigiani, segno di quanti si impegnano ogni giorno a migliorare le condizioni dei lavoratori e per tutti coloro che, con il loro lavoro, contribuiscono alla prosperità della comunità; del vinsanto, da parte di due giovani sposi, perché vivendo la fedeltà, la fecondità e l’attenzione ai piccoli e ai poveri, siano segno dell’amore infinito che lega Dio al suo popolo, e la famiglia sia fondamento del vivere sociale; dell’incenso, da parte del Consiglio pastorale parrocchiale di San Costanzo, segno della forza della fede nell’annuncio del Vangelo sull’esempio del martire perché conceda alla Chiesa diocesana di crescere nella santità.

La comunità parrocchiale di San Costanzo, come è consuetudine, promuove un triduo di preghiera e di riflessione in preparazione alla solennità del Patrono nei giorni precedenti (25, 26 e 27 gennaio, ore 17-18.30) quest’anno dedicato al tema: “Cristo, una presenza carica di proposta”. A guidare il triduo sono tre giovani sacerdoti diocesani, don Giosuè Busti, don Giordano Commodi e don Pietro Squarta. Anche quest’anno, annuncia il parroco di San Costanzo mons. Pietro Ortica, «saranno accolti dei devoti croati della parrocchia di Jezera, dove dal XVIII secolo venerano san Costanzo, con la quale siamo gemellati da una decina di anni».

Le celebrazioni in onore di San Costanzo culmineranno nel pomeriggio del 29 gennaio (ore 18), con la solenne concelebrazione eucaristica nella cattedrale di Perugia presieduta dal cardinale Bassetti insieme ai vescovi dell’Umbria, a cui parteciperanno i rappresentanti delle Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo regionale.

La redazione giornalistica di Umbria Radio In Blu seguirà in diretta, attraverso il suo canale Youtube e la sua pagina Facebook, i Primi Vespri Solenni del 28 gennaio dalla basilica minore di San Costanzo e la concelebrazione eucaristica del 29 gennaio dalla cattedrale.

Perugia – annuale incontro del cardinale Bassetti con i giornalisti in occasione della festa di san Francesco di Sales. «Senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato»

Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha incontrato il 25 gennaio, nell’Arcivescovado di Perugia, un folto gruppo di giornalisti e operatori dei media in occasione della festa del loro Santo Patrono Francesco di Sales. All’incontro, promosso dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali in collaborazione con la sezione umbra dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana), sono interventi anche il presidente dell’Ordine regionale dei Giornalisti Roberto Conticelli e il consigliere dell’Ordine nazionale Gianfranco Ricci. Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul messaggio del Papa per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dedicata al tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es. 10,2). La vita si fa storia, ha evidenziato che «senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato». Il presule ha voluto presentare ai giornalisti perugini il prossimo evento Cei dal titolo: “Mediterraneo, frontiera di pace”, in programma a Bari dal 19 al 23 febbraio, che «vedrà riuniti i vescovi delle nazioni affacciate sul grande mare per proporre insieme percorsi di riconciliazione fra i popoli». Il presidente della Cei si è anche soffermato sull’importanza di dare spazio ai «racconti costruttivi» più che alle «storie distruttive e provocatorie», come sottolinea il Papa nel suo messaggio, «che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza». Bassetti, a margine del suo intervento, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, ha sottolineato l’importanza di aderire al magistero del Papa, ricordando che «la sua guida viene dallo Spirito Santo. La critica, come spesso ribadisce anche il Santo Padre, va bene, perché fa parte dell’intelligenza umana, ma le logiche distruttive non fanno bene a nessuno».

“Cari giornalisti e cari operatori dell’informazione,
è con grande gioia che, come accade ogni anno, torno a incontrarvi per la vostra festa. Infatti il 24 gennaio la Chiesa fa memoria di san Francesco di Sales, il vostro patrono. Vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, è stato non solo maestro di spiritualità ma anche un brillante scrittore che per incontrare i “lontani” faceva affiggere i suoi “manifesti” scritti in uno stile agile ed efficace.
Oggi i mezzi di comunicazione consentono di raggiungere migliaia, se non milioni e miliardi, di persone e di creare reti senza confini. C’è un flusso di informazioni così ampio e continuo che ciascuno di noi può conoscere quanto accade in ogni angolo del mondo attraverso una sterminata pluralità di fonti. Eppure questa mole così ricca di notizie non è sempre attendibile. Tutti possono “improvvisarsi” comunicatori, anche falsificando la realtà o istillando pregiudizi e visioni distorte.
Soprattutto su Internet e nelle reti sociali l’anonimato ha partorito gli “odiatori”. Come cittadini, come Chiesa e come pastore, non possiamo che condannare ogni atteggiamento o intervento che semina disprezzo, inimicizia, ostilità. Azioni e parole dettate dal rancore sono un peccato contro Dio e contro l’umanità e sono in netta antitesi con il “comandamento dell’amore” che Cristo ci consegna. Quando si sostituisce il Signore con l’idolatria dell’odio, si arriva alla follia di sterminare l’altro. Provo dolore verso ogni forma di antisemitismo che deve essere combattuta senza esitazioni oppure verso chi addita come nemico l’altro, il fratello che ha un’etnia, una storia o una cultura diversa della nostra.
Anche la stampa, la televisione e il pianeta digitale sono chiamati a un’informazione che non alimenti le divisioni. Come ho già detto più volte, la nostra amata Italia è un Paese da ricucire. I mezzi di comunicazione possono contribuire ad acuire le cesure oppure possono incoraggiare alla fraternità. Sia questa seconda opzione la via maestra per chi opera nei media. Il cardinale Carlo Maria Martini, nel 1991, metteva in guardia con lungimiranza dalla bramosia dello scoop. “Basta arrivare primi con l’immagine, la notizia ­– scriveva Martini nella Lettera pastorale “Il lembo del mantello -; non importa come, non importa quanto valutata, meditata, rielaborata. Così si assiste a una specie di martellamento o bombardamento per stupire e passare oltre”. Oggi su Internet e nelle reti sociali la voglia dello scoop si trasforma nella mania di conquistare i “clic”. Si è più popolari, e quindi più attendibili, se si collezionano quanti più “clic” possibile o quanti più “Mi piace” possibile. Ad ogni costo. Anche calpestando la verità, la dignità della persona, l’armonia sociale.

Adesso vanno di moda gli “influencer”, ossia coloro che davanti a uno schermo orientano i pensieri e i modi di agire nell’opinione pubblica. Ma dovremmo chiederci: qual è la loro finalità? Chi c’è dietro di loro? A dettare legge nell’universo digitale è l’idea dell’uomo consumatore, ridotto a oggetto. Ecco perché siete tenuti anche a svelare i lati oscuri della comunicazione, per rendere i cittadini più consapevoli.

Per fare tutto ciò gli organi della comunicazione sociale devono uscire da un circolo vizioso: è quello dell’autoreferenzialità. Anche papa Francesco lo indica come una “piaga” della Chiesa. Può accadere che i media si chiudano in loro stessi, si citino a vicenda, raccontino più quello che avviene nei palazzi o è immaginato sulle pagine dei giornali, piuttosto che portare alla ribalta le attese della “povere gente” e quanto tocca davvero il cuore e la mente delle persone. C’è quindi bisogno di un’informazione “in uscita”, che si cali davvero fra le difficoltà e le speranze delle nostre comunità. Pertanto la vostra agenda sia ispirata dalla gente che chiede pane e lavoro, dignità e rispetto, attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni e non sia piegata agli interessi particolari o ai potentati politici, economici e ideologici.

Si diceva un tempo che il giornalista deve consumare le suole delle scarpe per andare fra la gente e capire ciò che succede. Oggi si pensa che stando davanti a un computer, a un telefonino o a uno schermo si possa conoscere la realtà “reale” ed essere in grado di analizzarla. Non è così. La barriera “digitale” non sempre consente di intercettare i bisogno dell’uomo, di immergersi nella società, di costruire visioni di ampio respiro.

Me ne sto rendendo conto anche organizzando l’Incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” che porterà a Bari i vescovi delle nazioni affacciate sul grande mare per proporre insieme percorsi di riconciliazione fra i popoli. A concludere l’iniziativa sarà papa Francesco che così testimonia la sua paterna vicinanza alla Chiesa italiana e all’area mediterranea che è la culla delle tre grandi religioni abramitiche ma anche bacino di guerre, miserie e morte come accade fra le onde del grande mare diventato un cimitero per coloro che fuggono dalla violenza e dalla povertà. Ecco, parlando con i confratelli vescovi dei Paesi delle altre sponde del Mediterraneo, ho compreso quanto sia parziale, se non talora distorta, la prospettiva con cui guardiamo alle loro terre e ai loro problemi. Cito le guerre che infiammano l’intera regione oppure il fenomeno migratorio che l’Occidente vede talvolta con timore e che in Nord Africa o in Medio Oriente viene considerato una “perdita sociale” perché la partenza di uomini, donne, ragazzi e famiglie impoverisce la società e, quindi, da loro giunge l’appello ad aiutare i Paesi a svilupparsi per scongiurare esodi di massa.

Il tema che papa Francesco ha scelto per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020 è “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. Senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato. Il Papa ci ricorda che, soprattutto in una società digitale dove l’istantaneità e la velocità sono i principi cardine, non possiamo piegarci soltanto sul presente “usa-e-getta” ma occorre avere radici solide. Da qui il richiamo di papa Francesco alla memoria, alla storia. Attraverso la memoria avviene la consegna di speranze, sogni ed esperienze da una generazione ad un’altra. La comunicazione è chiamata dunque a mettere in connessione, attraverso il racconto, la memoria con la vita e, in questo modo, a diventare anche uno strumento per costruire ponti e per condividere la bellezza dell’essere fratelli e quindi appartenenti all’unica grande famiglia umana”.

Gualtiero Card. Bassetti

Foligno – secondi per la solennità di San Feliciano patrono della città

Venerdì 24 gennaio nei secondi vespri per la Solennità della Festa del Patrono e Martire San Feliciano Mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo della Diocesi di Foligno, in chiusura della seconda visita pastorale, ha sottolineato che “C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze …. C’è bisogno di riconoscere che il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”.
Il testo dell’omelia di mons. Gualtiero Sigismondi
“Fratelli carissimi, la Passio sancti Feliciani disegna la biografia del nostro Patrono piuttosto che gli Atti del suo martirio. La parola dell’apostolo Pietro, che abbiamo ascoltato, si rivolge a quanti, come san Feliciano, hanno sofferto a causa del Vangelo: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi” (1Pt 4,13). La ragione di questo invito alla gioia è duplice: la sopportazione delle sofferenze, patite per il nome di Cristo, assicura la partecipazione alla sua gloria e permette allo Spirito di Dio di trovare riposo nel cuore dei suoi fedeli.
Che lo Spirito santo riposi nei nostri cuori ho potuto sperimentarlo, con meraviglia nuova, durante la Visita pastorale, conclusa con la processione appena terminata. Cammin facendo, oltre a riconoscere i “semi del Verbo” sparsi ovunque – al quadrivio della nostra città, ai crocicchi delle strade e all’interno di tante abitazioni –, mi sono reso conto che, come discepoli del Signore, il problema non è essere poco numerosi – i giovani sono l’indice più alto di questo processo –, quanto piuttosto diventare insignificanti. C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze. C’è bisogno di una Chiesa che faccia squadra: è la condizione per camminare insieme. C’è bisogno di riconoscere che “il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”. A questa diagnosi, compiuta da Benedetto XVI, Papa Francesco risponde con la terapia indicata nella Evangelii gaudium, in cui invita ad essere audaci e creativi nel “ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi dell’evangelizzazione”. Non si tratta di preparare piani pastorali elaborati, ma di riproporre la missione come esperienza nativa e costitutiva della Chiesa, riconsegnando alle comunità cristiane gli Atti degli Apostoli.
Fratelli carissimi, il libro degli Atti chiama i primi cristiani “quelli della Via” (cf. 9,2), quelli che seguono Cristo: “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6). Consapevoli della responsabilità che questo nome comporta, è necessario progettare nuovi percorsi di iniziazione cristiana: si tratta di ridire la fede in modo nuovo, di riscoprire l’amicizia come luogo dell’annuncio e di evangelizzare casa per casa. “Cammin facendo, predicate” (cf. Mt 10,7): questa missione, che Gesù affida ai Dodici, san Feliciano l’ha vissuta “fino alla fine”. La morte non l’ha rapito a casa, ma per strada. I suoi piedi, stretti tra l’incudine del carico degli anni e il martello dei persecutori, hanno ceduto prima ancora che il suo cuore cessasse di battere. Hanno ceduto lungo la via consolare Flaminia che l’avrebbe condotto a Roma, caput et mater omnium ecclesiarum. Il sangue di san Feliciano non è rimasto senza frutto: ha posto il seme della fede apostolica nella nostra terra; il suo sangue, dello stesso “gruppo sanguigno” degli Apostoli, ha edificato la nostra città e diocesi. I carnefici hanno osato legare le sue mani, ma non sono riusciti a restringere l’abbraccio del suo sguardo benedicente”.

Cerimonia alla Camera dei Deputati nella giornata della Memoria con la delegazione di Assisi. Allestita una mostra con gli oggetti del Museo della Memoria di Assisi

Assisi protagonista, venerdì 24 gennaio alla Camera dei Deputati, nell’ambito della cerimonia per il Giorno della Memoria che il presidente Roberto Fico ha voluto dedicare a Gino Bartali. Nel corso dell’evento il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, ha inquadrato la figura di Bartali nell’ambito della rete clandestina che negli anni 1943-1944 portò alla salvezza di centinaia di ebrei.

Nel corso del suo intervento il vescovo di Assisi ha parlato di una testimonianza inedita appena stampata intitolata “Gli abitanti del Castelletto”, scritta da una bambina ebrea che allora aveva appena 10 anni, Mirjam Viterbi Ben Horin, nascosta e salvata ad Assisi e che si inserisce nella storia della rete clandestina a cui ha partecipato anche Gino Bartali.
La Camera ha anche allestito una mostra con alcuni oggetti e documenti contenuti nel Museo di Assisi che resterà aperta a Montecitorio fino al 2 febbraio.

Prima della cerimonia il vescovo monsignor Sorrentino ha fatto omaggio di una copia al presidente Fico che si è commosso nel vedere la grafia e i disegni originali riprodotti nel libro.

Signor Presidente, Onorevoli, Autorità, gentili signore e signori, nel museo della Memoria che ho l’onore di ospitare nel Vescovado di Assisi, spicca una foto in cui Gino Bartali posa insieme al mio predecessore monsignor Giuseppe Placido Nicolini. I due evidentemente si sono incontrati e c’era amicizia tra loro.
Non ci sono, e non ci potevano essere, ricordi di quelle parole che si sono detti nel periodo burrascoso in cui la loro generosità li portò a collaborare per strappare ad un’oscura follia ideologica e ad un atroce destino centinaia di ebrei che in quegli anni bussarono alle porte di Assisi. Qui il vescovo stesso si fece regista di una rete clandestina, dedita ad accogliere e proteggere gli ebrei. Altrettanto si faceva a Firenze. Pedalando tra queste due città e nascondendo nella canna della sua bicicletta le carte di identità falsificate Gino Bartali si guadagnava una benemerenza ben più alta di quelle che gli vennero assegnate come mito del ciclismo: da campione sportivo, si rivelò anche campione di umanità.
Cristiano fervente qual era, aveva in casa una cappellina che ora, per gentile concessione della famiglia Bartali, è al centro del nostro Museo. Una sua parola è scritta all’ingresso, e basta da sola a raccontare l’uomo: «Il bene si fa ma non si dice, e certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca».

Bartali fu uno di quegli uomini dei quali vorremmo piene le nostre comunità religiose, e le nostre comunità civili.
La sua fede dichiarata e praticata era sinonimo di un animo aperto, capace di dono, fino al rischio della vita. Dalla sua fede anche il coraggio di farsi postino della vita e della libertà, quando le ombre fosche del razzismo e dell’antisemitismo si annerirono all’inverosimile divenendo genocidio.
La memoria della shoah non è un ritualismo al quale ci si possa abituare. Le immagini di quel diabolico furore che si abbatté sugli ebrei sono un monito per la civiltà di ogni tempo. Quello che è una volta accaduto, può ancora una volta accadere, e non solo per gli ebrei, ma per tutti i popoli, tutte le culture, tutte le minoranze. L’uomo capace di meraviglie tecnologiche è lo stesso che può assumere il volto dello sterminatore.
La civiltà ha bisogno di giusti che la riscattino dalle sue più assurde involuzioni. Bartali è stato uno di questi.
Secoli prima, nello stesso luogo, un altro “giusto” che si ispirava al vangelo, Francesco di Assisi, aveva preso le parti di tutti gli spogliati della storia, spogliandosi fino alla nudità.
Bartali stava su quelle stesse orme. Ci sono momenti della vita in cui non c’è possibilità di compromesso: devi scegliere tra chi spoglia e chi è spogliato. Un credente autentico sa da che parte stare. Lo chiede la coerenza della fede, ma, anche per chi non ne ha la grazia, lo chiede la coerenza con quei valori fondamentali di giustizia e di fraternità che sono alla base della civile convivenza.
Molte volte mi capita di accompagnare visitatori nel nostro museo. Quando mostro quella macchina che stampava i documenti falsificati non dimentico mai di dare una lettura di quel paradossale messaggio etico che promana da una apparente illegalità. Che cosa di più illegale del falsificare un documento di identità? Ripeto allora ai visitatori che la legalità è una cosa seria, ma tanto seria, che dobbiamo coglierne l’anima: non c’è legalità, lì dove non c’è moralità. Una legge che porta alla discriminazione, alla persecuzione e allo sterminio, di qualsiasi vita umana, è soltanto una parvenza di legge, alla quale bisogna disobbedire. Diventando complice di una illegalità formale, Bartali si faceva testimone di una legalità sostanziale. Quei nomi falsificati erano in realtà i nomi dati alla dignità, alla vita, alla solidarietà. Gridavano l’inviolabilità di ogni persona umana.
Lo diceva a suo modo, negli stessi mesi, una bimba ebrea che allora aveva solo dieci anni, ed ora vive a Gerusalemme, Mirjam Viterbi Ben Horin, rifugiata ad Assisi con la sua famiglia sotto il nome falso di Mirjam Vitelli. Oggi condivide con il nostro campione uno spazio del museo. A suo modo correva anche lei. Non con la bici, ma con la fantasia. Scriveva un romanzo che abbiamo voluto pubblicare, e che stamattina esce fresco di stampa come nostro omaggio alla giornata della memoria: “Gli abitanti del Castelletto”. Una storia felice, a prima vista, ma che è l’altra faccia di una storia infelice. Esattamente come quelle carte di identità che Bartali trasportava. A leggere tra le righe, Mirjam racconta la shoah. La racconta, paradossalmente, evitando di raccontarla. La evoca, al lettore avvertito, come una cosa talmente contraria alla natura, all’umano, alla morale, alla dignità, che l’unico modo di poterne parlare, nella sua mente di bimba, è ignorarla. Come una cosa non degna di essere pensata. Qualcosa che non può esistere, e che, in ogni caso, non deve esistere. Un giudizio sulla assoluta ingiustificabilità di quella assurda storia: inimmaginabile, eppure tremendamente vera!
A Bartali dobbiamo dire grazie, perché con la sua bicicletta magica ha tracciato fili di luce in quel buio pesto. Mai come in quella circostanza la sua battuta proverbiale calzava a pennello: tutto sbagliato, tutto da rifare! L’odierna memoria della shoah, e il ricordo di Bartali “giusto tra le nazioni”, ci aiutino a contrastare ogni violenza e a disegnare – non soltanto a sognare – un futuro di pace”.

Terni – la Bibbia notte e giorno. 24 ore di lettura integrale della prima parte della Bibbia

“Bibbia notte e giorno” da sabato 25 gennaio dalle ore 16 a domenica 26 gennaio nella chiesa del Santissimo Salvatore a Terni che sarà teatro della lettura integrale della prima parte della Bibbia, il Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), per una notte e un giorno, senza interruzioni e commenti. Ritrovare le condizioni dell’ascolto e della riflessione attraverso la lettura del Libro per eccellenza è il segno che la diocesi di Terni Narni e Amelia ha scelto per sottolineare il primato della Parola di Dio nella vita di ogni credente, nella Domenica della Parola indetta dal papa per la terza domenica del tempo ordinario, che provvidenzialmente cade quest’anno alla conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani..
A leggere i passi biblici si alterneranno più di 70 persone di ogni età, categoria sociale e confessione religiosa. Ogni lettore proclama circa 5 pagine del testo per circa 15 minuti. I brani proclamati saranno intervallati da un breve spazio musicale. Anche i non credenti possono partecipare nel rispetto della Parola. All’evento “La Bibbia giorno e notte” non si partecipa soltanto in qualità di lettori, ma soprattutto nell’ascolto, sia all’interno della chiesa di San Salvatore a Terni, sia seguendola in streaming sulla pagina facebook dedicata: https://www.facebook.com/events/485661532325937/

“La Bibbia è il libro della Parola, del continuo dialogo tra Dio e l’uomo – spiega Emanuela Buccioni responsabile dell’Settore Apostolato Biblico della diocesi -. Un rapporto confidenziale che oggi sembra essersi perduto e che papa Francesco nella lettera apostolica Aperuit illis ci invita a riprendere con forza: nel fragore del nostro mondo non c’è più posto per l’ascolto e il dialogo”.

Perugia: presentazione degli eventi del Centenario del Don Bosco, “Cento anni di futuro”

Una Istituzione religiosa di alto valore educativo e formativo per generazioni di giovani si prepara a celebrare il suo primo centenario di attività: l’Istituto Salesiano “Don Bosco” di Perugia (1922-2022), “Cento anni di futuro”. La grande famiglia salesiana del capoluogo umbro, in collaborazione con l’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, presenterà in conferenza stampa giovedì 30 gennaio, alle ore 11, presso la Sala San Francesco del Palazzo arcivescovile (piazza IV Novembre 6), gli eventi celebrativi di questo primo secolo della sua fattiva presenza. Una presenza che ha caratterizzato non poco la vita culturale e sociale della città, non discostandosi dai suoi punti di riferimento: la casa, la famiglia e la spiritualità della relazione educativa. Interverranno il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e il direttore dell’Istituto “Don Bosco” don Giorgio Colajacomo.

Questo traguardo, ricorda il direttore dell’Istituto Salesiano, «è segnato da due tappe storiche e indimenticabili per tante generazioni di giovani, l’arrivo nella sede del Penna Ricci di borgo Sant’Angelo, nel 1922, e il trasferimento nell’odierna di via San Prospero, a partire dal 1958, in continuità con la nostra missione, quella di operare al servizio dei ragazzi accogliendo la sfida educativa».

In conferenza stampa, annuncia don Colajacomo, «verrà presentata la “Festa di Don Bosco 2020”, l’appuntamento che apre il triennio di preparazione al nostro centenario». Questa festa è in programma domenica 2 febbraio, a partire dalle ore 10, presso l’Istituto “Don Bosco” a cui sono stati invitati il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, la presidente della Regione Umbria Donatella Tesei, il sindaco di Perugia Andrea Romizi, il rettore dell’Università degli Studi Maurizio Oliverio e la prorettrice dell’Università per stranieri Donatella Gambini, «invitati a confrontarsi – sottolinea il direttore del “Don Bosco” – sulla linea tracciata dal Santo: “Buoni cristiani e onesti cittadini”». A seguire sarà presentata ai giornalisti la proposta delle iniziative che nell’arco di un triennio toccheranno le tre aree di impegno: professionale, universitaria e sportiva, sino alla riproposizione della storica processione di Maria Ausiliatrice, la «Maestra di Don Bosco», il 24 maggio 2023.

Perugia: Il cardinale Gualtiero Bassetti incontra i giornalisti e gli operatori dei media per l’annuale festa del loro Santo patrono Francesco di Sales

Il tradizionale incontro del cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti con i giornalisti e gli operatori dei media, per l’annuale festa del loro Santo patrono Francesco di Sales, è in programma sabato 25 gennaio, alle ore 11, presso l’Arcivescovado (piazza IV Novembre 6 di Perugia). E’ un appuntamento sempre molto sentito e partecipato, vissuto come occasione di dialogo aperto e di scambio di opinioni anche su temi sociali tra il Pastore della Chiesa perugino-pievese e quanti svolgono un lavoro delicato e non sempre facile, quello di raccontare i fatti che fanno la storia dell’uomo e del cristiano.

L’incontro, promosso dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali in collaborazione con l’Ucsi Umbria (l’Unione cattolica stampa italiana), sarà anche occasione per presentare il tema del messaggio “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia, che papa Francesco ha scelto per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra il 24 maggio 2020.

«Il tema del Messaggio di quest’anno – sottolinea il direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, la giornalista Maria Rita Valli – ci ricorda che ogni racconto nasce dalla vita, dall’incontro con l’altro. La comunicazione è chiamata dunque a mettere in connessione, attraverso il racconto, la memoria con la vita».