Assisi – Presentato il nuovo libro del vescovo al Sacro Convento

“Credo che questa crisi ci aiuta a capire che l’Evangelii gaudium è la prospettiva e il libro del vescovo Sorrentino è un’applicazione pratica per capire l’Evangelii gaudium”. Lo ha detto il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo metropolita di Bologna durante la presentazione del libro scritto dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, intitolato “Crisi come grazia. Per una nuova primavera della Chiesa” che è stato presentato sabato 20 giugno al Sacro Convento di Assisi. Un libro che come ha detto Luca Diotallevi, professore di sociologia all’Università di Roma nel suo intervento, seguito all’introduzione di Piero Felice Damosso, caporedattore centrale del Tg1, “doveva essere scritto perché non parla del Vangelo sine glossa, ma ha al centro dei capitoli uno spazio ideologico, uno spazio di analisi sociale e un risvolto di ricostruzione storica che non sono secondari rispetto alla comprensione della Parola del Vangelo, ma ne sono condizione”.
Le conclusioni sono state affidate al vescovo, il quale ha detto che “quello che ho tentato di dire è qualcosa che sta dentro un’esperienza, una storia, una vita”.
Un’altra presentazione del libro è prevista per mercoledì 24 giugno a Roma alle ore 17,30 nella sala Convegni della Comunità di Sant’Egidio in via della Paglia n. 14 b.

Perugia – solennità del Corpus Domini. Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Nutrirsi dell’Eucaristia per vivere in pienezza la nostra vita»

Carissimi fratelli e sorelle, nella pagina del libro del Deuteronomio, poco prima che il popolo di Israele entri nella Terra promessa, Mosè ricorda quanto Dio ha compiuto per essi: ha liberato gli Ebrei dall’Egitto, e non ha fatto mai mancare la sua Provvidenza: pensate ai quarant’anni nel deserto. Due sono i segni su cui Mosè si sofferma nella lettura ora proclamata: l’acqua, elemento essenziale per la vita, e la manna.

La Chiesa e il deserto globalizzato. Mi torna alla mente quanto ho avuto occasione di scrivere alla nostra Chiesa di Perugia, il 23 aprile, proprio nel tempo di deserto, che la pandemia ci ha costretto a vivere. Dicevo: «A un tratto ci siamo trovati nel deserto, esattamente come è accaduto al popolo di Israele. Quante volte, nel mondo cristiano, ci siamo riempiti la bocca di questa parola, il deserto: “facciamo un momento di deserto!”. Cioè prendiamoci uno spazio, un tempo di preghiera e solitudine. Ma si trattava di un deserto che avevamo scelto noi e che, alla fine, ci dava anche un po’ di gratificazione. Oggi, invece, – scrivevo – ci troviamo in un deserto che non abbiamo scelto, che ci appare pieno di pericoli mortali e del quale non si vede ancora la fine. E la Chiesa condivide con l’intera umanità questa improvvisa condizione di deserto globalizzato. Come riuscire a viverla? Questo è il punto su cui può venirci in aiuto la parola di Dio: che cosa ci può dire la Scrittura in relazione al deserto? E al deserto dei nostri giorni?».

L’Eucaristia, il pane che ci nutre ogni giorno. Cari fratelli e sorelle, le letture di questa solennità ci permettono ancora di capire, forse più di quanto non avessimo mai compreso prima, quanto importante fosse la manna per Israele, e anche quanto – per noi discepoli di Gesù – sia così prezioso il “pane disceso dal cielo”, che è l’Eucaristia, il Corpo e Sangue di Cristo.

Nel tempo appena trascorso, anche se i presbiteri non hanno cessato di offrire nella celebrazione quotidiana dell’Eucaristia il corpo di Cristo per tutti, pregando incessantemente per il bene della Chiesa e del mondo, il fatto che a molti fedeli sia mancata la possibilità di nutrirsi del “pane del cielo” ha indubbiamente fatto crescere il desiderio e la nostalgia per quel dono di Dio.

L’Eucaristia infatti è il pane che ci nutre ogni giorno, e come si legge nella pagina del Vangelo appena proclamato, senza quel pane non abbiamo in noi la vita (cf. Gv 6,53). Così, come ogni giorno chiediamo al Padre il “pane quotidiano”, che non può mancare sulle nostre tavole, nelle nostre famiglie, così la Chiesa ha compreso che senza l’Eucaristia non possiamo vivere.

Privati della Mensa della Parola e dell’Eucaristia. Per tornare al tempo di pandemia che abbiamo trascorso, certamente sono state molto importanti le occasioni di preghiera a cui si è potuto partecipare attraverso i mezzi di comunicazione di massa; ricordo non solo la Messa quotidiana a Santa Marta con Papa Francesco, ma anche il momento straordinario di preghiera tenutosi sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il 27 marzo 2020: qualcuno ha definito questo evento uno dei più significativi del suo Pontificato. Ma se queste e altre occasioni ci hanno permesso di rafforzare la nostra preghiera nella “chiesa domestica” che è la famiglia, solo con la partecipazione alla Mensa della Parola e dell’Eucaristia si è tornati a quello che Gesù ci ha chiesto di fare, quando ha detto in quell’ultima cena: «Fate questo in memoria di me» (1Cor 11,24).

C’è fame di vita, ma purtroppo non si sa vivere. Mi colpiscono, in modo particolare, nella giornata odierna, ma anche nel contesto in cui viviamo, le parole di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. In queste parole si sottolinea per ben tre volte la parola “vita” e “vivere”. Molti, purtroppo, trascorrono il loro tempo senza sapere o senza porsi il problema del perché si vive. È come se il perché della vita sfuggisse. L’uomo moderno è bravissimo, sa tante cose, ma spesso non sa perché vive. Si tratta di una grande contraddizione.

Pur cogliendo attorno a noi fame di vita, purtroppo non si sa vivere. Anzi, si fa di tutto per sopprimere la vita. Le cronache quotidiane sono piene di esempi. Forse non abbiamo ancora capito che la vita è un dono, un grande, meraviglioso dono di Dio, che va rispettato, custodito, alimentato come una fiamma santa.

Una vita senza senso è una vera tortura. Avete ascoltato il Vangelo: ci parla di vita! Tocca a noi, fratelli, trovare il senso dell’esistenza, se vogliamo essere persone autentiche. Perché, e lo possiamo ben constatare, una vita senza senso è una vera tortura, un peso opprimente. E dove, noi cristiani, possiamo trovare il senso più pieno della nostra vita e di quella degli altri, se non nell’Eucarestia, il sacramento nel quale Cristo si dona a noi, pane di vita?

Oggi celebriamo in modo solenne il mistero dell’Eucarestia. Un mistero di fede, di amore e di vita. “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Cristo si è rivestito delle apparenze del pane, per farci capire che Lui è l’alimento, il principio interiore, rinnovatore della nostra povera esistenza terrena!

Nell’Eucarestia Dio si fa “piccolo”, si fa “cibo”. Fratelli, adoriamo, amiamo, godiamo l’Eucarestia. Cristo si dona totalmente per essere a disposizione di tutti. Noi siamo affamati di vita e Lui ha fame di noi. Disse ai suoi discepoli nell’ultima cena: “ho desiderato ardentemente di consumare questa cena con voi…”.

Nutriamoci di Lui, se vogliamo vivere in pienezza la nostra vita. Diceva Sant’Antonio di Padova, di cui ieri abbiamo fatto memoria: “Alcuni a motivo del rispetto che nutrono per il corpo di Cristo dicono: “Signore, non son degno”, e perciò si astengono dall’accostarsi con frequenza all’Eucarestia; ma altri, proprio per onorare il corpo di Cristo, lo ricevono con gioiosa riconoscenza”. Nell’Eucarestia Dio si fa “piccolo”, si fa “cibo”, per essere in piena comunione con noi, adattandosi a noi, che siamo così piccoli. Come potremmo ricambiare questo amore, se non adorandolo e ricevendolo con altrettanto amore?

Gualtiero card. Bassetti

Città di Castello – solennità del Corpus Domini, l’omelia di mons. Cancian

In occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore mons. Domenico Cancian ha celebrato la Santa Messa nella Cattedrale di Città di Castello alle ore 10.30 alla presenza delle autorità cittadine.
Durante la celebrazione, alla quale è seguito un breve momento di adorazione e la benedizione eucaristica sulla città, ha pronunciato la seguente omelia.

“La processione del Corpus Domini, assieme a quella del venerdì Santo, ha un’importanza storica. Vede solitamente una straordinaria partecipazione della città, oltre quella della comunità cristiana. Anche da noi si è soliti fare le infiorate e si porta il Santissimo per le vie della città tra canti e preghiere.
In Cattedrale insieme al vescovo, al clero e alle confraternite, non mancavano le autorità civili e militari, e tante persone lungo la via si facevano trovare in preghiera. La banda accompagnava i canti e suonava gli inni tradizionali. Dalla porta gotica il vescovo rivolgeva una riflessione e un saluto prima di benedire l’intera città.
Il significato era semplice: portare Gesù per le strade e per le piazze per chiedere di restare con noi e aiutarci.
Oggi con le limitazioni dovute alla pandemia la Processione non possiamo farla: sarebbe abbastanza difficile mettere in atto tutte le giuste prescrizioni. E quindi ci siamo organizzati in un altro modo.

Il significato del Corpus Domini.

L’eucarestia riassume in modo sommo tutto l’amore di Gesù per l’uomo. Per amore si è fatto uomo nella forma più povera e umile, per amore è morto in croce, per amore ha voluto farsi pane di vita eterna per tutti. Nel pane che è il suo Corpo egli si dona completamente a ciascuno di noi.
E così l’uomo ha a disposizione un altro Pane che non è meno importante del cibo quotidiano, se vogliamo alimentare la vita eterna donataci nel battesimo.
Gesù per farsi presente in ogni uomo ha istituito l’eucarestia dicendo: “prendimi e mangiami!”. E ha detto ancora: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui, vivrà di me e come me.
In questo modo Gesù entra nel nostro cuore per trasformarlo e darci la forza di percorrere la sua strada. Con Lui la vita davvero può cambiare, può diventare vita come la sua, impostata nella logica dell’amore suo. Con Lui anche noi possiamo diventare pane per i nostri fratelli, passando così dall’egoismo al dono di noi stessi.
Il miracolo più grosso non è tanto la trasformazione del pane nel Corpo di Cristo, quanto la trasformazione del nostro cuore non raramente duro, chiuso e carico di amarezza in un cuore paziente, benevolo e generoso come quello di Cristo.
Chi non ha bisogno di questo pane? L’assenza dell’eucarestia a motivo della pandemia spero abbia accresciuto la fame di questo Pane che ci dà forza e speranza per sostenerci nel cammino verso il banchetto eterno del Paradiso”.

Spoleto – solennità del Corpus Domini. Mons. Boccardo: «La Celebrazione Eucaristica deve avere anche un riflesso sociale. E oggi, in questo tempo di pandemia, siamo invitato ad impegnarci per la costruzione della società e per la custodia del bene di tutti»

Una solennità del Corpus Domini ridotta quella del 2020 a causa delle norme per contrastare la diffusione del Coronavirus. Diversa, ma non per questo meno sentita. E così è stato anche nel Duomo di Spoleto dove l’arcivescovo mons. Renato Boccardo, domenica 14 giugno, ha presieduto la Messa alla presenza di un centinaio di persone distanziate l’una dall’altra, sistemate nella navata centrale, in quelle laterali e nei transetti. La liturgia è stata animata dal coro della Pievania di Santa Maria. Nella sequenza cantata dopo la liturgia della Parola, Vescovo, presbiteri e fedeli hanno, tra l’altro, ripetuto: “Al tuo comando obbedienti il pane il vino consacriamo. Per noi certezza è nella fede: il pane si trasforma in vera carne, il vino è cambiato in sangue; non vedi ma la fede ti conferma”.

Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato come l’Eucaristia sia sorgente della vita della Chiesa, generatrice della comunità dei credenti, cibo di vita eterna, pane per il cammino. «L’Eucaristia e la Chiesa – ha detto – formano un binomio inscindibile. E noi siamo chiamati a credere alla potenza dell’Eucaristia che salva il mondo e attrae i credenti alla sublime carità di Cristo che tutto penetra e muove, dare il giusto rilievo alla Messa domenicale, impegno imprescindibile per una vita cristiana consapevole e coerente. La Celebrazione Eucaristica – ha proseguito il Presule – va vissuta con intensità e raccoglimento, nel silenzio e lasciando da parte ogni altro pensiero. Essa ci mette in relazione con Dio, ma anche con i fratelli: siamo un solo copro. Ma a volte i pettegolezzi e i giudizi ci fanno poco amare gli altri e di conseguenza noi stessi. E finalmente – ha detto ancora il Vescovo – la Celebrazione Eucaristica deve avere un riflesso sociale. E oggi più che mai, in questo tempo di pandemia, siamo invitati ad impegnarci per la costruzione della società e per la custodia del bene di tutti».

Al termine della Messa, tradizionalmente, c’era la processione. Ma a causa delle limitazioni per contrastare il diffondersi del Covid-19 non si è tenuta. Allora c’è stato un breve momento di adorazione eucaristica e poi l’Arcivescovo ha benedetto la Città e la Diocesi col Santissimo Sacramento dal sagrato della Cattedrale.

Assisi – beatificazione di Carlo Acutis il 10 ottobre

La diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino in festa per la notizia della beatificazione del venerabile Carlo Acutis che avverrà ad Assisi sabato 10 ottobre alle ore 16 nella Basilica papale di San Francesco.

“La gioia che da tempo stiamo aspettando ha finalmente una data – afferma il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino – . Parliamo della beatificazione del venerabile Carlo Acutis. La presiederà il cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. È bello che la notizia arrivi mentre ci prepariamo alla festa del Corpo e del Sangue del Signore. Il giovane Carlo si distinse per il suo amore per l’Eucaristia, che definiva la sua “autostrada per il Cielo”. La notizia – aggiunge il vescovo – costituisce un raggio di luce in questo periodo in cui nel nostro Paese stiamo faticosamente uscendo da una pesante situazione sanitaria, sociale e lavorativa. In questi mesi abbiamo affrontato la solitudine e il distanziamento sperimentando l’aspetto più positivo di internet, una tecnologia comunicativa per la quale Carlo aveva uno speciale talento, al punto che papa Francesco, nella sua lettera Christus vivit rivolta a tutti i giovani del mondo, lo ha presentato come modello di santità giovanile nell’era digitale. Scrive di lui il Santo Padre: «Egli sapeva molto bene che questi meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati, dipendenti dal consumo e dalle novità che possiamo comprare, ossessionati dal tempo libero, chiusi nella negatività. Lui però ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza»(n.105).

Com’è noto, il corpo del venerabile è conservato ad Assisi nel Santuario della Spogliazione. La sua beatificazione lo porterà ancor più all’attenzione del mondo giovanile e sarà un incoraggiamento per tutti. La prova che stiamo vivendo non ci deve abbattere. L’amore di Dio – prosegue il vescovo – può far in modo che una grande crisi diventi una grande grazia. Occorre una nuova creatività, generativa e responsabile, per costruire un mondo diverso, più bello, più solidale. Carlo lo dice specialmente ai giovani, come nella stessa lettera papa Francesco ha sottolineato: egli – scrive il Papa – «non è caduto nella trappola. Vedeva che molti giovani, pur sembrando diversi, in realtà finiscono per essere uguali agli altri, correndo dietro a ciò che i potenti impongono loro attraverso i meccanismi del consumo e dello stordimento. In tal modo, non lasciano sbocciare i doni che il Signore ha dato loro, non offrono a questo mondo quelle capacità così personali e uniche che Dio ha seminato in ognuno. Così, diceva Carlo, succede che “tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Non lasciare che ti succeda questo» (Christus vivit 106).

La Chiesa di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino si rallegra per la prossima beatificazione. In tempo utile saranno date le indicazioni opportune per la partecipazione”.

Gubbio – il Corpus Domini di oggi e i Congressi eucaristici del Novecento

Domenica 14 giugno, la Chiesa celebra il Corpus Domini, in cui si medita sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. In quest’anno, segnato dall’emergenza Covid-19, non si potrà svolgere la tradizionale processione, con le classiche infiorate, a Gubbio e in altre località della diocesi. Alle ore 18, nella chiesa di San Domenico, il vescovo Luciano Paolucci Bedini presiede la solenne celebrazione eucaristica seguita, dopo un momento di adorazione, dalla benedizione con il Santissimo Sacramento.
Come ricordiamo questa settimana sulle pagine de La Voce, tra i canti eucaristici diocesani più diffusi per questa ricorrenza da sempre spicca “Sotto i veli”, che si ispira all’inno per il secondo Congresso eucaristico diocesano, celebrato nel giugno del 1950, dopo il primo del settembre 1935, entrambi indetti dal vescovo Beniamino Ubaldi (1882-1965).
Il congresso del 1935 ebbe per motto “Per Ubaldum ad Jesum” (che fu anche il titolo dell’inno), in quanto si voleva ricordare l’ottavo centenario della pacificazione di Gubbio a opera di sant’Ubaldo, e per questo vide la traslazione del corpo del Patrono in Cattedrale. Infatti si voleva promuovere la crescita della partecipazione alla celebrazione domenicale e del culto eucaristico tramite il collegamento con la devozione ubaldiana. Il congresso vide un significativo coinvolgimento dei laici e tra gli obiettivi ci fu la tutela del riposo festivo e la lotta alla bestemmia, contro cui vennero promossi i “cartelli viventi” (persone specie ragazzi con compiti di richiamo e di rimprovero). Il contesto storico, dominato dal fascismo e dalla guerra d’Etiopia (1935-1936), influì in quanto si pregò per i militari impegnati nelle operazioni belliche.
Il secondo Congresso eucaristico, nell’Anno santo del 1950, fu all’insegna della devozione mariana (significativo il motto “Per Mariam ad Jesum”), in quanto venne preceduto dalla Peregrinatio Mariae, evento nella quale la statua della Madonna di Fatima (custodita e venerata nel convento di San Girolamo) attraversò, dall’ottobre del 1948, tutte le parrocchie della diocesi, con grande partecipazione di fedeli. Siamo nel secondo dopoguerra in un periodo segnato, oltre che dalla ricostruzione post bellica, da un clima politico molto acceso, determinato dall’insorgere della Guerra fredda con la contrapposizione tra il blocco occidentale (guidato dagli Stati Uniti) e quello comunista (capeggiato dall’Unione sovietica). Le elezioni politiche del 1948 segnarono la vittoria della Democrazia cristiana sul Fronte popolare (comunisti e socialisti), favorita anche da una forte mobilitazione del mondo cattolico. Tale contrapposizione si fece sentire anche nella diocesi di Gubbio nel cui territorio prevalse lo schieramento socialcomunista. L’intento della Peregrinatio Mariae e del Congresso eucaristico era quello di rinvigorire la fede e la pietà cristiana, duramente provata dalle ferite della guerra e dal clima politico acceso. Il momento più significativo fu l’11 giugno 1950, con la celebrazione del solenne Pontificale in piazza Grande e la processione eucaristica, a cui parteciparono circa ventimila fedeli, che si concluse con la benedizione dalla scalea del Palazzo dei Consoli.
Dal congresso si auspicò la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria che avverrà nello stesso anno con la costituzione Munificentissimus Deus di Pio XII.

Perugia: Il cardinale Bassetti celebra in cattedrale la solennità del Corpus Domini. Non ci sarà la tradizionale processione per le vie del centro storico

A Perugia, quest’anno, la solennità del Corpus Domini, di domenica 14 giugno, non sarà celebrata nella sua pienezza come avveniva da secoli (a partire dalla seconda metà del ‘300), culminando con la processione del Santissimo Sacramento dalla cattedrale di San Lorenzo alla basilica di San Domenico, sostando in preghiera davanti alle sedi delle Istituzioni civili e politiche del capoluogo umbro. La solennità del Corpus Domini sarà celebrata all’interno della cattedrale, alle ore 11, trasmessa in diretta da Umbria Radio InBlu (92.00 e 97.20), e non ci sarà la tradizionale processione. A presiedere la celebrazione eucaristica sarà il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti alla presenza delle autorità cittadine. Al termine si terrà l’adorazione del Ss. Sacramento all’altare maggiore guidata dal cardinale che impartirà la benedizione eucaristica alla comunità perugina.

Breve nota storica del Corpus Domini a Perugia. Il capoluogo umbro è da sempre molto legato alla solennità del Corpus Domini, istituita da papa Urbano IV, morto a Deruta il 2 ottobre 1264 e sepolto nella cattedrale di San Lorenzo. Circa due mesi prima della morte, l’11 agosto 1264, Urbano IV istituì ufficialmente questa solennità con la bolla Transiturus de hoc mundo, a seguito del “particolare miracolo eucaristico” avvenuto a Bolsena l’anno precedente. La popolarità di questa festa, che manifesta pubblicamente la fede del popolo cristiano nel Santissimo Sacramento, è cresciuta con il Concilio di Trento (1545-1563), quando si sono diffuse le processioni eucaristiche e il culto eucaristico al di fuori della Messa. A Perugia si ha memoria storica della processione con il Santissimo Sacramento dall’anno 1378, a seguito di un “provvedimento pubblico” delle autorità civili e religiose della città (cfr. Cronaca di P. Pellini) che stabilì anche il percorso.

Terni – Celebrata la solennità del Corpus Domini – Mons. Piemontese: “riprendiamo il cammino, in un percorso nuovo che coglie l’essenziale, riscoprendo il valore del creato, dell’ambiente, dell’amicizia, della nostra Chiesa”

Celebrata la solennità del Corpus Domini in diocesi, con modalità particolari. Non in maniera pubblica con la processione eucaristica per le vie della città, ma con un’adorazione eucaristica, in contemporanea, nelle chiese parrocchiali con il messaggio del vescovo, che ha ricordato come, dopo il lungo digiuno, si è tornati a partecipare alla mensa del Signore “grati per essere stati preservati, e alcuni anche guariti dalla influenza del Coronavirus. Dopo mesi di quarantena, voglio augurarmi che i cristiani abbiano conservato anzi accresciuta la fame e il desiderio del Signore, e ara anche la nostalgia della comunità. Qualcuno deve essersi disabituato e forse anche convinto che basti “vedere” la messa per televisione, allungando la lista di quelle operazioni, anche importanti, che si possono compiere in maniera virtuale, come il lavoro, la scuola, perfino l’amicizia. Invece Gesù ci vuole incontrare di persona, li invita i suoi ad attenderlo fisicamente nel cenacolo per donare a ciascuno il suo corpo e il suo sangue da mangiare”. E poi l’invito di Mons. Piemontese a a superare le paure che si sono accresciute in questo difficile periodo e a trovare modalità nuove per crescere nella fede “Alla scuola di Gesù impareremo a riconoscere Dio come nostro Padre, ad amare gli uomini come nostri fratelli, a condividere con loro il pane quotidiano. In Gesù risorto crescerà la speranza, la consapevolezza che siamo destinati alla vittoria sulla morte. Questa sera, contemplando Gesù nell’Eucarestia, ci sentiamo rassicurati perché non siamo soli: siamo in compagnia di Gesù, che è sempre accanto a noi, nelle nostre famiglie, nella società, nella chiesa. Gesù è il pane che ci alimenta, da senso all’esistenza e alle relazioni”.
E’ seguita poi la preghiera pronunciata dal presidente dell’Azione Cattolica diocesana Luca Diotallevi che ha posto l’accento sulla difficoltà sociali del momento attuale con la paura per il pane quotidiano e per il ridursi della sicurezza necessaria al vivere civile, esortando alla condivisione, responsabilità, riconoscimento dei diritti: “Signore, aiutaci a condividere il pane, ma aiutaci anche a cercare e trovare il pane attraverso il lavoro. Signore, donaci di sperimentare la dignità, la libertà e la santità del lavoro”.

LA RIFLESSIONE DEL VESCOVO

LA PREGHIERA DEL PRESIDENTE DI AZIONE CATTOLICA

 

Perugia – Il “Papa Magno” del cardinale Gualtiero Bassetti

«Sono soltanto due i pontefici che hanno avuto l’appellativo di “magno” nella storia della Chiesa: Leone I e Gregorio I. A queste due grandissime figure del passato, oggi, si può accostare un papa dei nostri tempi: Giovanni Paolo II». Lo scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei Gualtiero Bassetti nell’articolo “inaugurale” della rubrica “Il pane e la Grazia. Dialoghi, incontri, riflessioni” curata dallo stesso presule sulle colonne del settimanale cattolico La Voce, in edicola questo fine settimana e consultabile online all’indirizzo: https://www.lavoce.it/un-papa-magno/ .

Artefice del cambiamento radicale della Chiesa e del cristianesimo. «Il Santo Padre Francesco, celebrando a San Pietro la messa in memoria della sua nascita lo scorso 18 maggio – prosegue Bassetti –, ha detto che cento anni fa “il Signore ha visitato il suo popolo. Ha inviato un uomo, lo ha preparato per fare il vescovo e guidare la Chiesa”. C’è indubbiamente un rapporto intenso tra Karol Wojtyla e la storia del XX secolo: un intreccio di date, incontri, premonizioni e snodi cruciali. Nel 1977, per esempio, viene tradotto in italiano un libro di Jean Delumeau, con prefazione di Vittorio Messori, dal titolo paradigmatico: Il cristianesimo sta per morire? In quegli anni sembrava che il processo di secolarizzazione fosse irreversibile, la presenza della Chiesa nella società fosse diventata residuale e la crisi interna dell’istituzione ecclesiastica – caratterizzata da una drastica diminuzione delle vocazioni, dagli abbandoni del sacerdozio e dal calo della frequenza della messa – fosse ormai giunta ad una situazione drammatica. A distanza di poco tempo, però, nell’ottobre del 1978, viene eletto Papa l’arcivescovo di Cracovia e la storia prende un’altra strada. Nell’arco di 26 anni quel pontefice venuto da lontano ha cambiato radicalmente il modo di guardare alla Chiesa e al cristianesimo».

Ha sbarrato la strada al comunismo senza spargimento di sangue. «La sua elezione inattesa – evidenzia nella sua riflessione il presidente della Cei – è stata un’autentica irruzione dello Spirito Santo nella vita degli uomini e il suo lungo pontificato ha rappresentato una risposta alla crisi profonda che aveva investito la Chiesa universale. Molti studiosi hanno anche sottolineato il carattere politico di questo pontificato. Papa Wojtyla con le sole armi della fede ha infatti contribuito alla caduta dei regimi comunisti in Europa orientale e in Unione Sovietica. Come Leone Magno e Gregorio Magno, che hanno fermato la violenza distruttrice degli Unni e dei Longobardi, anche Giovanni Paolo II ha sbarrato la strada al comunismo senza spargimento di sangue».

Ha portato la Chiesa nel terzo millennio superando le burrasche della storia. «La grandezza di questo papato non è però riassumibile soltanto nella dimensione politica. Una lettura univoca in questo senso rischia, infatti, di fornire solo una visione parziale e ideologica del pontificato di Wojtyla. La grandezza di Giovanni Paolo II risiede, infatti, nell’aver portato la Chiesa nel terzo millennio superando le burrasche della storia, dando una testimonianza eroica del cristianesimo e tracciando la strada del XXI secolo. Il papa polacco, di fatto, ha segnato un passaggio d’epoca. E tutti i temi toccati nel suo pontificato sono ancora oggi alla base della vita cristiana. Si pensi, per esempio, alla centralità della misericordia che è stata poi sviluppata in modo originale da Francesco, oppure all’importanza dell’uomo redento da Cristo, al rapporto tra scienza e fede e, infine, al tema della pace e dello “spirito di Assisi”».

Un apostolo che ha testimoniato la bellezza del Vangelo. «A cento anni dalla nascita – conclude il cardinale Bassetti –, si può ben dire che Giovanni Paolo II è stato indubbiamente un uomo di Dio, un uomo di preghiera e un grande evangelizzatore. Se volessimo usare un’espressione sintetica potremmo dire che è stato un moderno “apostolo delle genti”. Un apostolo che ha testimoniato la bellezza del Vangelo, valorizzato la cultura della vita e difeso la libertà dei popoli. Non so se tutto questo è sufficiente a definirlo come un Papa Magno. Senza dubbio, però, una riflessione in tal senso è quanto mai opportuna».

Assisi – presentazione del libro di mons. Sorrentino con il cardinale Zuppi, il giornalista Piero Felice Damosso e il sociologo Luca Diotallevi

Saranno l’arcivescovo metropolita di Bologna, cardinale Matteo Zuppi; il professore di sociologia all’Università di Roma Tre, Luca Diotallevi; il caporedattore centrale del Tg1, Piero Felice Damosso, insieme all’autore, a presentare sabato 20 giugno alle ore 11 al Sacro Convento di Assisi, l’ultimo libro scritto dal vescovo diocesano, monsignor Domenico Sorrentino, intitolato “Crisi come grazia. Per una nuova primavera della Chiesa”, pubblicato da Edizioni Francescane Italiane.

Mentre tutto cambia, nel disorientamento generale della società e della cultura, la Chiesa vive uno dei momenti forse più critici della sua storia. In questo libro monsignor Sorrentino dà uno sguardo generale al nostro tempo, additando le vie di un nuovo slancio evangelizzatore centrato sulle piccole comunità, plasmate di fraternità. Affrontando varie tematiche, oltre alla crisi della Chiesa anche quella della società nei vari ambiti, come quello politico ed economico, non poteva mancare un capitolo dedicato alla crisi da coronavirus.

“Nel volume – spiega il vescovo – inquadro le difficoltà del nostro tempo nella figura di un triangolo della crisi. La crisi del pensiero, la crisi delle relazioni, la crisi della solidarietà e cerco di individuare le vie di uscita da essa. Il percorso da intraprendere è un ritorno a Gesù, al Vangelo, ma anche alla comunione come nella vita dei primi cristiani. In termini di speranza – prosegue – il sottotitolo dice in che direzione va la riflessione di questo libro. Verso una nuova primavera. Ce lo auguriamo e lo vogliamo tutti. È il momento – conclude – in cui dobbiamo aprirci ad un futuro un po’ più radioso perché stiamo vivendo tempi difficili. Da cristiani siamo persone di speranza e questo libro mira a dare speranza, non soltanto una speranza augurale, ma una speranza organizzata e cioè una speranza fatta anche di scelte che tutti siamo chiamati a compiere”.