“Solo rileggendo il Cantico delle Creature partendo dalle ultime due strofe, quella sul perdono-riconciliazione e quella su Sorella morte si può davvero comprendere questa immortale creazione di San Francesco”. A dirlo è il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino che, in un saggio sul Cantico di Frate Sole, pubblicato oggi, martedì 21 maggio, dal quotidiano Avvenire, dopo l’incontro svoltosi sabato 18 maggio con il poeta Davide Rondoni e il frate conventuale padre Felice Autieri, mette l’accento sulla natura umanistica dell’importante testo francescano scritto, come ormai la maggior parte degli storici dicono, non solo a San Damiano ma anche al Vescovado. Nell’intervento monsignor Sorrentino mette l’accento sulla sofferenza della penultima strofa, “Anche a tralasciare l’ultima – spiega – quella sulla morte, basterebbe la finestra aperta sulla sofferenza a farci rileggere l’intero Cantico in una prospettiva che scaccia ogni tentazione di un approccio ecologistico separato dall’umano e tutto giocato sui colori dell’idillio. In realtà le fonti sono concordi nel porre, sullo sfondo dell’intero Cantico, l’immagine di un Francesco angustiato e dolente, che trova la forza di cantare la bellezza proprio dalla capacità di accettare la sofferenza: è la bellezza “filtrata” e quasi purificata dal Venerdì Santo che guarda alla domenica di risurrezione. Soprattutto nelle ultime strofe il Cantico assume il suo colore più specificamente cristiano, anzi, decisamente “pasquale”. Le lodi della natura, senza le ultime due – aggiunge ancora il vescovo Sorrentino – potrebbero costituire una preghiera comune alle diverse religioni. Nelle ultime strofe, è prepotente l’aria del Vangelo. Due strofe storicamente concepite per il vescovado di Assisi, o addirittura dentro di esso, in quello che oggi si chiama “Santuario della Spogliazione. È certo, tuttavia, che andando verso l’anno centenario del Cantico (2025), questa immortale creazione di Francesco, il Cantico di frate Sole – conclude il vescovo – non potrà essere rivisitata se non in questo suo messaggio globale, ben incastonato, per le strofe sulla natura, nella spiritualità francescana della lode, sgorgante a San Damiano, e per le ultime due, nella prospettiva, esistenziale e sofferta, che si delinea sullo sfondo del vescovado e del rapporto tra Francesco e il suo vescovo, che sta da alcuni anni ritornando alla luce”.
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