«La Giornata sacerdotale del Clero umbro ospitata al Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” ad Assisi è da sempre molto partecipata e sentita. Certamente, la presenza di don Fabio Rosini ha fatto da elemento catalizzatore». Così il vescovo delegato Ceu per il Clero, mons. Gualtiero Sigismondi di Orvieto-Todi, a margine dell’annuale giornata regionale di formazione per i sacerdoti delle otto Diocesi dell’Umbria del 17 ottobre a cui hanno partecipato anche gli altri vescovi: Domenico Sorrentino di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, Luciano Paolucci Bedini di Città di Castello e Gubbio, Ivan Maffeis di Perugia-Città della Pieve, Renato Boccardo di Spoleto-Norcia e presidente Ceu, e Francesco Soddu di Terni-Narni-Amelia.
«Nell’affrontare il tema della penitenza – ha proseguito mons. Sigismondi –, don Fabio ha ricordato che non c’è rinnovamento spirituale che possa prescindere da questo sacramento, sottolineando che l’atto penitenziale è il primo passo verso la conversione. Sappiano che la penitenza è un sacramento che ha la sorgente, che è il battesimo, e ha un cammino davanti, che è quello verso il Regno».
Lo stesso relatore, noto per essere l’ideatore dei “Dieci Comandamenti” per evangelizzare in particolare le giovani generazioni, oltre ad essere il direttore del Servizio per le vocazioni della Diocesi di Roma, si è soffermato sul sacramento della riconciliazione che va «riscoperto» e «sdoganato», perché «banalizzato troppo». È entrato nel merito dicendo: «La gente ha percepito questo sacramento come un semplice antivirus per la vita. Il problema non è non fare del male, ma essere persone cristiane che annunciano e producono bellezza, altrimenti il male non svanisce».
«La confessione serve – ha aggiunto – per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia. La penitenza è il primo passo della vita nuova e non il peso da portare per il peccato commesso. Al centro del sacramento della riconciliazione non c’è la semplice confessione per ammettere il male, ma il movimento che lo Spirito dà al cuore dell’uomo per ritrovare la sorgente della vita dentro di sé».
Don Rosini non ha nemmeno tralasciato l’aspetto dell’«avere a cuore le persone», come confessori, «anche quando non è possibile dare l’assoluzione».
LA CATECHESI DI DON ROSINI