Essenzialità, fatica, servizio, sacrificio hanno scandito, insieme a diversi e intensi momenti di spiritualità, i dieci giorni di pellegrinaggio dei 103 ragazzi e ragazze della Pastorale diocesana giovanile di Perugia-Città della Pieve al santuario di Santiago de Compostela; un viaggio iniziato il 24 luglio e terminato la sera del 4 agosto, lungo quasi 2.700 chilometri di cui gli ultimi 120 percorsi a piedi. Alcuni giovani sono partiti con non pochi interrogativi e dubbi, ma, cammino facendo, si sono ricreduti, restando affascinati dall’esperienza umana e spirituale davvero unica e da ripetersi anche in situazioni diverse. «Dio parla all’uomo e non solo alla Chiesa, soprattutto attraverso le esperienze di altre persone – racconta uno dei 103 pellegrini –. Quello a Santiago è stato un pellegrinaggio che ti segna e ti cambia, domani non sarà più come ieri. Non usare il cellulare e vivere con soli dieci euro al giorno non è stato facile, ma ti ha fatto capire che puoi farcela lo stesso, che le cose più importanti e necessarie sono altre. È stata un’esperienza che ti ha dato la possibilità di metterti in discussione, facendoti comprendere l’importanza della conoscenza dell’altro e di aiutarsi vicendevolmente. La cosa più sorprendente è quella che Dio lo incontri proprio nell’altro e il cammino di Santiago ti aiuta a questo incontro».
Un pellegrinaggio che lascia un segno in questi giovani pellegrini, segno, proprio, di una Chiesa diocesana viva grazie anche alla Pastorale giovanile guidata da don Luca Delunghi, organizzatore-animatore di numerose simili esperienze che forgiano i giovani alla vita. Tra i partecipanti c’erano anche diversi animatori degli Oratori perugini, accompagnati dal loro responsabile diocesano don Riccardo Pascolini, come anche alcuni volontari della Caritas diocesana con il direttore don Marco Briziarelli. Questi ricorda che «il pellegrinaggio è stato anche una esperienza di servizio, di comunione, di relazioni e di ripartenza dopo la fase acuta della pandemia. Il Cammino di Compostela fa venire fuori anche le nostre fragilità, le nostre tensioni, ma la bellezza è quella di vedere limare le nostre spigolature».
Don Briziarelli coglie l’occasione per annunciare un’altra significativa esperienza di servizio e di fede, quella di quindici giovani perugino-pievesi che vivranno, dal 13 al 20 settembre, presso la “Casa-missione” in Kosovo, una realtà di accoglienza aperta a tutti avviata nel 1999 dalla Caritas Umbria dopo la fine delle ostilità belliche nella regione balcanica. Un’area dell’Europa centro-orientale con periodiche e preoccupanti fibrillazioni tra etnie e culture diverse (l’ultima risale a pochi giorni fa, nel nord del Kosovo al confine con la Serbia). La realtà Caritas, nata dall’impegno della Chiesa umbra, testimonia come persone di nazionalità e religioni diverse possono vivere pacificamente tra loro.