Città di Castello: Celebrata dai Vescovi umbri la S. Messa in suffragio del vescovo Ivo Baldi, deceduto in Perù a seguito del Covid-19. Il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia: «Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli»

La terra umbra, che ha dato i natali a mons. Ivo Baldi (1947-2021), vescovo di Huari in Perù, deceduto nei giorni scorsi a seguito del Covid-19, lo ha ricordato affidandolo al Signore con la celebrazione della S. Messa in suo suffragio tenutasi nella cattedrale di Città di Castello, il 14 giugno pomeriggio, presieduta dal cardinale arcivescovo metropolita Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. Il vescovo diocesano mons. Domenico Cancian, all’inizio della celebrazione, ha tratteggiato alcuni aspetti significativi della vita e personalità del Pastore defunto, come anche alcune caratteristiche della sua esemplare attività pastorale in terra di missione.

Figlio dell’Umbria. Il cardinale Bassetti, nell’omelia, commentando il passo evangelico “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, ha ricordato quanto mons. Ivo abbia preso alla lettera questo invito di Gesù, dimostrandosi di essere «un vero credente e un figlio di questa terra umbra, come san Francesco d’Assisi. Il Poverello, infatti – ha commentato il porporato –, dopo aver ascoltato alla Porziuncola il discorso missionario, tratto da questo invito, capì che doveva annunciare il Vangelo, e lo fece soprattutto con la vita, e poi con le parole che sapeva rivolgere a ogni categoria di persone».

A rischio della vita. Bassetti si è soffermato sulle parole del vescovo Baldi riguardo al tempo della pandemia in Perù, dalle quali si coglie, ha detto il cardinale, «il suo atteggiamento davanti al pericolo del virus che causava così tanti morti». Parole che esprimono «la piena coscienza di ciò che questo pastore si sentiva chiamato a fare, anche a rischio della vita: “Non possiamo vivere senza andare a lavorare – scriveva mons. Baldi – e spesso penso e vedo come sia realmente possibile poterne morire”».

Un pastore buono. Prendendo spunto dalla Lettera ai Romani, proclamata durante la celebrazione, Bassetti ha detto del vescovo defunto: «Senza mai risparmiarsi, ben consapevole di quello che poteva accadergli, mons. Baldi ha accettato anche la “spada”, perché sapeva che nemmeno questa l’avrebbe allontanato dall’amore di Cristo. Ora, restituito alla “madre Terra”, in cui è stato sepolto, Lui – un vero pastore che ha speso la sua vita per le sue pecore – è totalmente consegnato al “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), Dico grazie al Signore e a mons. Ivo per essere stato per la sua Chiesa di Huari, nel lontano Perù, il pastore buono, che chiama le sue pecore ad una ad una, le cerca senza stancarsi, le raccoglie e le passa in rassegna, non fugge di fronte al lupo, precede il gregge nel cammino della salvezza. Il pastore buono dà la vita per le sue pecorelle. Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli».

Un vero evangelizzatore. «Grazie, fratello vescovo, per l’eredità che lasci alla tua diletta Chiesa, di cui sei stato un vero evangelizzatore – ha proseguito il cardinale –, con l’ansia di portare a tutti la lieta notizia della salvezza, chiamando tutti, anche i laici, uomini e donne, a farsi testimoni e annunciatori del Regno. Caro Don Ivo, ora che i tuoi occhi sono illuminati dalla luce che non tramonta mai, aiuta il popolo di Huari a credere che né morte, né vita, né presente né avvenire, né potenze, né creatura alcuna, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Così, anche questo commiato che ti diamo, non esprime il pianto senza speranza di chi ti ha perduto per sempre, ma piuttosto la certezza serena nella fede che, partito da questo mondo e approdato definitivamente a Dio, tu accompagni per sempre il nostro cammino verso il Signore…».

Il profumo forte del tuo esempio. «Ti sei lasciato attrarre. Hai compiuto – nella tua parte di vescovo – quanto mancava alla passione di Cristo per la salvezza del corpo che è la Chiesa. Ora attiraci dietro di te con il profumo forte del tuo esempio – ha concluso il cardinale Bassetti –, perché la Chiesa di Huari e di Città di Castello, che piangono la tua dipartita, si sentano sostenute e rafforzate».

L’OMELIA
Carissimi confratelli Vescovi, cari sacerdoti e diaconi, signor Sindaco, autorità, fratelli e sorelle,
Mons. Domenico Cancian ha già tratteggiato molto bene alcuni aspetti della personalità di Mons. Baldi, come anche alcune caratteristiche della sua esemplare attività pastorale. A me resta il compito di far risuonare la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e che ha guidato la vita di questo Vescovo e ora illumina anche la nostra.
Il Vangelo, appena ascoltato, è la conclusione del racconto di Matteo, con il mandato del Risorto agli Undici. L’invio a tutti i popoli della terra che Gesù diede dopo aver completato la missione per Israele è stato preso alla lettera da Mons. Baldi, che in tal modo si è dimostrato un vero credente e un figlio di questa terra umbra, come san Francesco d’Assisi. Il Poverello, infatti, dopo aver ascoltato alla Porziuncola il discorso missionario tratto da questo invito, capì che doveva annunciare il Vangelo, e lo fece soprattutto con la vita, e poi con le parole che sapeva rivolgere a ogni categoria di persone.
Ivo Baldi dev’essere stato molto colpito da quanto diceva il Risorto – «Andate e fate discepoli tutti i popoli» – se, ancora giovane sacerdote, decise di lasciare la sua patria per una terra di missione. Quanto devono essere state di conforto, per lui, le parole di Gesù che rassicuravano la Sua costante presenza: don Ivo stava compiendo con coraggio un atto di fede, abbandonando le sicurezze che trovava in questa Chiesa per affrontare l’ignoto, ma sentendo che le parole del Signore «Io sono con voi tuti i giorni» erano specialmente per lui.
Possiamo immaginarci i sentimenti di questo giovane missionario, le gioie, ma anche le fatiche, le prove, i momenti di scoraggiamento. Apprendiamo invece dalle stesse parole del Vescovo Baldi – che Mons. Cancian ha appena letto – quale fosse il suo atteggiamento davanti al pericolo del virus che causava così tanti morti. Pur consapevole dei rischi che le visite pastorali comportavano, scriveva: «Fra poco inizierò lo stesso i miei viaggi e le visite, sapendo che prima o poi andando in giro…». Questa frase, rimasta sospesa, esprime la piena coscienza di ciò che questo pastore si sentiva chiamato a fare, anche a rischio della vita: «Non possiamo vivere senza andare a lavorare – continuava Mons. Baldi nella lettera che abbiamo già ascoltato – e spesso penso e vedo come sia realmente possibile poterne morire».
La pagina della Lettera ai Romani, ora proclamata, illumina questo passaggio. Siamo all’interno di quello che un esegeta ha definito «uno dei vertici più luminosi del Nuovo Testamento» (R. Penna, Lettera ai Romani), e che è costruito intorno a nove interrogativi, nove domande che si trovano tutte già nei primi versetti. Queste culminano con l’interrogativo ben noto: «Chi potrà separarci dall’amore di Cristo?» (v. 35).
In questo modo Paolo, che ha sperimentato in prima persona le fatiche apostoliche, dice che l’amore di Cristo è talmente saldo e tenace, che non lo si può annullare: né con le tribolazioni, né con la fame, o i pericoli – quelli a cui allude Paolo – e che certo anche Mons. Baldi ha vissuto nella sua missione.
Nemmeno la “spada”, a cui si allude soprattutto nei racconti della passione di Gesù e in quelli dei primi martiri cristiani, e che ci richiama l’immagine di “sorella morte”, nemmeno la spada può separarci da Cristo.
Senza mai risparmiarsi, ben consapevole di quello che poteva accadergli, Mons. Baldi ha accettato anche la “spada”, perché sapeva che nemmeno questa l’avrebbe allontanato dall’amore di Cristo. Ora, restituito alla “madre Terra”, in cui è stato sepolto, il nostro caro Vescovo – un vero pastore che ha speso la sua vita per le sue pecore – è totalmente consegnato al “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), Dico grazie al Signore e a Mons. Ivo per essere stato per la sua Chiesa di Huari, nel lontano Perù, il pastore buono, che chiama le sue pecore ad una ad una, le cerca senza stancarsi, le raccoglie e le passa in rassegna, non fugge di fronte al lupo, precede il gregge nel cammino della salvezza. Il pastore buono dà la vita per le sue pecorelle. Don Ivo si è speso per Cristo, si è prodigato per la sua gente, si è consumato per i suoi figli: grazie, fratello vescovo, per l’eredità che lasci alla tua diletta Chiesa, di cui sei stato un vero evangelizzatore, con l’ansia di portare a tutti la lieta notizia della salvezza, chiamando tutti, anche i laici, uomini e donne, a farsi testimoni e annunciatori del Regno. Caro Don Ivo, ora che i tuoi occhi sono illuminati dalla luce che non tramonta mai, aiuta il popolo di Huari a credere che né morte, né vita, né presente né avvenire, né potenze, né creatura alcuna, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Così, anche questo commiato che ti diamo, carissimo Vescovo Ivo, non esprime il pianto senza speranza di chi ti ha perduto per sempre, ma piuttosto la certezza serena nella fede che, partito da questo mondo e approdato definitivamente a Dio, tu accompagni per sempre il nostro cammino verso il Signore. Sono certo che tu, nella visione di Dio, nella pace senza turbamento, dopo aver tanto sofferto, ora nelle gioie senza ombre, canti l’alleluia della festa che tante volte hai intonato nell’assemblea liturgica. Noi continueremo a cantare il nostro alleluia dell’esilio, dal cammino della fatica e della sofferenza. Ma sono convinto che per tutti noi c’è un reale camminare insieme verso il compimento e la pienezza. Gesù ha detto: «Quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Ti sei lasciato attrarre. Hai compiuto la tua parte – parte di vescovo – quanto mancava alla passione di Cristo per la salvezza del corpo che è la Chiesa. Ora attiraci dietro di te con il profumo forte del tuo esempio, perché la Chiesa di Huari, che piange la tua dipartita, si senta sostenuta e rafforzata. Amen!