«Il nome di Samuel e di Elisabetta si aggiungono ad una lunga lista di persona che hanno perso la vita a causa del lavoro nella nostra Regione e ad una lista ancora più lunga che nel nostro Paese si aggiorna tragicamente ogni giorno. Sentimenti di sgomento, sofferenza e rabbia pervadono tutta la nostra comunità di fronte a queste giovani vite spezzate nell’atto del lavoro». A sottolinearlo è l’avv. Francesca Di Maolo, coordinatrice della Commissione regionale per i problemi sociali e il lavoro della Ceu nell’esprimere, a nome dell’organismo pastorale delle Chiese dell’Umbria, «immenso dolore per la tragedia sul lavoro che si è verificata a Gubbio (il 7 maggio, ndr) e la nostra vicinanza ai familiari, agli amici delle vittime e a tutta la comunità».
Sicurezza sul lavoro fattore rilevante di civiltà. «Se questo è il momento del dolore – prosegue la coordinatrice Di Maolo –, né oggi, né domani può essere il tempo della rassegnazione. Non si può morire di lavoro. Non si può più. Il lavoro non può trasformarsi in morte, perché il lavoro è vita, perché il lavoro è espressione della nostra identità, è partecipazione all’organizzazione economica e sociale del Paese, è espressione e fondamento della nostra democrazia. Per questo la sicurezza di chi lavora è una priorità sociale fondamentale ed è uno dei fattori più rilevanti della nostra civiltà».
La crisi occupazionale non attenui la sicurezza. «Siamo tutti consapevoli che ci aspettano giorni difficili – evidenzia l’avv. Di Maolo – perché stiamo attraversando una crisi senza precedenti. Di fronte alla crescita della disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani e le donne, c’è il serio rischio che l’attenzione sulla sicurezza del lavoro si attenui. Tutte le Istituzioni e la comunità nel suo complesso devono impegnarsi sulla via della sicurezza sul lavoro con determinazione e responsabilità».
No al lavoro che possa ferire, umiliare o uccidere. «Samuel ed Elisabetta, insieme a tutti gli altri nomi che li hanno preceduti – conclude la coordinatrice della Commissione Ceu –, non diventino per noi solo una doverosa memoria, ma un impegno a custodire la persona che lavora e a fondare realmente la nostra Repubblica di un lavoro degno che esprima tutta la vita delle persone che lo rendono e che mai possa ferire, umiliare o uccidere».