A conclusione dell’Assemblea pastorale diocesana, la Chiesa eugubina ha celebrato la festa per la Dedicazione della Cattedrale ai santi Mariano e Giacomo. Una liturgia solenne presieduta da mons. Luciano Paolucci Bedini e concelebrata dal clero diocesano. “Un giorno – spiega il Vescovo nell’omelia – per ricordarci del dono di questo tempio, ma ancora di più per far memoria di come questo tempio sia segno di un popolo che lo abita, del popolo che lo ha costruito per incontrare il Signore per innalzare a lui la propria lode”.
È stata una giornata di festa della famiglia diocesana che – anche se condizionata da restrizioni sanitarie e maltempo – ha raccolto e unito idealmente tutti i fedeli eugubini, a cominciare da sacerdoti, diaconi, religiosi e laici che proprio nei giorni scorsi hanno preso parte all’annuale Assemblea pastorale.
“Non festeggiamo le pietre – ha detto il vescovo Luciano – anche se le pietre ci ricordano, come diceva la seconda lettura, che Gesù stesso, morto e risorto, è stato posto come pietra d’angolo per la costruzione di una nuova umanità e che ciascuno di noi, unito a lui, è pietra viva destinata a edificare il regno di Dio, la dimora degli uomini con il loro Signore. Allora questa chiesa è cara al popolo della nostra Diocesi, ma ancora di più deve diventarne un segno e un’icona perché in questo giorno, più che ringraziare il Signore per chi ha costruito questo tempio e lo ha custodito nei secoli, dobbiamo chiedergli che questo tempio sia davvero solo il segno della nostra famiglia diocesana, perché se questo tempio intanto ci ricorda la fede degli uomini per il loro Dio, allora ci muove tutti ad esserne responsabili in questo tempo che viviamo”.
“È una chiesa di pietre, questo sì, sicuramente – ha continuano mons. Paolucci Bedini nell’omelia – che ci ricorda che la nostra Diocesi è chiamata a essere una Chiesa di pietre vive, che insieme, e non ognuno per conto suo, costruiscono ciò che rende presente il Signore e che consente a lui di incontrare ogni uomo. Non è questo tempio che deve fare questo servizio, siamo noi, siamo noi pietre vive che siamo chiamati a realizzare nel tempo, nella storia, in questo territorio, tutte le condizioni perché gli uomini possano incontrare il Signore, pietra angolare”.
Il vescovo Luciano invoca, poi, una Chiesa forte della fede che condivide, una Chiesa diocesana “che sta in alto, sopra tutto e sopra tutti, non per esercitare la banale potenza degli uomini, non per dominare gli altri e soggiogarli, ma per essere come una sentinella premurosa che dall’alto vede, sorveglia, scorge, si accorge, così da potersi prendere cura di tutti, mettendosi al servizio della vita”.
Un accenno anche alla bellezza artistica e architettonica della Cattedrale, sempre pensando anche all’edificio “vivo” della comunità.
“Questa è una bella chiesa – ha etto il Vescovo – e contiene tesori preziosi e bellezze uniche. Che la nostra Chiesa diocesana possa essere una Chiesa bella in cui il racconto dell’amore di Dio per ogni uomo e della sua misericordia per tutti gli uomini possa essere espresso anche dalla bellezza, possa essere visto e contemplato, possa essere attraente come ogni opera d’arte che, in piccolo o in grande, traduce non solo la maestria dell’autore, ma la grandezza di colui che l’ha ispirata. Che sia la nostra una Chiesa armonica, una Chiesa in cui c’è una bella acustica, in cui l’unione e l’armonia delle voci possa innalzare a Dio l’unica lode per la sua salvezza. Quanto è brutta una Chiesa stonata, una Chiesa non armonizzata! Che sia questa l’immagine di un tempio che anche con poche voci risuona del calore, della gioia e della lode che ciascuno di noi vuol portare al Signore per gratitudine. Che la nostra Chiesa diocesana sia come questa chiesa, capace di custodire come un tesoro prezioso la memoria della Pasqua”.
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