1. VIVERE LA CHIESA. Per una fede celebrata e condivisa: tessuto delle comunità, senso di appartenenza, qualità delle celebrazioni.
Ancora la frequenza domenica alla Messa da il segno dell’appartenenza di alcuni alle parrocchie, sempre in calo. Pochissimi dal loro legame con percorsi strutturati, associazioni o movimenti. Sempre di meno dallo svolgimento di alcuni servizi ministeriali in comunità come catechisti, educatori, animatori della liturgia, o della carità, gestione dei locali e degli aspetti ammnistrativi. Non si percepisce la possibile unità pastorale tra alcune comunità, un po’ di più il legame di territori limitrofi o affini che per alcune cose possono incontrarsi e collaborare. Spesso la vicinanza e il coinvolgimento nei confronti della parrocchia di riferimento è dato dalla organizzazione e gestione della festa annuale, più o meno sempre legata alla ricorrenza del Patrono o di una festa liturgica.
La domenica è quasi solo ridotta alla celebrazione della santa messa, e spesso le celebrazioni sono molteplici nella stessa Chiesa parrocchiale o nelle varie succursali nel territorio. Laddove ormai non vi è più il parroco residente e dedicato spesso c’é una forte richiesta di celebrare almeno una messa al mese la domenica. In genere, con lodevoli eccezioni, non si riesce a offrire celebrazioni curate e ben servite. La formazione liturgica degli operatori pastorali aiuta in qualche modo a rendere partecipabile la celebrazione, ma spesso c’é grave carenza sul fronte dell’animazione liturgica.
Nei confronti della Chiesa locale non c’è per lo più una grande comprensione del livello diocesano della pastorale o della vita ecclesiale, maggiormente si sente e incide la figura e la presenza del vescovo e delle sue iniziative.
Il lavoro sull’Evangelii Gaudium è sicuramente la novità più interessante di questi tempi, anche se il lavoro di studio e di riflessione, in primis da parte dei ministri consacrati, è ancora agli inizi e non trova sempre una grande ricaduta nella vitalità pastorale. Ogni anno ormai è dedicato ad approfondire un aspetto del documento, ma soprattutto a sperimentarci sulle vie indicate dal Santo Padre. La prima verifica di ogni nostra presenza sul territorio è proprio la gioia che scaturisce dalla vita di chi ha incontrato Gesù risorto.
2. GLI ADULTI E LA FEDE. Per una fede pensata e adulta: priorità degli adulti, problema dei linguaggi.
Viviamo un tempo in cui sembra non percepirsi forte il desiderio dei credenti di formare la propria fede e di nutrirla con i tesori della chiesa. Sembra quasi come se le quattro dimensioni fondamentali della vita della chiesa e di ogni esistenza cristiana siano indipendenti e diversamente considerate ai singoli, come se fosse possibile vivere la fede dedicandosi solamente alla cura della liturgia, o della Parola o della Vita comunitaria e della Carità. E tutto questo spesso in forma individuale, come se non fosse connaturale al cristianesimo la dimensione della fraternità, della comunità e in primis della comunione.
A parte la proposta organica e circostanziata delle associazioni e dei movimenti, che però nella nostra diocesi raggiungono pochi soggetti, per il resto quasi non esiste una proposta organica di accompagnamento degli adulti. Qualche sporadica iniziativa diocesana di approfondimento biblico, di preghiera e di riflessione, come i ritiri nei temi forti, la proposta di alcuni pellegrinaggi, episodi di formazione dei catechisti e o in preparazione degli altri ministeri laicali, e poco altro. Nelle parrocchie ancora meno. Non c’é sensibilità a proporre, ma neanche a domandare, spazi di incontro e di condivisione della fede tra persone adulte. A fianco degli incontri di preparazione alla celebrazione del sacramento del matrimonio, ancora poco impostati come un itinerario di fede o di riscoperta della stessa, si sono tentati alcuni incontri di catechesi per coppie e famiglie. Questi ultimi in vero molto ben accolti e richiesti con forza.
Sempre si avverte che manca una formazione di base, anche negli adulti che credono e vivono la chiesa fin da bambini. Hanno ricevuto alcune indicazioni, la grazia sacramentale, ma mostrano una profonda ignoranza della ricchezza della nostra fede e della vita della Chiesa. Emerge il più delle volte una fede convinta e affettuosa, ma poco autonoma e affettiva. Poco centrata sul mistero pasquale e sulla salvezza in Cristo nella Chiesa. È maggioritario uno stile di fede individualista e devozionale, a scapito di una esperienza comunitaria di popolo in cammino.
Il ruolo dei pastori è determinante come sempre, ma oggi questo incontra una stagione di forte debolezza del clero, stanchezza e anzianità, confusione e smarrimento di fronte alla cultura dominante, frenesia di vita, molteplici responsabilità non solo pastorali, e ovviamente forte riduzione del numero rispetto al temtativo di mantenere le posizioni di una volta. La cosa più triste a volte è che questo non è percepito dalla gente delle parrocchie, e quindi non compreso e non accolto, anzi stigmatizzato come negligenza da parte dei presbiteri. Sicuramente non stimola una maggiore partecipazione dei fedeli laici alla vita della chiesa al fianco dei sacerdoti.
3. I GIOVANI E LA FEDE. Per una fede “interessante” trasmessa alle nuove generazioni: coraggio innovativo.
Tra i possibili ostacoli alla trasmissione e all’accoglienza della buona novella ci pare di poter sottolineare i seguenti: eccessiva solitudine dei giovani, attenzione catturata da cellulari e pc, poca disponibilità degli educatori a trascorrere tempo di qualità con i giovani, scarsa incisività o visibilità della testimonianza dei cristiani adulti, senso di smarrimento, precarietà e confusione che contraddistingue la realtà sociale e culturale, ritmi frenetici di vita, ecc.
Nonostante le suddette difficoltà, nel nostro territorio sono presenti alcuni giovani che vivono con desiderio e passione il loro cammino di fede e che scelgono di condividere con altri giovani ciò che per primi hanno sperimentato riguardo a Dio e al suo Vangelo. Può trattarsi di testimonianze silenziose o manifeste che, in linea generale, vengono accolte con favore dalla Comunità.
L’attuale impegno della Pastorale giovanile sembra progressivamente orientarsi verso una maggiore disposizione all’ascolto dei giovani e al recupero di una concezione vocazionale dell’esistenza umana. Se tale obiettivo continuerà ad occupare un posto di rilievo è ipotizzabile che l’impegno pastorale in favore dei giovani possa maggiormente rispondere alle loro esigenze, ai loro sogni e al loro desiderio di trovare un posto nella Chiesa e nel mondo.
Malgrado il discreto impegno delle nostre comunità e della diocesi a favore dei giovani, sembra mancare una vera capacità di interecettare il disagio giovanile e le sue conseguenze. Questo è necessario per accostare tanti che non passano per le “nostre” strutture e proposte, e segno concreto ed efficace di una Chiesa vicina e aperta.
Mentre molti adulti si lamentano della mancanza notevole di sacerdoti e consacrati, tra i giovani questa percezione non sembra emergere con la stessa preoccupazione. Si avverte una scarsa dimensione vocazionale nella csotruzione della vita.
4. FEDE E VITA-1. Per una fede capace di plasmare la vita: gli affetti.
La percezione diffusa è spesso che la chiesa sul mondo degli affetti ha solo regole e comandamenti da dare e da veirficare. Non si percepisce la dimnesione affettiva dell’annuncio del vangelo e della relazione con Dio e con i fratelli. Tutto ciò che riguarda l’amore è ormai circondato da una sfera di individualismo e falsa libertà, che avrebbe bisogno di un rinnovato annuncio della bellezza del progetto di Dio e della sua realizzazione in Cristo.
Si è dato per scontato per troppo tempo, e lo si da ancora oggi, che la formazione degli affetti avvenisse quasi spontaneamente in famiglia. Non si è voluto vedere come negli ultimi decenni si sia insinuato un tarlo culturale che ha eroso la base condivisa di visione dell’amore e della famiglia. Così oggi con grave difficoltà ci ritroviamo a faticare tanto sul fronte dell’annuncio della visione cristiana sulla vita e sull’amore. A costatare che anche tra le “nostre” famiglie e i loro figli non è più condiviso un certo modo di pensare e di parlare dell’amore e degli affetti, cosa che ovviamente da spazio all’accoglienza incondizionata di tutti quei fenomeni che sono ormai comuni anche nella nostra Umbria. La senzazione spesso è che queste cose ci spiazzano, ci sembrano non valere più le regole forti e chiare del passato e purtroppo ne cerchiamo di nuove che blindino la situazione.
L’Amoris laetizia anche ci ha spiaziati, e facciamo fatica ad entrare dentro la sua vera novità e provocazione, che non è una nuova dottrina, ma un nuovo approccio pastorale di accompagnamento e discernimento sulle singole situazioni. Essa invece può rappresentare la possibilità di un nuovo annuncio sulla bontà del progetto di Dio sull’amore umano. Le conseguenze potrebbero essere tante, ma c’è una grande fatica anche solo ad immaginarle.
5. FEDE E VITA-2. Per una fede concreta e incisiva: il lavoro, il tempo libero.
Ormai sul fronte del lavoro tutto è visto come emergenza. Questo non aiuta a considerarne il legame con la crescita umana e sociale del territorio. Si passa dall’eccesso di chi lavora troppo a quello di chi non trova lavoro per vivere.
E tutto questo è percepito come un problema che interessa molti, che coinvolge le istituzioni politiche e sociali, ma che poco ha a che fare con la comunità ecclesiale e quello che vive e annuncia. Sia chi lavora, come anche chi invece cerca lavoro o si prepara ad entravi, difficilmente percepiscono la portata spirituale ed evangelica di questo ambito della vista umana.
Purtoppo non si mette in relazione l’esperienza del riposo con quella del lavoro. Sono percepite come due sfere private, che non toccano più di tanto quella della comunità dei credenti. La sensibilità sociale e politica su questi temi non passa per la riflessione credente, ma si riferisce ad ambiti laici ed esterni alla visione evangelica.
Nelle nostre comunità si condivide poco questo genere di discorsi e di vissuti e perciò non si avverte un’accoglienza propria della chiesa che possa rappresentare anche un valido osservatorio e un punto di confronto e di elaborazione di un pensiero e di un’azione illuminate dalla fede.
La grande ricchezza della dottrina sociale della chiesa sembra come chiusa ai più e di nessun interesse per la comunità ecclesiale. Questo alimenta e qualche volta giustifica una pericolosa disaffezione dei credenti verso il bene comune e la gestione di esso.
6. FEDE E VITA-3. Per una fede risanante e consolante: le fragilità.
Dipende molto dal ripo di fragilità l’atteggiamento delle nostre comunità. Con gli ammalati, le persone sole o chi ha problemi di handicap spesso c’è molta attenzione e vicinanza. Di fatto ci sono gruppi di sostegno, o singoli che prestano il loro servizio. Ma ci sono delle fragilità più nascoste o più “scomode” con cui la comunità ecclesiale fa difficoltà a confrontarsi. Intendiamo le situazioni di dipendenza, il disagio mentale, la dobolezza e qualche volta la violenza interna alle famiglie, il disagio giovanile, ecc.
Sono molto poche le comunità che hanno degli sportelli di accoglienza e di ascolto dell varie fragilità. Qualcosa passa per le caritas parrocchiali, ma anche queste sono poche e spesso non rispondono alle ferite più profonde e delicate. Ci sono molte iniziative pregiatissime di volontariato, spesso legate ad associazioni esterne al vissuto ecclesiale, che coinvolgono anche molti credenti, ma che non vengono percepite come espressione della comunità ecclesiale.
Colpisce come la creazione di un’opera segno per il Giubileo della Misericordia abbia inaugurato un luogo di attrazione per molte fragilità che non trovavano accoglienza nei nostri spazi consueti. Si tratta dell’Aratorio Familiare, una fattoria che coniuga lavoro nei campi, custodia di piccoli animali, con l’accoglienza dei senza fissa dimora, il coivolgimento dei giovani che vivono un disagio scolastico o relazionale, anziani che si dedicano a vari lavori, momenti di incontro per genitori e figli in semplicità e condivisione, gruppi che passano per un’esperienza di volontariato, e tante altre situazioni. Questo fa riflettere molto come tante fragilità siano più accolte in contesti di vita e di condivisione che in quelli spesso anonimi e funzionali delle nostre parrocchie.
In tutto questo il rapporto con le istituzioni comunali e sanitarie è spesso difficoltoso, e quasi esclusivamente con la Caritas diocesana. Non c’è un grande dialogo, una lettura dei bisogni condivisa, un impegno paritario nell’affrontamento di tali situazioni. Troppe volte le emergenze finiscono per essere scaricate sulle strutture ecclesiali, anche quando non sono adeguate, e soprattutto senza progetti e senza responsabilità da parte del pubblico.
7. FEDE E BENE COMUNE. Per una fede incisiva e decisiva nella e per la costruzione delle città a partire dai più deboli e ultimi: politica e solidarietà.
La dimensione sociale della fede è qualcosa che deve ancora crescere molto nella coscienza dei credenti di oggi. Le nostre comunità spesso curano solamente gli aspetti cultuali e catechistici, senza prospettare una ricaduta dell’impegno dei cattolici negli ambiti del socio-politico e della convivenza solidale.
Non essendoci validi cammini per la maturazione della fede degli adulti, difficilmente questi si sentono chiamati a testimoniare il vangelo nel mondo degli uomini, richiudendosi in forme varie di intimismo spirituale e di rifugio devozionale, che non tocca la vita concreta e la comune socialità.
La stessa esperienza della carità cristiana è spesso messa in discussione quando troppo esigente e scomodante (vedasi il fenomenno migratorio), o quasi del tutto delegata a ingiustificabili “specialisti” della carità, che spesso si riduce all’azione della Caritas.
Le sorti, spesso amare e deludenti, della politica locale e regionale hanno disamorato anche i più dediti all’impegno sociale. Il fallimento delle cosidette scuole di formazione socio-politica non ha indicato un’altra strada per l’educazione dei cattolici alla responsabilità del bene comune. Si naviga tra rigurgiti nostalgici dei più anziani e l’indifferenza quasi generalizzata del mondo giovanile sia nel campo del servizio ai poveri come in quello della partecipazione politica.
Si sente la mancanza di un annuncio del vangelo che includa e fondi un’azione sociale urgente e drammatica che abbia la lucidità della profezia e l’umiltà della compassione.
Stiamo tentando, non senza fatica, di confrontarci tra credenti di varie estrazioni sui grandi temi del vivere sociale, del lavoro, della famiglia e dell’educazione, per poter risvegliare questa vocazione civile della fede e attingere nuova ispirazione dal tesoro della dottrina sociale.