Raccontare le risorse, non solo le sciagure. Dal Coordinamento nazionale addetti alla comunicazione Caritas diocesane

«Per la Caritas la comunicazione è anche formazione nel raccontare tante attività e tante loro storie di vita. La nostra formazione nasce soprattutto dall’ascolto che facciamo delle comunità, delle persone che incontriamo e questo è il nostro punto di forza non soltanto nell’accompagnare le persone nelle situazioni di difficoltà». Lo ha detto don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, nell’aprire i lavori del recente Coordinamento nazionale degli addetti alla Comunicazione delle Caritas diocesane, tenutosi a Roma in Caritas italiana, dedicato al “Dare voce ai territori”, vissuto anche come evento conclusivo di un ciclo di quattro incontri formativi online dal titolo: “Dalla progettazione all’attuazione di un piano editoriale”.
Al Coordinamento anche i rappresentanti delle Caritas diocesane umbre di Città di Castello, Foligno e Perugia. È stata una proficua occasione di confronto con i direttori de Avvenire, Marco Girardo, di Tv2000 e Radio InBlu, Vincenzo Morgante, dell’agenzia di stampa SIR, Amerigo Vecchiarelli, dell’Ufficio nazionale Comunicazioni sociali della CEI, Vincenzo Corrado, e con il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, Massimo Monzio Compagnoni. A coordinare i lavori Paolo Valente, vice direttore e responsabile della Comunicazione di Caritas italiana.
«Ci stiamo riorganizzando al meglio – ha proseguito don Pagniello – per quelle che sono le nuove sfide attraverso un piano pastorale strategico, dando alla Comunicazione un ruolo importante, perché per noi la pedagogia dei fatti vuol dire realizzare delle opere segno che, per essere tali, devono comunicare qualcosa. Non ci si deve limitare a comunicare la prestazione di un servizio, non solo di un piatto caldo, di un posto letto, ma, come direbbe Papa Benedetto XVI, “il profumo e il sapore del Vangelo”».
«In questa riorganizzazione – ha precisato – ci siamo dati tre obiettivi. Il primo, lavorare con e per la comunità, perché non dobbiamo comunicare solo come Caritas, ma quello che la Chiesa, in quel determinato territorio sta vivendo, sta facendo. Questo è anche la bellezza della nostra presenza capillare sul territorio. Quando la comunità si sente al centro, viene stimolata, formata e animata è capace di fare grandi cose e questo va raccontato».
«Il secondo obiettivo è quello di non raccontare solo le sciagure, ma vanno soprattutto raccontate le risorse che sono le persone che abbiamo di fronte a noi nei centri di ascolto, nelle opere segno, negli empori, nelle mense… Come è una risorsa per l’Italia l’immigrato che arriva, non un problema. Raccontiamo attraverso i fatti che le persone, i piccoli paesi, le aree interne possono essere una risorsa per la Chiesa e per l’Italia. Raccontiamo la bellezza e non soltanto la fatica del servizio che facciamo».
«Il terzo obiettivo è quello di pensare alla comunicazione anche di tutela dei diritti, di rappresentanza. Dare voce a chi non ha voce, il nostro slogan di sempre, ci deve portare non semplicemente a fare una denuncia, ma a rappresentare quelli che possono essere i diritti e le vie nuove da percorrere su alcune questioni. Con Avvenire abbiamo sperimentato una pagina particolare per Caritas nel non raccontare solo i numeri della povertà, ma cosa facciamo come risposte a quei numeri attraverso una comunità che legge un bisogno, che attiva delle risorse e che dà delle risposte».
A fare “sintesi” di quanto è emerso nella prima giornata (la seconda è stata dedicata agli “sviluppi dell’Intelligenza Artificiale”), è stato il vice direttore Paolo Valente, cogliendo da diversi interventi dei partecipanti, oltre che dai relatori, la necessità di comunicare bene, con più formazione, non a compartimenti stagno facendo sinergia tra tutti gli ambiti pastorali.
«Come l’amico che, nel Vangelo di Luca, si alza a mezzanotte per chiedere dei pani – ha commentato Valente –, siamo pronti a chiedere, cercare, bussare, per ricevere, trovare e aprire porte. Per rendere “parlanti” le nostre opere e i nostri progetti. Si tratta di promuovere la carità, l’amore gratuito per sorelle e fratelli, prima della Caritas, la cui mission è la promozione della testimonianza della comunità».
Riccardo Liguori