“La spogliazione di Francesco è il momento del suo “Abbà Padre”. Per me questo è il momento cruciale della vita di Francesco, è la base teologica della sua vocazione, la sua assoluta fiducia nella paternità di Dio, il suo desiderio di seguire Gesù povero e crocifisso”. Lo ha detto il cardinale di Boston, Sean O’Malley nel corso dell’omelia della celebrazione eucaristica di domenica 19 maggio, nella chiesa di Santa Maria Maggiore-Santuario della Spogliazione. Il cardinale, dopo essersi soffermato sull’importanza della Pentecoste, ha poi evidenziato il significato della scelta di San Francesco. “L’aver rinunciato e avere messo tutta la sua vita nelle mani di Dio rende Francesco disponibile a seguire Cristo e annunciare la buona Novella. Questo carisma – ha aggiunto – è così forte che si diffonde a macchia d’olio; la sua vocazione ha cambiato il corso della storia e ci ha convocato qui da tutto il mondo. Il carisma che abbiamo ricevuto non è un documento o una filosofia, ma uno stile di vita trasmesso da uomini il cui cuore è infiammato. La strada che ci propone Papa Francesco è quella della vicinanza. Dobbiamo essere vicini a Dio con la preghiera reale e condivisa. La nostra vicinanza a Cristo povero e crocifisso è segno distintivo della nostra spiritualità. Ai nostri giorni uno dei frutti del carisma di Francesco è Carlo Acutis. Ora qui i fedeli si riuniscono in questo nuovo Cenacolo di Pentecoste”.
Un altro momento interessante sul carisma francescano che sprigiona dal Santuario della Spogliazione è stato vissuto anche nel pomeriggio di sabato 18 maggio durante il convegno: “Tra Frate Sole e Sorella Morte, il Cantico da San Damiano al Vescovado, una riscoperta verso il 2025” al quale hanno preso parte il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, il poeta Davide Rondoni, presidente del “Comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi”, il frate conventuale padre Felice Autieri e il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, Marina Rosati. “Che cosa succede al Cantico di Frate Sole se lo leggiamo a partire dalle due ultime strofe? Le sei strofe riguardanti gli elementi materiali sono ben note. In questo tempo in cui l’istanza ecologica si è fatta drammatica, aver riscoperto la profezia di Francesco d’Assisi anche sotto questo profilo concentra ancor più lo sguardo su di esse. Le due ultime finiscono per essere quasi dimenticate. Persino imbarazzanti. Con esse, in effetti, lo scenario cambia”, ha detto il vescovo Sorrentino “La questione dell’unità della composizione del Cantico – ha aggiunto ancora – è risolta dagli storici distinguendo lo sfondo e i tempi in cui nascono i due tipi di strofe: le prime, naturalistiche, hanno il loro grembo a San Damiano, e le altre, umanistiche, richiamano altro tempo e luogo, e cioè, la penultima legata all’episodio della riconciliazione di vescovo e podestà; l’ultima strofa, legata ai giorni in cui Francesco fu degente nel Vescovado prima di scendere, nel collasso finale, alla Porziuncola per accogliere “sorella morte”. Nelle ultime strofe, è prepotente l’aria del Vangelo. Andando verso l’anno centenario del Cantico (2025), questa importante creazione di Francesco, il Cantico di frate Sole, non potrà essere rivisitata se non in questo suo messaggio globale, ben incastonato, per le strofe sulla natura, nella spiritualità francescana della lode, sgorgante a San Damiano, e per le ultime due strofe, nella prospettiva, esistenziale e sofferta, sullo sfondo del vescovado, come esso sta ormai da alcuni anni ritornando alla luce nell’ottica del Santuario della Spogliazione”.
Padre Felice Autieri dopo aver approfondito le varie esperienze che hanno caratterizzato la vita di Francesco ha parlato dei suoi atti di riconciliazione. “Francesco – ha detto – va incontro alla morte con le sue certezze, ma anche con le sue paure. Egli non ha problemi a chiamare la morte come sorella. Francesco è autenticamente santo perché innanzitutto è stato autenticamente uomo. Francesco non è l’uomo che detta formule, ma egli parte dalla sua esperienza di uomo”.
Il poeta Rondoni ha spiegato che nessuno ha mai fatto un commento poetico al Cantico delle Creature. “Francesco – ha detto Rondoni – è un Santo che mentre sta morendo alza una prosa poetica rimata e si rivolge ai suoi frati cantando. Egli non lascia solo la Regola, o il testamento, ma anche una poesia. Il Cantico è un testo commentatissimo che fa impazzire i filologi. Le poesie non si capiscono, ma si comprendono, si imparano a memoria. Francesco nel Cantico mette in scena una grande lode per qualcosa che non è suo. Il Cantico non è un canto ecologico. Per Francesco la natura è un segno è qualcosa che fa vedere l’invisibile. Noi non siamo la cultura che l’essenziale deve essere visibile agli occhi. Tutto nella nostra cultura è segno: l’arte, i sacramenti. Il perdono è contro la natura, è come l’arte. Francesco mette in scena l’uomo come perdono. È un grande poeta”.