Conclusioni di Mons. Boccardo presidente della Ceu

«Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione” (EG 25)… Affinché questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma» (EG 30).

«Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragi lità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti» (EG 85).

INTRODUZIONE

Non una conclusione, ma una sollecitazione per un rendimento di grazie che richiama quanto abbiamo vissuto negli incontri preparatori nelle nostre diocesi e nell’esperienza di queste due giornate

Vorrei dunque aiutare tutti noi ad esprimere un ringraziamento che consiste nel
a) proclamare la presenza del Signore che ha presieduto all’Assemblea Ecclesiale

b) riconoscervi l’azione dello Spirito Santo

c) con la consapevolezza delle ricchezze e delle povertà che l’Assemblea ha messo in luce

d) un ringraziamento concreto di prospettive pastorali e di impegno di vita: occorre
– guardare avanti
– senza accontentarsi più del “si è sempre fatto così”
– rispondere alle attese
– trovare audacia e coraggio
– rivedere l‘agire pastorale per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione

1. COSA ABBIAMO VISSUTO

Possiamo dire che nell’Assemblea Ecclesiale abbiamo
a) compiuto un atto d’amore per la nostra Chiesa e il nostro territorio
– l’amore comporta sempre uno sguardo amoroso, non ansioso, rassegnato e ingenuo, ma coraggioso e capace di guardare al futuro
– l’amore maturo sa vedere ed amare la realtà (la Chiesa) così come è, e nello stesso tempo desidera – “sogna” – che essa sia sempre più vera, più bella, più affascinante
– uno sguardo che ha espresso la passione per la nostra Chiesa, la preoccupazione per la nostra Chiesa, la fiducia per il futuro della nostra Chiesa.

b) vissuto una esperienza di “sinodalità”, che non è un metodo come tanti per dare la parola a tutti e agevolare l’ascolto reciproco e le conclusioni condivise; la sinodalità ci aiuta a vivere pienamente il nostro essere popolo di Dio in cammino, in discernimento e ascolto reciproco, fino a programmare insieme, decidere insieme e operare insieme; esprime il cuore stesso del nostro essere comunità di discepoli alla scuola dell’unico Maestro che è Cristo guidati dal suo Spirito; nasce da una conversione che parta dal cuore e da motivazioni spirituali, non solo funzionali.

c) iniziato (o continuato) un processo, seguendo l’insegnamento di Papa Francesco, che con Evangelii gaudium ci ha ricordato che nella attività pastorale il nostro impegno deve essere quello di iniziare percorsi, cammini, lasciare un’impronta e consegnare al futuro uno stile: la passione di essere sempre più Chiesa-comunione in missione (cf nn. 222-225).

2. CON QUALI ATTEGGIAMENTI

a) grande impegno, coinvolgimento personale, serietà con cui i delegati hanno lavorato durante tutto questo anno e anche oggi

b) una maturazione di coscienza e di conoscenza ecclesiale: una crescita nel senso di appartenenza alla diocesi, una maggiore consapevolezza della situazione delle nostre Chiese con i loro problemi e ricchezze, uno sviluppo della corresponsabilità nella vita delle comunità e della Chiesa locale

c) un clima di dialogo, di rispetto reciproco per le diversità di visioni e di opinioni, di cordiale ascolto vicendevole, che ha permesso una buona lettura della realtà ecclesiale, una migliore conoscenza del territorio e della vita della gente

3. QUALCHE DIFFICOLTÀ E FATICA

a) la prima e più grande fatica è certamente quella di leggere la realtà, ecclesiale e del territorio. Essa deriva forse dalla scarsa abitudine a confrontarsi e a dialogare in maniera “sinodale” e anche l’ambiente circostante può spingere ad una lenta rassegnazione o ad una passiva accettazione del “si è fatto sempre così”; c’è la tentazio- ne di credere che non possa cambiare

b) una seconda fatica, che confirma di fatto la necessità di essere una Chiesa “in uscita”, una Chiesa “che si sporca nelle periferie”, è la fatica ad accettare la realtà del mondo, a guardare con compassione e cordialità alle “ferite” della gente; facilmente tendiamo al moralismo, al giudizio e al pregiudizio che separano dalla vita delle per sone e non mostrano la gioia e la misericordia del Vangelo

Ancora Papa Francesco ci ricorda che la realtà è più importante dell’idea. Siamo portatori di una promessa e di un attesa: è l’ideale del Vangelo ciò a cui tendiamo e per cui lavoriamo. Ma è un ideale che necessita di essere incarnato in una realtà umana fatta di volti e di storie, dove dobbiamo sempre ricercare e favorire “il bene possibile”. Sfuggire al confronto con la realtà porta ad essere sradicati, idealisti, fondamentalisti. L’incarnazione è il criterio di fondo: Cristo è venuto nella carne ed è la carne di Cristo che noi valorizziamo, è la carne di questo popolo che noi curiamo (cf EG nn. 231-233).

4. LE PAROLE RICORRENTI

a) ascoltare
– la Parola per una fede adulta che susciti cristiani robusti, gioiosi, liberi; che conduca ad assumere una “mentalità cristiana”
– la gente per una presenza nel mondo di cristiani appassionati del bene comune e della vita delle persone. Questo richiede una autentica conversione missionaria non procrastinabile; una rinnovata misericordia e una ricercata e voluta compassione per incarnare l’amore evangelico dentro il quotidiano della vita; la disponibilità ad affrontare con serenità e serietà le grandi provocazioni del tempo in cui viviamo

b) appartenere
– alla Chiesa, che è la diocesi, di cui la parrocchia e le unità pastorali sono delle cellule; le unità pastorali, che rappresentano non il passato rispolverato ma il futuro, devono diventare lo snodo e il collante tra parrocchia e diocesi

– l’Eucaristia domenicale dà il polso e garantisce l’esistenza e la crescita del senso di appartenenza (chi si allontana dalla Chiesa lascia anzitutto l’Eucaristia; chi ritrova il senso della Chiesa recupera anzitutto la partecipazione all’Eucaristia)

c) formare
– formazione è stata la parola più ricorrente (significa che la formazione è la più necessaria e insieme la più carente)
– formare (dare forma) l’uomo, il cristiano, la coppia, i preti, gli operatori pastorali, i cristiani impegnati nella vita pubblica, i giovani…
– tale formazione richiede itinerari differenti (ai fedeli laici non è chiesto di essere ecclesiastici ma ecclesiali) e una grande perseveranza nel cammino; non si misura dal numero ma dalla qualità delle proposte: «L’uomo abile è colui che raccoglie molto; l’uomo di Dio e di fede è colui che non smette di seminare»
– dare vita ad esperienze, luoghi e istituzioni in grado di contaminare il presente con la buo na notizia del Vangelo di Gesù

d) andare
– incontro alle fatiche, ferite, domande
– ed offrire una “cura” misericordiosa, che pone al centro “i poveri”
– raccontando con lo stile della vita quotidiana quanto è bello essere discepoli di Gesù
– è lo “snodo” di una Chiesa “in uscita”: accogliere, discernere, integrare, accompagnare.

Ormai sono innumerevoli le affermazioni di Papa Francesco sulla necessità, per la Chiesa, di “uscire”, con le ricadute pastorali per quanto riguarda le relazioni interne alla comunità cristiana, i suoi rapporti con il mondo, l’evangelizzazione, l’attenzione ai poveri, ecc. Basti
pensare alla celebre variazione sul tema delle pecore, dell’odore delle pecore, della inopportunità che si resti a “pettinare le pecore” rimaste nell’ovile…

L’urgenza di “uscire” è innanzitutto uno stato d’animo che dovrebbe generare una situazione totalmente nuova. Il rischio è che di fronte a un ideale così alto, si finisca per rifugiar si nella semplice impossibilità di attuarlo. Non ci sono mani che guidano l’uscita e quindi si rinuncia ad uscire. Dobbiamo invece affermare con forza che il rendersi conto di queste difficoltà di base serve non per evitare di affrontare il transito, ma per affrontarlo davvero.

5. QUALE CHIESA PER IL FUTURO

a) una chiesa in ascolto, perché senza Parola la fede muore o al massimo rimane o diventa religione che non tocca la vita (mettere la Parola a fondamento)
b) una chiesa eucaristica, che trova la gioia nel Signore Risorto. È lui che continuamente la rianima, la rinnova, la manda nel mondo e la fa essere unita nelle diversità (l’Eucaristia al centro)
c) una chiesa maestra di formazione, che ha cura della crescita bella, vera e matura delle persone: cristiani adulti, coraggiosi, liberi, il cui atteggiamento morale non è “costrizione” ma scoperta della verità e della bellezza della vita e delle cose che la com pongono (la persona come progetto)
d) una chiesa in movimento, movimento dei piedi, delle mani, ma prima ancora degli occhi, degli orecchi, del cuore; una Chiesa “buon samaritano”, una Chiesa che non ha paura di contagiarsi abbassandosi al livello dei più poveri, dei più feriti, dei più stanchi, dei più peccatori.

6. E ADESSO?

– il risultato dei tavoli di lavoro sarà affidato alla Segreteria, che lo consegnerà ai Vescovi, cui spetta accogliere, discernere e “restituire” alle Chiese quanto dalle Chiese hanno ricevuto
– ad ogni diocesi la possibilità di prolungare nel tempo questo “stile sinodale”, soprattutto negli organismi di comunione; e forse anche alla nostra Regione ecclesiastica con esperienze simile a questa…
– molte indicazioni nasceranno non da considerazioni a tavolino, ma dalla capacità che avremo di ripensarci cammin facendo. Perché se è vero che molte “cose da fare” nascono da buone idee, è vero anche il contario: molte idee buone nascono dalle cose fatte. «In una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio» (Papa Francesco all’Assemblea CEI, 16 maggio 2016).

Attenzione poi ad un virus sempre presente nel tessuto ecclesiale e sociale:
– ci si rende disponibili ma poi non ci si coinvolge
– si comincia ma non si continua
– alle prime difficoltà si viene meno
– si vorrebbero vedere immediatamente i frutti
– si pensa che tanto ci sono altri che fanno.

7. UN RINGRAZIAMENTO

– alla diocesi di Foligno che ci ha accolto e al suo vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi
– alla parrocchia di San Paolo (sacerdoti e collaboratori)
– alle parrocchie che hanno ospitato i tavoli
– a tutti coloro che, in modi diversi, hanno collaborato alla riuscita dell’Assemblea
– all’Ufficio Comunicazioni della CEU
– alla Segreteria, specialmente a don Luciano Avenati e don Marcello Cruciani
– a tutti voi, per il lavoro compiuto, per la passione manifestata, per i sogni coltivati…

8. CONCLUSIONE BENEDICENTE

– Ti benediciamo, Signore, per la Chiesa che è in Umbria, che tu da sempre ami come tua sposa e tuo corpo, e alla quale continui a mostrare tutto il tuo amore donandole incessantemente il tuo Spirito.

– Ti benediciamo, Signore, per questa nostra Chiesa, nella quale hai fatto fiorire la straordinaria santità di figli e figlie il cui nome risuona ancora sulle nostre labbra, e insieme con loro hai fatto fiorire la santità quotidiana, umile, tenace, di una schiera innumerevole di figli e figlie che attraverso i tempi della storia e le vicende della vita e del nostro territorio hanno fatto trasmesso noi la fede, facendo risuonare il tuo nome come garanzia di benedizio- ne e di speranza.

– Ti benediciamo, Signore, per il territorio in cui la nostra Chiesa vive, condividendo l’abitazione con gli uomini e le donne che lavorano, lottano, soffrono, sperano e amano per rendere più bella e più umana questa casa comune.

– Ti benediciamo, Signore, per le città e i paesi, per le valli e le montagne, per le bellezze della natura e dell’arte; ti benediciamo per quanti sono chiamati a ricostruire il tessuto sociale, lavorativo e morale nella perdutante crisi economica e dopo la dura prova del terremoto.

– Ti benediciamo, Signore, per i nostri vescovi, oggi ultimo anello della catena di pastori che hanno speso la vita per questo popolo; ti benediciamo per i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, per i fedeli laici che insieme spendono generosamente la vita nelle nostre comunità e per tutti quelli che animano la vita sociale con il fermento del Vangelo.

– Ti benediciamo, Signore, per la grazia dell’Assemblea Ecclesiale, che ci hai offerto come occasione favorevole per crescere nel senso di appartenenza alla diocesi, per discernere i segni dei tempi e ascoltare la voce dello Spirito, per diventare più capaci di guardare con amore e cordialità il nostro territorio, per farci attenti alle fatiche e alle ferite degli uomini e delle donne che camminano con noi, per ritrovare la gioia di vivere e di annunciare il Vangelo di cui siamo debitori nei confronti del nostro tempo.

La nostra benedizione faccia scendere sulle nostre Chiese la tua benedizione, Signore, perché il tuo Spirito vinca le resistenze, distrugga le divisioni, sani le ferite, elimini le pigrizie, bruci le mediocrità, e tutti insieme – Vescovo, presbiteri e laici – possiamo attuare quanto con questa Assemblea Ecclesiale ci hai fatto intuire. Amen.