Terni – celebrazione di fine anno con il canto del Te Deum – Mons. Soddu: “il messaggio di salvezza di Cristo, da cui fiorisce il frutto della benedizione: la giustizia e la pace con tutto ciò che di buono consegue”.

Celebrata dal vescovo Francesco Antonio Soddu nella Cattedrale di Terni la solenne messa di ringraziamento di fine anno con il canto dell’antico inno del “Te Deum”. Alla celebrazione erano presenti i canonici della Cattedrale di Terni, il parroco don Alessandro Rossini, la presidente del consiglio comunale di Terni Sara Francescangeli, gli assessori del Comune di Terni Viviana Altamura e Michela Bordoni, i rappresentanti delle altre autorità militari, dei cavalieri e dame dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, delle associazioni e movimenti ecclesiali.
«Vogliamo anzitutto ringraziare il Signore per il tempo che ci ha dato di vivere con tutte le gioie, i travagli ed anche i dolori – ha detto mons. Soddu -. Non possiamo non elevare il nostro inno di ringraziamento che, insieme alla infinità delle atrocità di questi giorni, dell’anno che oggi si chiude, ci sprona ulteriormente a rivolgere tutta la nostra attenzione al messaggio di salvezza che ci proviene dal Cristo. Per mezzo di Maria abbiamo ricevuto l’autore della vita, la benedizione eccelsa di Dio, ossia Dio stesso. Questo significa che nella misura in cui si accoglie questo dono fiorisce il frutto della benedizione: la giustizia e la pace con tutto ciò che di buono consegue».

Il desiderio di pace e la sua difficile realizzazione
Il vescovo ha ricordato la difficile situazione attuale «avvenimenti che in questi giorni, in questo cambiamento d’epoca, l’intera umanità, la nostra società e la nostra città sperimentano come stridente opposizione, come netto contrasto a quanto di più benedetto si possa immaginare. Mai come in questi giorni, almeno la nostra generazione, sperimenta anche l’inadeguatezza tra il desiderio della pace e la sua difficile realizzazione; anzi sembra non ci sia neanche una prospettiva che sia condivisa, entro la quale, in modo oggettivo, tutti ci si possa incontrare. Purtroppo ci capita di piombare nella triste constatazione in base alla quale la storia non ha mai insegnato niente ai posteri; al contrario pare che l’unico patrimonio lasciataci in eredità sia il metodo opposto alla salvaguardia della pace: come primeggiare, prevaricare, opprimere, uccidere.
Dinanzi a questa triste realtà, che avvolge di tenebre il nostro tempo, risuona comunque e ancora più forte il grande messaggio di pace che promana dal Vangelo. Esso, così semplice nella narrazione, contiene tutta la potenza capace di “abbattere i superbi ed innalzare gli umili” e quindi contiene il criterio fondamentale per accogliere e costruire la pace». 

Gesù presente tra gli ultimi
«La vicenda, l’esperienza dei pastori che si recarono a Betlemme presso la grotta della natività, che lo si voglia o meno, rimane l’unico metodo per costruire la pace – ha aggiunto il vescovo nell’omelia -. I pastori, così emarginati dalla cultura del tempo, rifiutati e considerati fuori dalla comunione, invece, sono coloro ai quali viene rivolto, anzi viene affidato il primo messaggio di salvezza. Un riguardo nei confronti di una categoria di persone che, di per sé, non aveva un gran posto nella società. Bene, costoro ascoltano la parola dell’angelo che porta un messaggio di liberazione, di salvezza e di pace e da questo si lasciano inondare e guidare. Oggi di questo abbiamo bisogno, ma non del messaggio, quello c’è già insieme alla luce che da esso deriva, quanto piuttosto che lo accogliamo con l’atteggiamento che fu dei pastori i quali, senza indugio, ossia senza tanti ragionamenti, senza considerazioni fuorvianti, si misero in cammino.
Forse l’atteggiamento nostro a volte è l’opposto ossia si rimane inerti, inchiodati…fermi e sommersi da un’infinità di considerazioni, supposizioni, congetture, paure… che non coincidono con l’invito ad andare. I pastori sono l’immagine viva della Chiesa che è appunto il popolo di Dio in cammino, come affermato dal Concilio Vaticano II e ripetutamente richiamato dal santo Padre Francesco. Una Chiesa in uscita, missionaria così come per primi furono i pastori. La Chiesa è missione, perciò i fedeli laici contribuiscono in modo vitale a realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni più ordinarie di ogni giorno».