«Grazie a ciascuno di voi un frammento dell’Eucaristia è arrivato sulle strade di questa nostra città e ha toccato anche tanti altri cuori. Grazie davvero e il Signore vi benedica e vi custodisca sempre». Cosi dell’arcivescovo Ivan Maffeis, nella basilica di San Domenico di Perugia, domenica 11 giugno, Solennità del Corpus Domini, al termine della processione con il Santissimo per le piazze e le vie principali del centro storico, rivolgendosi ai numerosi fedeli e a quanti si sono adoperati per l’organizzazione di questa solenne celebrazione svoltasi nella sua pienezza dopo tre anni di pandemia.
Molto partecipata ed animata è stata la processione con il Santissimo aperta da una numerosa delegazione del “Gruppo costumi tradizionali” del Comune di Terragnolo, in provincia di Trento, terra di origine dell’arcivescovo Maffeis. A seguire i rappresentanti in costume d’epoca di “Perugia 1416”, degli ordini Cavallereschi di Malta e del Santo Sepolcro e della Venerabile Confraternita del Santissimo Sacramento, di San Giuseppe e del Sant’Anello in Cattedrale. Non sono mancati neppure i bambini e le bambine con visti bianche della Prima Comunione delle parrocchie del centro storico. Significativo il raccoglimento in preghiera dell’arcivescovo con in mano il Santissimo davanti alle sedi delle Istituzioni civili del capoluogo. Un segno anche di riconoscenza ai loro rappresentanti per essere «presidi di convivenza civile, di tutela e di servizio del nostro sistema democratico», come ha sottolineato l’arcivescovo Maffeis nell’omelia pronunciata poco prima in cattedrale.
OMELIA DELL’ARCIVESCOVO IVAN MAFFEIS
Con l’Eucaristia verso le strade.
A prima vista verrebbe da dire che la festa del Corpus Domini ci porta ad andare contromano. Siamo, infatti, abituati a partire dalle nostre case per convergere in chiesa; la processione che da secoli caratterizza questa giornata va, invece, in senso inverso: dalla chiesa alle case, quindi non verso l’Eucaristia, ma con l’Eucaristia verso le strade dei nostri rioni, verso le vie della nostra città. A ben vedere, però, è proprio questa seconda direzione quella che invera e completa la prima; è quella che fa sì che il nostro venire a prendere parte all’Eucaristia non si risolva in un fatto puramente privato, ma raggiunga la sua piena efficacia nel ritorno che implica. A conferma che, oltre che individuale, il frutto proprio dell’Eucaristia è squisitamente sociale. Tutto questo è espresso anche da alcuni luoghi che qualificano la nostra processione: Palazzo del Comune e Palazzo della Prefettura, in primis.
Il mistero alto dell’Eucaristia.
Punto di partenza è questa nostra Cattedrale. L’Eucaristia che vi celebriamo ci unisce al Signore Gesù, ci fa suoi, ci rende partecipi di una vita più lunga e più bella della breve giornata terrena di ciascuno: “Io sono il pane vivo – dice Gesù –. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. È un mistero talmente alto l’Eucaristia, che non finiremo mai di contemplarlo: ci avvolge e ci supera da ogni parte. Ricevuto con fede, questo Pane ci trasforma il cuore, rafforza l’uomo interiore, ci educa al dono di noi stessi. Sì, la Chiesa celebra l’Eucaristia, ma è l’Eucaristia che ci fa Chiesa; è l’Eucaristia che fa dei molti un corpo solo, il Corpus Domini, quel corpo che siamo. Questa è la vera infiorata…
Aiuto a superare le barriere sociali. Essere Chiesa aperta.
Una comunità che si lascia plasmare dall’Eucaristia vince il pericolo di smarrirsi in quell’ateismo pratico, che spegne la vita nell’indifferenza, nella presunzione e nell’arroganza. L’Eucaristia ci porta a vivere la docilità alla Parola, l’obbedienza della fede, la creatività della carità, la capacità di non perdere la speranza, l’attenzione ai segni dei tempi, l’amore vicendevole, che supera le barriere sociali e ci rende Chiesa aperta, attraente, in cui ognuno – con la sua storia – trova accoglienza. Una Chiesa eucaristica non gioca in difesa, ma fa il primo passo, esce, va incontro, si fa prossima.
Impegno ad essere amici della città.
La nostra processione è segno di questa fede nella presenza del Cristo Risorto sotto le specie del Pane consacrato e della nostra disponibilità come Chiesa a camminare a fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS 1). Camminiamo con la volontà di condividere i nostri beni, a partire dalla ricchezza di una Tradizione che illumina lo sguardo e aiuta a interpretare con fiducia il presente. Con l’Eucaristia, portiamo sulle nostre strade il nostro impegno ad essere amici della città, a coltivarvi relazioni autentiche e profonde, a servire la città con serietà e onestà, considerando ogni persona degna del massimo rispetto.
Attenzione e riconoscenza per le Istituzioni.
Questo orizzonte ci rende attenti e riconoscenti nei confronti delle nostre Istituzioni, davanti alle quali la nostra processione sosterà un momento in preghiera. Comune e alla Prefettura sono luoghi-simbolo dell’intera comunità civile, presidi di convivenza civile, di tutela e di servizio del nostro sistema democratico. Nelle loro diverse articolazioni contribuiscono ad assicurare in maniera decisiva il funzionamento della città, a garanzia della dignità della persona nei suoi diritti fondamentali, sanciti dal Patto costituzionale che abbiamo celebrato la scorsa settimana nella festa della Repubblica.
Negli Ordini religiosi la storia della città. Un richiamo all’essenziale.
La nostra processione, dopo la Cattedrale e i luoghi delle Istituzioni democratiche, conosce un’ultima tappa: è la basilica di San Domenico. Non facciamo fatica a riconoscere nella vita religiosa dei diversi Ordini maschili e femminili la storia della città e un richiamo attuale per tutti a ritornare all’essenziale, ad un Vangelo vissuto nella semplicità, nella fiducia nella Provvidenza di Dio e nella fraternità con tutti.
Appello alla condivisione anche materiale per i poveri.
Concludo con l’appello che uno dei nostri religiosi mi ha fatto questa mattina: “ricordaci che il Corpus Domini ci deve portare alla condivisione anche materiale, all’attenzione per i poveri, difronte anche alle difficoltà della nostre Caritas”. L’appello è davvero a questa condivisione generosa, che può passare attraverso quell’offerta e testimoniata da gesti di attenzione di carità che appartengono alla responsabilità di ciascuno di noi.
Don Ivan Maffeis, vescovo