“Grazie a Sofia, Omar, Kamel, Eleonora, Henok e Milad: la loro scelta di ricevere il battesimo per vivere da cristiani diventa un forte richiamo per noi, che il battesimo l’abbiamo ricevuto tanti anni fa e forse l’abbiamo conservato in naftalina, come succede con certe tovaglie, talmente belle che finiscono per restare in un cassettone, inutilizzate, sempre in attesa dell’occasione buona… Da questi giovani ci viene un salutare scossone a far nostra un’esistenza pasquale, che profuma per ogni gesto d’amore, di compassione, di solidarietà, di servizio, di preghiera, di perdono e di tenerezza di cui la sappiamo arricchire”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis a conclusione dell’omelia, intitolata “Un battesimo senza naftalina” (testo integrale al link: https://diocesi.perugia.it/wd-document/8-aprile-2023-veglia-pasquale/), pronunciata alla Veglia pasquale, l’8 aprile, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, dove per le sue mani hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana sei giovani al termine del catecumenato.
I riti della Veglia. La liturgia battesimale è stato uno dei riti caratterizzanti la Veglia pasquale, “la madre di tutte le celebrazioni cristiane”, come l’ha definita mons. Maffeis, insieme alla benedizione del fuoco, all’accensione del cero pasquale e alla benedizione dell’acqua immergendo il cero nel fonte battesimale.
Una cattedrale gremita. È stata una Veglia pasquale molto partecipata, la prima presieduta dall’arcivescovo Maffeis dopo la sua ordinazione episcopale dello scorso 11 settembre, che ha visto concelebranti mons. Fausto Sciurpa, arciprete della cattedrale, don Calogero Di Leo, parroco del centro storico, don Fabrizio Crocioni, parroco dell’Unità pastorale di Prepo, e don Mauro Angelini, rettore della chiesa del Gesù. Ad animare la liturgia è stato il canonico sacrista don Luca Bartocci assieme ai seminaristi diocesani e la corale Laurenzia che, al termine, ha intonato l’Hallelujah dal “Messiah” di Hadel, accompagnata all’organo dal maestro Adriano Falcioni. Tra i numerosi fedeli, le comunità Neocatecumenali perugine con le vesti bianche, che hanno terminato il loro cammino, e non pochi turisti, che in questi giorni di festa soggiornano nel capoluogo umbro, gremendo la cattedrale sin dal pomeriggio del Sabato Santo per visitarla ma anche per confessarsi. Ai confessionali non si vedevano tanti fedeli in fila da prima della pandemia. Un ritorno alla fede praticata?
Rinascere nuove creature. Una cosa è certa, rivivere il battesimo per ciascun cristiano nella Veglia pasquale, è rinascere “nuove creature, che nel pane della Parola e nel pane dell’Eucaristia trovano la forza di ‘camminare in una vita nuova’”, ha evidenziato, nell’omelia, mons. Maffeis. Riflettendo sulla “notizia sconvolgente di un evento che riapre tutti i giochi”, la risurrezione di Cristo, questa, ha commentato l’arcivescovo, “diventa la chiave di lettura di tutto. Nel buio che ci avvolge, Lui è la luce, come abbiamo cantato accogliendo il simbolo del cero; in Lui le pagine della Sacra Scrittura che abbiamo meditato trovano pienezza e ci coinvolgono nelle grandi opere che Dio ha compiuto per il suo popolo, per la Chiesa, per l’intera umanità”.
Attesa che trova compimento nel Cristo. Mons. Maffeis, prima ancora, ha richiamato i fedeli all’annuncio che “Gesù Crocifisso è risorto dai morti’; un annuncio, ha precisato, “non facile né da comprendere né da esprimere a parole, tanto è sorprendente. Eppure, è un annuncio che incontra la domanda più forte che ci portiamo dentro: come scrive Nietzsche, ‘ogni desiderio reclama eternità, profonda eternità’. Sì, ‘tutta la vita chiede l’eternità’. Più che una speranza, è una necessità, diversamente, la vita resterebbe un conto che non torna, un’incompiuta”. Al riguardo l’arcivescovo ha raccontato la sua esperienza vissuta il mattino del Venerdì Santo (7 aprile) all’Hospice di Perugia, dove, ha raccolto “questa urgenza nella voce spezzata di una donna, nei giorni scorsi è morto il fratello. Nello smarrimento che la morte porta con sé, questa donna avvertiva con chiarezza che suo fratello non poteva essere stato semplicemente cancellato, quasi fossimo foglie che il vento del tempo o della malattia disperde… Questa attesa trova compimento nel Cristo”.