Contributo della diocesi Terni-Narni-Amelia

1. VIVERE LA CHIESA. Per una fede celebrata e condivisa: tessuto delle comunità, senso di appartenenza, qualità delle celebrazioni.
La nostra realtà ecclesiale rispecchia la crisi che più in generale, nel contesto sociale attuale, sta vivendo il senso di appartenenza ai gruppi, alle comunità, alle associazioni o ad altre forme di aggregazione. Ne consegue un mutato senso di appartenenza al gruppo che si esprime spesso in rapporti, legami, presenza ed impegno fragili e vissuti dai membri con una estrema volatilità. Le motivazioni sono complesse e investono diversi fattori. Nell’ambito ecclesiale spesso si è convinti
che il senso di appartenenza sia indebolito da fatti di cronaca che riguardano la Chiesa diocesana ed universale su molti fronti (incoerenza, compromesso con la mentalità corrente, gestione economica poco trasparente, scandali vari) e dalla facilitata possibilità di spostamento delle persone da un luogo ad un altro, da un’idea ad un’altra, da uno stile ad un altro, da un prete ad un altro. Sembra, inoltre, che essere cristiani per molti non comporti nessuna difficoltà a professare idee, comportamenti, appartenenze, convinzioni e stili lontani dal Vangelo.
Se tutto questo può avere un fondo di verità, allo stesso tempo si constata che nelle parrocchie di paese, rispetto a quelle di città o di prima periferia, il sentirsi parte della Chiesa è più forte, probabilmente perché più forte è la conoscenza reciproca delle persone, le relazioni che intercorrono tra loro e con il parroco, l’attaccamento alle tradizioni e devozioni popolari. Tutto ciò incoraggia a pensare che forse è proprio a partire da una maggiore cura delle relazioni interpersonali, da una maggiore e reale corresponsabilità laicale e da una rievangelizzazione delle devozioni e tradizioni popolari, possa irrobustirsi il senso di appartenenza di coloro che abitano le comunità cristiane. Molte realtà parrocchiali invece hanno preferito interrompere tradizioni legate alla devozione popolare per paura di contaminazione con il profano fino, però, a svuotare di senso e contenuti anche ciò che si voleva valorizzare. Accade pure che in alcune Parrocchie, il cercare di
coinvolgere le persone nella vita comunitaria per farle sentire partecipi della missione della Chiesa affidando loro incarichi specifici senza un adeguato discernimento, un serio accompagnamento e una permanente formazione spirituale, catechistica e umana possa favorire l’individualismo, la nascita di gruppi di élite che alcune volte sembrano tenere più all’apparenza piuttosto che all’appartenenza alla Chiesa diocesana ed universale.
Si rafforza così la convinzione che appartenenza sia sinonimo di campanilismo, di distinzione, di un certo rigore, portando alcuni gruppi a coltivare solo il frangente sociale delle loro attività che pur importante, non garantisce la crescita della vita cristiana dei membri e la loro appartenenza alla comunità ecclesiale. In questi casi anche la Parrocchia, nel cui ambito questi gruppi ricadono e interagiscono, può essere considerata un estraneo da limitare, da tenere ‘a bada’ e ‘al suo posto’
perché non infici le abitudini del “si è fatto sempre così” (EG, 33). D’altra parte nel contesto delle comunità ecclesiali stili liturgici variopinti, abitudini catechistiche peregrine, attribuzioni indebite di ruoli e gerarchie, canti e gesti liturgici comuni non considerati e altri inventati con la finalità di ‘definire l’identità’della singola comunità e gruppo rischiano di sbriciolare l’unità e la comunione della Chiesa dove ognuno, clero e fedeli, può fare quello che si sente in un determinato momento ed in una determinata occasione.
L’individuazione e la creazione, tre anni fa, di alcune “Comunità pastorali” con lo scopo di rendere più stretti i legami tra alcune parrocchie vicine geograficamente e culturalmente, nonché nel condividere il peso pastorale di alcune iniziative impossibili da avere in ogni Parrocchia, sta riscontrando molte difficoltà e lentezze a causa della poca abitudine (specialmente nel clero) alla collaborazione ed anche alla paura di ‘perdere qualcosa’ nella condivisione del lavoro. Le sette Foranie in cui è diviso il territorio diocesano hanno maggiore o minore capacità di creare ponti tra i credenti delle varie Parrocchie a seconda del numero di comunità di cui sono formate, delle caratteristiche delle Parrocchie stesse e della conformazione territoriale e sociale; il legame tra centro Diocesi e parrocchie (nei due sensi), specialmente quelle più periferiche, appare rarefatto, in alcuni casi sembra una sorta di ‘controllo’, in altri invece un legame impercettibile e talvolta -quasi- inutile.
La convocazione domenicale resta il momento di maggiore aggregazione dei fedeli (il magnus grex), ma non sappiamo dire quanto generi la gioia attorno al Risorto; effettivamente le nostre Comunità sembrano in difficoltà a generare alla e nella fede le nuove generazioni.
La qualità celebrativa, infine, ci sembra migliore rispetto agli anni passati: l’attenzione degli ultimi Pontefici e dai vescovi alla cura liturgica ed empatica, biblica ed omiletica, morale ed esperienziale, sembrano aver avviato nuovi processi specialmente nel clero e nel laicato delle generazioni più giovani. Purtroppo alcune ‘sacche di resistenza’ non mancano quando si preferiscono scelte personali a scelte ecclesiali che, spesso, portano ad eccessi di protagonismo (cf EG, 138).

2. GLI ADULTI E LA FEDE. Per una fede pensata e adulta: priorità degli adulti, problema dei linguaggi.
Il primo annuncio per buona parte degli adulti (cioè degli uomini e donne che hanno superato i 30 anni) non è stato fondato sulla Parola di Dio ascoltata, meditata, celebrata, vissuta e testimoniata, a meno che la formazione di questi adulti non sia avvenuta attraverso cammini associativi e all’interno di esperienze di movimenti che hanno curato in modo particolare la formazione.
La stessa cosa vale per la formazione cristiana permanente. La maggior parte delle parrocchie possiede un certo numero di catechisti che si occupa in prevalenza della formazione dei bambini e dei ragazzi. Pochi invece coloro che si dedicano alla formazione permanente degli adulti. Se questa è presente è curata prevalentemente dal Parroco, dall’AC o dai movimenti. La quasi generale mancanza di progetti strutturati, predisposti per la formazione permanente e sistematica degli adulti
produce un vuoto educativo nei confronti dei più giovani e dei piccoli che non vedono gli adulti impegnati a curare la propria vita di fede, né all’interno delle proprie famiglie né nell’ambito della comunità ecclesiale. In questo sicuramente gioca un ruolo importante lo stile di vita e il ritmo lavorativo di tante famiglie e dei loro figli, spesso oberati da molteplici attività oltre la scuola.
Anche nella nostra diocesi l’esperienza religiosa cattolica è caratterizzata dagli elementi propri della modernità avanzata. L’adesione personale si presenta come selettiva, si sceglie l’offerta religiosa che si ritiene più conveniente. La celebrazione eucaristica presenta a volte modalità e stili disegnati per porzioni di fedeli o gruppi specifici. La preghiera assume sovente modalità individualistiche. L’impegno per la carità e la giustizia nella società assumono spesso i tratti di
funzioni specializzate di gruppi, uffici e persone anziché attraversare la vita quotidiana dei fedeli.
Due sono le direttrici che si cerca di realizzare per accompagnare la crescita nella fede cristiana negli uomini e nelle donne della nostra chiesa particolare. Innanzi tutto, un ancoraggio biblico alle forme e alle pratiche della vita ecclesiale. In At 2,42 si dà una definizione allo stesso tempo descrittiva e normative della vita della comunità ecclesiale. “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”.
In secondo luogo, un costante, rinnovato e crescente investimento sulla dimensione sistematica e permanente della formazione e della catechesi. È il modo con il quale nella nostra Chiesa particolare si è cercato di interpretare e realizzare l’invito pressante contenuto negli orientamenti pastorali del decennio della CEI e in particolare l’appello alla cura della formazione permanente degli adulti e delle famiglie (EVBV n.55). Di qui l’impegno nell’approfondimento biblico e liturgico, che a livello diocesano è proposto attraverso la Scuola di formazione Teologico-Pastorale, alcune iniziative dell’ISTESS e di singole parrocchie, la stessa Azione cattolica diocesana, che organizza periodici incontri diocesani annuali di “grande catechesi”, infine iniziative per la lettura e lo studio del Magistero, con particolare riferimento negli ultimi tempi ad Amoris Laetitia e ai temi della famiglia, ai temi del lavoro e dei giovani (da ultimo l’accoglienza dell’EA “Cristo vive!”).
Il linguaggio è parte del nostro modo ci ricostruire e costruire il mondo nel quale viviamo. Anche la riflessione sul linguaggio risente del processo di frammentazione, individualizzazione e polverizzazione dell’esperienza religiosa nella nostra chiesa particolare. Per questo è opportuno distinguere i diversi destinatari del messaggio e ricomprendere il tema del linguaggio all’interno di una più ampia riflessione di carattere sociale sul tema della comunicazione.
Il ruolo dei pastori nella comunicazione della fede è determinante, ma occorrerà maggiore consapevolezza nel valorizzare il ruolo dei laici che devono essere aiutati opportunamente a vivere la loro vocazione che li “pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali” esercitando “una forma singolare di evangelizzazione” (EN n.70).
Tuttavia nell’opera di catechesi e di formazione integrale degli adulti operano diverse realtà laicali:
l’Azione cattolica, il Cammino neocatecumenale , Famiglie di Maria ecc. Movimenti laicali o Terzi
Ordini, legati a Famiglie religiose (Francescani, Carmelitani, Salesiani, ecc.), Pastorale familiare,
Dieci Comandamenti e altre associazioni.
Merita menzione la presenza dell’Istituto Leonino, che nelle molteplici attività di formazione
raggiunge ormai tutto l’arco formativo, dal Nido all’Università, coinvolgendo bambini, ragazzi,
giovani, genitori e adulti nella proposta cristiana.
Il Festival Popoli e Religioni che contribuisce alla cultura del dialogo e del bene comune; l’intensa
attività dell’ISTESS che sempre nell’ambito culturale produce ogni anno un interessante proposta
formativa che coinvolge adulti e giovani.
La visita pastorale (ormai nel terzo anno), nella preparazione, nella esecuzione costituisce per le
comunità parrocchiali e per l’intera diocesi un tempo di Grazia, di riflessione, discernimento, di
autocomprensione della propria identità e missione nel tempo attuale. Possiamo parlare di una
Missione, di un rinnovato annuncio del Vangelo i cui protagonisti sono le stesse comunità (fedeli,
associazioni e movimenti, religiosi/e, sacerdoti), la comunità civile del territorio (Istituzioni,
esercizi commerciali, fabbriche e laboratori, ordini professionali, ecc.) con l’impegno primario del
Vescovo, dei Vicari, dei Convisitatori.

3. I GIOVANI E LA FEDE. Per una fede “interessante” trasmessa alle nuove generazioni:
coraggio innovativo.
Gli ostacoli che rendono difficile la trasmissione della buona notizia ai giovani a nostro parere sono:
un modo troppo stereotipato e atavico della fede; i luoghi sono troppo abituali delle parrocchie e
oratori; il linguaggio utilizzato troppo didattico; il rapporto critico dei giovani verso la fede; la
mancanza di tempo per stare fisicamente con i ragazzi, infatti anche i sacerdoti o i responsabili dei
gruppi sono occupati in molti altri impegni.
I giovani hanno un enorme bisogno di essere ascoltati. Ascolto che non sempre trovano nei nostri
ambienti.
L’evangelizzazione dei giovani verso i giovani nel nostro territorio è in affanno e le uniche realtà
che fanno questo sono i gruppi o associazioni che spesso sono autoreferenziali, poco aperti alla
dimensione di Chiesa universale e/o diocesana, partecipano pertanto molto poco alle varie
iniziative.
L’attuale impegno della Pastorale giovanile Diocesana cerca di rispondere con alcune iniziative
efficaci alle attese e ai sogni dei giovani, coinvolgendo i giovani impegnati nei vari ambiti della
pastorale giovanile, per tentare di interessare, attraverso di loro, i giovani che sono più lontani, ai
margini della comunità ecclesiale. Si sottolinea una necessità di proporre ai giovani dei percorsi
vocazionali durevoli nel tempo e sistematici e non soltanto eventi che si esauriscono in un anno. Si
avverte l’esigenza di osare di più con i giovani mettendosi in gioco con loro e per loro.
Un altro problema comunemente individuato nella difficoltà della trasmissione della fede alle
nuove generazione, riguarda le famiglie di appartenenza che pur continuando a chiedere i
Sacramenti per i loro figli, spesso hanno perso il senso cristiano della vita. Ne consegue che le
famiglie non sono più il luogo primario della comunicazione della fede ai loro figli, delegata per lo
più alla Parrocchia e in particolare ai catechisti.
Durante la visita pastorale ancora in corso, si è cercato di dare ampio spazio nelle comunità, ai temi
della pastorale giovanile e ai giovani stessi, cercando di incontrare i giovani. In tante comunità
purtroppo i giovani sono per lo più una “generazione assente”. I gruppi ecclesiali giovanili sono
veramente pochi e formati da pochi elementi: vi è qualche gruppo dell’Agesci, dell’AC o
semplicemente parrocchiale e qualche gruppetto di dopo cresima – oratorio. Alcuni parroci, con i
loro collaboratori, si adoperano per organizzare il Gr.est, soprattutto per ragazzi piccoli e campi
estivi per preadolescenti e pochi adolescenti. Si è dialogato su questo tema con i Consigli pastorali,
con le famiglie e con gli adulti. Purtroppo bisogna constatare che nonostante non vi siano giovani
nel perimetro delle nostre comunità, i genitori e gli adulti, sacerdoti compresi, non si pongano
seriamente il problema e sembrano quasi rassegnati al fatto che i giovani debbano vivere la loro
giovinezza estranei alla Chiesa e lontani da essa, quasi rassegnati a questa assenza.
La Commissione diocesana per la Pastorale Giovanile, la Chiesa diocesana nell’ultima assemblea a
conclusione degli “eventi valentiniani”, insieme al Vescovo, ha riflettuto sulla situazione dei
giovani ed esaminato alcune possibili iniziative diocesane per accogliere le provocazioni del Sinodo
sui giovani e risvegliare la passione apostolica della comunità diocesana e dei giovani verso i loro
coetanei. Le proposte sono tante, ma è importante partire dalle singole comunità parrocchiali o
pastorali creando spazi per i giovani nei cuori dei cristiani e delle parrocchie. In Diocesi poi la
Pastorale vocazionale offre un calendario di incontri e ritiri a partire dal tema della giornata di
preghiera per le vocazioni promossa annualmente dalla CEI.

4. FEDE E VITA-1. Per una fede capace di plasmare la vita: gli affetti.
Gli affetti sono indispensabili per una vita che sia veramente tale. Però è necessario educarli ed
evangelizzarli affinché contribuiscano davvero alla felicità delle persone. Nelle nostre comunità
cristiane e nel tessuto sociale delle nostre città abbiamo recepito due grandi fragilità a cui dover far
fronte: l’analfabetismo affettivo-sessuale degli adolescenti e la debolezza della relazione tra
coniugi.
Alla prima fragilità ci sembra necessaria la risposta di un’educazione degli affetti con la quale
accompagnare gli adolescenti a conoscere meglio se stessi e a imparare una teologia del corpo e
dell’amore uomo-donna. A tale scopo abbiamo introdotto in questi anni un percorso laboratoriale
sull’affettività-sessualità rivolto prettamente agli adolescenti e un percorso per fidanzati, non ancora
in vista del matrimonio
Alla seconda fragilità ci è sembrato importante rispondere con iniziative in cui «il principale
contributo alla pastorale familiare viene offerto dalla parrocchia, che è una famiglia di famiglie,
dove si armonizzano i contributi delle piccole comunità, dei movimenti e delle associazioni
ecclesiali» (AL 202). Inoltre abbiamo recepito dal Sinodo della famiglia l’importanza che le
famiglie cristiane, per la grazia del sacramento nuziale, siano i principali soggetti della pastorale
familiare, soprattutto offrendo «la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese
domestiche» (AL 200). A tale scopo in questi anni presso alcune parrocchie della Diocesi si sono
proposti percorsi di catechesi, di condivisione e forme laboratoriali per accompagnare i coniugi a
crescere nell’amore oltre al percorso di preparazione alle nozze cristiane con uno stile di
catecumenato. Inoltre a livello diocesano è nato dal settembre 2017 il Centro per la famiglia
“Amoris Laetitia” che opera con vivacità e iniziative veramente rilevanti prima fra tutte l’attività di
Consulenza familiare e di formazione alla vita familiare e relazionale. Infine, tenendo conto che “la
Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito
e smarrito, ridonando fiducia e speranza” (AL 291) si è costituito dal 2010 al 2015 un gruppo di
coniugi in situazioni di separazione o divorzio, chiamato “Gruppo Berit”, con un cammino di
preghiera e accompagnamento all’interno della comunità cristiana. A livello Diocesano si è
riorganizzato il servizio di accoglienza, accompagnamento, discernimento e di integrazione per le
coppie che desiderano verificare la validità del loro matrimonio, con il coinvolgimento e l’impegno
personale del Vescovo e di alcuni suoi collaboratori.
Oggi molte famiglie vanno in crisi e sono tanti, troppi, i matrimoni che finiscono. E tante volte
anche noi, come Chiesa, arriviamo troppo tardi, quando i problemi della coppia sono già evidenti. È
bene, invece, educare i nostri fedeli fin da giovani, fin dall’adolescenza. Notiamo inoltre che sono
sempre più frequenti le coppie conviventi e anche con figli. Seguendo le indicazioni che papa
Francesco ha dato alla Chiesa con il documento “Amoris Laetitia”, abbiamo accolto lo stile del
catecumenato come impostazione di fondo da dare al percorso in preparazione alla celebrazione del
Sacramento del matrimonio; infatti notiamo che le molte coppie che si preparano a ricevere il
Sacramento hanno bisogno di un cammino di riscoperta della fede.
Gli incontri portati avanti dalle equipe, si svolgono alternando annuncio della Parola, laboratori e
dinamiche per presentare il tema della serata in varie modalità ed essere più incisivi.
La sete che i fidanzati hanno di ascoltare una parola che valorizzi e dia senso al loro amore, lo
notiamo dal fatto che, mentre iniziano gli incontri con dubbi pensando di fare una cosa noiosa, alla
fine del corso desiderano continuare, anche se poi pochi lo fanno, ma questo ci dice come essi stessi
riconoscono che la parola di Dio sull’amore umano sia l’unica a rivelare la bella verità sulla
relazione uomo-donna. Accompagnare le coppie di fidanzati permette di evangelizzare il mondo dei
loro affetti, passioni, sentimenti, emozioni, e infine anche la vita sessuale, che è fragile perché
poggia su una base superficiale. Le fragilità che comunque da più parti notiamo sono legate al fatto
che la relazione tra di loro è impostata sulle loro sole forze, su un loro ideale di matrimonio che poi
è frutto del loro pensiero, influenzato dalla mentalità di oggi.
5. FEDE E VITA-2. Per una fede concreta e incisiva: il lavoro, il tempo libero.
Il territorio di Terni – Narni è stato riconosciuto nel 2016 “area di crisi industriale complessa”, ai
sensi della disciplina in materia riordinata dal decreto-legge n. 83/2012 (art. 27). Dunque in questi
anni si sono potute scongiurare o rimandare le crisi delle industrie a Terni. Per quanto riguarda la
nostra città i dati della Camera di Commercio di Terni fanno il punto della situazione economica. In
particolare, quello che maggiormente preoccupa è il tasso di disoccupazione giovanile che
posiziona Terni al 23° posto della graduatoria nazionale con un non confortante 49%. Il dato è
ancor più negativo se confrontato col 2004, anno in cui il tasso si attestava al 16%, dunque più che
triplicato nel giro di pochi anni.
Tra i vari indicatori forniti, risulta che gli unici settori dove le imprese trovano maggiore ossigeno
sono quelli del turismo e ristorazione, con relativo indotto, i servizi di agenzie viaggio e noleggio-
supporto e, infine, i servizi sanitari e sociali.
A questo quadro allarmante non si possono non aggiungere le preoccupazioni rispetto ad alcuni
temi legati al lavoro, che qui solo elenchiamo:
-Il lavoro nero
-La disoccupazione
-La tassazione del lavoro rispetto alle altre forme di reddito
-Le politiche attive del lavoro e le modalità di selezione e scelta del personale
-Tempi di vita e tempi di lavoro
Per quanto riguarda i giovani l’ingresso nel mondo del lavoro, in un contesto di politiche attive non
funzionanti, si basa oggi con grande prevalenza sulla conoscenza personale, con un sistema non
meritocratico che contrasta non solo con il valore dell’uguaglianza delle condizioni di partenza, ma
anche con la valorizzazione dell’impegno personale dei giovani che si scontrano, all’ingresso nel
mondo del lavoro, con un sistema che non premia il proprio sforzo. Tale mentalità diffusa
contribuisce anche allo sviluppo di una modalità di rapporto umano sul posto di lavoro falsato dalle
ragioni (di conoscenza, riconoscenza, amicizia, parentela) che hanno portato all’assunzione. La
sostanziale assenza di politiche di premialità nella gran parte dei luoghi di lavoro contribuisce,
insieme alle modalità di assunzione non meritocratica, alla scarsa competitività delle nostre
imprese, che a sua volta genera un freno alle nuove assunzioni. È eticamente corretto ed
economicamente produttivo che le politiche attive del lavoro investano nelle capacità e nei talenti
dei nostri giovani, e per questo va completamente riscritto il capitolo dei servizi pubblici e privati
che si dedicano alla selezione ed intermediazione del lavoro.
Nel parlare di lavoro con lo sguardo degli insegnamenti del Vangelo e della Dottrina Sociale della
Chiesa, dobbiamo avere il coraggio di prospettare scelte nette anche se scomode, prendere
posizione rispetto a ciò che eticamente riteniamo in linea con i nostri ideali anche e a maggior
ragione quando queste si scontrino con la direzione che l’indirizzo politico e, ancor più, con le
spinte incontrollate del mercato. Faremo quindi evangelizzazione nel mondo del lavoro se sapremo
favorire e promuovere un vero “lavoro buono”: un lavoro che nasce nella meritocrazia, si sviluppa
nel servizio, cresce in un sistema di tutele basato sulle esigenze familiari e si autovalorizza nella
crescita personale in un contesto valoriale positivo e non individualistico.
Nel nostro territorio sono molto diffuse le Associazioni sportive, dove convergono migliaia di
adolescenti e giovani. Spesso queste associazioni usano locali di proprietà delle parrocchie ma
raramente i sacerdoti sono coinvolti nell’organizzazione delle attività o nella gestione. Su questo
tema tra le multiformi e numerose proposte, è interessante segnalare a Terni una singolare
iniziativa.: L’Accademia del tempo libero ( ARCI-Terni ) che ha l’obiettivo «di promuovere sul
territorio ternano una vasta offerta di corsi culturali e ricreativi, per creare uno spazio di
condivisione del tempo libero e delle proprie passioni». Diversi i temi da sviluppare in vari corsi:
laboratorio musicale, introduzione alla musicoterapia, costruzione di strumenti con materiale
riciclato, corsi di chitarra, bassorilievo, calco e scultura, fumetti, produzione audio e video. Oltre a
questi previsti anche corsi sportivi, come danze nel mondo e autodifesa ecc. E’ una iniziativa che
mira innanzitutto a sostenere il mutualismo, la nascita spontanea di interessi comuni e condivisibili.

6. FEDE E VITA-3. Per una fede risanante e consolante: le fragilità.

La comunità ecclesiale è chiamata a rispondere al grido del cuore sofferente dell’umanità, a farsi
carico delle ferite e delle fragilità umane. Tale risposta deve essere organizzata, professionale,
competente e umanizzante affinché l’uomo si senta accolto, compreso e accompagnato. La vita di
ogni uomo è intessuta di crisi superate, fallimenti sperimentati, amori nati e consumati, perdite vissute.
Nell'avversità, l'uomo scopre l'intensità dei sentimenti, la fragilità delle proprie certezze, la preziosità
delle persone care, l’importanza dei valori che lo sostengono. I ricordi biografici che restano più
impressi sono quelli del proprio patire, specie quando infrangono stili di vita, sogni e progetti.
Nell’orizzonte dell’umanizzazione delle fragilità umane, c’è l’ospedale o l’Istituzione sanitaria che
non è più solo un ambiente di dolore, ma un luogo sacro che ospiterà i diversi volti della speranza e in
cui gli operatori sanitari saranno i portatori di speranza. Avranno un cuore educato e vivranno la
professione come una missione verso i malati. L’arte di aiutare comporta la capacità di essere farmaci
più che dare farmaci, attraverso lo sviluppo di abilità relazionali che permettono di scoprire che in ogni
malato abita un medico e di adoperarsi perché venga alla luce.
Inoltre, testimoni importanti e portatori di speranza sono gli stessi malati che, in mezzo al perdurare di
infermità croniche o terminali, trasmettono serenità e ispirano quanti li assistono. La sfida della speranza
che tanti volontari, laici raccolgono è di dover costantemente opporsi alle forze che cercano di
soffocarla. La strategia della speranza è di valorizzare i piccoli passi, mantenere aperte le finestre
quando si chiudono le porte, non deprimersi dinanzi ai disservizi o alle resistenze, saper trasformare
le crisi in opportunità.
Per quanto riguarda la nostra diocesi va segnalata l’esperienza pastorale di assistenza spirituale-
religioso ( cappellani, suore ,volontari, ministri della S. Comunione) presso l’azienda ospedaliera S.
Maria di Terni e le altre strutture, prevista dal nuovo Protocollo d’Intesa tra la Regione Umbria e la
Conferenza Episcopale Umbra (sotoscritto il 6 settembre 2017) relativamente all’assistenza
religiosa di confessione cattolica presso le strutture di ricovero del Servizio Sanitario Regionale
In tale orizzonte si inserisce il “progetto di umanizzazione di ospedale S. Maria di Terni” secondo le
indicazioni del Vescovo S.E. P. Giuseppe Piemontese, che lo ha definito “Cattedrale della
Sofferenza”, nel quale la comunità ecclesiale locale si rende presente attraverso la cappellania
volendo essere una presenza sanante e consolante. In fase di realizzazione il progetto “Una culla per
la vita” per offrire un’ulteriore possibilità di vita ai bambini indesiderati e alle mamme lasciate sole.
Merita in questo ambito ricordare la Comunità Incontro, fondata da don Pierino Gelmini ad
Amelia nel 1979, che continua ancora oggi in aiuto di persone svantaggiate e bisognose:
tossicodipendenti, alcolisti, ludopatici ed emarginati. Mettendo al centro del programma la persona.
Nei diversi centri, alcuni di essi detti “centri spirituali”, molti giovani seguendo il programma della
comunità, si accostano alla “Cristoterapia” e tanti di loro ritrovano guarigione nel corpo e nello
spirito, riscoprono la fede, e si dedicano al servizio degli altri.
Il carcere, dove volontari, coordinati dalla Caritas Diocesana, lavorano assiduamente al recupero
integrale della persona, in vista del suo futuro reinserimento nella società. Altre realtà che operano a
sostegno della fragilità sono: la Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, La Caritas Diocesana e
parrocchiale, l’associazione San Martino, la Mensa dei poveri che ogni giorno per tutto l’anno
fornisce pasti ai poveri, le varie case di accoglienza, i centri di ascolto, gli empori della solidarietà
di Terni e Amelia, l’emporio dedicato ai bambini, i progetti lavoro, l’accoglienza dei migranti,
l’UNITALSI per i malati, il Consultorio familiare per le coppie in crisi infine il lavoro assiduo
quotidiano e silenzioso di tanti parroci e laici che in mille modi accolgono e sostengono la fragilità
di famiglie e dei singoli a livello parrocchiale.

7. FEDE E BENE COMUNE. Per una fede incisiva e decisiva nella e per la costruzione delle
città a partire dai più deboli e ultimi: politica e solidarietà.
Sembra che il problema non siano tanto i percorsi ma piuttosto le modalità scelte che spesso non
riescono a trovare la giusta continuità e quella comunione che testimoni l’approccio comune tra
Gruppi e Associazioni presenti in parrocchia, tra parrocchie di una stessa Diocesi, tra Diocesi, si
pensi:
-a quanto la carità viva e si fermi all’assistenza e fatichi a diventare chiave per la costruzione del
bene comune;
-alla difficoltà rappresentata dal tempo. In parrocchia le persone che ne hanno e che lo rendono
disponibile sono più anziani che giovani;
-alla difficoltà nella comunicazione sociale e mediatica;
-alla capacità di realizzare luoghi aperti che favoriscano la partecipazione, la collaborazione,
l’approfondimento, la crescita della conoscenza, il realizzare concretamente rispetto ai problemi e
alle situazioni che la vita quotidiana pone all’attenzione continuamente.
Il bene comune impegna tutti i membri della comunità ecclesiale nessuno è esentato dal collaborare,
a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo. Occorrerebbe pensare a
riproporre un maggior contatto concreto tra i soggetti interessati: giovani, adulti, famiglie, sia con le
realtà presenti in parrocchia sia con quelli che operano nel territorio promuovendo il
coinvolgimento diretto nelle iniziative a favore dei più deboli e stimolando anche la partecipazione
a specifici incontri ed iniziative formative.
Qualcosa in tale direzione si sta facendo. È in cantiere la realizzazione di una scuola di formazione
socio-politica a partire dalla Dottrina sociale della Chiesa; è già attiva da qualche anno la Scuola di
Formazione teologico-pastorale; in occasione della Festa di San Valentino da tre anni viene scelto
un tema che abbia una rilevanza e un interesse cittadino ( lavoro, giovani, famiglie) e che viene
proposto e approfondito nel corso del mese valentiniano; l’omelia del Vescovo in occasione delle
Feste Patronali nella Cattedrale e nelle Concattedrali che tiene sempre conto della situazione sociale
ed economica della città; la presenza fisica del Vescovo a tutti gli eventi che riguardano la
valorizzazione e la promozione del bene comune della Città; il Festival Popoli e Religioni che
contribuisce alla cultura del dialogo e del bene comune; l’intensa attività dell’ISTESS che sempre
nell’ambito culturale produce ogni anno un interessante proposta formativa che coinvolge anche
molti giovani delle scuole; la celebrazione delle Messe di Natale e Pasqua nei luoghi di lavoro e
nella grandi industrie; l’attività legata al dialogo ecumenico e interreligioso che riguarda la città in
quanto abitata ormai da persone provenienti da diverse parti del mondo e che contribuisce alla
pacifica convivenza…infine le buone relazioni che a livello diocesano e parrocchiale si cerca di
intessere ogni giorno con dignità e rispetto reciproco con tutte le istituzioni politiche, civili, militari,
sociali e finanziarie (Fondazione Carit, Confcommercio, Confartigianato, Acli, Coldiretti, CONI,
ecc.), perché attraverso noi credenti possa esser data voce, anche in questi luoghi, soprattutto ai
deboli e agli ultimi.