Contributo della diocesi di Orvieto – Todi

1 – Vivere la Chiesa – Per una fede celebrata e condivisa: tessuto delle comunità, senso di appartenenza, qualità delle celebrazioni.

La Diocesi per una popolazione di 93.000 abitanti, la maggior parte battezzati, ha 93 parrocchie a cui bisogna aggiungere un numeroso gruppo di centri pastorali, per lo più antiche parrocchie unite ad una più grande. Queste comunità sono raggruppate in 21 unità pastorali, raccolte a loro volta in sei vicariati. È evidente una grande frammentazione delle comunità, data dalla conformazione abitativa venutasi a formare durante i secoli. Questo modo di vivere ha fatto nascere molte parrocchie cariche di secoli di storia, tanti edifici sacri e comunità abbastanza gelose della loro autonomia. Il senso di appartenenza alla Chiesa è dato dalla celebrazione della S. Messa, dalle feste di Maria e dei santi patroni. L’appartenenza alla Chiesa è sentita a livello locale parrocchiale, dove ci si sta impegnando anche nelle unità pastorali. Molto debole è il senso di appartenenza alla Diocesi che non è sentita vicina, mentre grazie alla diffusione dei media, è percepita la Chiesa Cattolica soprattutto nella figura del Papa. La domenica è ancora sentita come l’espressione massima di una comunità che celebra il Risorto, ma i nostri praticanti sono una piccola minoranza e il senso di questo giorno è eroso dalla mentalità secolarizzata che vede non più il giorno del Signore ma il fine settimana. Festa da vivere come semplicemente svago, oppure come un qualsiasi giorno di lavoro soprattutto nel mondo del commercio e dei servizi. La qualità delle celebrazioni dipendono da alcuni fattori variabili: la grandezza della comunità e il coinvolgimento dei fedeli. In generale le celebrazioni sono troppe, spesso incentrate sul celebrante e con poca partecipazione attiva dei fedeli. In alcune celebrazioni manca “il minimo sindacale”, come la pulizia e il decoro. Le persone praticanti, per lo più anziane, sono molto legate alle parrocchie anche se queste hanno perso la loro vitalità a causa della demografia o di altri fattori, frenando così il necessario cammino di rinnovamento. Anche nei pastori la nostalgia del passato e i problemi inerenti al mantenimento degli edifici sacri rallentano un significativo e necessario cambiamento. Pur evidenziando i tanti sacrifici che il clero vive nella sua missione, non si nota un significativo annuncio nello spirito dell’Evangelii gaudium, ed anche la recezione dell’esortazione apostolica è scarsa e soprattutto non permea ancora l’agire pastorale.

2 – Gli adulti e la fede – Per una fede pensata e adulta: priorità degli adulti, problema dei linguaggi.

Nella Diocesi possiamo individuare tre linee che caratterizzano la fede e la formazione degli adulti,chiaramente emerse nei vari gruppi che hanno risposto alle domande di questo Instrumentum Laboris. Una parte dei fedeli ha una fede che si nutre molto di devozioni, alcune anche di dubbia provenienza, dove l’accento è posto sul “sacro” ma manca di riferimento alla parola di Dio. La seconda è la fede coltivata nell’interno di associazioni e movimenti ecclesiali,generalmente ha come riferimento la Parola di Dio ma pecca nel dare troppa importanza all’aspetto dell’appartenenza, ritenendo la propria esperienza come unica via di “salvezza”. (Comunque in questa fase storica della Chiesa locale si è notato un sensibile calo e diminuzione degli aderenti a gruppi e movimenti). La terza linea è vissuta dai cristiani “parrocchiali” che s’impegnano nella comunità, la loro formazione è spesso carente, per mancanza di sistematicità e approfondimento. Gli strumenti messi in atto dalla Diocesi e dalle parrocchie non sono sistematici. La Diocesi in questi anni ha cercato di risvegliare la fede e il senso di appartenenza alla Chiesa e alla missione. La Chiesa locale ha celebrato assemblee sempre molto partecipate,invitando rappresentanti di ogni comunità anche la più piccola, proponendo un cammino missionario e di risveglio spirituale. Ha aiutato le parrocchie a far nascere una rete capillare di consigli pastorali soprattutto a livello di unità pastorale. Ha dato un impulso alla responsabilità laicale, anche nella gestione economica delle comunità. Il linguaggio per comunicare la fede spesso è moralistico e di tipo didattico non colpisce il “cuore” e poco anche la mente. Gli ostacoli da rimuovere nel linguaggio sono molteplici non ultimo, come giustamente hanno sottolineato alcuni, dalla mancanza di “passione” per il vangelo. Il ministero ordinato nella nostra regione trova le difficoltà tipiche del mondo occidentale. Un’ epoca di grandi cambiamenti, dove si ha difficoltà a staccarsi dal porto del si è fatto sempre così per prendere il largo. Un altro impedimento è dato anche dalle strutture di culto e pastorali ereditate dalla storia, nella nostra regione sono molte, spesso rischiano di diventare zavorre per un cammino più libero e dedito all’evangelizzazione. Le prospettive gioiose si intravedono in un modo nuovo di essere evangelizzatori – pastori. Dalle risposte ricevute, si nota un certo pessimismo nei confronti del mondo presente e una sfiducia nell’intravedere un futuro di speranza.

3 – I giovani e la fede – Per una fede “ interessante “ trasmessa alle nuove generazioni: coraggio innovativo.

I giovani non sono meno religiosi delle generazioni passate. È terminato il “catecumenato sociale”, la cultura che respirano è globalizzata, pluralista, non più legata alla piccola realtà paesana o di parrocchia. Anche i nostri piccoli centri, ormai, non sono isole felici, il piccolo “mondo antico” non esiste più. La fede ai giovani è stata trasmessa con i sacramenti, e da lunghi anni di catechismo troppo legato ai cicli scolastici. Crescendo, molti ragazzi non abbandonano la fede o la ricerca della spiritualità ma i luoghi della loro infanzia cioè le parrocchie. Qui si nota l’importanza di creare delle circoscrizioni ecclesiali più ampie, le unità pastorali bisogna aver il coraggio di trasformarle in parrocchie. È chiaro che su di loro influisce anche la poca fede famigliare, l’ambiente amicale e la debolezza della Chiesa locale nel coinvolgimento delle nuove generazioni. È necessario rivedere le modalità su come fare il catechismo dell’iniziazione cristiana. Un giovane coinvolto e motivato riesce ad avvicinare altri giovani alla fede e alla vita della Chiesa, questo avviene in misura del reale cammino di fede portato avanti nella propria vita. È anche il segno di un nuovo modo di essere cristiani, più missionari e aperti all’evangelizzazione. Le comunità cristiane presenti nel territorio sono di vario genere, sia nella grandezza numerica che nelle attività, purtroppo in alcune non ci si pone neanche più il problema tanto è dato per scontato che i giovani siano scomparsi dalla vita ecclesiale.
La Diocesi, con la nascita del servizio nazionale di pastorale giovanile è entrata nell’ottica di un maggiore attenzione nei confronti della trasmissione della fede alle nuove generazioni. Ci sono giovani coinvolti che partecipano alla vita della Chiesa e si impegnano. Potrebbero essere molti di più se la Chiesa locale fosse più unita in un unico intento, almeno in questo settore così fondamentale. In alcune schede ricevute per questo lavoro, si nota la mancanza della conoscenza delle attività della pastorale giovanile diocesana, segno che alcune comunità tendono ad essere autoreferenziali e protettive nei confronti dei pochi giovani che frequentano la parrocchia. Questo modo di agire non porterà nessun beneficio, i giovani se non partecipano ad esperienze a largo raggio rimarranno un piccolo gruppo devitalizzato che in breve tempo concluderà la sua parabola. In questi ultimi hanno la nostra regione ecclesiastica ed anche la Diocesi ha visto la nascita degli oratori, per l’Umbria rappresenta una novità, sta producendo buoni frutti di coinvolgimento dei ragazzi e un impegno di servizio per i giovani più grandi. L’oratorio è ben visto anche dall’opinione pubblica e soprattutto dalle famiglie, molto preoccupate per l’educazione dei figli. Il ministero ordinato e la vita consacrata vivono un momento di grande affanno, oltre la debolezza della fede è da notare anche la notevole contrazione demografica che stiamo vivendo, pochi figli e su di loro vengono concentrate tutte le attese della famiglia. Le vocazioni sorgono in una Chiesa viva e proiettata all’evangelizzazione, che sa contagiare i giovani in un progetto di grande di dedizione al Signore e ai fratelli. Anche i continui scandali, amplificati esageratamente dei media, non contribuiscono certamente a mettere in buona luce il ministero sacerdotale. In Diocesi si è intrapresa un’intensa proposta vocazionale, cercando di coinvolgere il popolo di Dio attraverso la preghiera e varie iniziative che sensibilizzano su queste tematiche. Anche se è auspicabile che la pastorale giovanile e quella vocazionale camminino sempre insieme, soprattutto in piccole realtà come la nostra Diocesi.

4 – Fede e vita / 1 – Per una fede capace di plasmare la vita: gli affetti.

Le nostre comunità raggiungono solo in parte la vita delle persone nella dimensione degli affetti. Tutti convengono che oggi l’amore è fragile, lo si tocca con mano, questo succede anche nel nostro territorio. Sono numerose le separazioni e i divorzi e la convivenza prima del matrimonio, o in modo permanente, è molto diffusa. Questa convivenza è data da molteplici fattori: dalla debolezza della fede, dal non comprendere il Sacramento del matrimonio, dalla paura del fallimento della vita di coppia con i successivi strascichi giudiziali e di diritto canonico,dall’eccessivo costo della cerimonia nuziale (fiori, vestiti, banchetto nuziale …). La Chiesa Diocesana ha cercato di rispondere alle sfide promuovendo la pastorale famigliare, l’educazione all’affettività nella pastorale giovanile. Si nota un miglioramento nei corsi prematrimoniali che diventano, dove sono ben fatti, momenti di evangelizzazione e di ritorno alla fede per le coppie,dopo un periodo più o meno lungo di allontanamento dalla vita della Chiesa. In questi ultimi anni si è cercato, a livello diocesano, di creare un punto di riferimento per problemi famigliari ma con scarso risultato; invece è di grande utilità pastorale e spirituale “la casa della Tenerezza”di Perugia. Si nota un buon interesse per proposte di cammini che riguardano la spiritualità della coppia e l’educazione dei figli. Pur con le lentezze solite, questo aspetto della pastorale si sta muovendo. Le comunità, come già altre volte abbiamo scritto, sono molto diversificate. Nei centri più grandi si nota un movimento maggiore, mentre nelle piccole realtà che si ostinano a far da sole questo aspetto langue. Riguardo alla recezione dell’Amoris laetizia, la Diocesi vi ha dedicato un’assemblea ecclesiale e al termine ha pubblicato delle linee guida per una pastorale famigliare rinnovata alla luce dell’esortazione apostolica.

5 – Fede e vita / 2 – Per una fede concreta e incisiva: il lavoro, il tempo libero.

Il lavoro per la nostra gente è una priorità assoluta, un po’ meno per le nuove generazioni che spesso sono ancorate alle famiglie di origine e non riescono a distaccarsene per i motivi già ampliamente trattati da studi recenti. Il lavoro manuale è poco apprezzato, il sogno di tutti è in un lavoro “intellettuale” con poca manualità. Nella famiglia tendono a lavorare ambedue i coniugi, sia per il costo della vita sia per una nuova percezione della condizione femminile. Purtroppo le strutture per aiutare la famiglia nell’accudire i figli sono carenti, anche questo contribuisce alla drammatica denatalità. Per fortuna sono ancora molto forti i vincoli famigliari che permettono di supplire a queste mancanze con il supporto dei nonni o di altre figure parentali. Il riposo è soprattutto visto come “evasione” nella ricerca di mete spesso dettate dal consumismo di massa o dalle mode del momento. La comunità cristiana riguardo alle problematiche del lavoro è un po’ ai margini. Durante la visita pastorale del vescovo, celebrata tra il settembre 2018 e il febbraio 2019, è stato molto apprezzato l’incontro con gli imprenditori e i sindacati per parlare di queste problematiche. Il lavoro precario, la disoccupazione sono vissute in modo “paternalistico” come situazioni dove i cristiani all’infuori di qualche aiuto non sono in grado fare altro. In Diocesi è attivo un gruppo denominato Nova Civitas che affronta problematiche inerenti alla vita sociale e politica, alla luce della dottrina sociale della Chiesa. La gente ha paura del futuro, soprattutto di questi cambiamenti epocali che modificano il lavoro attuale. La comunità cristiana per arginare la visione consumistica del tempo libero propone delle iniziative soprattutto legate alla tradizione religiosa dei tanti nostri paesi. Anche se le “sagre”, connesse alle varie feste religiose, sono oramai gestite da comitati che hanno flebili legami con la vita ecclesiale. Sono abbastanza diffuse le proposte culturali che hanno come legame la fede e l’arte, con la valorizzazione del patrimonio artistico e musicale. Qualche rischio si può correre in queste iniziative, spesso danno la percezione di un glorioso passato ecclesiale ormai tramontato. È in netto calo il pellegrinaggio classico con il presenza del parroco, questo fatto è dovuto soprattutto ai numerosi impegni parrocchiali dei sacerdoti e alle troppe celebrazioni da presiedere.

6 – Fede e vita / 3 – Per una fede risanante e consolante: le fragilità.

Le fragilità spesso sono vissute con assoluto riserbo e nascondimento. Sono situazioni personali che vengono messi a conoscenza dei sacerdoti, delle suore e di alcuni laici. La Chiesa nel suo complesso cerca di essere vicina a tutte queste persone che hanno delle difficoltà; con la Caritas, con interventi verso le persone fragili e con i ministri straordinari dell’Eucaristia. Nel nostro territorio ci sono vari tipi di persone che rimangono indietro: gli anziani nella loro solitudine, i giovani disoccupati spesso chiusi in se stessi e demotivati nell’affrontare la vita. Inoltre anche le coppie in crisi, con la conseguenza di avere profonde ferite causate da queste situazioni di belligeranza, che si ripercuote sui figli creando dei profondi disagi alla loro esistenza. Senza dimenticare gli immigrati che spesso vivono situazioni di grave precarietà e di incertezza economica. Nei nostri territori, la popolazione immigrata arriva all’undici per cento. Per molti viene istintivo bussare alle porte delle comunità, anche se il rarefarsi della presenza della rete parrocchiale non sempre favorisce l’incontro. Inoltre occorre molta attenzione a non trasformare la Caritas in una specie di servizi sociali della Chiesa. Non tutte le zone pastorali sono dotate di Caritas, soprattutto con la preziosa presenza dei centri di ascolto. Comunque si nota una discreta diffusione di queste esperienze. Sono anche attivi gruppi storici di volontariato: UNITALSI, CVS, San Vincenzo, anche se si fa fatica a trovare nuovi membri attivi di queste opere caritative. Un centro eccellente per le persone portatrici di handicap è il centro Speranza di Fratta Todina, emanazione della congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, le suore fondate dalla Beata Madre Speranza di Collevalenza. Riguardo a problemi inerenti alla “malattie dello spirito”, depressioni, paura di essere posseduti da potenze diaboliche ecc… il santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza svolge un prezioso aiuto sotto questo punto di vista, essendoci anche un esorcista autorizzato e competente. Purtroppo molta gente fa ancora ricorso a maghi e fattucchieri che peggiorano la loro situazione psicologica e umana. Le strutture pubbliche non sempre sono all’altezza dei problemi che devono affrontare ed esiste una certa collaborazione con la Chiesa, soprattutto quest’ultima è vista, dai servizi sociali dei comuni, come ultima spiaggia per risolvere le difficoltà inerenti a varie problematiche i carattere sociale.

7 – Fede e bene comune – Per una fede incisiva e decisiva nella e per la costruzione delle città a partire dai più deboli e ultimi: politica e solidarietà.
La catechesi non incide molto riguardo all’aspetto di una fede matura ed incisiva. Nella Diocesi sono presenti cammini formativi che non valorizzano affatto questo impegno per il bene comune. La dottrina sociale della Chiesa è praticamente ignorata e quando si tenta di fare qualcosa su questo ambito non si riscuote molto successo. Si pensa che alcuni ambiti siano per gli addetti ai lavori non per tutti. La comunità spesso ha una mentalità provinciale e autoreferenziale, ha difficoltà ad aprirsi ad altri, al diverso. Nelle varie zone della Diocesi sono presenti gruppi organizzati: Caritas, Gruppi missionari, volontariato Vincenziano, UNITALSI, Banco alimentare, volontari per progetti diocesani. In alcuni luoghi è emersa la lamentela che ci occupi troppo degli immigrati e poco degli italiano disagiati. Non siamo abituati a fare una lettura del territorio che continuamente cambia per vedere cosa rispondere, avendo una visione ampia delle problematiche. In genere si pensa che l’ambito politico sia “sporco” e si ha anche paura di scendere in campo proprio per non essere “sporcati”. Cosa significa un cattolico in politica? La nostra regione è governata da cattolici? In senso sociologico senz’altro. I cristiani convinti impegnati in politica sono pochi, affrontano molte difficoltà e spesso lamentano vivono da soli questa responsabilità. Inoltre i cattolici si dividono molto nettamente, specialmente in questa stagione storica, tra quelli della morale e quelli del sociale. Spesso conducono battaglie ignorandosi l’uno l’altro mentre partecipano insieme alla S. Messa festiva. Ci si dimentica dello sviluppo integrale dell’uomo che è sempre un valore fondamentale. Non ci si può prendere cura dei migranti e dei poveri e dimenticarsi del valore della vita; oppure al contrario, farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi odio per il diverso.