Terni – Celebrata la solennità del Corpus Domini – Mons. Piemontese: “riprendiamo il cammino, in un percorso nuovo che coglie l’essenziale, riscoprendo il valore del creato, dell’ambiente, dell’amicizia, della nostra Chiesa”

Celebrata la solennità del Corpus Domini in diocesi, con modalità particolari. Non in maniera pubblica con la processione eucaristica per le vie della città, ma con un’adorazione eucaristica, in contemporanea, nelle chiese parrocchiali con il messaggio del vescovo, che ha ricordato come, dopo il lungo digiuno, si è tornati a partecipare alla mensa del Signore “grati per essere stati preservati, e alcuni anche guariti dalla influenza del Coronavirus. Dopo mesi di quarantena, voglio augurarmi che i cristiani abbiano conservato anzi accresciuta la fame e il desiderio del Signore, e ara anche la nostalgia della comunità. Qualcuno deve essersi disabituato e forse anche convinto che basti “vedere” la messa per televisione, allungando la lista di quelle operazioni, anche importanti, che si possono compiere in maniera virtuale, come il lavoro, la scuola, perfino l’amicizia. Invece Gesù ci vuole incontrare di persona, li invita i suoi ad attenderlo fisicamente nel cenacolo per donare a ciascuno il suo corpo e il suo sangue da mangiare”. E poi l’invito di Mons. Piemontese a a superare le paure che si sono accresciute in questo difficile periodo e a trovare modalità nuove per crescere nella fede “Alla scuola di Gesù impareremo a riconoscere Dio come nostro Padre, ad amare gli uomini come nostri fratelli, a condividere con loro il pane quotidiano. In Gesù risorto crescerà la speranza, la consapevolezza che siamo destinati alla vittoria sulla morte. Questa sera, contemplando Gesù nell’Eucarestia, ci sentiamo rassicurati perché non siamo soli: siamo in compagnia di Gesù, che è sempre accanto a noi, nelle nostre famiglie, nella società, nella chiesa. Gesù è il pane che ci alimenta, da senso all’esistenza e alle relazioni”.
E’ seguita poi la preghiera pronunciata dal presidente dell’Azione Cattolica diocesana Luca Diotallevi che ha posto l’accento sulla difficoltà sociali del momento attuale con la paura per il pane quotidiano e per il ridursi della sicurezza necessaria al vivere civile, esortando alla condivisione, responsabilità, riconoscimento dei diritti: “Signore, aiutaci a condividere il pane, ma aiutaci anche a cercare e trovare il pane attraverso il lavoro. Signore, donaci di sperimentare la dignità, la libertà e la santità del lavoro”.

LA RIFLESSIONE DEL VESCOVO

LA PREGHIERA DEL PRESIDENTE DI AZIONE CATTOLICA

 

Spoleto – Momento di preghiera nel Carcere di Spoleto presieduto dall’arcivescovo Renato Boccardo per la ripartenza delle celebrazioni con i detenuti dopo la chiusura totale a causa del Coronavirus. Tre cicli di tamponi effettuati e nessun caso di positività

Dallo scorso 1° giugno nelle Carceri italiane è nuovamente possibile celebrare le Messe dopo il periodo di restrizione a causa del Coronavirus. In quello di Spoleto (PG) nella mattina di giovedì 11 giugno 2020 sono ripresi ufficialmente i momenti di preghiera. Dall’11° piano della torre del carcere l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, insieme al cappellano mons. Eugenio Bartoli e al cerimoniere don Edoardo Rossi, ha presieduto la liturgia della Parola, trasmessa in filo diffusione in tutta l’area del penitenziario. I detenuti erano dietro le grate delle finestre delle celle, con lo sguardo all’insù verso la torre per partecipare.

Nel carcere di Spoleto vivono 430 detenuti. Dall’inizio della pandemia sono stati eseguiti tre cicli di tamponi, sempre e tutti negativi. «È stato un periodo molto penoso e duro», ha detto il direttore del Carcere Giuseppe Mazzini. «I detenuti sono stati limitati nella possibilità di parlare con i loro congiunti e sono state interdette le visite personali. Ma con un grande sforzo dell’amministrazione penitenziaria abbiamo cercato di lenire queste ferite favorendo colloqui con i familiari tramite Skype». E i detenuti hanno manifestato la loro solidarietà al lutto e alla sofferenza di tante persone, ma anche l’attaccamento alla Patria e alla Bandiera, realizzando un telo di grandi dimensioni sistemato nell’alta torre, predisposto anche di un impianto di illuminazione verde, bianco e rosso, con scritto: “L’Italia chiamò. Solidarietà e speranza non hanno barriere. Uniti andrà tutto bene”. Girolamo, siciliano di Siracusa, da 28 anni in carcere (23 dei quali a Spoleto) e con un fine pena mai afferma: «Abbiamo capito che la situazione era dura nel vedere le immagini dei camion dei militari portare via i morti dal nord Italia. Abbiamo pianto e sofferto con tutto il Paese, perché noi siamo un “mondo” che è parte integrante del “mondo” che sta al di là di questi muri». Anche per Vincenzo di Napoli, fine pena mai, il tempo del Covid-19 «è stato difficile. Dobbiamo però ringraziare la direzione che ci ha dato la possibilità di sentire con frequenza i nostri familiari. Ma ringraziamo Dio che ci dà speranza per il futuro». Mons. Boccardo ha detto ai detenuti, al personale della Polizia Penitenziaria comandato da Marco Piersigilli, a quello amministrativo e sanitario: «Sono qui per un momento di preghiera comune, per celebrare il messaggio di libertà dall’assalto del virus che speriamo si completi sempre di più, ma soprattutto per ricordarci quella libertà interiore che nessuno può limitare. Abbiamo bisogno tutti, sia voi che abitate qui che noi, di liberarci da ciò che ci impedisce di camminare con passo spedito sulla via della verità e del bene. Venire qui è un segno per avviarci insieme alla ricerca della libertà che permette di allontanare da noi ogni forma di male e guardare con speranza al futuro. Come Chiesa, cari amici detenuti, vi siamo vicini, vi diciamo la nostra solidarietà e vi assicuriamo quella compagnia fatta di piccoli segni e gesti che possono alleviare anche la sofferenza dovuta alla lontananza dalla propria famiglia». Dopo la benedizione del Vescovo, un piccolo coro di detenuti ha eseguito tre brani (l’Inno d’Italia, Azzuro di Adriano Celentano e Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno). È stato l’omaggio dei detenuti ai sanitari italiani, rappresentati dai medici e infermieri che svolgono servizio nel carcere di Spoleto. Il momento è stato suggellato dalla consegna da parte della Polizia Penitenziaria di un mazzo di fiori alla dottoressa Simonetta Antinarelli, direttore del distretto di Spoleto della Asl Umbria 2. Mons. Boccardo, prima di lasciare il Carcere, ha salutato e dialogato con un gruppo di detenuti, promettendo presto un’altra visita. Ed ora in questa Casa di Reclusione riprenderanno, con prudenza e gradualità, nel rispetto delle norme di distanziamento previste e rapportate alla grandezza della Cappellina interna, le celebrazioni eucaristiche. «Siamo certi – dice il direttore Mazzini – che il ritorno della dimensione spirituale favorirà la pace del cuore e dell’anima e quindi anche quella dei corpi dei detenuti».

Perugia: Il cardinale Bassetti ha celebrato la domenica della Ss. Trinità, in cattedrale, con una rappresentanza degli animatori degli Oratori parrocchiali. Il presule ai giovani: «In questa vostra missione io vedo la mano di Dio»

«Io benedico la loro opera e anche il coraggio che mettono in questa iniziativa». Con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha presentato le rappresentanze degli Oratori perugini che si sono ritrovate nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, domenica della Ss. Trinità 7 giugno, per il mandato agli animatori in vista delle prossime attività estive. A seguito dell’ordinanza regionale sull’apertura dei centri estivi, molti oratori hanno accolto le parole che lo stesso cardinale aveva rivolto, lo scorso 30 maggio, ai sacerdoti presenti alla Messa Crismale. In quell’occasione il presule aveva esortato a non avere paura ad aprire, nei modi consentiti, gli oratori. E subito parroci, coordinatori e animatori hanno iniziato a lavorare per offrire un servizio prezioso alle famiglie che stanno riprendendo regolarmente il lavoro e che non sanno a chi affidare i bambini.

Non lasciare soli bambini e adolescenti. L’oratorio, anche in un tempo nuovo e particolare come quello che abbiamo e stiamo vivendo, si è subito reinventato per non lasciare soli bambini e adolescenti, un segnale importante che testimonia che la Chiesa gioiosa e creativa dei giovani non si è lasciata intimorire, ma continua a camminare, in modi differenti, con quei piccoli che le sono affidati. Al termine dell’omelia il cardinale Bassetti, dopo aver ricordato – riprendendo le parole di san Paolo della seconda lettera ai Corinzi – l’importanza di essere gioiosi, di tendere alla perfezione e di vivere in pace, si è rivolto ai giovani dicendo: «Buona strada, perché questa è una strada sicura che ci conduce a Dio».

Il segno del mettersi al servizio degli altri. Alla fine della Santa Messa il porporato ha recitato insieme ai giovani, a don Luca Delunghi, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale giovane, e a don Riccardo Pascolini, responsabile del Coordinamento Oratori Perugini (COP), la Preghiera Semplice di san Francesco e ha consegnato ai presenti dei crocifissi di legno – riproduzione della croce pettorale del vescovo santo don Tonino Bello – , perché Gesù accompagni l’estate, particolare ma pur sempre estate, dei tanti ragazzi che scelgono di mettersi al servizio degli altri, segno questo di una gioventù preziosa che porta avanti la mission educativa di cui l’oratorio si fa portavoce. «In questa vostra missione – ha detto il cardinale – io vedo la mano di Dio e benedico voi perché il vostro lavoro diventa quest’anno dieci volte più prezioso degli altri anni. Voi sapete che dovremo osservare tante regole – e lo facciamo per la salute dei nostri ragazzi – dovremo rispettare tante norme, ma ci siamo e ci impegneremo fino in fondo perché so che voi volete bene ai ragazzi più piccoli di voi ed è proprio in questo amore, come diceva Paolo VI, che si costruisce la civiltà dell’amore».

Un vescovo con passione e sensibilità per i piccoli e i giovani. Don Riccardo Pascolini, intervenuto a margine della celebrazione eucaristica in cattedrale, ha così commentato con i giovani animatori le parole rivolte loro dal cardinale Bassetti: «Il cuore del nostro Pastore Gualtiero è sempre un cuore educativo. Non cessa di sorprenderci la sua passione e la sua sensibilità per le future generazioni. Passione che ha contraddistinto la sua giovinezza come rettore di seminario ed oggi come vescovo. Una sensibilità che continua in modo particolare per i più piccoli e i giovani. Ci sta molto incoraggiando e sostenendo nell’organizzare al meglio le attività estive nella consapevolezza che sarà una estate complessa, ma il possibile va fatto con lo stesso slancio e lo stesso entusiasmo di sempre».

E ora, tutti al lavoro per sistemare e rivedere gli ultimi preparativi alla luce delle linee regionali e nazionali: gli oratori non vedono l’ora di aprire le loro porte ai tanti piccoli e adolescenti che vorranno passare un tempo speciale, un tempo di gioia, di amicizia e di comunione.

Com. stampa redatto con la collaborazione dell’equipe del COP /

Celebrato il 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù in Collevalenza di Todi. Il cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti: «Madre Speranza si è aperta all’azione dello Spirito…, lasciandosi portare per le vie del mondo, donandosi senza misura».

«Con gioia ed emozione, celebro questa santa Eucaristia al Santuario dell’Amore Misericordioso, per pregare Dio e chiedere, per intercessione dei Santi di cui è ricca la terra umbra, la fine della terribile epidemia che ha sconvolto il mondo, provocando decine di migliaia di morti in Italia, in Spagna, e in tanti altri Paesi. È stato ed è ancora, in vaste zone della terra, un vero flagello, che ha messo a dura prova le nostre comunità civili e religiose; che ha trasformato i nostri ospedali in centri di soccorso ed emergenza. Molte famiglie sono state coinvolte dalla morte o dal contagio dei familiari. La paura ha pervaso i cuori di milioni di persone». Così ha esordito il cardinale arcivescovo di Perugia e presidente della Cei Gualtiero Bassetti nell’omelia pronunciata la sera della domenica di Pentecoste (31 maggio), nella basilica del santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi, in occasione del 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù, fondatrice delle Famiglie religiose dei Figli e delle Ancelle dell’Amore Misericordioso. A concelebrare insieme al cardinale Bassetti sono stati il vescovo di Città di Castello mons. Domenico Canciani, membro della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso (FAM), il vescovo emerito di Gubbio mons. Mario Ceccobelli, ospite della grande Famiglia della Beata, e il padre generale dei FAM Aurelio Perez.

Guarigione per i malati. Il porporato, soffermandosi sulle gravi conseguenze spirituali e pastorali della pandemia, ha detto: «Anche la vita delle parrocchie e delle comunità cristiane è stata travolta; i mezzi della comunicazione sociale ci hanno aiutato a restare uniti e solidali. Dopo mesi di privazione anche della santa messa con il popolo, ora siamo qui, in questo Santuario, caro alla memoria di tutta la comunità regionale e oltre. Chiediamo stasera a Gesù, Amore Misericordioso, la guarigione per i malati, la completa remissione per tutti i contagiati, la beatitudine eterna per i morti. Lo chiediamo al Dio della Misericordia, anche per intercessione della beata Speranza di Gesù, fondatrice di questo santuario e delle Famiglie dell’Amore Misericordioso, nel giorno in cui cade il sesto anniversario della sua beatificazione, che avvenne proprio qui, nel piazzale antistante, alla presenza di decine di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo».

L’energia misteriosa dello Spirito. «Riviviamo stasera quel giorno di giubilo, mentre celebriamo la Solennità di Pentecoste – ha proseguito il cardinale –. Il dono dello Spirito Santo, lo Spirito di Dio, che sana e che salva. Lo Spirito mette nel cuore dei credenti un’energia misteriosa. Tocca a noi alimentarla, diffonderla, perché anche tanti nostri fratelli e sorelle vengano accesi dall’amore di Dio. La Pentecoste ci invita ad essere missionari della gioia, ad abbandonare le sicurezze dei nostri orizzonti limitati per annunciare il Vangelo, la bella notizia della resurrezione, a tutte le “periferie del mondo”, come ci ricorda sempre Papa Francesco. Stasera chiediamo in particolare allo Spirito, Signore della vita, di scendere con forza sulle nostre comunità, sulle nostre città, nei luoghi di cura e di sofferenza, sulle case degli uomini e delle donne di tutto il mondo, e nelle situazioni di chi non ha casa e non ha affetti o persone care che si prendono cura di loro».

Madre Speranza modellata dallo Spirito. Madre Speranza, ha evidenziato il presidente della Cei, «nel mistero della donazione completa al Signore, è stata arsa dal fuoco dell’amore; lo Spirito Santo l’ha modellata perché fosse segno del Cristo, sofferente ma anche risorto e vicino a ogni uomo. Nella vicenda biografica della Madre di Collevalenza cogliamo i segni dei grandi sconvolgimenti umani: guerre, povertà, tribolazioni. Ma, come lo stesso nome da religiosa ci dice, la sua fu un’esistenza consacrata alla “speranza”: speranza del perdono, della vittoria del bene, del trionfo della misericordia di Dio. Madre Speranza, con umile docilità, si è aperta all’azione dello Spirito; lo ha accolto nel suo essere più intimo, lasciandosi portare per le vie del mondo, donandosi senza misura. Ha avuto anche la grazia di poter infondere lo spirito ricevuto nel cuore di tanti figli e figlie, nel cuore di tanta gente che a lei si è avvicinata. Era convinta che la forza dello Spirito di Dio potesse trasformare ogni cosa, soprattutto le anime. Farle uscire dal torpore dell’inerzia e del peccato verso una vita fervorosa di gioia e di santità. La Madre, laboriosissima oltre che attivamente contemplativa, ci ha lascito molti segni e molte opere che ci parlano in continuazione dell’amore efficace di Dio. Ci ha lasciato questo santuario, ove la grazia è pronta a trasformare ogni vita in opera d’amore. Per divina ispirazione, ci ha lasciato l’acqua e le piscine dove possono bagnarsi i malati nel corpo e nello spirito».

Madre Speranza interceda presso il Padre, medico del corpo e dell’anima. «Preghiamo stasera il Dio della Misericordia, affinché – ha concluso il cardinale Bassetti –, anche per l’intercessione di Madre Speranza, venga ancora in nostro soccorso. Ci aiuti in questo tempo di grande sofferenza, con il mondo che geme per la paura e per l’epidemia. Il Signore ci liberi per sempre da questo morbo. Sia egli il medico del corpo e dell’anima, specie per le persone povere, che in tante zone del mondo sono sole e abbandonate».

Perugia: Il cardinale Bassetti alla Messa Crismale ha esortato parroci e animatori laici a non avere paura ad aprire gli oratori e ha ringraziato il Signore per il dono di venticinque ordinazioni sacerdotali

Si è svolta questa mattina (sabato 30 maggio), nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, la Messa Crismale con la partecipazione limitata ai sacerdoti, diocesani e religiosi, ai diaconi, ai seminaristi, a venti membri delle famiglie religiose femminili e ad alcuni rappresentanti dei laici impegnati negli organismi diocesani e delle unità pastorali e dei gruppi e movimenti ecclesiali. La Messa Crismale, che a Perugia si celebra di consueto il Mercoledì Santo con la partecipazione di numerosi fedeli e dei ragazzi che durante l’anno ricevono il sacramento della Cresima, è la celebrazione in cui i sacerdoti rinnovano la promessa formulata all’ordinazione presbiterale e vengono consacrati gli olii santi.

Preti non rintanati in canonica. A ricordarlo è stato il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi, nel suo intervento all’inizio della celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti. «Non tutti coloro che avrebbero desiderato partecipare possono essere presenti – ha sottolineato mons. Salvi –, a motivo delle disposizioni per la prevenzione del contagio. Ora che l’epidemia sta un po’ scemando, sono state ammesse di nuovo le messe con il popolo, osservando le dovute precauzioni. E’ doveroso ringraziare tutti i preti che in questo periodo, in vario modo, non hanno fatto mancare la loro vicinanza alla popolazione, non rimanendo rintanati nelle loro canoniche. Abbiamo trascorso un periodo difficile, imprevisto, ma il Signore ci è stato vicino; ci ha dato conforto e speranza. Anche se la nostra Umbria è stata un po’ risparmiata dall’epidemia, abbiamo comunque avuto i nostri morti e molti ricoverati in ospedale e nei reparti di terapia intensiva. La nostra gratitudine va agli operatori sanitari, ai volontari e a tutte le strutture e le persone che si stanno ancora dedicando ai servizi di protezione della popolazione. Un grato pensiero va oggi anche ai frati Minori che non si sono mai allontanati dal luogo del loro servizio, nell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia; grazie anche a quanti hanno continuato a servire nelle residenze protette e nei monasteri».

Sacerdoti con particolari anniversari. «Nel rinnovare oggi le promesse sacerdotali – ha evidenziato il vescovo ausiliare –, confermiamo la nostra totale adesione al Signore ricordando alcuni sacerdoti che celebrano quest’anno particolari anniversari nel loro ministero: Don Nazzareno Fiorucci e don Lucian Gheorghe Cordis, proveniente dalla Diocesi di Oradea (Romania), per il loro 25° anniversario di ordinazione; Mons. Fabio Quaresima e don Paolo Ianni, per il loro 50° anniversario di ordinazione. E ricordiamo nelle nostre preghiere i confratelli che sono tornati alla Casa del Padre nell’ultimo anno: Don Bruno Contini e don Benito Baldoni».

Sacerdozio come servizio. Il cardinale Bassetti, che durante la liturgia ha consacrato gli olii santi, ad iniziare da quello per gli infermi, ed introdotto la preghiera dell’atto di rinnovo delle promesse presbiterali, nell’omelia si è soffermato sul sacerdozio come «servizio agli uomini e al mondo col il dono di una vita spesa per tutti: – come abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca – per i poveri, i prigionieri del peccato, gli oppressi (cf. Lc 4,18), attraverso quello che la Lettera agli Ebrei definisce un “sacerdozio che non tramonta”» (Eb 7,24). E’ lo stesso servizio che «Gesù ha vissuto» e, ha evidenziato il cardinale, «è davvero quel “sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli” (Eb 4,14), che cioè ha attraversato, con la sua passione e morte, una volta per sempre, quel santo dei santi celeste, offrendo la propria vita sulla croce».

Tutti i cristiani sono sacerdoti. «Ma nel lezionario di questa celebrazione – ha proseguito il presule – emerge anche il sacerdozio di tutti i credenti. La pagina del libro dell’Apocalisse che è stata proclamata si apriva così, con il saluto del veggente che si rivolgeva a Colui che “ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”. Giovanni sta parlando di un sacerdozio dei fedeli, avendo in mente un passo del libro dell’Esodo sul popolo di Israele chiamato ad essere “un regno di sacerdoti e una nazione santa” (cf. Es 19,6); ora Giovanni insegna che tutti i cristiani sono sacerdoti, ovvero “condividono una responsabilità attiva – nella Chiesa e nel mondo – collaborando con il Cristo per fare della storia il regno di Dio”».

«Come sono diventate vere queste parole nel tempo di astinenza, causata dal Coronavirus – ha commentato il cardinale –, durante il quale, l’ho ricordato più volte, soprattutto i laici hanno potuto “scoprire altre cose belle del nostro essere cristiani: la preghiera in famiglia, il gusto per la Parola di Dio, l’esperienza di sentirsi Chiesa domestica e il dialogo tra genitori e figli”».

L’alta dignità dei presbiteri. «Ma il senso di questa solenne celebrazione, anche grazie alla sua normale collocazione nel Giovedì della Settimana Santa, è centrato in particolar modo sul sacerdozio dei presbiteri, di coloro cioè che – scelti tra il popolo santo di Dio – esercitano, come si legge nei documenti del Concilio Vaticano II, “un compito estremamente importante e sempre più arduo da svolgere nell’ambito del rinnovamento della Chiesa di Cristo” (Presbyterorum ordinis 1). È dunque opportuno sottolineare, anche in questa sede, “l’alta dignità dei presbiteri” (ibid.), che deriva non tanto dalle loro capacità, o dalla loro bravura, o dall’impegno con cui svolgono il loro ministero, ma dal dono dello Spirito e “in virtù della sacra ordinazione e della missione che essi ricevono dai vescovi”. Carissimi presbiteri, a nome mio e di tutto il popolo di Dio, di questa nostra amata Chiesa, vi ringrazio con tutto il cuore per il vostro impegno pastorale: non potrò mai dimenticare ciò che in questo periodo di epidemia, abbiamo insieme sofferto: al tempo stesso, mi piace additarvi, a quale dignità siete stati chiamati».

Il ricordo della vocazione di Paolo VI. Nel soffermarsi sul rinnovo delle promesse sacerdotali, il cardinale Bassetti ha voluto ricordare il centenario dell’ordinazione di san Paolo VI avvenuta il 29 maggio 1920. «Mi ha colpito – ha detto il presule – rileggere quanto il vescovo che doveva ordinare Montini – giunto all’ordinazione con notevoli difficoltà – scriveva di quel seminarista poco prima di imporgli le mani: “È un giovane che ha tutte le più belle qualità, ma gli manca la salute. Vuol dire che lo ordineremo per il paradiso!” (L’Osservatore Romano 29 maggio 2020, p. 8). Carissimi presbiteri, il Signore ha saputo fare di quel giovane prete molto più di quello che il suo vescovo potesse prevedere: è allo Spirito Santo che dobbiamo lasciar fare, e al quale dobbiamo tutti affidarci, perché nonostante le nostre infermità – o, meglio, proprio grazie alla nostra debolezza! – ci faccia compiere il nostro ministero».

La vocazione dei laici e dei preti nella pandemia. Soffermandosi sulla storia del discernimento vocazionale di papa Montini dalle “molteplici vocazioni”, come la definì lo stesso Paolo VI, Bassetti ha parlato di «sacerdozio di Cristo, sacerdozio dei fedeli, e sacerdozio ministeriale», ricordando ai presenti che «il presbitero sa quanto sia importante la vocazione dei laici, che – per tornare ancora a questo tempo di pandemia – hanno vissuto il loro impegno nel mondo come medici, infermieri, operatori sanitari, e certamente attraverso queste loro opere hanno dato molto concretamente una vera e propria testimonianza cristiana. Ma i laici, da parte loro, non potranno dimenticare quello che preti, religiosi, religiose, consacrati in questi mesi hanno fatto per il popolo di Dio, anche a costo della loro stessa vita. E non possiamo non citare i 121 preti morti a causa del Covid-19. Ma, soprattutto, è grazie al sacerdozio ordinato che, anche senza la partecipazione assembleare del popolo di Dio, in questo tempo di pandemia, ha continuato ad attuarsi e a rendersi presente il gesto di Cristo che si offre al Padre ogni volta che si fa memoria della sua Pasqua: è il sacerdote che, agendo in persona Christi, nella celebrazione quotidiana dell’eucaristia, ha continuato ad offrire il corpo di Cristo per tutti, pregando incessantemente per il bene della Chiesa e del mondo».

«Fratelli e sorelle carissimi, solo lo Spirito di Cristo, eterno sacerdote – ha concluso il cardinale –, può tessere l’unità tra le diverse vocazioni della Chiesa, tra il sacerdozio dei fedeli e il sacerdozio ministeriale. Da stasera celebreremo la memoria della prima Pentecoste, quella in cui la chiesa di Gerusalemme, impaurita e chiusa in una stanza, trova dallo Spirito Santo la forza per uscire e proclamare che Gesù, il crocifisso, è risorto».
«Non abbiate paura di aprire gli oratori». Lo ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti a conclusione della Messa Crismale, celebrata questa mattina (30 maggio) nella cattedrale di Perugia, rivolgendosi, in particolare, ai sacerdoti e ad una rappresentanza di animatori parrocchiali, nell’imminenza del periodo estivo segnato non poco dall’emergenza sanitaria in corso, parlando dell’importanza dell’impegno pastorale delle comunità parrocchiali per i ragazzi e per le loro famiglie. «Siamo in una fase di ripresa e lo dimostra anche la celebrazione di stamani – ha commentato il presule –. Abbiamo riaperto le chiese al culto e adesso dobbiamo fare un passo in avanti tutti insieme per promuovere durante l’estate quelle attività pastorali, soprattutto per i ragazzi, che sono estremamente necessarie. Basti pensare che i nostri ragazzi sono rimasti in casa per tre mesi e non sono nemmeno andati a scuola. Quanti giovani, quante famiglie in questo periodo hanno sofferto di questa “clausura”. Nel periodo estivo dobbiamo fare sentire ancora più forte il nostro essere Chiesa. Molte famiglie dovranno lavorare tutto il giorno, senza godere delle vacanze, anche per recuperare quel lavoro che non è stato possibile svolgere».

Chiamati a fare qualcosa di più per i ragazzi. «Per questo, se negli anni passati abbiamo cercato di coprire uno spazio temporale di alcune settimane – ha proseguito il cardinale –, forse saremo chiamati a fare qualcosa di più per i ragazzi. Mi direte: che fatica! Lo comprendo bene, non sarà facile, dovremo certamente rispettare delle regole, ci mancherebbe altro. Ma, in attesa di avere delle linee guida ufficiali, io voglio farvi un invito, e utilizzo le parole che il Santo Papa Giovanni Paolo II, di cui da poco abbiamo celebrato il centenario della nascita, rivolse nel 2000 proprio ai giovani, all’inizio della Giornata Mondiale della Gioventù: “Non abbiate paura!”. Non abbiate paura ad aprire, nei modi in cui sarà consentito, i vostri oratori».

La Chiesa non sia una dogana. «Quest’anno dobbiamo puntare in alto – ha esortato il cardinale –, perché siamo chiamati a fare un servizio che forse nemmeno immaginavamo, ma tutto quello che succede è la Provvidenza che lo mette nelle nostre mani. E sono convinto che le famiglie, che riusciremo ad aiutare, ce ne saranno profondamente grate, perché avvertiranno anche in noi sacerdoti, nei nostri animatori la presenza di una Chiesa attenta e materna. La Chiesa, come ci ricorda papa Francesco, non sia una dogana, ma sia veramente una madre attenta e piena d’amore per tutti i suoi figli».

Gratitudine al Signore per le vocazioni. Il cardinale Bassetti, avviandosi alla conclusione, ha espresso gratitudine al Signore per l’ordinazione di venticinque sacerdoti diocesani nei suoi dieci anni di episcopato perugino-pievese, ai quali il prossimo anno si aggiungeranno altri sei. «Di questo ringrazierò per sempre il Signore – ha detto, con voce commossa, Bassetti –, perché aver ordinato venticinque presbiteri è stata l’esperienza più bella che ho fatto in questa Chiesa. E se il Signore mi darà la grazia di rimanere ancora, a giugno del prossimo anno, avremmo anche l’ordinazione di altri sei giovani sacerdoti. Per ora, e lo dico tremando, il Signore non ha tolto la sua mano dal capo di nessuno, li ha veramente prediletti tutti. Anche questo è un altro motivo per dire grazie a Dio».

Calendario delle prossime ordinazioni. Intanto il prossimo 29 giugno è confermata l’ordinazione sacerdotale del seminarista Alfonso Liguori e il 12 settembre successivo, festa dalla Madonna delle Grazie della cattedrale, ci sarà l’ordinazione a diaconi transeunti dei sei seminaristi perugini che si preparano a ricevere il sacerdozio il prossimo anno.

Spoleto: Messa Crismale. L’arcivescovo Boccardo a se stesso e ai preti: «saremo in grado di compiere qualche scelta coraggiosa? Come accompagneremo le comunità nell’abbandonare abitudini consolidate e non più corrispondenti al tempo che viviamo? Come le aiuteremo ad investire in percorsi inediti?»

La mattina di sabato 30 maggio 2020 nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la Messa Crismale, che si sarebbe dovuta tenere il 9 aprile scorso, rinviata dopo la chiusura totale dell’Italia a causa del Covid-19. Erano presenti tutti i presbiteri della Diocesi a significare l’unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio Vescovo. Presente il vescovo emerito di Orvieto-Todi mons. Giovanni Scanavino, che vive nel convento degli agostiniani di Cascia. In questa Messa sono stati consacrati gli Oli Santi: il Crisma, l’Olio dei Catecumeni e l’Olio degli Infermi. Tutti i sacerdoti, poi, hanno rinnovato le promesse fatte nel giorno dell’ordinazione. Si è trattato della prima Messa che mons. Boccardo ha celebrato nel Duomo dal giorno (18 maggio, ndr) in cui è stato possibile tornare a vivere l’eucaristica con i fedeli. A causa della ridotta capienza della Cattedrale per il “distanziamento sociale”, sono state accolte solo un centinaio di persone, che hanno occupato i posti indicati sui banchi; non c’è stata la distribuzione degli Olii al termine della celebrazione (essi verranno recapitati nella settimana seguente ai Pievani, che li faranno pervenire ai Parroci della propria Pievania; la Messa è stata trasmessa in diretta sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi.

All’inizio dell’omelia l’Arcivescovo ha ricordato quei sacerdoti che celebrano un anniversario significativo del proprio ministero presbiterale: don Dario Del­l’Orso rettore emerito della Basilica di S. Benedetto in Norcia 70 anni, mons. Giuseppe Chiaretti arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve 65 anni, don Giu­lia­no Me­dori parroco di Poggioprimocaso di Cascia 55 anni, don Renzo Per­siani parroco di Cascia 50 anni, padre Angelo Be­da Ison dei Francescani della Custodia di Terra Santa 25 an­ni. É fatta grata me­mo­ria di quei presbiteri chiamati in que­sto ulti­mo anno a celebrare la liturgia del cielo: don Natale Rossi, padre Luigi Montanari degli Agosti­nia­ni di Cascia, padre Bonaven­tura Vergari dei Francescani di Monteluco e don Gio­van­ni Fer­ri.

La crisi del Covid-19 fonte di trasformazione. «L’esercizio del nostro ministero – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – si colloca in un tempo particolare che ha “scombussolato” la vita del mondo. Ma ogni crisi è fonte di trasformazione. Così come di purificazione, di correzione, di rinnovamento. E, prima ancora, di verità. Perché ha la caratteristica di porre in evidenza ciò che normalmente rischia di passare in secondo piano; diventa una opportunità per ricentrarsi sull’essenziale, che non è diverso da ciò che dovrebbe orientare le scelte e i comportamenti di ogni tempo». In questo tempo di Covid-19 «sono germogliate – ha proseguito – cose belle e per certi versi inaspettate: la riscoperta di relazioni più autentiche, la condivisione nella fede in famiglia, un contatto più profondo e vitale con la Parola di Dio, una rinnovata attenzione e sensibilità operativa nei confronti di chi è nella sofferenza e nel bisogno».

L’Arcivescovo ha concluso l’omelia (consultabile per intero nel sito www.spoletonorcia.it) consegnando a se stesso e ai preti due verbi su cui riflettere: “lasciare” e “desiderare”. «Come affronteremo la paura di lasciare? Perché certamente dovremo scegliere di lasciare alcuni aspetti della nostra abituale vita ecclesiale. Saremo in grado di compiere qualche scelta coraggiosa? Come accompagneremo le comunità nell’abbandonare abitudini consolidate e non più corrispondenti al tempo che viviamo? Come le aiuteremo ad investire in percorsi inediti? Sarà importante come presbiteri e come Chiesa diocesana dare un nome alle paure, altrimenti esse domineranno le scelte (o le non-scelte)». E poi, “desiderare”: «Siamo preti ancora capaci di desiderare un domani per la nostra Chiesa? Sentiamo la gioia di metterci in gioco, di lasciarci inquietare, di non rassegnarci al quieto vivere? Desiderare è guardare la stella polare del nostro ministero, è sentite la nostalgia per quello cui abbiamo donato la vita. I preti anziani non dovrebbero contare solo gli anni che stanno davanti a loro, ma essere lieti che i sogni per i quali hanno faticato lungo il loro ministero siano consegnati con nuovo slancio alla generazione futura. I sacerdoti di mezza età dovrebbero sentire che il meriggio fecondo del loro ministero non è una rendita, ma un tesoro prezioso in vasi di creta (cf 2 Cor 4, 7), la manna che deve essere rinnovata ogni giorno (cf Es 16, 16-20), vivendo il dono del ministero non da soli ma nella sinfonia dei legami ecclesiali. I preti giovani intuiscono che la Chiesa di domani sarà la loro Chiesa. Forse saranno meno numerosi, ma se non coltivano fin da ora legami di fraternità e di prossimità tra loro, con i giovani, le famiglie e le comunità, non potranno tessere il loro futuro».

Assisi – messa crismale. Monsignor Sorrentino: “Anche la Chiesa abbia un nuovo slancio in questa Fase 2” Il vescovo: “Invochiamo lo Spirito per quanti in difficoltà economiche e per gli operatori socio-sanitari”

“Ripartiamo non solo con l’impegno di sempre, ma con uno slancio ancora più forte. La famiglia ecclesiale ci aspetta generosi e scattanti al varco di questa fase 2 della vita sociale e pastorale”. Lo ha detto il vescovo della Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, ai tanti sacerdoti e religiosi che sabato 30 maggio, hanno partecipato alla santa messa crismale nella cattedrale di San Rufino.

Il vescovo all’inizio dell’omelia ha precisato che la messa crismale, celebrata alla vigilia di Pentecoste, fa sentire ancora di più il Tempo pasquale sotto il segno dello Spirito. “Spirito che è carezza di Dio – ha detto il vescovo – e lo vogliamo invocare soprattutto per le tante famiglie provate dal lutto. Spirito che è luce e forza e lo vogliamo invocare soprattutto per quanti hanno combattuto e combattono nella generosità della loro missione e professione e per quanti sono alle prese con un futuro familiare e lavorativo pieno di rischi”.

Nell’omelia il vescovo ha anche sottolineato l’importanza di questa celebrazione dopo la lunga quarantena e il lockdown. “Finalmente ci ritroviamo – ha affermato -. Abbiamo condiviso e condividiamo la sofferenza di tante persone e famiglie. La nostra vita liturgica ne è stata profondamente segnata. Non nascondiamo di avere sofferto anche perché il nostro servizio è stato considerato solo alla stregua di un pericolo e non anche della dimensione di risorsa, quale poteva essere ed è, ovviamente alla condizione della più severa disciplina nella quale eravamo e continuiamo ad essere responsabilmente impegnati. La gioia della Pasqua è stata come velata e violata. Non ci sembra vero di poterla recuperare oggi, con questo ponte ideale tra la Passione e la Pentecoste. Abbiamo chiesto in tanti modi misericordia. Oggi la imploriamo ancora perché il futuro è tutt’altro che certo”.

Il vescovo nel ringraziare i confratelli per la testimonianza che hanno dato e stanno dando in questo periodo di prova, ha precisato che nessuno è stato un pavido Don Abbondio. “Ve le siete inventate tutte – ha detto -, per stare vicino alla gente, mentre non potevamo stare ad essa fisicamente vicini e non perché temevamo della nostra salute, ma solo perché temevamo di pregiudicare quella degli altri”.

Al termine dell’omelia sono seguite il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli santi.

Alla fine della messa il vescovo ha consegnato ai presbiteri il suo ultimo libro intitolato “Crisi come grazia. Per una nuova primavera della Chiesa”. “Il titolo – ha spiegato il vescovo – si riferisce in generale alla crisi che sperimentiamo a tanti livelli nella chiesa e nella società. Un titolo che nonostante tutto ci invita a guardare lontano e a nutrire speranza”.

Terni – Messa crismale in Cattedrale. Mons. Piemontese: “Siamo chiamati ad avviare processi di… giustizia, umanità, fraternità, misericordia, contagio del virus dell’amore di Dio affidato e custodito dalla Chiesa e dai cristiani”

Celebrata nella Cattedrale di Terni la solenne Messa Crismale, con la benedizione degli oli sacri: il sacro crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi e in cui sacerdoti hanno rinnovato la promessa formulata all’ordinazione presbiterale.
La celebrazione crismale rappresenta l’unione e la comunione di tutti i presbiteri nel ministero del sacerdozio e della missione evangelizzatrice a cui sono stati chiamati, ma anche di unione con l’intera comunità ecclesiale.
In questo particolare momento dell’emergenza Covid 19, la messa crismale ha visto la partecipazione limitata a 200 persone: sacerdoti, diocesani e religiosi, ai diaconi, ai seminaristi, religiose, laici delle parrocchie e con la partecipazione del sindaco di Terni Leonardo Latini.
La pandemia covid19 ci ha colti di sorpresa e tutti abbiamo vissuto un tempo sospeso, smarriti per il veloce propagarsi del virus, per i suoi drammatici effetti  e le prospettive incerte. contempo abbiamo potuto scoprire e incentivare l’ opportunità di vivere la Chiesa domestica, riscoprire il valore e la  bellezza delle relazioni, l’ esercizio della carità e della disponibilità, cose che, in tempi normali si sono date per scontate. Noi sacerdoti, in quarantena come tutti, abbiamo celebrato da soli, per e con il nostro popolo nel cuore. Abbiamo riscoperto la natura del nostro sacerdozio, che non trae efficacia da noi, dalla gente delle nostre comunità, dai fedeli presenti, ma dalla conformazione a Cristo Sacerdote: sacerdoti per sempre, partecipi del sacerdozio di Cristo; sacerdoti per Dio e per l’ intero Popolo di Dio. Attorno all’altare è radunata tutta la Chiesa; quella celeste e quella terrestre, vivi e defunti. Per tutti Gesù si offre e con Gesù offriamo noi stessi per la redenzione del mondo”. “Siamo chiamati ad avviare processi di… giustizia, umanità, fraternità, amore, misericordia, amicizia, comunicazione, contagio del virus dell’amore di Dio affidato e custodito dalla Chiesa e dai cristiani. La nostra Chiesa, in comunione con le chiese sorelle della CEU e della CEI, dovrà discernere, individuare e avviare tali processi”.

Il vescovo ha ricordato i confratelli che quest’anno festeggiano il giubileo: Don Fabrizio Bagnara, che il prossimo 4 giugno festeggerà 25 anni di ordinazione sacerdotale; e i diaconi permanenti Mauro Pacifici e Tito Di Maggio che il 27 agosto festeggeranno i 25 anni di ordinazione diaconale. “Ci impegniamo ad accompagnare con la preghiera, nel loro ulteriore cammino vocazionale, i tre diaconi, ordinati il 30-11-2019, Daniele Martelli e Giuseppe Zen e Graziano Gubbiotti. Sempre in riferimento al nostro Presbiterio desidero comunicare il rientro definitivo in Italia e in diocesi di Don Sergio Vandini, al termine del suo servizio di missionario Fidei domum in Africa. E inoltre l’incardinazione nella nostra diocesi di due sacerdoti Fidei domum, che già da anni prestano servizio pastorale nella nostra chiesa particolare: Don Jean Pierre Kalongisa Munina sacerdote fidei donum nella diocesi di Terni Narni Amelia dal luglio 2010, è stato Vicerettore al Santuario della Madonna del Ponte in Narni e nel 2016 è stato nominato Vicario Parrocchiale della Parrocchia dei Santi Giovenale e Cassio in Narni. Don Josivaldo Assis De Oliveira, da quattro anni è vice parroco nella parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria a Terni e studia presso l’Università Pontificia Lateranense per conseguire la licenza in Teologia dogmatica. Ricordiamo l’unico sacerdote tornato alla Casa del Padre nell’ultimo anno Don Giuseppe Marinozzi, di anni 104”.

 

L’OMELIA DEL VESCOVO

 

 

Messa crismale dalla Cattedrale di Terni

Pubblicato da Diocesi di Terni-Narni-Amelia su Venerdì 29 maggio 2020

Il cardinale Gualtiero Bassetti nell’ultima “lettera di collegamento” alla comunità diocesana si sofferma sulla ripresa del lavoro: «e non ci sarà questa ripresa, molte persone non riusciranno più a ritornare a galla e sarà facile scivolare sotto la soglia di povertà».

Mentre la Chiesa di Perugia-Città della Pieve si appresta a celebrare la Messa Crismale, sabato 30 maggio (ore 10), nella cattedrale di San Lorenzo, il suo Pastore, il cardinale Gualtiero Bassetti, rivolge la sua ultima “lettera di collegamento” alla comunità diocesana nel tempo del Covid-19.

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Eucarestia, culmine della vita cristiana. Carissimi, siamo tornati a celebrare l’Eucarestia, in tutta la nostra Diocesi, dopo tre mesi di astinenza. Mi auguro che questi tre mesi, oltre all’inevitabile disagio, ci abbiano insegnato qualcosa di importante. Come succede spesso nella vita, noi scopriamo la bellezza dei beni fondamentali soprattutto quando ci vengono a mancare. Molti, per la prima volta, hanno sentito la sofferenza di non poter partecipare alla messa e alla comunione eucaristica. Qualcuno mi ha espresso il disagio provato quando sentiva suonare le campane e non poteva andare in chiesa. La messa è entrata in molte case in streaming o attraverso la televisione, ma si sentiva che era altra cosa. L’Eucarestia per noi è il culmine della vita cristiana ed il vertice di tutto il bene che è e che si fa nella Chiesa.

Non disperdere i frutti di questa esperienza. Sì, fratelli, siamo nella gioia perché siamo tornati alla messa come al tesoro più prezioso che ci è stato donato. Tuttavia, come ho più volte sottolineato, questa astinenza ci ha fatto scoprire altre cose belle del nostro essere cristiani: la preghiera in famiglia, il gusto per la Parola di Dio, l’esperienza di sentirsi chiesa domestica e il dialogo tra genitori e figli.

Ho ricevuto alcune testimonianze, anche di persone poco praticanti, che, stando vicino ai loro cari in preghiera o in ascolto della Parola di Dio, hanno avuto la possibilità di intravedere orizzonti nuovi per la loro vita. Qualcuno ha riscoperto la bellezza del rosario o della preghiera dei salmi, di cui da anni aveva perso il gusto. Raccomando a questi fratelli: non disperdete i frutti preziosi di questa esperienza!

Gratitudine a quanti hanno operato per mitigare la pandemia. E tanti mi hanno espresso apprezzamenti per i nostri sacerdoti, che hanno trovato mille modi per restare vicino alla gente, per esprimere parole di incoraggiamento, di consolazione, di prossimità e di carità. Grazie, fratelli presbiteri, troverò il modo per esprimervi la mia gratitudine, durante la messa crismale di sabato 30 maggio.

Un grazie particolare ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari, agli amministratori, agli operatori sociali, ai lavoratori dei servizi essenziali, agli insegnanti e docenti che hanno seguito i ragazzi e i giovani con tanta passione educativa, in particolare coloro che hanno curato i disabili, che nell’accoglienza in chiesa dovrebbero essere messi al primo posto.

Tanta riconoscenza esprimo nei confronti dei consacrati e dei laici per il silenzioso e umile servizio alla povertà. Ora, insieme, dobbiamo sostenere il prezioso e indispensabile lavoro della Caritas e delle altre istituzioni ecclesiali e civili per mitigare le conseguenze della pandemia.

Il piano per risorgere. Prevedo tre campi di lavoro: il primo e più urgente è l’aiuto alimentare, che ha già visto tanta generosità durante questi mesi; il secondo, le spese per la gestione della casa: utenze e consumi, un bisogno che sta emergendo e diventerà primario nell’estate; il terzo, la ripresa del lavoro: basta con gli slogan e le parole roboanti! Se non ci sarà questa ripresa, molte persone non riusciranno più a ritornare a galla e sarà facile scivolare sotto la soglia di povertà. Una sapiente e oculata gestione delle risorse, la collaborazione con tutti i corpi intermedi del terzo settore, che si dedicano alla rete di protezione sociale, possono favorire “il piano per risorgere”, di cui ha parlato Papa Francesco.

La promozione del bene comune. Cito a questo proposito quanto ha scritto Mons. Franco Giulio Brambilla, Vice Presidente della CEI, in una lettera alla Chiesa di Novara che ho apprezzato e condiviso: “Dopo questo tempo di dolore e di sofferenza a causa dei gravi problemi sanitari, sociali, economici e lavorativi, dobbiamo affrontare questa situazione facendo crescere la solidarietà, esercitando la carità personale, sociale e politica. È necessario che le autorità delle varie amministrazioni pubbliche, i partiti politici, le organizzazioni di imprese e sindacati, così come tutti i cittadini, promuovano l’accordo e la collaborazione a favore del bene comune. Noi italiani, che siamo bravissimi in tempo di emergenza – e dobbiamo rendere onore soprattutto agli amministratori e operatori sociali delle nostre città e dei comuni che hanno lavorato per il bene di tutti – dobbiamo ora vincere la sfida di una nuova rinascita. Chi ha analizzato acutamente la vulnerabilità che ha ferito la nostra società globalizzata e ipertecnologica ha scritto che dobbiamo passare dal mercato delle cose e dei beni, alla valorizzazione delle risorse umane del territorio. Le cose e i beni possono smettere improvvisamente di circolare con facilità e possono venire meno, il capitale umano e le risorse sociali del territorio sono sempre vicine a noi e disponibili. Tutti siamo chiamati ad essere responsabili nella convivenza per evitare, nella misura del possibile, il ritorno della malattia e aiutare i poveri e coloro che più patiscono le conseguenze di questa pandemia”.

Carissimi fratelli nel Signore, siamo nell’attesa del dono dello Spirito e, come gli Apostoli nel cenacolo, ci sentiamo “sub tutela matris”, sotto la protezione della Vergine Maria. Possa ella volgere, su tutti i figli e le figlie della nostra amata Arcidiocesi, il suo sguardo buono, soave, materno.

Gualtiero Card. Bassetti

Collevalenza di Todi: Celebrazione del 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù. Conversazione con mons. Mario Ceccobelli, vescovo emerito di Gubbio, ospite della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso

Il prossimo 31 maggio, domenica di Pentecoste, alle ore 18, nella basilica del Santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi, si terrà una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, per il 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù, una delle figure di santità del nostro tempo più note e venerate in Umbria e nel mondo.
Ad annunciare quest’evento ai media ecclesiali (Umbria Radio InBlu, La Voce e Chiesainumbria.it), che si svolgerà nel rispetto delle misure di sicurezza a seguito dell’emergenza sanitaria, è mons. Mario Ceccobelli, vescovo emerito di Gubbio. Il presule ha maturato la sua vocazione sacerdotale anche nel vivere da giovanissimo l’esperienza di fede di Madre Speranza restandone attratto fin dai suoi primi incontri, stringendo nel tempo intensi legami di amicizia e di spiritualità con le due congregazioni fondate dalla Madre: i Figli dell’Amore Misericordioso e le Ancelle dell’Amore Misericordioso. Non è un caso che dopo aver terminato il suo episcopato eugubino per raggiunti limiti di età, il presule, originario di Marsciano e per lunghi anni vicario generale dell’Archidiocesi di Perugia, abbia scelto di trascorrere la sua vita nella grande Famiglia dell’Amore Misericordioso di Collevalenza.
Mons. Ceccobelli, nel tracciare un breve ricordo della beata Speranza di Gesù, definendola «una delle grandi donne del ‘900», si sofferma su cosa questa Santa avrebbe detto oggi, al tempo del “Coronavirus, a tutti i suoi “figli”. «Madre Speranza, che era una donna molto pratica – sottolinea mons. Ceccobelli –, potremmo dire una mamma di famiglia, che si preoccupava di tutto dei suoi figli, oggi credo avrebbe detto: “Figli miei, fatevi santi”… Vuole dire: “non vi lasciate catturare dalle realtà del mondo, dai pericoli del mondo, dalle paure del mondo…”. Anche questo virus, che ha creato una depressione generale, un allarme, per Madre Speranza sarebbe stato colto come una esperienza di vita, seppur sofferta e difficile, per dirci: “figli miei ricordatevi che siete fatti per il Cielo, non per la terra”».
«La Madre – continua il vescovo – aveva con Gesù un rapporto molto immediato, molto familiare, lei ci parlava come io parlo con te! Lo chiamava “Figlio mio”, è curioso…; il diario della Madre è bellissimo… La Madre era quella donna saggia che sapeva guardare la realtà umana e la sapeva leggere scrutandola dall’alto, con gli occhi della fede più che con le preoccupazioni del mondo».
Pensando alla Santa, mons. Ceccobelli racconta dei suoi primi viaggi a Collevalenza. «Io ho conosciuto Madre Speranza negli anni ’60, perché uno dei primi preti della Diocesi di Perugia, se non il primo a frequentare Collevalenza, fu proprio il mio parroco. Io sono nato a Marsciano, vivevo lì, e il parroco era don Arsenio Ambrogi e, per vie misteriose, la Madre l’ha portato con sé. Adesso sarebbe lungo raccontare tutta la storia, ma io da allora – avevo 14 anni -, quando lui lasciò la parrocchia, ho iniziato a conoscere il Santuario vedendolo crescere ed oggi mi sento di famiglia. Ho sempre pensato che questa sarebbe stata la mia ultima destinazione e devo dire che i religiosi mi hanno accolto con piena disponibilità e vivo con loro la vita della comunità».
Mons. Ceccobelli conclude raccontando come trascorre la giornata al Santuario. «La mattina, alle 7, abbiamo le lodi e poi la meditazione. Alle 8 la colazione e alle 9 io e gli altri sacerdoti addetti alle confessioni ci mettiamo a disposizione dei pellegrini. Poi abbiamo l’ora media e all’una il pranzo. Nel pomeriggio, alle 15,30, ci rendiamo ancora disponibili per le confessioni e alle 18 abbiamo il vespro, il rosario, l’adorazione e alle 19,30 la cena». Ma prova anche un po’ di nostalgia per la Chiesa che lo ha generato nella fede, quella Perugia-Città della Pieve, e per la Chiesa che lo ha avuto suo Pastore, quella di Gubbio. «Io porto con me – commenta il vescovo – la Chiesa madre che mi ha generato come figlio di Dio, e la Chiesa mia sposa, che mi è stata consegnata e che io ho custodito come ho saputo fare e che adesso è custodita, servita e amata dal vescovo Luciano, che sta facendo un buon lavoro pastorale e io sono veramente contento di avere un successore bravo, sicuramente più bravo di me».
A cura di Riccardo Liguori con la collaborazione di Anna Maria Angelelli

 

L’INTERVISTA A MONS. MARIO CECCOBELLI