Perugia: solenne concelebrazione in cattedrale in onore di San Costanzo patrono della città. Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Accettare la fede povera e umile dei piccoli è la grande e stupenda buona novella che la Chiesa ancora oggi ha il coraggio di annunciare al mondo»

Con la solenne concelebrazione eucaristica del pomeriggio del 29 gennaio, nella cattedrale di Perugia, presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti insieme ai vescovi dell’Umbria e alla presenza dei rappresentanti delle massime Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo regionale, si sono conclusi i festeggiamenti in onore del santo patrono Costanzo, vescovo e martire, «padre della fede perugina», così definito dallo stesso cardinale durante i Primi Vespri della vigilia, celebrati il 28 gennaio nella basilica intitolata al santo, al termine della processione della “luminaria” che ha visto una numerosa partecipazione di fedeli. Partecipazione che ha rinsaldato il legame tra la città civile e quella religiosa, come ha evidenziato, all’inizio dell’omelia in cattedrale, il cardinale Bassetti.

«Sono lieto di celebrare con le rappresentanze religiose e civile di tutta l’Arcidiocesi la festa di San Costanzo, padre e fondatore di questa santa Chiesa perusino-pievese – ha esordito il presule –. Ieri sera si è svolta, in modo gioioso e solenne, una molto partecipata “luminaria” dal Palazzo comunale dei Priori alla chiesa dedicata al Santo. Sono contento che, da alcuni anni, siano state ripristinate tradizioni antiche che possono rinsaldare stretti legami tra la Perugia civile e quella religiosa, uniti nella ricerca del bene comune per l’intera cittadinanza. Oggi vogliamo porci in devoto ascolto del Santo Patrono. Il messaggio del martire San Costanzo è ancora oggi una buona notizia per la nostra chiesa e la nostra città, con i loro problemi, le loro ferite e soprattutto le loro speranze».

«Costanzo ci addita Cristo e ci dice: guardate a Lui: Lui solo ci comprende fino in fondo perché è passato attraverso tutte le nostre prove. Egli ci ripete con Papa Francesco: “la fede non è una luce, che dissipa tutte le nostre tenebre, ma una lampada che guida, nella notte, i nostri passi e questo basta per il cammino”. San Giovanni Paolo II ha usato una espressione molto forte: “una fede che non diventa cultura, è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. Soprattutto oggi custodire la fede significa comunicare il Vangelo in un mondo in continua trasformazione. Comunicare il Vangelo con una particolare attenzione alle nuove generazioni di adolescenti, per trasmettere ad essi l’unico mistero della croce di Cristo che può illuminare le loro inquietudini».

«Carissimi fratelli e sorelle – ha proseguito il cardinale –, il primo pensiero che la parola di Dio ci suggerisce è la parola di Isaia sul Messia. Il Messia inaugura un tempo nuovo che rovescia la logica umana. Egli verrà nel mondo a considerare e ad innalzare gli ultimi. Il suo annuncio sarà ai poveri. La sua opera sarà sui cuori spezzati, la sua testimonianza e il suo dono per gli schiavi e i prigionieri. Come a significare che l’intervento di Dio sul mondo parte da coloro che non hanno potenza, né orgoglio, né primato, né autonomia, in una parola da coloro che sono poveri. La ragione per cui Gesù morirà sarà anche per aver ripetuto nella sinagoga di Nazaret questa profezia di Isaia applicandola a se stesso: la profezia cioè del Messia che è povero, che è senza decoro, né aspetto, e muore inerme, come “gli ultimi” per la giustizia, la santità e la pace fra gli uomini. Tutto ciò è talmente vero che Gesù nel XXV capitolo di Matteo, identifica se stesso con coloro che non hanno parola, potere, autosufficienza e sono gli ultimi della vita».

«A questo proposito, la testimonianza di San Costanzo che sarebbe stato martirizzato attorno all’anno 170, è davvero eloquente – ha commentato Bassetti –. Come quello di Gesù, il suo martirio fu denso di torture. Il Preside Carisio lo fece gettare nelle terme aumentandone sette volte il calore. E quel calore sprigionò una luce così intensa che abbagliò tutti: era la luce della sua santità e della sua testimonianza. Fratelli carissimi, stasera siamo chiamati a purificarci e a testimoniare il Vangelo, perché mai nelle nostra vita i doni di Dio siano senza frutto».

«San Costanzo, padre di questa nostra Chiesa e in parte di alcune Chiese dell’Umbria, fu artefice di vera pace e volontario dell’amore, perché egli per primo visse il messianismo cristiano della “pietra scartata” e si fece ultimo donando la sua vita. Anche a noi è chiesto di essere operatori di pace e servi dei fratelli, servi per amore, come ci ha detto l’evangelista Giovanni. E questo è dovere di tutti nella Chiesa perché, pur essendo noi “un corpo solo”, “a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo”. Per questo ciascuno di noi, nella fondamentale vocazione cristiana, ha nella chiesa “un ministero” e un compito insostituibile. Il Santo Padre nella sua esortazione apostolica “Evangeli Gaudium”, afferma spesso che siamo una “chiesa di delega”, di sostituzione, nella quale si aspetta che uno passi al posto dell’altro, e alcuni compiano quello che tutti debbono compiere».

San Costanzo ci esorta ad essere operatori di pace e servi dei fratelli – ha evidenziato il cardinale avviandosi alla conclusione –, dopo essersi lui stesso identificato con l’amore povero e umile di Dio e aver scelto, come Gesù, di donare la propria vita. Solo il Vangelo ci espropria dai nostri egoismi, dai nostri orgogli, dai nostri idoli e ci pone nella condizione di accettare la fede povera e umile dei piccoli. È questa la grande e stupenda buona novella che la chiesa ancora oggi ha il coraggio di annunciare al mondo, che cammina su ben altre strade. Essa aspetta da ciascuno di noi la sua attuazione, non solo nel segreto della nostra anima, ma nella testimonianza forte e decisa della nostra vocazione».

Perugia: La 42a Giornata nazionale per la vita. Il cardinale Bassetti: «Occorre avere coraggio, perché la vita va accolta, amata e rispettata dall’inizio alla fine»

«A me basta guardare un bambino, una bambina per dire che sono un inno alla vita. E un inno alla vita è un inno alla speranza. Se c’è una creatura in mezzo a noi, vuol dire che Dio ci vuole ancora bene, vuol dire che non abbandona l’umanità». A sottolinearlo in occasione della 42a Giornata nazionale per la vita, dal titolo “Aprite le porte alla vita”, è il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, mentre la sua comunità diocesana si prepara a questa significativa giornata, che la Chiesa celebra domenica 2 febbraio, promossa nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve dall’Ufficio per la pastorale familiare e dal Movimento per la Vita dell’Umbria, offrendo alcune iniziative.

La prima, in calendario giovedì 30 gennaio (ore 21), nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve, è un incontro di preghiera e di riflessione con l’adorazione eucaristica e la testimonianza di Sara e Francesco Catarinelli, «genitori di una bambina nata con una gravissima malformazione, ma ugualmente da loro amata e soprattutto accolta», spiegano Maria Rita e Gianluca Carloni, direttori dell’Ufficio diocesano per la pastorale familiare. «La bambina – proseguono i coniugi Carloni – è nata in ospedale con l’aiuto di medici attenti a questo particolare caso e con il sostegno di una comunità che ha sempre pregato per lei. La storia e le coraggiose scelte di questa famiglia sono state accolte dal nostro cardinale. Successivamente Sara, Francesco e la loro piccola creatura sono stati ricevuti da papa Francesco».

La preparazione alla Giornata per la Vita proseguirà venerdì 31 gennaio (ore 21), presso la chiesa dell’Ospedale perugino “Santa Maria della Misericordia”, dove si terrà l’adorazione eucaristica animata dal Rinnovamento dello Spirito, per poi culminare domenica 2 febbraio (ore 11.30), presso la chiesa dei Ss. Severo ed Agata in San Mariano di Corciano, con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi, a cui seguirà una testimonianza del Movimento per la Vita.

Il cardinale Bassetti, nel commentare il titolo di questa 42a Giornata, “Aprite le porte alla vita”, si interroga su cosa è «la paura di vivere», che spesso «si concretizza anche in paura economica a causa della mancanza di lavoro in una famiglia. Purtroppo oggi i nostri giovani, in Umbria e in Italia, sono quattro volte più disoccupati dei loro coetanei di altri Paesi europei». A questa paura, sottolinea il cardinale, «bisogna avere il coraggio di reagire, di affidarsi di più alla provvidenza, perché se la nostra vita è soltanto ripiegata su se stessa, sui nostri quattro conti, ma non diventa un inno alla vita, è un problema. Occorre avere coraggio, perché la vita va accolta, amata e rispettata dall’inizio alla fine. La vita è un dono che ci viene fatto e noi dovremmo riconsegnarla un giorno a Chi ce l’ha donata».

Perugia: Al via le celebrazioni in onore del santo patrono Costanzo con la processione della “luminaria” e la celebrazione dei Primi Vespri solenni. Il cardinale Bassetti: «Chiediamo al Signore una nuova primavera per la nostra Chiesa e per la società intera».

Con la processione della “luminaria” e la preghiera dei Primi Vespri solenni, a Perugia, nel pomeriggio del 28 gennaio, sono iniziate le celebrazioni in onore del santo patrono Costanzo, vescovo e martire. Il cardinale Gualtiero Bassetti, nell’omelia dei Vespri, rivolgendosi alle autorità civili e religiose e ai numerosi fedeli che gremivano la basilica intitolata al patrono, ha definito Costanzo «padre nella fede».

«Come ogni anno, ci ritroviamo nella chiesa-basilica minore dedicata al santo patrono Costanzo – ha esordito il presule –. Qui sono custodite le sue reliquie, e da tempo immemorabile i perugini vi si recano per rendergli omaggio, quale padre nella fede. Anche noi siamo scesi dall’acropoli, dalla piazza grande ove si affacciano i palazzi della Perugia civile e religiosa, e dove la cattedrale sembra coniugare, in un felice abbraccio, realtà temporali e spirituali. Si tratta della storia plurimillenaria di una città e di una società che hanno trovato, nel cristianesimo, la linfa vitale per sorgere e svilupparsi, in armonia e concordia, anche se non sono mancati periodi di crisi e di contese, che, se da una parte hanno prodotto incomprensioni e sofferenza, dall’altra non hanno intaccato la consapevolezza della comune e condivisa origine cristiana».

Crescere nella pace e nel progresso civile.

«San Costanzo ci ricorda questa comune discendenza, documentata, per quanto lo riguarda, dalle decisioni dei magistrati cittadini in suo onore. Ecco perché, ancora oggi, ci invita alla condivisione e alla serietà di vita, perché si possa crescere nella pace e nel progresso civile. Scendendo verso questa storica chiesa, abbiamo attraversato una parte significativa della città. Abbiamo costeggiato antiche case e palazzi; ci siamo soffermati dinanzi a monumenti storici che hanno segnato la grandezza della nostra città: il fiorire delle arti, del benessere, dei valori sociali e religiosi. Una storia avvincente che ancor oggi ci emoziona e ci stupisce».

La precarietà del vivere.

«Al presente, certo, non mancano le difficoltà – ha commentato il cardinale –. Non sfugge a nessuno la precarietà del vivere per molti concittadini. La crisi economica, dalle caratteristiche planetarie, non ha risparmiato la nostra terra. Da anni si sono acutizzate alcune situazioni di malessere: la scarsità del lavoro, soprattutto per i giovani; i problemi all’interno delle famiglie; l’invecchiamento della popolazione, con i problemi che ne conseguono.

L’attenzione per i disagi sociali ed economici.

«Come comunità ecclesiale – ha evidenziato Bassetti – siamo stati sempre vicino a chi soffre, ai bisogni della gente. La Caritas ha organizzato servizi di prima necessità ben diffusi sul territorio, con grande attenzione per i disagi sociali ed economici. Ma siamo stati vicini soprattutto con la presenza vivificante in tante realtà sociali e comunitarie. Fede e carità sono sinonimi, favoriscono la dignità umana e salvaguardano la convivenza».

Tanti segni di speranza… i giovani che si avvicinano alla Chiesa.

«Nel nostro orizzonte, anche ecclesiale, se ci sono motivi di preoccupazione, ci sono anche tanti segni di speranza. Vi sono tante fiammelle vive, come quelle che ci hanno accompagnato stasera lungo il nostro peregrinare, che infondono calore e gioia e, soprattutto, rischiarano la nostra strada per indicarci un futuro migliore. Uno dei motivi per cui ringraziare Dio sono i giovani che si avvicinano alla Chiesa, che vivono quotidianamente l’esperienza delle parrocchie o dei gruppi ecclesiali, impegnati sui fronti della testimonianza evangelica e della carità. Ho negli occhi e nel cuore i visi belli e luminosi di tanti ragazzi e ragazze che affollano la cattedrale per incontrarsi con il loro vescovo. Sono giovani come tutti gli altri, sperimentano la fatica del vivere come tutti i loro coetanei, ma nel loro cuore è accesa quella gioia, che solo la fede in Dio può dare. Questi giovani continueranno a tenere accesa la fiaccola della fede; essi daranno un futuro alle nostre comunità ecclesiali».

La speranza che viene da Dio.

«È l’esperienza viva di Chiesa – ha concluso il cardinale – che è giunta a noi fin dal sacrificio del primo vescovo san Costanzo, e che continua nel tempo. Abbiamo perciò fiducia in un tempo migliore, intravisto da san Giovanni Paolo II come una nuova primavera della Chiesa nel segno della speranza. E la primavera, per quanto l’inverno possa essere freddo e duro, arriva sempre, e porta con sé la bellezza del creato in fiore. Allo stesso modo, «la speranza cristiana – ha ricordato Papa Francesco – si basa sulla fede in Dio che sempre crea novità nella vita dell’uomo, crea novità nella storia, crea novità nel cosmo. Il nostro Dio è il Dio che crea novità, perché è il Dio delle sorprese». Radicati e fondati su questa speranza che viene da Dio, guardiamo al futuro con fiducia, certi che il Signore non ci abbandona. Nella viva memoria del vescovo e martire Costanzo, chiediamo al Signore una nuova primavera per la nostra Chiesa e per la società intera, perché possiamo vivere sempre più da veri fratelli».

foto Rita Floridi

 

Terni – manifestazioni e celebrazioni per la festa del patrono San Valentino

“Per amore, dalle relazioni ferite alle relazioni risanate” è il tema proposto dalla diocesi e dal comitato per i festeggiamenti in onore di San Valentino, in occasione della festa del patrono di Terni e dell’amore e copatrono della Diocesi Terni-Narni-Amelia.

«Le feste dei santi patroni sono occasione provvidenziale per le persone e per la comunità diocesana per rafforzare la fedeltà al Signore e la comunione ecclesiale – ricorda il vescovo Giuseppe Piemontese -. Fare memoria della testimonianza del martirio e della specificità del carisma dei nostri patroni è la via della comunicazione del Vangelo ai nostri giorni. Gli eventi celebrativi, che proponiamo, vogliono coinvolgere sempre di più la città e sottolineare gli aspetti legati alla spiritualità di san Valentino e all’attualità di oggi. San Valentino ha dato una testimonianza suprema di amore attraverso il martirio, attraverso tutta la sua lunga esistenza a testimonianza di amore per Dio, per gli uomini e in modo particolare nei confronti dei giovani, degli innamorati, della famiglia noi. Vogliamo conservare ed evidenziare questi aspetti particolari mettendo al centro dei festeggiamenti di quest’anno la famiglia nelle relazioni interne, che spesso sono relazioni ferite e che è difficile ricomporre. Non vogliamo soltanto prendere atto di una situazione di difficoltà, di crisi, di disagio, ma vogliamo anche offrire una proposta su come queste relazioni ferite si possono risanare».

Le celebrazioni liturgiche
Sabato 8 febbraio alle ore 20.30 la fiaccolata-pellegrinaggio dei giovani, dei gruppi sportivi, gruppi parrocchiali della diocesi, insieme ai rappresentanti dei movimenti e associazioni giovanili e all’intera comunità diocesana, per accompagnare il trasferimento dell’urna del Santo Patrono dalla basilica di San Valentino in Cattedrale. La processione partirà dal sagrato della basilica di San Valentino e proseguirà lungo via papa Zaccaria, via San Valentino, via Menotti Serrati, via Turati, corso del Popolo, via dell’Annunziata, via del Vescovado, piazza Duomo. In cattedrale la conclusione della processione con la breve preghiera del vescovo padre Giuseppe Piemontese..

Domenica 9 febbraio, festa diocesana di San Valentino, alle ore 10 in Cattedrale a Terni, solenne pontificale presieduto dal vescovo Giuseppe Piemontese con i sacerdoti, i diaconi, le associazioni, i movimenti ecclesiali, alla presenza dei rappresentanti delle massime Istituzioni civili cittadine e regionali, autorità militari.

Il solenne pontificale sarà preceduto dall’accoglienza da parte del vescovo del corteo delle Istituzioni e i sindaci dei Comuni della Diocesi, con i rispettivi gonfaloni, che partirà da palazzo Spada alle 9.45.

Durante il pontificale si svolgeranno due segni particolari: i rappresentanti delle parrocchie di Terni offriranno un cero al Santo Patrono e il sindaco Leonardo Latini accenderà la lampada votiva e pronunzierà l’atto di affidamento della città al Santo Patrono.

Terminato il pontificale, alle ore 11.30 la cerimonia proseguirà con la processione per accompagnare, nella preghiera, l’urna di San Valentino per le vie della città verso la basilica seguendo il percorso: piazza Duomo, via Aminale, corso del Popolo, piazza Ridolfi, piazza Europa, via Garibaldi, rotonda Filipponi, via Piave, rotonda M.L.King, strada delle Grazie, via fratelli Cervi, via G.M. Serrati, via San Valentino, via papa Zaccaria, basilica di San Valentino. Sul sagrato della chiesa ci sarà la benedizione conclusiva del Vescovo.

Per favorire la partecipazione al solenne pontificale, in cattedrale e alla successiva processione, dalle ore 9.30 alle ore 12 di domenica 9 febbraio non sono celebrate le messe nelle chiese della città di Terni.

«La processione con l’urna del Santo– spiega il vescovo – vuole essere un ulteriore segno della vicinanza di Valentino alle nostre famiglie, alle nostre case e alla nostra città, bisognosa di grazia e di forza spirituale e morale. Ed è anche una espressione di fede e di amore per il Santo manifestata pubblicamente nella processione della gente, che invito ad addobbare e accendere lumi lungo la strada dove passerà la processione».

Venerdì 14 febbraio, memoria di san Valentino, alle ore 11 nella basilica di San Valentino concelebrazione presieduta dal vescovo Giuseppe Piemontese e a seguire benedizione della vetrata n.6 realizzata dagli studenti del Liceo Artistico di Terni, donata dal Lions Club San Valentino di Terni.

Domenica 16 febbraio alle ore 11 nella basilica di San Valentino, celebrazione della Festa della Promessa dei fidanzati presieduta dal vescovo Giuseppe Piemontese.

Prospettive a confronto sulla Famiglia
Primo appuntamento della riflessione dedicata alla famiglia, promossa dal comitato per i festeggiamenti in onore di San Valentino, sarà il 1 febbraio alle ore 17.30 al Museo diocesano, “Quale cambiamento nelle relazioni intrafamiliari” Intervengono: dott. Francesco Belletti docente di Politica sociale e di Sociologia della famiglia Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dott.ssa Simona Coccetta Servizi statistici Comune di Terni, dott.ssa Carla Collicelli – CNR-ITB Roma, Segretariato ASviS

Secondo incontro giovedì 13 febbraio ore 17.30 Museo diocesano, “Quali vie per relazioni familiari risanate”. Intervengono: Don Paolo Gentili, incaricato dell’Ufficio di pastorale familiare della Conferenza Episcopale Toscana; Coniugi Proietti Pierluigi e Gabriella collaboratori dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei; Casa della tenerezza Perugia, Equipe Amoris laetitia Terni.

Terzo appuntamento venerdì 3 marzo ore 17.30 Museo diocesano, “Relazioni virtuose tra economia, sviluppo e bene comune”. Il contributo di Terni come anteprima all’evento mondiale di Assisi “The economy of Francesco” del 26-28 marzo 2020.
Intervengono: suor Alessandra Smerilli docente ordinario di Economia Politica alla Facoltà “Auxilium” di Roma, Avv. Francesca Di Maolo presidente dell’Istituto Serafico di Assisi e Team Giovani.

Il contest Giovani

Dopo il grande successo dello scorso anno, il Servizio di Pastorale Giovanile della diocesi di Terni-Narni-Amelia propone la seconda edizione del contest Fatti sentire!!! dedicata al tema “Ama e dona la vita!”, che si lega alla festa di San Valentino patrono dell’amore e della città di Terni e all’VIII centenario del martirio dei Protomartiri francescani originari della valle ternana, uccisi in Marocco nel 1220.
Il candidato dovrà realizzare un prodotto artistico inedito che esprima il proprio punto di vista sul tema: “Ama e dona la vita!” scegliendo il linguaggio che preferisce tra scrittura, musica, fotografia e videomaking.
Il contest è aperto a tutti i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 30 anni, residenti o domiciliati nel territorio della provincia di Terni o iscritti ad un istituto scolastico, università, comunità presente sul territorio della diocesi di Terni-Narni-Amelia.
Gli elaborati partecipanti alle quattro categorie saranno valutati da una giuria nominata dall’organizzazione del contest che determinerà una classifica basandosi sulla propria sensibilità artistica e umana e sulla propria competenza tecnica. I vincitori saranno annunciati il 16 febbraio nel corso di una serata evento inserita nell’ambito dei festeggiamenti in onore del patrono di Terni San Valentino. Ciascun vincitore riceverà un buono spesa del valore di €500,00.
Il contest è realizzato nell’ambito degli eventi per la festa di San Valentino con il contributo della Fondazione Carit.
Per saperne di più https://www.pastoralegiovanileterni.it/fattisentire2020/

La festa del patrono della città di Terni,
San Valentino è per la comunità cittadina un’occasione per riflettere sull’identità della città alla luce della testimonianza di san Valentino che ha plasmato cristianamente la città di Terni durante il suo lungo ministero episcopale, durato, secondo la tradizione, ben 76 anni, come maestro di questa città, padre dei poveri e dei giovani innamorati, di custode dell’amore, del matrimonio, della famiglia, ma anche di testimone fino al martirio della coerenza alla fede, della libertà religiosa, del dialogo interreligioso, della cura e preoccupazione per la città. Da Terni, ancora oggi, parte il messaggio di san Valentino: l’amore vero, fedele ed eterno è possibile anche ai nostri giorni alimentato e protetto quotidianamente dall’umiltà, dalla fede in Dio, dalla preghiera costante, dalla pazienza e dal continuo perdono.

Movimenti per la vita dell’Umbria, una giornata per celebrare la vita e dare speranza

La Federazione Umbra dei Movimenti per la Vita e dei Centri di Aiuto alla vita si appresta a celebrare la 42° Giornata Nazionale per la Vita. In diverse località della regione, laddove sorge uno dei MpV o un Centro di Aiuto alla Vita, si svolgeranno nei prossimi giorni iniziative per informare, sensibilizzare e far riflettere l’opinione pubblica sui temi della vita nascente, ma non solo.

Per sottolineare l’importanza ma anche descrivere quello che è il quotidiano di queste associazioni di volontariato che sostengono la maternità più fragile e il diritto alla vita, si è svolta oggi a Perugia una conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, con un accenno anche a quelli che sono i numeri della demografia nella nostra regione, che fanno una foto precisa e impietosa della realtà. I dati (allegati più oltre) sono stati gentilmente messi a disposizione dalla sociologa prof. Rosita Garzi, docente presso l’Università degli Studi di Perugia.
Ad intervenire in conferenza è stata la presidente della Federazione Umbra MpV, Assuntina Morresi che – dopo aver ricordato i dati e i numeri legato alle attività dei vari presidi MpV (vedere scheda più in basso) ha spiegato:

“In Umbria lo scorso anno abbiamo svolto attività sia di formazione di personale sanitario legato alla gravidanza, sia di sensibilizzazione sui temi della vita: anziani, fine vita, etc, Abbiamo cercato di abbracciare le varie situazioni di fragilità: in particolare con riferimento all’invecchiamento della popolazione. Famiglie più sottili, più fragili non solo con pochi figli ma anche con una rete parentale più ridotta che quindi sosterrà con difficoltà, nel tempo, la famiglia stessa’”.

Presente anche la presidente del Movimento per la Vita di Todi, Daniela Durastanti, che sarà sede di una delle iniziative divulgative in programma (vedere sotto).

In molte piazze italiane – è stato ricordato in conferenza – e anche in Umbria, nelle principali parrocchie cittadine, i volontari del MpV e CAV offriranno primule, le prime piante che nascono a primavera, raccogliendo delle offerte. E’ un modo per sostenere le tante attività a favore delle madri in attesa e dei loro bambini.

Il tema della 42° Giornata per la Vita è Aprite le porte alla Vita, ed è anche il titolo del messaggio dei vescovi italiani in occasione della ricorrenza, il cui testo è disponiblie qui: https://famiglia.chiesacattolica.it/aprite-le-porte-alla-vi/

Assisi: giorno della Memoria. Pubblicato un libro di un’ebrea salvata ad Assisi

È stato mostrato dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, nel corso della cerimonia della Prefettura di Perugia in occasione della Giorno della Memoria, che si è tenuta lunedì 27 gennaio al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944”, nel Vescovado-Santuario della Spogliazione il romanzo intitolato “Gli abitanti del Castelletto”. Il libro inedito, scritto da una bambina ebrea che allora aveva solo dieci anni, ed ora vive a Gerusalemme, Mirjam Viterbi Ben Horin, rifugiata ad Assisi con la sua famiglia, è uscito proprio in questo giorni e sarà presentato lunedì 10 febbraio alla presenza della presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello e del giornalista del Tg1, Ignazio Ingrao. “E’ una storia felice, a prima vista – ha detto il vescovo – , ma che nasconde l’altra faccia della tragedia dell’olocausto. A leggere tra le righe, Mirjam racconta la Shoah. La racconta, paradossalmente, evitando di raccontarla. Questa ragazza è ancora capace di sognare”.

Alla cerimonia hanno partecipato il prefetto Claudio Sgaraglia, la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, il sindaco di Assisi, Stefania Proietti e le massime autorità civili e militari.

La presidente Tesei nel sottolineare l’importanza del Museo della Memoria e dei laboratori che vengono realizzati, ha precisato che in essi bisogna andare per “vedere il passato, analizzare il presente e avere in mente il futuro. La conoscenza che viene trasmessa è importantissima, soprattutto per gli studenti. Giornate come questa ci devono aiutare a una prospettiva basata sul rispetto e sull’insindacabilità di alcuni valori”.

Sono state consegnate le medaglie d’onore a cinque umbri quale riconoscimento per i “cittadini italiani, militari e civili deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra, ai quali, se militari, è stato negato lo status di prigioniero di guerra, e ai familiari dei deceduti, che abbiano titolo per presentare l’istanza di riconoscimento dello stato di lavoratore coatto”. A ricevere le medaglie sono stati Amedeo Faloci, nato a Montone nel 1927 e i familiari di Guido Casagrande, nato a Gubbio nel 1916, Agostino Conocchia, nato a Montefalco nel 1921, Guglielmo Iezza, nato a Castellamare di Stabia nel 1920 e Domenico Macellari, nato a Tarquinia nel 1912. Nel corso della cerimonia, alla quale hanno partecipato gli studenti della scuola secondaria di primo grado Frate Francesco di Assisi, il sindaco Stefania Proietti ha annunciato l’iniziativa presa insieme al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” di conferire la cittadinanza onoraria per la pace ai tredici sopravvissuti ai campi di sterminio nazista e ancora oggi in vita.

Frati Assisi: il nuovo sito sanfrancesco.org e l’inedito carattere tipografico “Franciscus”

I frati del Sacro Convento di Assisi si preparano al centenario della rivista San Francesco e lo fanno con grandi novità per il mensile e il sito sanfrancesco.org. La prima riguarda un nuovo carattere tipografico. È stato creato ad hoc, dai frati della Basilica di San Francesco e i designer di Studiogusto, “Franciscus”, il primo font digitale della Chiesa, un unicum. Per elaborarlo, sono stati fonte di ispirazione i manoscritti dal ‘200 al ‘400 della Biblioteca del Sacro Convento e gli affreschi della Basilica di San Francesco. E le parole del santo, scritte di suo pugno per frate Leone e impresse sulla celebre “Chartula di Assisi”, con cui ogni giorno immaginiamo di accogliere i lettori: “Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore ti dia la sua grande benedizione”

I tratti spigolosi, tipici della scrittura gotica medievale, sono stati il punto di partenza per la creazione di un carattere che mette insieme tradizione e contemporaneità. Franciscus, infatti, affonda le radici nell’epoca di Francesco ma ha la forza di rivolgersi con chiarezza all’uomo di oggi. Riflette l’identità francescana, capace di rinnovarsi sempre perché sempre attuale il messaggio del Santo di Assisi. Franciscus sarà open source, scaricabile e disponibile gratuitamente per tutti.

Rappresenta insomma l’apertura francescana all’altro, storicamente racchiusa nei manoscritti e nelle stampe in cui riecheggiano le preghiere e gli insegnamenti di Francesco. Negli antichi testi medievali è facile rintracciare lettere, parole o intere frasi scritte in rosso. Con quel colore, gli amanuensi segnalavano l’inizio di un testo, note o parti da non leggere a voce alta che però costituivano indicazioni essenziali per la lettura. Il rosso, per la rivista San Francesco, è il nome della testata e il logo online perché ancora oggi le parole del santo di Assisi sono una guida per il mondo, una lente attraverso cui leggere i fatti.

Il colore delle antiche “rubriche” sarà ancor più pervasivo nel nuovo sito, a partire proprio dalla testata: San Francesco è scritto integralmente in rosso e molti più elementi sono evidenziati nello stesso tono. Non solo grafica, però, tra le novità del sito. Consultando le sezioni, si noterà un altro prezioso contenuto, la “rubrica San Francesco” dove, con un apposito strumento di ricerca, sarà possibile ripercorrere virtualmente la vita del santo per parole chiave.

Perugia: Solennità di san Costanzo, vescovo e martire, Patrono della città e dell’Archidiocesi. La tradizionale processione della “Luminaria” del 28 gennaio e la concelebrazione eucaristica del 29 gennaio presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti

Il 28 e il 29 gennaio Perugia celebra la solennità del Santo Patrono Costanzo, vescovo e martire del II secolo. Una festa che rinsalda il legame tra la comunità civile e la comunità religiosa, come testimonia la tradizionale processione della “luminaria” risalente all’inizio del XIV secolo, menzionata negli Statuti medioevali del Comune di Perugia, che si svolge nel pomeriggio della vigilia di questa solennità (28 gennaio) a cui partecipano i rappresentanti delle massime Istituzioni cittadine, guidata dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti e dal sindaco Andrea Romizi.

La “Luminaria di San Costanzo”, animata dai figuranti in costume medioevale dei cinque rioni storici della città, con i balestrieri di Assisi e del Palio dei terzieri di Città della Pieve, si terrà martedì 28 gennaio (ore 17), con inizio davanti al Palazzo comunale dei Priori per poi raggiungere la basilica minore di San Costanzo, percorrendo l’antica “via sacra” che collega la chiesa di Sant’Ercolano (intitolata all’altro patrono di Perugia) alle basiliche di San Domenico e di San Pietro. A San Costanzo (ore 18) si terrà la celebrazione dei Primi Vespri Solenni presieduta dal cardinale Bassetti, allietata dal Coro della polizia municipale, con il rito dell’omaggio votivo al Santo di alcuni doni-simbolo della storia civile e religiosa della comunità perugina dal forte e attuale richiamo sociale e culturale. Si tratta dei doni del cero, da parte del sindaco, segno della disponibilità degli amministratori pubblici ad essere attenti ai bisogni dei più deboli e indifesi e a promuovere con onestà e saggezza ciò che giova al bene comune; della corona d’alloro, da parte della polizia municipale, segno di devozione e testimonianza di dedizione al bene comune attraverso l’azione di ordine pubblico, che mira alla pace e alla concordia; del torcolo (dolce tipico della festa a ricordo del martirio di Costanzo), da parte degli artigiani, segno di quanti si impegnano ogni giorno a migliorare le condizioni dei lavoratori e per tutti coloro che, con il loro lavoro, contribuiscono alla prosperità della comunità; del vinsanto, da parte di due giovani sposi, perché vivendo la fedeltà, la fecondità e l’attenzione ai piccoli e ai poveri, siano segno dell’amore infinito che lega Dio al suo popolo, e la famiglia sia fondamento del vivere sociale; dell’incenso, da parte del Consiglio pastorale parrocchiale di San Costanzo, segno della forza della fede nell’annuncio del Vangelo sull’esempio del martire perché conceda alla Chiesa diocesana di crescere nella santità.

La comunità parrocchiale di San Costanzo, come è consuetudine, promuove un triduo di preghiera e di riflessione in preparazione alla solennità del Patrono nei giorni precedenti (25, 26 e 27 gennaio, ore 17-18.30) quest’anno dedicato al tema: “Cristo, una presenza carica di proposta”. A guidare il triduo sono tre giovani sacerdoti diocesani, don Giosuè Busti, don Giordano Commodi e don Pietro Squarta. Anche quest’anno, annuncia il parroco di San Costanzo mons. Pietro Ortica, «saranno accolti dei devoti croati della parrocchia di Jezera, dove dal XVIII secolo venerano san Costanzo, con la quale siamo gemellati da una decina di anni».

Le celebrazioni in onore di San Costanzo culmineranno nel pomeriggio del 29 gennaio (ore 18), con la solenne concelebrazione eucaristica nella cattedrale di Perugia presieduta dal cardinale Bassetti insieme ai vescovi dell’Umbria, a cui parteciperanno i rappresentanti delle Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo regionale.

La redazione giornalistica di Umbria Radio In Blu seguirà in diretta, attraverso il suo canale Youtube e la sua pagina Facebook, i Primi Vespri Solenni del 28 gennaio dalla basilica minore di San Costanzo e la concelebrazione eucaristica del 29 gennaio dalla cattedrale.

Perugia – annuale incontro del cardinale Bassetti con i giornalisti in occasione della festa di san Francesco di Sales. «Senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato»

Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha incontrato il 25 gennaio, nell’Arcivescovado di Perugia, un folto gruppo di giornalisti e operatori dei media in occasione della festa del loro Santo Patrono Francesco di Sales. All’incontro, promosso dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali in collaborazione con la sezione umbra dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana), sono interventi anche il presidente dell’Ordine regionale dei Giornalisti Roberto Conticelli e il consigliere dell’Ordine nazionale Gianfranco Ricci. Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul messaggio del Papa per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dedicata al tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es. 10,2). La vita si fa storia, ha evidenziato che «senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato». Il presule ha voluto presentare ai giornalisti perugini il prossimo evento Cei dal titolo: “Mediterraneo, frontiera di pace”, in programma a Bari dal 19 al 23 febbraio, che «vedrà riuniti i vescovi delle nazioni affacciate sul grande mare per proporre insieme percorsi di riconciliazione fra i popoli». Il presidente della Cei si è anche soffermato sull’importanza di dare spazio ai «racconti costruttivi» più che alle «storie distruttive e provocatorie», come sottolinea il Papa nel suo messaggio, «che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza». Bassetti, a margine del suo intervento, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, ha sottolineato l’importanza di aderire al magistero del Papa, ricordando che «la sua guida viene dallo Spirito Santo. La critica, come spesso ribadisce anche il Santo Padre, va bene, perché fa parte dell’intelligenza umana, ma le logiche distruttive non fanno bene a nessuno».

“Cari giornalisti e cari operatori dell’informazione,
è con grande gioia che, come accade ogni anno, torno a incontrarvi per la vostra festa. Infatti il 24 gennaio la Chiesa fa memoria di san Francesco di Sales, il vostro patrono. Vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, è stato non solo maestro di spiritualità ma anche un brillante scrittore che per incontrare i “lontani” faceva affiggere i suoi “manifesti” scritti in uno stile agile ed efficace.
Oggi i mezzi di comunicazione consentono di raggiungere migliaia, se non milioni e miliardi, di persone e di creare reti senza confini. C’è un flusso di informazioni così ampio e continuo che ciascuno di noi può conoscere quanto accade in ogni angolo del mondo attraverso una sterminata pluralità di fonti. Eppure questa mole così ricca di notizie non è sempre attendibile. Tutti possono “improvvisarsi” comunicatori, anche falsificando la realtà o istillando pregiudizi e visioni distorte.
Soprattutto su Internet e nelle reti sociali l’anonimato ha partorito gli “odiatori”. Come cittadini, come Chiesa e come pastore, non possiamo che condannare ogni atteggiamento o intervento che semina disprezzo, inimicizia, ostilità. Azioni e parole dettate dal rancore sono un peccato contro Dio e contro l’umanità e sono in netta antitesi con il “comandamento dell’amore” che Cristo ci consegna. Quando si sostituisce il Signore con l’idolatria dell’odio, si arriva alla follia di sterminare l’altro. Provo dolore verso ogni forma di antisemitismo che deve essere combattuta senza esitazioni oppure verso chi addita come nemico l’altro, il fratello che ha un’etnia, una storia o una cultura diversa della nostra.
Anche la stampa, la televisione e il pianeta digitale sono chiamati a un’informazione che non alimenti le divisioni. Come ho già detto più volte, la nostra amata Italia è un Paese da ricucire. I mezzi di comunicazione possono contribuire ad acuire le cesure oppure possono incoraggiare alla fraternità. Sia questa seconda opzione la via maestra per chi opera nei media. Il cardinale Carlo Maria Martini, nel 1991, metteva in guardia con lungimiranza dalla bramosia dello scoop. “Basta arrivare primi con l’immagine, la notizia ­– scriveva Martini nella Lettera pastorale “Il lembo del mantello -; non importa come, non importa quanto valutata, meditata, rielaborata. Così si assiste a una specie di martellamento o bombardamento per stupire e passare oltre”. Oggi su Internet e nelle reti sociali la voglia dello scoop si trasforma nella mania di conquistare i “clic”. Si è più popolari, e quindi più attendibili, se si collezionano quanti più “clic” possibile o quanti più “Mi piace” possibile. Ad ogni costo. Anche calpestando la verità, la dignità della persona, l’armonia sociale.

Adesso vanno di moda gli “influencer”, ossia coloro che davanti a uno schermo orientano i pensieri e i modi di agire nell’opinione pubblica. Ma dovremmo chiederci: qual è la loro finalità? Chi c’è dietro di loro? A dettare legge nell’universo digitale è l’idea dell’uomo consumatore, ridotto a oggetto. Ecco perché siete tenuti anche a svelare i lati oscuri della comunicazione, per rendere i cittadini più consapevoli.

Per fare tutto ciò gli organi della comunicazione sociale devono uscire da un circolo vizioso: è quello dell’autoreferenzialità. Anche papa Francesco lo indica come una “piaga” della Chiesa. Può accadere che i media si chiudano in loro stessi, si citino a vicenda, raccontino più quello che avviene nei palazzi o è immaginato sulle pagine dei giornali, piuttosto che portare alla ribalta le attese della “povere gente” e quanto tocca davvero il cuore e la mente delle persone. C’è quindi bisogno di un’informazione “in uscita”, che si cali davvero fra le difficoltà e le speranze delle nostre comunità. Pertanto la vostra agenda sia ispirata dalla gente che chiede pane e lavoro, dignità e rispetto, attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni e non sia piegata agli interessi particolari o ai potentati politici, economici e ideologici.

Si diceva un tempo che il giornalista deve consumare le suole delle scarpe per andare fra la gente e capire ciò che succede. Oggi si pensa che stando davanti a un computer, a un telefonino o a uno schermo si possa conoscere la realtà “reale” ed essere in grado di analizzarla. Non è così. La barriera “digitale” non sempre consente di intercettare i bisogno dell’uomo, di immergersi nella società, di costruire visioni di ampio respiro.

Me ne sto rendendo conto anche organizzando l’Incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” che porterà a Bari i vescovi delle nazioni affacciate sul grande mare per proporre insieme percorsi di riconciliazione fra i popoli. A concludere l’iniziativa sarà papa Francesco che così testimonia la sua paterna vicinanza alla Chiesa italiana e all’area mediterranea che è la culla delle tre grandi religioni abramitiche ma anche bacino di guerre, miserie e morte come accade fra le onde del grande mare diventato un cimitero per coloro che fuggono dalla violenza e dalla povertà. Ecco, parlando con i confratelli vescovi dei Paesi delle altre sponde del Mediterraneo, ho compreso quanto sia parziale, se non talora distorta, la prospettiva con cui guardiamo alle loro terre e ai loro problemi. Cito le guerre che infiammano l’intera regione oppure il fenomeno migratorio che l’Occidente vede talvolta con timore e che in Nord Africa o in Medio Oriente viene considerato una “perdita sociale” perché la partenza di uomini, donne, ragazzi e famiglie impoverisce la società e, quindi, da loro giunge l’appello ad aiutare i Paesi a svilupparsi per scongiurare esodi di massa.

Il tema che papa Francesco ha scelto per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020 è “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. Senza memoria si finisce per ripetere, in maniera acritica, gli stessi errori del passato. Il Papa ci ricorda che, soprattutto in una società digitale dove l’istantaneità e la velocità sono i principi cardine, non possiamo piegarci soltanto sul presente “usa-e-getta” ma occorre avere radici solide. Da qui il richiamo di papa Francesco alla memoria, alla storia. Attraverso la memoria avviene la consegna di speranze, sogni ed esperienze da una generazione ad un’altra. La comunicazione è chiamata dunque a mettere in connessione, attraverso il racconto, la memoria con la vita e, in questo modo, a diventare anche uno strumento per costruire ponti e per condividere la bellezza dell’essere fratelli e quindi appartenenti all’unica grande famiglia umana”.

Gualtiero Card. Bassetti

Foligno – secondi per la solennità di San Feliciano patrono della città

Venerdì 24 gennaio nei secondi vespri per la Solennità della Festa del Patrono e Martire San Feliciano Mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo della Diocesi di Foligno, in chiusura della seconda visita pastorale, ha sottolineato che “C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze …. C’è bisogno di riconoscere che il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”.
Il testo dell’omelia di mons. Gualtiero Sigismondi
“Fratelli carissimi, la Passio sancti Feliciani disegna la biografia del nostro Patrono piuttosto che gli Atti del suo martirio. La parola dell’apostolo Pietro, che abbiamo ascoltato, si rivolge a quanti, come san Feliciano, hanno sofferto a causa del Vangelo: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi” (1Pt 4,13). La ragione di questo invito alla gioia è duplice: la sopportazione delle sofferenze, patite per il nome di Cristo, assicura la partecipazione alla sua gloria e permette allo Spirito di Dio di trovare riposo nel cuore dei suoi fedeli.
Che lo Spirito santo riposi nei nostri cuori ho potuto sperimentarlo, con meraviglia nuova, durante la Visita pastorale, conclusa con la processione appena terminata. Cammin facendo, oltre a riconoscere i “semi del Verbo” sparsi ovunque – al quadrivio della nostra città, ai crocicchi delle strade e all’interno di tante abitazioni –, mi sono reso conto che, come discepoli del Signore, il problema non è essere poco numerosi – i giovani sono l’indice più alto di questo processo –, quanto piuttosto diventare insignificanti. C’è bisogno, dunque, di una Chiesa che non abbia come obiettivo pastorale quello tattico del mantenimento, ma quello strategico della formazione delle coscienze. C’è bisogno di una Chiesa che faccia squadra: è la condizione per camminare insieme. C’è bisogno di riconoscere che “il problema non è la riforma delle istituzioni, le chiese vuote e la crisi delle vocazioni: il problema è la fede”. A questa diagnosi, compiuta da Benedetto XVI, Papa Francesco risponde con la terapia indicata nella Evangelii gaudium, in cui invita ad essere audaci e creativi nel “ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi dell’evangelizzazione”. Non si tratta di preparare piani pastorali elaborati, ma di riproporre la missione come esperienza nativa e costitutiva della Chiesa, riconsegnando alle comunità cristiane gli Atti degli Apostoli.
Fratelli carissimi, il libro degli Atti chiama i primi cristiani “quelli della Via” (cf. 9,2), quelli che seguono Cristo: “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6). Consapevoli della responsabilità che questo nome comporta, è necessario progettare nuovi percorsi di iniziazione cristiana: si tratta di ridire la fede in modo nuovo, di riscoprire l’amicizia come luogo dell’annuncio e di evangelizzare casa per casa. “Cammin facendo, predicate” (cf. Mt 10,7): questa missione, che Gesù affida ai Dodici, san Feliciano l’ha vissuta “fino alla fine”. La morte non l’ha rapito a casa, ma per strada. I suoi piedi, stretti tra l’incudine del carico degli anni e il martello dei persecutori, hanno ceduto prima ancora che il suo cuore cessasse di battere. Hanno ceduto lungo la via consolare Flaminia che l’avrebbe condotto a Roma, caput et mater omnium ecclesiarum. Il sangue di san Feliciano non è rimasto senza frutto: ha posto il seme della fede apostolica nella nostra terra; il suo sangue, dello stesso “gruppo sanguigno” degli Apostoli, ha edificato la nostra città e diocesi. I carnefici hanno osato legare le sue mani, ma non sono riusciti a restringere l’abbraccio del suo sguardo benedicente”.