Terni – Pontificale di San Valentino – Mons. Piemontese: “Siamo tutti pastori, guide, ai quali è affidata la responsabilità e la cura del bene comune, chiamati al servizio della collettività e delle singole persone nel campo religioso, civile, sociale e della difesa comune”.

Dopo la processione di sabato sera per il trasferimento dell’urna di San Valentino dalla basilica alla cattedrale, è stata celebrata solennemente, domenica 9 febbraio la festa di San Valentino, vescovo e martire del patrono di Terni e copatrono della Diocesi Terni-Narni-Amelia con il pontificale presieduto, in una gremita Cattedrale di Terni, dal vescovo mons. Giuseppe Piemontese, alla presenza dei sacerdoti della diocesi, del sindaco Leonardo Latini, del prefetto Emilio Dario Sensi, del presidente della Regione Donatella Tesei, il presidente della Provincia Giampiero Lattanzi, del Questore Roberto Massucci, il Magnifico Rettore dell’Università di Perugia prof. Oliviero, delle autorità militari regionali, provinciali e cittadine, dei sindaci dei Comuni della diocesi, i rappresentanti del mondo del lavoro, delle imprese, del sindacato, dei fedeli ternani e delle associazioni e movimenti della diocesi e animata dal coro diocesano diretto da don Sergio Rossini. 
Il corteo dalle istituzioni civili e militari con i rispettivi gonfaloni, partito dalla sede municipale di palazzo Spada Terni verso la Cattedrale, è stato accolto dal vescovo Giuseppe Piemontese all’ingresso della chiesa madre della diocesi.
La festa del patrono della città di Terni, San Valentino è per la comunità cittadina un’occasione per riflettere sull’identità della città alla luce della testimonianza di san Valentino che ha plasmato cristianamente la città di Terni durante il suo lungo ministero episcopale, come maestro, padre dei poveri e dei giovani innamorati, di custode dell’amore, ma anche per pregare per le nostre città e il nostro popolo, per la gente che soffre, per i giovani, per gli innamorati, per la famiglia, per la Diocesi.

 L’OMELIA DEL VESCOVO

«La memoria del nostro Patrono richiama la sua vita, gli aspetti dei suoi insegnamenti, che sono oggi ancora attuali – ha detto nell’omelia il vescovo – le ragioni della identità di questa città, che si onora di vedere richiamato da secoli, il suo nome accanto a quello del suo Patrono: Valentino, che per 75 anni ha custodito, difeso il suo popolo, per il quale alla fine, all’età di 97 anni, ha sacrificato la propria vita. L’esperienza della sua vita e il suo martirio hanno consentito di difendere la vita e la fede del popolo a lui affidato. Valentino, fedele a Dio ha dato conferma e autorevolezza al suo insegnamento come custode e guida del popolo, maestro della fede e padre dei giovani, intenti a far crescere e maturare l’amore e la famiglia e della dedizione alle persone sofferenti. Il nostro compito è far risuonare nell’oggi della Chiesa e del mondo quel progetto del Padre e quell’aspetto del Vangelo, incarnato da San Valentino.
Tuttavia, oggi mi piace riproporre tale stile non solo a me vescovo, ma a tutti coloro che hanno obblighi verso le persone e responsabilità nella cura delle anime: preti, diaconi, ministri ed ecclesiastici vari; e infine è riferito a persone che hanno incarichi di governo nella civitas e nella promozione del bene comune: le istituzioni civili, militari e culturali, i sindaci e gli amministratori. Siamo tutti pastori, guide, ai quali è affidata la responsabilità e la cura del bene comune, chiamati al servizio della collettività e delle singole persone nel campo religioso, civile, sociale e della difesa comune. Un servizio chiamato a mutuare le qualità del buon pastore: disinteressato, di relazioni intense, con le qualità dell’amicizia e dell’amore.
Lungi da noi il modello, ripudiato da Gesù, del mercenario, figura ambigua, volgare, spregevole e pericolosa, che purtroppo tende nefastamente a intrufolarsi nei vari settori della società. La figura del mercenario, oggi può declinarsi variamente e ben si associa a sfruttamento, corruzione, concussione, estorsione, assenteista, approfittatore, scansafatiche, sfaccendato, truffatore, irresponsabile…
Esattamente l’opposto dello stile del buon pastore a cui è rimasto fedele san Valentino fino alla testimonianza del martirio.
Tale testimonianza martiriale oggi è richiesta nella quotidianità, in varie forme più ordinarie se si vuole vivere fino in fondo la fedeltà ai propri principi, civili, morali, costituzionale ed evangelici e alla propria identità di cittadino, di amministratore, di sposo o sposa, di giovane, di prete, credente, ecc. E io credo che siano molti tali martiri, anche ai nostri giorni».

Il senso profondo e vero delle feste patronali
Il vescovo, facendo riferimento all’esperienza delle feste dei santi patroni, che conservano un ruolo e una incidenza significativa in riferimento alla storia e alla identità delle comunità, ha invitato a «ricercare una maggiore verità in ciò che viene organizzato e celebrato. E’ urgente che esse riscoprano e custodiscano la verità della celebrazione, la devozione e adesione alla testimonianza dei Santi Patroni e l’approfondimento della Parola del Vangelo, a cui essi hanno conformato l’esistenza.
I Patroni sono stati quasi tutti fondatori delle nostre città e delle rispettive identità civili e religiose e nello stesso tempo difensori delle città da invasori esterni e approfittatori/mercenari interni. La ragione profonda che ha mosso il loro agire, è stata la fede in Gesù Cristo e l’amore per il popolo. Ricordare la storia per tramandarne le gesta non può limitarsi a spettacolo e rappresentazione, ma dovrà portare tutti a conoscere la vita e l’esperienza di fede dei Santi Patroni, e a nostra volta, a riscoprire la nostra fede e la nostra vita cristiana per imitarne le ragioni di fede e di vita nell’oggi di Dio».

La preghiera per gli amministratori e l’invito ad avere una forte attenzione al bene comune
«In particolare vogliamo augurare agli eletti delle nostre amministrazioni di comporre e stabilizzare la compagine di governo per conoscere con completezza le problematiche e avviare con continuità, programmi di sviluppo credibili ed efficaci; di mirare a volare alto nel disegnare il futuro delle comunità; di adoperarsi per creare a favore dei cittadini, accesso semplice e rapido nella complessa macchina amministrativa, onde concorrere a semplificare e a risolvere i problemi; far sì che il palazzo di città sia sempre più la casa comune, “il comune”, dove i cittadini trovino aiuto ai loro bisogni, sostegno ai loro progetti e ulteriore spinta propulsiva verso uno sviluppo generale e condiviso; tutte le forze vive della città: amministratori, imprenditori, sindacati, università, organismi culturali, chiesa cattolica e organizzazioni religiose facciano ogni sforzo per creare opportunità e luoghi dove i giovani possano crescere sani e ingrandire le loro capacità per la propria realizzazione e per il bene dei nostri territori. Oggi, in modo particolare, la nostra preghiera si fa intensa, corale e fiduciosa perché nella città e nelle terre di san Valentino prosperi il benessere, la pace e l’amore».

Al termine del pontificale in cattedrale, è seguita la processione con la banda di Cesi, il coro diocesano, i figuranti del centro culturale valentiniano in abiti d’epoca rinascimentali a rappresentare gli antichi rioni di Terni, i rappresentanti di gruppi, movimenti e associazioni ecclesiali, diaconi, sacerdoti, autorità civili e militari per il rientro dell’urna di san Valentino in basilica attraversando le strade del centro città, la parrocchia del Sacro Cuore a città Giardino e quella di Santa Maria del Carmelo, fino al colle dove si trova la chiesa che custodisce le reliquie e la memoria del Santo. Sul sagrato c’è stato il saluto del presidente dell’Azione Cattolica diocesana Luca Diotallevi e la benedizione finale del vescovo Piemontese. L’urna è stata quindi riposta all’interno della basilica alla venerazione dei fedeli.

 

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DI AZIONE CATTOLICA

 

 

 

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Assisi – presentato il romanzo scritto da Mirjam Viterbi, ebrea salvata in Assisi negli anni 43’-’44.

“Pax et bonum” è il saluto inviato ad Assisi da Mirjam Viterbi Ben Horin ai partecipanti della presentazione del suo romanzo inedito intitolato “Gli abitanti del Castelletto, una luce nel buio della Shoah”, che si è tenuta lunedì 10 febbraio nella sala della Spogliazione del palazzo vescovile di Assisi. All’incontro, moderato dal giornalista del Tg1, Ignazio Ingrao, erano presenti le autorità civili e militari insieme a tanti cittadini e studenti delle scuole secondarie di Assisi, Santa Maria degli Angeli e Terni.

“In questo romanzo – ha detto il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino – c’è un dramma espresso con un codice straordinario che in definitiva è un giudizio di fuoco su quello che successe allora. Un giudizio dato con un codice da bimba di una fantasia spigliata, di una sognatrice che oppone al buio della Shoah un sogno luminoso che è un giudizio. Lei in qualche maniera ha tradotto il giudizio sull’orrore con una favola. È un libro da leggere in controluce, un libro sandwich che porta dentro la perla preziosa e la contestualizza”.

Rivolgendosi in particolare agli studenti, la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, ha spiegato che oggi “continuiamo a fare ‘Memoria’ perché vogliamo trasmettere a voi ragazzi il senso della fiducia, ma anche della responsabilità”. Parlando di Assisi quale città virtuosa ha spiegato che altri luoghi non lo sono. “Non lo sono le piazze quando diventano luogo per inneggiare a personaggi del passato che non hanno fatto il bene, non lo sono neanche le scuole quando sul banco del compagno viene messa la svastica per scherzare. La speranza non può essere tradita dall’idiozia, dal male, dall’indifferenza. L’indifferenza purtroppo è sempre più all’ordine del giorno. Cerchiamo di stimolare una ribellione nei confronti del male. Dovete avere la capacità e la coscienza di sapere reagire. La vostra coscienza critica – ha concluso – passa anche nel conoscere quello che sta accadendo intorno a voi. Cercate di scegliere bene che tipo di futuro volete avere. Solo insieme potremmo vedere sconfitto il male”.

Il sindaco di Assisi, Stefania Proietti ha comunicato che “nel prossimo consiglio comunale verrà proclamata la cittadinanza onoraria per la pace a tutti i sopravvissuti italiani della Shoah. Quei sopravvissuti all’epoca erano bambini”. Rivolgendosi ai giovani l’invito affinché siano “la riscossa, il coraggio e la speranza in un mondo migliore. Dobbiamo dire grazie al Museo della memoria – ha concluso – per aver riscoperto questa straordinaria pagina di storia”.

La psicoterapeuta Miriam Marinelli, che ha scritto la postfazione del romanzo ha detto che “la sofferenza ha come antidoto la solidarietà” e parlando della spogliazione di Francesco ha evidenziato che con questo gesto egli “si è spogliato dell’abito, ma anche di tutto ciò che può essere distante dall’altro”. Al termine della cerimonia due studentesse dell’istituto Casagrande di Terni hanno letto la storia della famiglia Viterbi scritta in classe immedesimandosi nelle due sorelle Mirjam e Graziella Viterbi.

Perugia: Domenica 9 febbraio, la 28a Giornata mondiale del malato celebrata in diocesi e presentazione dell’“Ambulatorio della Solidarietà” e la campagna “Ho bisogno di te” rivolta a medici specialisti.

La comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve celebra la 28a Giornata mondiale del malato domenica 9 febbraio (ore 15.30), presso la chiesa parrocchiale del quartiere perugino di Santa Lucia, con la S. messa presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti per malati, disabili e quanti si prendono cura di loro: medici, operatori socio-sanitari, volontari e familiari. Il tema della Giornata è tratto dal Vangelo di Matteo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28).

Papa Francesco, in occasione di questa Giornata, sottolinea il dottor Stefano Cusco, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, «ha rivolto un messaggio in cui evidenzia quanto sia importante per l’uomo la guarigione di Dio: “Gesù rivolge l’invito agli ammalati e agli oppressi, ai poveri – scrive il Papa – che sanno di dipendere interamente da Dio e che, feriti dal peso della prova, hanno bisogno di guarigione. Gesù Cristo, a chi vive l’angoscia per la propria situazione di fragilità, dolore e debolezza, non impone leggi, ma offre la sua misericordia, cioè la sua persona ristoratrice. Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza”. Queste parole del Santo Padre – conclude il dottor Cusco – le accogliamo nella nostra professione di operatori sanitari accanto a quanti soffrono nel corpo e nello spirito come un incoraggiamento e nella speranza che possano essere condivise da tutti, credenti e non, nel diventare dei “buoni samaritani” nella vita di tutti i giorni».

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Tra le iniziative promosse a Perugia in occasione della Giornata del malato, che la Chiesa celebra nel mondo l’11 febbraio, festa liturgica della Madonna di Lourdes, è in programma la presentazione dell’“Ambulatorio della Solidarietà”, attivato di recente presso la Casa di Cura “Clinica Lami” di proprietà delle Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche e di Perugia-Città della Pieve.

Si tratta di un ambulatorio per pazienti indigenti, coloro che non hanno la possibilità economica di pagarsi una visita specialistica o degli accertamenti clinici e per tale motivo non si curano. E’ un progetto promosso da Caritas diocesana, Ufficio diocesano per la pastorale della salute, Sezione perugina dell’Amci (Associazione medici cattolici italiana) in collaborazione con la stessa “Clinica Lami”.

Martedì 11 febbraio, alle ore 11, presso la Sala San Francesco del Palazzo arcivescovile di Perugia (piazza IV Novembre 6), si terrà una conferenza stampa di presentazione del progetto “Ambulatorio della Solidarietà” a cui interverranno il cardinale Gualtiero Bassetti, l’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche mons. Francesco Massara e i presidenti della Casa di Cura “Clinica Lami” dottor Fabio Barboni e dell’Amci di Perugia dottor Marco Dottorini.

All’incontro con la stampa sarà avviata la campagna “Ho bisogno di te” rivolta a medici specialisti disposti a offrire un’ora del proprio tempo libero e della propria professionalità da dedicare all’“Ambulatorio della Solidarietà”. Riguardo a questa campagna è stata inviata una richiesta di collaborazione all’Azienda Ospedaliera “Santa Maria della Misericordia” di Perugia, all’Azienda USL Umbria 1 e all’Ordine dei Medici di Perugia. In tutta l’Umbria, spiegano i promotori del progetto, «sono circa 200.000 le persone con reddito basso (“R1” da 0 a 36.000 euro) di cui diversi perugini si recano periodicamente ai Centri Caritas per chiedere aiuto o, più semplicemente, che è più grave per la loro salute, non si curano».

Assisi – presentazione dei dati dei cammini francescani in Umbria

Aumentano di anno in anno gli appassionati dei cammini francescani e del turismo lento. Verranno presentati mercoledì alle 11, nella Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, i dati ufficiali dei pellegrini camminatori che nel 2019 hanno fatto tappa alla Basilica di San Francesco e le statistiche di “Di qui passò Francesco” e della “Via di Francesco”. I numeri di Assisi verranno presentati da fra Jorge Fernandez (OfmConv) e confermano ancora una volta che l’Umbria è tra le mete più gettonate in Italia. La “Statio Peregrinorum”, a cura del Sacro Convento, raccoglie e divulga i dati di affluenza relativi a chi raggiunge la città del poverello a piedi, in bicicletta, a cavallo o con handbike.

All’incontro parteciperanno tra gli altri i responsabili della “Statio Peregrinorum” del Sacro Convento di Assisi, Fra Paul e Fra Abelardo, il Custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti, il Vescovo di Assisi, Mons. Domenico Sorrentino, il Sindaco di Assisi Stefania Proietti, l’Assessore al Turismo della Regione Umbria, Paola Agabiti Urbani, e il Direttore generale di Sviluppumbria, Mauro Agostini.

Assisi – presentazione del libro scritto da una bambina ebrea nascosta in Assisi negli anni ’43-’44 “Miriam Viterbi, simbolo di tutti i perseguitati”

“Gli abitanti del Castelletto, una luce nel buio della Shoah” è il titolo del romanzo scritto da Mirjam Viterbi Ben Horin, ebrea salvata in Assisi insieme alla sua famiglia negli anni della persecuzione nazista del 1943-1944, che verrà presentato lunedì 10 febbraio alle ore 10,30 nella sala della Spogliazione del palazzo vescovile di Assisi. “Mirjam racconta la shoah in modo tutto suo” – dice il vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino che l’ha incontrata durante uno dei suoi ultimi viaggi in Terra Santa”. In quella occasione Mirjam le mostrò questo romanzo scritto da lei a dieci anni mentre era nascosta in un alloggio privato qui in Assisi nel periodo 1943-1944. Un romanzo con tanto di titolo ‘Gli abitanti del Castelletto appunto, con perfetta grafia, disegni e di correzioni che sono stati riprodotto dall’originale. “E’ una storia semplice ma interessante – dice ancora il vescovo , da leggere in ‘controluce’. Un sogno che si leva come un raggio luminoso da un fondo scuro. Quel ‘castelletto’ è immaginato tra le nubi, ma ruzzola ben presto sulla terra. Si dovrebbe frantumare. Ed invece resta in piedi, diventando un luogo di vita, di relazioni, di pace. Di giorno in giorno Mirjam scrive il suo sogno. Persino disegna. Proprio non vuol credere, non può credere, che una orribile follia abbia potuto fare irruzione nella sua vita. E sognando, salva la sua vita. La salva dalla paura, dalla depressione, dalla sconfitta. Questo romanzo esprime tutta la capacità di intessere relazioni fraterne, di vincere la tentazione della guerra, e di costruire un mondo di pace”. Per motivi organizzativi la presentazione cade nel giorno in cui si ricorda anche un’altra tragedia, quella degli italiani vittime delle foibe. “Memoria della Shoah e Ricordo delle foibe non sono in contrapposizione”, sottolinea ancora il vescovo. “Anzi, attraverso Mirjam e la sua storia vogliamo dare voce a tutte le persone, di qualsiasi razza e religione che hanno subito persecuzione e violenza fino allo sterminio”. Il romanzo si apre con una introduzione di monsignor Sorrentino, una prefazione della stessa autrice e una postfazione della psicoterapeuta Miriam Marinelli che legge, tra le righe, nell’animo di questa bambina. Alla presentazione interverranno: monsignor Domenico Sorrentino, vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino; Stefania Proietti, sindaco di Assisi; Marina Rosati, ideatrice del “Museo della Memoria, 1943-1944”; Ruth Dureghello presidente della comunità ebraica di Roma. L’incontro sarà moderato da Ignazio Ingrao, giornalista del Tg1.

Città di Castello – attività dell’archivio storico diocesano e della biblioteca “Storti-Guerri”

Dopo la pausa per le festività natalizie, lo scorso 14 gennaio ha riaperto al pubblico la sala consultazione dell’Archivio storico diocesano e della Biblioteca diocesana “Storti – Guerri” di Città di Castello. Nel 2019 sono stati ben 876 gli utenti che hanno frequentato la sala studio (con un aumento del 2,4% rispetto al 2018); sul totale, 404 accessi si riferiscono a ricerche d’archivio e 472 a studi condotti in biblioteca. L’anno ha segnato un vero e proprio record di presenze: nel 2013 gli accessi complessivi erano stati 222 e nel 2014 ammontavano a 220; nel 2015 era stato registrato il numero più alto, con 827 accessi totali, scesi a 737 nel 2016 e nuovamente saliti a 810 nel 2017 e a 855 nel 2018. Con i quasi 900 accessi, il 2019 si caratterizza perciò come l’anno con il maggior numero di utenti dall’apertura dall’attuale sede dell’archivio nel 1978. Negli ultimi sette anni si sono registrati 4.547 accessi, per una media annuale di 649 presenze. Le domande di studio presentate sono state 60 (erano state 37 nel 2018) e i prestiti librari 186 (erano stati 140 nel 2018). Il dato del 2019 è ancora più significativo se si considera che nel mese di marzo ha ripreso piena funzionalità la Biblioteca comunale, nella nuova e funzionale sede di palazzo Vitelli a San Giacomo.
L’incremento degli utenti in entrambe le principali biblioteche cittadine evidenzia la forte domanda di cultura presente in città, alla quale la diocesi sta cercando di rispondere in maniera sempre più ampia con il potenziamento delle proprie strutture. Nel corso del 2019, infatti, all’interno della sede della “Storti – Guerri” è stato allestito un deposito di 60 mq destinato al reparto periodici, che raccoglie numerose annate di riviste a partire dal 1842 fino al 2019. Per l’anno in corso è previsto l’allestimento di spazi espositivi, che permettano l’organizzazione di piccole mostre documentarie. I lavori di potenziamento della sede sono stati possibili grazie ai contributi Cei derivanti dall’8×1000 alla Chiesa cattolica.

Gubbio – alla biblioteca Sperelliana si parla di Africa e migranti

L’emigrazione dall’Africa va spiegata ed è proprio con questo intento che nasce il libro “Rivogliono il loro pesce”. Dopo Padova, Vicenza, Tuoro, Perugia, Bastia Umbra e Assisi, arriva anche a Gubbio il volume edito da Cedres Press, opera dello scrittore e docente universitario originario del Benin, Jean-Baptiste Sourou. Sarà presentato sabato 8 febbraio alle ore 16,30 nella Sala dell’ex Refettorio della Biblioteca Sperelliana di Gubbio.
Si tratta di 210 pagine scritte per incentivare un dialogo fruttuoso tra l’Europa e l’Africa intorno al tema dell’emigrazione. Il libro tocca molti argomenti di grande attualità tra cui il dramma delle materie prime, il land e ocean grabbing, cioè l’accaparramento delle terre fertili e delle risorse ittiche africane da parte di stati stranieri e multinazionali, l’inquinamento dell’ambiente e dello spazio di vita delle popolazioni e la piaga della corruzione.
L’autore, che vive in Italia e studia il fenomeno migratorio, con un linguaggio semplice e pieno di ritmo conduce il lettore alla scoperta di un continente africano che non è quello narrato dai media. Jean-Baptiste Sourou aiuta il pubblico a superare gli stereotipi secolari e a non cadere vittima dei vari slogan sull’emigrazione, bensì a farsi un’idea oggettiva e documentata su quella proveniente dall’Africa.
“Rivogliono il loro pesce” racconta un’Africa che non si arrende perché, nonostante le vicende dolorose della storia passata e del presente, essa cerca sempre le soluzioni e le vie d’uscita verso la speranza.
Sourou, da più di un decennio, si impegna con alcuni amici a sensibilizzare i giovani africani sui rischi di una migrazione non pensata in Europa e investono nella ricerca di progetti alternativi per favorire la permanenza o il rientro dei migranti nei paesi di origine. Una attività che porta avanti soprattutto con la onlus assisana “Il Cedro”, della quale Jean-Baptiste Sourou è presidente. Informazioni sul sito web www.cedres-ong.org o sulla pagina Facebook “Cedres Ong”.

Perugia – 5 febbraio festa di sant’Agata. Per l’occasione sarà posta nella lunetta della nicchia esterna della parete d’ingresso una pregevole ceramica raffigurante l’immagine della santa

Anche a Perugia è sentita la devozione per sant’Agata, vergine e martire. Non pochi fedeli si danno appuntamento nell’omonima chiesa, nella centralissima via dei Priori, a pochi passi dal Palazzo comunale, il 5 febbraio, giorno in cui la Chiesa celebra la festa liturgica della patrona di diverse categorie di artigiani, in particolare i fonditori di campane e i tessitori. Per la sua città di origine, Catania, sant’Agata è invocata come protettrice da eventi naturali catastrofici (eruzioni vulcaniche e terremoti), oltre ad esserlo delle lattanti e delle donne con gravi patologie al seno per la natura del martirio subito con il taglio delle mammelle, al tempo dell’imperatore Decio, il 5 febbraio dell’anno 251 d.C. La sua santità si è presto diffusa in tutto il continente e a Perugia il suo culto risale al Medioevo. Tanto è vero che si hanno notizie della chiesa a lei intitolata dall’epoca dell’imperatore Federico Barbarossa e la struttura architettonica giunta sino a noi è quella costruita all’inizio del XIV secolo.

Quest’anno, a Perugia, la festa di sant’Agata vedrà anche un’iniziativa culturale in programma mercoledì 5 febbraio, alle ore 17.45, che precede la celebrazione eucaristica animata dal Coro “Coristi a Priori”. Sarà benedetta e inaugurata una pregevole ceramica raffigurante l’immagine della santa, collocata nella lunetta della nicchia esterna della parete d’ingresso. L’opera è stata commissionata dal rettore della chiesa di Sant’Agata mons. Fausto Sciurpa, presidente del Capitolo dei Canonici della cattedrale di San Lorenzo, alla bottega ceramista di Antonietta Taticchi in via dei Priori, realizzata in collaborazione con l’artista Marco Mariucci. Al termine della celebrazione eucaristica si terrà un incontro di festa nella sala intitolata a mons. Luigi Piastrelli, “storico” rettore della chiesa di Sant’Agata. Un luogo di culto che è un vero scrigno d’arte e di storia valorizzato nel secolo scorso anche a livello culturale da mons. Piastrelli, opera che prosegue con il suo successore mons. Sciurpa.

Al presidente del Capitolo dei Canonici di San Lorenzo si devono i recenti lavori di restauro che hanno portato alla luce sulle volte interne due affreschi di santi, forse padri della Chiesa; mentre nella parete vicino alla porta d’ingresso, al di sopra dell’immagine della Trinità a tre volti, è riemerso un affresco dedicato alle stigmate di san Francesco di Assisi. La chiesa di Sant’Agata, intitolata anche a San Severo, fu ampliata nel XIV secolo a seguito della demolizione dell’antica chiesa di San Severo in piazza grande (oggi piazza IV Novembre), in concomitanza dell’ampliamento del Palazzo comunale dei Priori. «Lo stile della chiesa di Sant’Agata – spiega il rettore mons. Sciurpa – appartiene al gotico francescano e la sua struttura è ogivale, a due campate di volte a crociera, su sei mezze colonne immurate nelle pareti. Nella chiesa vi sono importanti affreschi di scuola umbro-senese, ispirati a Simone Martini e a Pietro Lorenzini, che la rendono originale nel suo genere e scrigno prezioso d’arte e di storia».

Nocera Umbra – festa del patrono san Rinaldo. Don Ferdinando Cetorelli: “Il nostro patrono amico e compagno di San Francesco”

“Anche quest’anno tutta la città di Nocera Umbra è pronta a celebrare la solennità di San Rinaldo”. Lo afferma don Ferdinando Cetorelli, parroco e priore del Capitolo della concattedrale di Nocera Umbra, a pochi giorni dal 9 febbraio, solennità di san Rinaldo, patrono di Nocera Umbra e compatrono della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. “Dal 1986 anno di unificazione delle due diocesi – aggiunge don Ferdinando – san Rinaldo insieme a san Rufino e al beato Angelo vegliano sulla nostra Chiesa diocesana. Tutta la comunità riconosce nei suoi santi la sua storia di Chiesa particolare che nei secoli ha testimoniato il Cristo vivente nella vita degli uomini. La figura di san Rinaldo oggi sta suscitando interesse e rivalutazione in ambito francescano grazie alla nuova riscoperta delle fonti francescane che attestano l’amicizia tra i due santi e i rapporti tra loro intercorsi. Tra i partecipanti alla festa ci sarà anche una rappresentanza del mondo francescano”. Come da programma la novena di preparazione si concluderà sabato 8 febbraio nella concattedrale di Santa Maria Assunta, dove alle ore 18 ci saranno i primi vespri della solennità e l’apertura dell’urna con le spoglie mortali del Patrono di Nocera Umbra. Presiede il vescovo Sorrentino. Seguirà la messa nella cappella del Santissimo Sacramento e alle ore 21.15 la veglia di preghiera. Domenica 9 febbraio le celebrazioni eucaristiche si terranno alle ore 8 e alle ore 9.30; alle ore 11.15 il pontificale sarà presieduto dal vescovo. Nel pomeriggio dalle ore 16 ci saranno la celebrazione dei secondi vespri, la processione e la messa. Il 10 febbraio, in mattinata, le messe saranno celebrate alle ore 8; 9,30 e 11,15. Nel pomeriggio alle ore 17.30 saranno celebrati i secondi vespri e si terrà la chiusura dell’urna. Seguirà la messa nella cappella del Santissimo Sacramento.

Gubbio – Arte e spettacolo a servizio della solidarietà in favore della casa Caritas di Leskoc in Kosovo

Festività natalizie e nuovo anno all’insegna della solidarietà per la casa di accoglienza di Leskoc in Kosovo, una presenza iniziata dalle Caritas dell’Umbria proprio vent’anni fa. La missione è attiva nella regione balcanica dal giugno del 1999, subito dopo la fine della guerra e il rapido rientro della popolazione di etnia albanese dai paesi confinanti (Albania, Macedonia e Montenegro): circa 800 mila persone che erano scappate per sfuggire ai bombardamenti della Nato e alle violenze dell’esercito e, soprattutto, dei gruppi paramilitari serbi.
Anche la onlus “Bambini del mondo” è nata quasi vent’anni fa a Venezia e in questo periodo ha conosciuto e aiutato la realtà della casa-famiglia di Leskoc. Di recente, il presidente dell’associazione Filippo Leonardi ha presentato i risultati della raccolta fondi natalizia che ha raggiunto una cifra di quasi 12 mila euro. Un progetto realizzato grazie all’impegno di Luca Greggio di Rovigo, tecnico della Sms spa di Napoli, sostenuto da Lucia Ercolano, amministratore delegato di Venezia Capitol srl che gestisce l’Hotel Hilton di Mestre.
Per la casa di Leskoc sono arrivate donazioni da varie parti d’Italia, in particolare dalle aziende che stanno realizzando il nuovo centro wellness ed eventi dell’Hotel Hilton Garden Inn Venice di Mestre e in parte da donazioni spontanee di altre ditte e dalla vendita del poster realizzato su disegno dello stesso Luca Greggio e dal titolo “Dillo alla luna rossa”, dedicato alle giovani generazioni, pensando ai bambini e ai ragazzi che abitano la casa Caritas in Kosovo.
«Da qualche anno, l’attenzione sul Kosovo è un po’ scemata – spiega Filippo Leonardi – ma noi dal 2000 cerchiamo di dare una mano per quel che possiamo a Massimo, a Cristina e alla casa di Leskoc. Il progetto realizzato insieme a Luca Greggio serve proprio a dare continuità agli aiuti destinati a questa realtà, perché abbiano la forza di andare avanti e continuare a fare del bene».
In quasi vent’anni di presenza, le attività del campo Caritas sono aumentate e si sono adattate ai tempi. Il punto fermo, in tutti questi anni, è stato sempre l’impegno della famiglia creata dal toscano Massimo Mazzali e dalla trentina Cristina Giovanelli, intorno ai quali oggi c’è davvero una pluralità e un brulicare di attività e di progetti.
L’impegno della missione continua ancora oggi nell’ascolto e nella vicinanza alla popolazione, specie le famiglie più povere e bisognose, e nell’accoglienza dei bambini orfani o con gravi problemi familiari, senza distinzioni etniche o religiose.
Il “cuore pulsante” di tutto questo è la nuova casa inaugurata nel 2014 nel villaggio di Leskoc, grazie ai lavori coordinati dall’architetto Giuseppe Lepri e al sostegno economico di tante realtà ecclesiali e imprenditoriali, come la Umbragroup di Foligno. Nei locali a piano terra, oltre a magazzini e garage, ci sono alcuni laboratori: uno di panetteria/pasticceria, la macelleria e un piccolo caseificio. I laboratori, le stalle e i campi stanno creando opportunità lavorative per i ragazzi più grandi della casa e per altri della zona.
Dal Veneto all’Umbria, sempre con lo sguardo rivolto verso i Balcani. Anche le festività natalizie dei dipendenti e dei dirigenti di Umbra Acque hanno segnato un gesto di solidarietà verso la casa di Leskoc. Grazie alla tombola di beneficenza per i familiari dei lavoratori dell’azienda e all’impegno del management della stessa Umbra Acque sono stati raccolti diecimila euro. Per metà sono stati destinati alla realizzazione di un pozzo in Malawi, mentre l’altra metà servirà per l’installazione di un potabilizzatore d’acqua nella casa di Leskoc in Kosovo.
Un progetto sostenuto anche dall’amministratore delegato della società di servizi, Tiziana Buonfiglio, dal presidente Gianluca Carini e dal Consiglio di amministrazione. Oltre a mettere a disposizione i fondi, Umbra Acque darà una mano anche per lo sviluppo e la progettazione dell’impianto di potabilizzazione che consentirà alla casa Caritas un notevole risparmio economico e un abbattimento dell’inquinamento, grazie al minore uso della plastica visto che non c’è raccolta differenziata. I lavori per la realizzazione dell’impianto inizieranno nelle prossime settimane con l’analisi dell’acqua dei pozzi per misurarne l’esatta composizione e per impostare correttamente i filtri attivi dell’impianto.
Anche a Gubbio, gli artisti si mobilitano per il Kosovo. Domenica 9 febbraio alle ore 16.30, presso il Teatro comunale di Gubbio “Luca Ronconi”, ci sarà uno spettacolo dal titolo “Cuori distanti che battono all’unisono”, il cui ricavato verrà destinato alla casa di accoglienza di Massimo e Cristina. L’idea è nata da Lidia Ceccarelli, la mamma di una giovane eugubina di 19 anni che da luglio è in Kosovo come volontaria. Quando l’ha raggiunta in ottobre si è fermata per qualche giorno ed è stata subito conquistata da quel luogo.
Una volta tornata, Lidia si è messa in moto coinvolgendo e “contagiando” tante persone. Hanno risposto all’appello il coro degli Angels, la scuola musicale Al Fondino, il chitarrista Paolo Ceccarelli, la violinista Katia Ghigi insieme al pianista Michele Rossetti, la cantautrice Claudia Fofi, l’attrice Debora Ruspolini e la scuola di danza Ikuvium Ballet di Elisa Pierini, che sta curando la regia dell’evento. Artisti che si esibiranno in modo totalmente gratuito durante lo spettacolo, sostenuto anche dalla sezione soci Coop di Gubbio e da altre aziende e privati cittadini.
«Proprio per l’anniversario di questi vent’anni di impegno in Kosovo – racconta Luca Uccellani, che fin dall’inizio si è occupato della missione per conto della Caritas umbra e di quella eugubina – molti ci chiedono il perché di un sostegno che continua così a lungo. Lo facciamo perché vogliamo continuare a veder crescere quei bambini e quei ragazzi che hanno attraversato mille difficoltà. Non possiamo mollarli dall’oggi al domani. A volte hanno vissuto situazioni disastrate e hanno ferite profonde, con famiglie in grave difficoltà. Ci sono persone e situazioni che hanno ancora bisogno di essere accompagnate. E poi, questa presenza ha un grande valore pastorale per le nostre comunità umbre e per le tante persone che dall’Italia hanno potuto sperimentare la missione in quella terra».

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