Perugia: Il cardinale Bassetti in visita alla Caritas diocesana. Agli operatori e volontari: «Grazie per quello che fate, per quello che siete… I “cinque pani e i due pesci” a disposizione del prossimo con generosità»

«I “cinque pani e i due pesci” che abbiamo, li dobbiamo mettere a disposizione attraverso la nostra generosità, che poi si traduce in mille forme di aiuto e di sostegno al prossimo». Lo ha sottolineato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel visitare la mattina del 24 aprile la sede della Caritas diocesana di Perugia, presso il “Villaggio della Carità”, dove sono situati il Centro di ascolto diocesano e l’Emporio della Solidarietà “Tabgha”. Il cardinale è stato accolto, nel rispetto delle norme anti-contagio da Covid-19, dai coniugi Giancarlo e Maria Luisa Pecetti, direttore e condirettore della Caritas diocesana, dagli operatori e responsabili di settore Silvia Bagnarelli, assistente sociale del Centro di Ascolto, Alfonso Dragone, dell’area progetti, Paolo Montoni, dell’Emporio, e da alcuni volontari di quest’ultimo servizio tra cui il responsabile del “Daidò-donazioni” Luigi Palazzoni.

Nei giorni dell’emergenza sanitaria i servizi socio-caritativi della Caritas perugina sono stati operativi, in alcuni casi intensificando le attività, e per i loro operatori e volontari il cardinale Bassetti ha avuto parole di gratitudine ed incoraggiamento.  «Mi metto anch’io dalla vostra parte – ha detto il presule –, perché, anche se non servo la gente con le mani, cerco di servire la mia diocesi e l’Italia con il cuore, con tante preoccupazioni e sofferenze. Grazie per quello che fate, per quello che siete. Vedo dei giovani coraggiosi: il Signore vi è accanto perché siete qui per aiutare i fratelli. Ricordate sempre nella vostra opera di volontari, soprattutto di cristiani, le parole di Gesù: “Quello che avete fatto al più piccolo l’avete fatto a me”. Coraggio, giovani e adulti, continuate il vostro lavoro, benedico voi e le vostre famiglie».

Perugia: Il “Piano per una protezione sociale universale contro la crisi” da Covid-19. Lo presenta l’economista perugino Grasselli, direttore dell’Osservatorio diocesano sulle povertà

“Il diffondersi dell’epidemia da corona virus determina una forte espansione della povertà.  Girano stime secondo cui gli italiani in povertà assoluta si avvicinerebbero a 10 milioni.  Si contraggono i flussi di reddito delle famiglie, in particolare dove è presente lavoro indipendente e lavoro a tempo determinato”. A sostenerlo è l’economista Pierluigi Grasselli, direttore dell’Osservatorio sulle povertà e l’inclusione sociale dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, presso la Caritas diocesana, nel presentare il “Piano per una protezione sociale universale contro la crisi” a cui ha aderito anche la Caritas italiana.

Sostegno concreto con l’8XMille. La Chiesa italiana, sta sostenendo concretamente le Chiese particolari e le loro realtà territoriali in ambito socio-caritativo, economico, pastorale e sanitario. Basti pensare che a tutt’oggi, la Cei, ha stanziato 218milioni e 900mila di euro attinti dal Fondo 8XMille della Chiesa cattolica sia per fronteggiare a livello di diocesi la prima fase dell’emergenza Covid-19, con uno stanziamento iniziale di 10 milioni di euro per le Caritas diocesane attraverso Caritas Italiana, più 500mila euro per il Banco alimentare, che per la ripresa delle attività diocesane socio-caritative, economiche e pastorali, con un finanziamento di 200 milioni di euro, oltre a sostenere le attività delle diverse strutture ospedaliere ecclesiali presenti in Italia, con 8 milioni e 400mila euro. A questi interventi va aggiunto quello della Cei per le Chiese del Sud del mondo, con altri 6 milioni di euro a sostegno dei progetti sanitari di prevenzione e cura a seguito della pandemia.

Caritas moltiplica attività. “Alla povertà da crisi economica preesistente al contagio – evidenzia Grasselli – si somma quella legata al Covid-19, che colpisce in particolare persone sole, rifugiati, disabili, badanti, lavoratori in nero … E si manifesta subito l’insufficienza delle risorse dell’intervento iniziale a livello governativo. A livello nazionale come in Umbria, Caritas moltiplica e intensifica le sue attività espandendo i servizi tradizionali, magari modificandone le modalità di erogazione, e offrendone di nuovi, collaborando con altre associazioni, con Enti locali e Protezione civile”.

Persiste crisi economica. “Per la povertà nel nostro territorio – ricorda il direttore dell’Osservatorio diocesano sulle povertà – disponiamo anche dei dati più recenti sull’attività dei quattro Empori Caritas di Perugia-Città della Pieve. Per il mese di marzo 2020, si rileva un incremento del 30% di fruitori dell’Emporio Caritas di Perugia città rispetto allo stesso mese del 2019. Emerge in particolare un aumento di richieste di aiuti materiali di prima necessità delle famiglie giovani e italiane residenti nelle due zone industriali di Perugia: San Sisto e Ponte San Giovanni (a San Sisto le famiglie italiane fruitrici del servizio Empori contano per il 37%). Da questi dati può desumersi come persista ancora l’effetto crisi economica dell’ultimo decennio con ricadute negative sull’occupazione”.

Sostegno immediato. “Caritas Italiana, consapevole del grave pericolo di un diffondersi dell’impoverimento e dell’acuirsi delle disuguaglianze, e dell’esigenza primaria di “mettere in sicurezza il presente … per costruire la fiducia necessaria ad affrontare il futuro” – annuncia l’economista Grasselli –, ha aderito alla proposta di un “Piano per una protezione sociale universale contro la crisi” innescata dalla pandemia Covid-19, ed elaborata dal “Forum Disuguaglianze Diversità”. Il Piano si prefigge di predisporre un sostegno immediato e straordinario per i poveri, ma anche per tutte le situazioni di bisogno presenti nella popolazione complessiva, e cominciando a preparare gli interventi necessari per la fase successiva, coinvolgendo le molteplici realtà impegnate su questi fronti, compreso il Terzo Settore”.

L’azione Caritas. “Tra le nuove misure proposte, eccezionali e a tempo – spiega il professore –, il SEA (Sostegno di Emergenza per il Lavoro Autonomo), di importo variabile secondo le diverse situazioni, e il REM (Reddito di Cittadinanza per l’Emergenza), cioè un RdC per i nuovi richiedenti, con un allentamento dei vincoli di accesso e una semplificazione e velocizzazione delle procedure”. Anche il contesto in cui si sviluppa l’azione di Caritas a livello territoriale mostra una marcata, articolata, variegata fioritura di manifestazioni di solidarietà. Si diffondono in Italia forme di cooperazione tra istituzioni, associazioni e singoli cittadini, con una particolare vivacità e intraprendenza dei giovani”.

Onda di solidarietà. “Sembra di assistere ad un’assunzione collettiva, forte e coraggiosa, di responsabilità, di ciascuno verso gli altri, da cui si sprigiona un’onda di solidarietà, intrecciata a iniziative molteplici di sussidiarietà – conclude Pierluigi Grasselli –.  E si delinea così una rete di relazioni generatrici di Bene Comune, con il contributo di ciascuno e a beneficio di tutti. Questa è la direzione in cui procedere, con un impegno coordinato e crescente di tutte le componenti della società italiana, e con il contributo, generoso e di lungo periodo, dell’Europa”.

Perugia: “Attraversare il deserto, al tempo della pandemia. Una riflessione biblica per la Chiesa di oggi”. La Lettera settimanale del cardinale Bassetti alla comunità diocesana

Carissimi, questa lettera, in forma di riflessione, o meglio di meditazione, vuole essere una risposta di fede a tanti dubbi sollevati dalla presente pandemia. Ho ricevuto tante lettere, dove mi viene chiesto, di fronte a quello che sta succedendo: «Dove è o dove era Dio?». Cercherò di darvi una risposta secondo il mio cuore di Pastore.

Una Chiesa in difficoltà

La situazione che il mondo sta vivendo mette duramente alla prova ogni essere umano e quindi, in quanto anch’essa realtà umana, la comunità cristiana. La Chiesa cattolica, in particolare, si trova a dover affrontare una situazione inedita. Forse potremmo esser capaci di saper dire come si affronta una situazione di persecuzione, ma questa prova collettiva, provocata da un agente patogeno del tutto imprevisto, ci lascia disorientati.

Non appena ci si è accorti che anche in Italia il pericolo di contagio era più che reale, abbiamo dovuto sospendere ogni attività pubblica, inclusa la celebrazione dell’Eucarestia con la presenza dei fedeli. E questo ci ha messo subito in difficoltà, dal momento che l’Eucarestia è per tutti, sacerdoti e fedeli, fonte e culmine di tutta la vita cristiana.

Con generosità e inventiva e, perché no, con coraggio, ci si è dedicati a moltiplicare le occasioni di Messe in streaming, celebrazioni televisive in chiese vuote con celebranti solitari, a cominciare dallo stesso papa Francesco. Ma “guardare” la Messa non è celebrarla. Messe senza popolo, popolo senza Messa. Si è cercato di puntare sulla maturità e sulla responsabilità del popolo cristiano, sulla sua capacità di meditare e di accogliere e celebrare la parola di Dio e di pregare anche la Liturgia delle Ore. Cose che chiamano in causa, se non del tutto almeno in parte, la responsabilità dei laici e la fede nella dimensione sacerdotale propria del Battesimo.

Ma ora, lo dico in coscienza a tutte le istituzioni, è arrivato il tempo di riprendere la celebrazione dell’Eucarestia domenicale e dei funerali in chiesa, oltre ai battesimi e a tutti gli altri sacramenti, naturalmente seguendo quelle misure necessarie a garantire la sicurezza in presenza di più persone nei luoghi pubblici.

Una Chiesa che attraversa il deserto

A un tratto ci siamo trovati nel deserto, esattamente come è accaduto al popolo di Israele. Quante volte, nel mondo cristiano, ci siamo riempiti la bocca di questa parola, il deserto: «facciamo un momento di deserto!» Cioè prendiamoci uno spazio, un tempo di preghiera e solitudine. Ma si trattava di un deserto che avevamo scelto noi e che, alla fine, ci dava anche un po’ di gratificazione. Oggi, invece, ci troviamo in un deserto che non abbiamo scelto, che ci appare pieno di pericoli mortali e del quale non si vede ancora la fine. E la Chiesa condivide con l’intera umanità questa improvvisa condizione di deserto globalizzato. Come riuscire a viverla? Questo è il punto su cui può venirci in aiuto la parola di Dio: che cosa ci può dire la Scrittura in relazione al deserto? E al deserto dei nostri giorni?

Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?

Nel libro dell’Esodo si legge che, nel momento in cui Israele deve partire dall’Egitto, il Signore non lo conduce per la strada più corta, ma per quella più lunga (Es 3,17): perché non nasca nel popolo la tentazione di tornare indietro, alla schiavitù d’Egitto. Il deserto appare così fin dall’inizio come uno spazio, e insieme come un tempo di prova.

Tra tutti gli episodi narrati in Es 15-17 risalta in modo drammatico la protesta degli israeliti a Massa e Meriba («prova» e «tentazione»), a causa della mancanza d’acqua; l’episodio si conclude con una domanda radicale: «Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?» (Es 17,7). Il deserto sembra a Israele solo un vuoto spaventoso, che pare voler inghiottire il popolo che in tale solitudine ha iniziato a camminare: questo Dio così misterioso è davvero in mezzo a noi, oppure no? Oppure questo deserto è una maledizione della quale possiamo incolpare solo un cieco destino?

Israele chiama Dio in processo, quasi che sia Egli il colpevole della sua situazione. Mettere alla prova Dio significa voler fissare a Dio delle scadenze, imporgli i propri schemi, volere in realtà prenderne il posto. Significa stravolgere il senso stesso dell’esodo: Dio ha portato il popolo alla libertà, ma il popolo arriva ad accusarlo di essere lui il colpevole delle sue sofferenze: «Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto nel deserto per morire di sete?» (17,3).

«Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?». Questa non è la domanda di un ateo, ma il dubbio di un credente che non ha ancora pienamente compreso che il Dio di Israele è un Dio liberatore. E tuttavia la domanda rimane, con tutta la sua forza provocatoria e scandalosa. In questo momento di deserto che stiamo vivendo, la comunità cristiana deve saper abitare questa domanda, condividerla con tanti esseri umani che oggi rispondono «no, il Signore non è affatto in mezzo a noi, anzi, non c’è proprio alcun Signore in cielo».

La comunità cristiana deve saper camminare insieme con loro, anche di fronte a questo tipo di risposte. Ma per farlo è necessario un supplemento di umanità che non sempre noi cristiani riusciamo ad avere.

Dio, dove sei?

In queste settimane di pandemia, si ha l’impressione che nel mondo globalizzato la religione sia rimasta al margine: ho sentito con le mie orecchie questa obiezione, alla quale dovremo dare risposte convincenti. Ma continuiamo la nostra riflessione.

Dio, dove sei? La risposta a questa domanda rischia di essere terribile; del resto l’aveva già anticipata Nietzsche: Dio è morto, e noi l’abbiamo ucciso.

La Bibbia rovescia una tale domanda: «Dove sei?» è piuttosto ciò che Dio chiede all’uomo nel giardino (cf. Gen 3,9). La vera domanda che la Bibbia ci propone è così quella sulla nostra identità. Chi siamo noi? La risposta dell’uomo alla domanda di Dio è tragica: «Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gen 3,10). L’essere umano si scopre improvvisamente fragile, debole, impotente. Sperimenta che, nel momento in cui ha preteso di porsi lui stesso come “dio” («Sarete come Dio», cf. Gen 3,5), tutto crolla: crolla il rapporto con l’altro (ed ecco le foglie di fico per nascondersi), si rompe il rapporto con la terra («spine e cardi produrrà per te»), si apre il cerchio della violenza, e il fratello uccide il fratello (Gen 4); la terra si corrompe e viene sommersa dal diluvio.

«Ho avuto paura». L’essere umano inizia a concepire Dio come un giudice terribile, pronto a punire la minima trasgressione; non lo coglie più come quella presenza amica che passeggia nel giardino alla brezza del giorno (Gen 3,8). «Dove sei?». Che ne è, uomo, di te? Che ne è del tuo delirio di onnipotenza e della tua illusione di poter realizzare tutto con le tue sole forze?

        Di riflesso, alla luce di questa domanda sull’uomo, nasce una nuova domanda su Dio. Non tanto quella già ricordata: «Dov’è Dio?». Ma piuttosto: chi è Dio? In quale Dio crediamo, prima ancora di chiederci dove egli sia? Di chi stiamo parlando? Di Dio o del vitello d’oro?

Nel cammino nel deserto, la grande tentazione di Israele è infatti quella di costruirsi un dio su misura, il vitello d’oro (cf. Es 32). Non si tratta di un altro Dio, ma di quello stesso Yhwh che ci ha fatti uscire dall’Egitto, che però adesso vogliamo raffigurarci come a noi pare meglio. Con l’oro, appunto. Qualcosa che ci siamo acquistati, per cui abbiamo sudato. Un dio-idolo a nostro uso e consumo, che risponda alle nostre esigenze. Ebbene, quel dio non esiste, ce lo siamo appunto creati. E lo accusiamo poi di aver mandato la pandemia.

Non dimentichiamo che il cammino dell’esodo culmina nelle dieci parole ricevute al Sinai (cf. Es 20,1-17); e la prima di queste parole non ci dice tanto dov’è Dio, quanto piuttosto chi Egli sia: «Io sono il Signore tuo Dio che ha fatto uscire te dalla terra d’Egitto, dalla casa delle schiavitù. Non avrai dèi stranieri davanti al mio volto» (Es 20,1-2). Il Dio biblico è un Dio che libera e che salva, che non tollera il male. È un Dio che scommette sulla libertà dell’essere umano e che vuole che sia l’umanità stessa a realizzare il suo progetto nel mondo.

Nel Nuovo Testamento, è il Dio di cui parla Gesù chiamandolo «abbà», padre, proprio nel momento della maggior sofferenza, di fronte alla prospettiva della croce (cf. Mc 14,36). Un Dio che Gesù incarna nella sua umanità e, in modo tutto speciale, nella sua compassione verso l’altro.

Se non ci poniamo correttamente la questione della “identità” di Dio, rischiamo seriamente che, una volta usciti da questa pandemia, il mondo occidentale rimanga ancor più convinto che la vera salvezza viene solo dalla scienza e che la religione può tutt’al più avere un ruolo subalterno, magari consolatorio, ai margini della razionalità. Per le Chiese cristiane è l’ora di puntare sulla maturità della fede.

Quella che oggi stiamo vivendo è certamente un’ora di crisi; “crisi” nel senso profondo della parola, dal greco “giudizio”: un’occasione cioè per operare un giudizio sulla realtà e sulla nostra vita, e per compiere delle scelte. È anche un’ora “apocalittica”, ma nel senso biblico del termine: non cioè “distruzione”, ma “rivelazione”. In quest’ora della storia, il Signore ci rivela per quel che veramente siamo, per quello in cui realmente crediamo. Mi auguro che questa “crisi” e questa “apocalisse” si trasformino in un’opportunità che ci aiuti a confidare meno nelle nostre forze, ad abbandonarci all’aiuto che viene dal Signore, e ad essere più solidali gli uni verso gli altri. Spero che ne nasca quella compassione universale radicata nella Misericordia di Dio che ci renda più umani, nella convinzione che l’ultima parola della vita non è né la sofferenza, né il dolore, né la morte, ma l’amore, la bontà e la Resurrezione.

La verità è che nel momento delle grandi prove ci vuole più fede. Dove la fede consiste non nel chiedere «dov’è Dio?» o «Dio dove era?», ma nell’accogliere Lui stesso, il Dio vero, che è il Dio della vita.

Sperando che questa riflessione possa essere utile a ognuno di noi nel cammino della fede pasquale, rinnovo il mio fraterno saluto e tutti benedico di cuore.

Perugia, 23 aprile 2020

Gualtiero Card. Bassetti

Terni – la Caritas e San Martino: solidarietà nell’emergenza Coronavirus. Grazie ai tanti benefattori

Centinaia di aiuti di vario genere sono stati dati da parte della Caritas di Terni-Narni-Amelia e associazione di volontariato San Martino, dal mese marzo a seguito dell’emergenza sanitaria legata al Covid 19, alle tante persone che si trovano in difficoltà e che, sempre più numerose, chiedono aiuto per la mancanza di beni alimentari e di prima necessità.

Alla usuale attività dei Centri di ascolto e dell’Emporio solidale di via Vollusiano, che hanno mantenuto attivo il servizio, pur con modalità differenti adeguate alle disposizioni governativa sull’emergenza Covid 19, si sono aggiunte le numerose richieste giunte al numero verde 800 766 455, attivo da inizio aprile per dare ancora maggiore ascolto e risposte concrete alle persone in difficoltà.

Il numero è attivo dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì per l’ascolto psicologico; per informazioni e orientamento ai servizi, ai sussidi e sostegni economici offerti sul territorio per l’emergenza, dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì e dalle 14:00 alle 16:00 dal lunedì al giovedì. Un team composto da personale esperto e qualificato fornisce aiuto per affrontare nel migliore dei modi i giorni di isolamento a casa, fornendo assistenza, supporto morale e materiale a chi più di altri risente dell’emergenza sanitaria in corso.

E’ stato potenziato il servizio dell’Emporio solidale con un ampliamento degli accessi e dell’accoglienza, su appuntamento, delle persone segnalate dalle parrocchie, avviando un vero e proprio Emporio di emergenza che sta aiutando più di 100 nuovi nuclei familiari, oltre ai 130 che già usufruivano del servizio. Oltre agli aiuti alimentari vengono sostenute diverse famiglie per il pagamento delle bollette e medicinali.

La Mensa per i poveri “San Valentino” continua ad ospitare ogni giorno circa 70 persone, in gran parte italiani e anziani, fornendo un pasto caldo e distribuendo, in altri casi, cestini da asporto. Alla mensa “San Valentino” sono stati predisposti turni di massimo dieci persone che siedono a tavoli separati, mantenendo le distanze di sicurezza. Il servizio avviene con piatti, posate, bicchieri monouso e con le protezioni per gli operatori e volontari. Viene preventivamente misurata a tutti la temperatura corporea con il termoscanner, con il supporto di un medico volontario.

Tanti i benefattori che hanno contribuito, in questo periodo, con la donazione di prodotti alimentari che sono aumentate, come del resto è aumentato il numero dei fruitori degli empori. Questa solidarietà ha consentito di fronteggiare in maniera efficace la nuova emergenza di povertà. Altri benefattori hanno fatto versamenti in denaro tramite conto corrente, in particolare per aiutare gli immigrati che vivono in condizioni molto disagiate.

“La Caritas Diocesana di Terni Narni Amelia e l’Associazione di Volontariato San Martino, intendono ringraziare quanti hanno voluto essere vicini alle situazioni di povertà, che questo momento di straordinaria gravità di pandemia ha evidenziato – sottolinea il direttore della Caritas Ideale Piantoni – effettuando versamenti o donando liquidità e alimenti alla Mensa San Valentino ed all’Emporio Solidale. Ricordo in particolare due anziane signore novantenni, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, il Lion Club Terni San Valentino, la ditta Valnerina tartufi, Centinari, Terni Pan, Serafini, Biscottificio Santangelo, Ipercoop e tante altre, insieme a tutte le persone che ci hanno chiamato o si sono adoperate per donarci, attraverso anche solo con un piccolo gesto, non solo sostanza, ma anche la forza di trasmettere la speranza a coloro che si rivolgono a noi”.

La concretezza della carità nell’emergenza Coronavirus ha bisogno di tutti per “Aiutare a sostenere i più fragili”, per questo si può contribuire per la Mensa dei poveri San Valentino, l’Emporio della Solidarietà per aiuti alimentari, per il pagamento utenze e affitti, con una donazione alla Diocesi Terni Narni Amelia – Caritas bonifico bancario IBAN IT70Q0503414400000000002961 o conto corrente postale n. 11376050 “Associazione di volontariato San Martino – Caritas Diocesana” specificando la destinazione della tua donazione.

Foligno – Caritas numero verde per l’emergenza Covid 19

La Caritas della Diocesi di Foligno comunica che è attivo il numero verde della Caritas al quale sarà possibile rivolgersi in queste difficili settimane che stiamo vivendo a causa del Coronavirus.

IL NUMERO VERDE: 800218955.

Il servizio è disponibile tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00.

Per chi volesse, ricordano dall’ufficio della carità della Diocesi di Foligno, che è attivo anche un conto corrente per raccogliere fondi da destinare alle famiglie più fragili della nostra comunità.

Chi vorrà potrà contribuire con una donazione alla Diocesi di Foligno – Caritas Diocesana.

➡️ IBAN IT 71 C 03069 21705 0000 000 49982

➡️ Causale: “Emergenza Coronavirus”

#ChiCiSeparerà #CaritasOnCovid19

Foligno – Una Bibbia per bambini in un’app

L’area pastorale “Evangelizzazione e Catechesi” della Diocesi di Foligno, visto che sempre più precocemente i giovani sono attirati da smartphone e tablet per giocare e interagire, fa una proposta: perché non sfruttare questo potente mezzo per iniziare a far conoscere la Parola di Dio ai bambini? L’app “Bibbia per ragazzi”, creata da YouVersion in collaborazione con OneHope, propone avventure interattive per esplorare i grandi racconti biblici.

L’app, scaricabile gratuitamente su App Store, Google Play e Amazon Appstore, contiene animazioni, illustrazioni vivaci, attività e giochi adatti ai bambini, che hanno così la possibilità di ricordare meglio quello che vedono e imparano grazie all’intuitiva tecnologia touch. Un’occasione per mettere in relazione i più giovani con la Parola di Dio e fargli scoprire cosa significa credere e seguire Gesù.

Clicca qui per scaricare l’app

Perugia: il “Daidò” degli “Empori della Solidarietà” si presenta nel tempo del Covid-19. Luigi Palazzoni, da giornalista professionista a volontario Caritas, responsabile del “Daidò”

Le donazioni di prodotti alimentari e per il fabbisogno domestico da parte di enti, aziende e privati benefattori sono in costante crescita agli “Empori della Solidarietà” della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve. Basti pensare che negli ultimi due anni queste donazioni sono passate da 200,9 tonnellate (2018) a 208,3 tonnellate (2019), come si evince dal recente Report Empori della Solidarietà, al punto che la Caritas diocesana ha creato un settore specifico per la loro gestione. Questo settore è stato denominato “Daidò”, l’unione tra le parole “dai”, alla Caritas, e “do”, ai bisognosi.

Attività. A presentare l’attività del “Daidò” è il suo responsabile Luigi Palazzoni, “storica penna” del giornalismo professionista umbro, oggi volontario Caritas. «Il “Daidò”, come richiama la sua stessa denominazione, rappresenta un’attività che consiste nel ricevere qualcosa che viene poi dato ad altri – spiega Palazzoni –. Il lavoro svolto al suo interno da una equipe di volontari riguarda le varie fasi e procedure obbligatorie, da quando la merce viene annunciata dal soggetto donante fino al momento in cui viene sistemata sugli scaffali dell’emporio pronta per essere prelevata dalle quasi 500 famiglie che da noi vengono a fare spesa gratuitamente».

Passaggi obbligatori. «Ci sono infatti, tra le altre varie incombenze collaterali, diversi passaggi obbligatori – precisa il responsabile –: l’inventario della merce con la specificazione ufficiale scritta (per ogni singola confezione), di che tipo di alimento si tratti, la scadenza, la marca produttrice, il peso, il donatore e i punti (simbolizzati da pesciolini) assegnati ad ogni prodotto per essere prelevato da chi verrà a fare spesa in emporio, titolare di una tessera a punti a scalare».

Gestione computerizzata. «I principali dati relativi al suddetto inventario – prosegue Palazzoni – vengono quindi trasferiti attraverso computer nel sistema gestionale che registra tutta l’attività dell’emporio. In un file a parte vengono poi inserite, sempre all’interno del sistema gestionale computerizzato, le singole scadenze di ogni singola confezione donata».

Prezzo in punti-pesciolini. «Compiute queste operazioni, che costituiscono la base dell’attività del gruppo “Daidò”, sistemiamo in emporio, dopo avergli applicato il “prezzo” in punti-pesciolini, ogni prodotto donato secondo precisi criteri di necessità del momento, spazi a disposizione, categorie di prodotti, ecc. Ciò che non entra subito in distribuzione, viene sistemato in magazzino, suddiviso per generi e per date di scadenza in maniera di identificarlo immediatamente e trasferirlo in emporio non appena è possibile e necessario».

Preparati per il Covid-19. «Il “Daidò” è molto di aiuto nel tempo del Covid-19 – conclude Palazzoni –, perché le donazioni di prodotti alimentari sono ulteriormente cresciute, come anche il numero dei fruitori degli empori; non ci siamo trovati impreparati a fronteggiare questa nuova emergenza».

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Nulla è impossibile a un giornalista professionista di lungo corso come Luigi Palazzoni, che invece di invecchiare con una penna in mano, come la stragrande maggioranza dei colleghi, si è dato dal 2015 al volontariato presso la Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve. Palazzoni, dopo essere stato una “storica” firma de Il Messaggero, testata per la quale è stato capo redattore dell’edizione umbra, e poi direttore editoriale de Il Giornale dell’Umbria, oggi è il responsabile del “Daidò”, il settore per la gestione delle donazioni agli “Empori della Solidarietà” della Caritas perugina.

Il sentimento dell’altruismo. «Nella mia lunga attività di giornalista – racconta Luigi – mi sono trovato a faccia a faccia con il mondo del volontariato. Confesso che per me è stata come un’evoluzione elaborata nel corso degli anni, che ha conosciuto varie tappe: prima come fortemente scettico, poi come quasi disinteressato osservatore, a seguire la perplessità unita alle prime domande che mi ponevo (perché lo fanno?), ed ancora, il nascere della consapevolezza che qualcosa di forte sfuggiva alla mia riflessione. A sfuggirmi, poi lo capii, era il sentimento dell’altruismo, la voglia di aiutare chi ne aveva bisogno, chi era stato meno fortunato, chi era passato o si trovava ancora in mezzo al guado di una vita impossibile da vivere per le condizioni che imponeva ad uno o più di uno dei livelli della nostra esistenza: sociale, familiare, economico, psicologico, morale».

La rivelazione finale. «E poi, ecco la “rivelazione” finale, la consapevolezza – prosegue il giornalista –, verificata nelle persone e nei fatti, che effettivamente donare un po’ del proprio tempo a qualcuno gratifica tanto chi lo riceve quanto chi lo dona. Occorre provarlo per capirlo. La mia attività di giornalista, prima come semplice cronista e poi via via fino alla direzione di giornali importanti, mi ha regalato anche un osservatorio privilegiato sul mondo che ci circonda, sulla nostra società, sul bene ed il male, sulle gioie e i dolori che la gente vive giornalmente».

Ammirazione per i volontari. «La mia stima e ammirazione per coloro che dedicavano una parte del loro tempo agli altri, cresceva, fino a maturare la decisione che al momento di lasciare l’attività giornalistica per motivi pensionistici, avrei dedicato anch’io una buona parte delle mie energie al volontariato». Da «osservatore/ammiratore di chi si prodigava per il benessere altrui in maniera disinteressata e con forte abnegazione, ora sono dall’altra parte della barricata. Da qualche anno vivo finalmente in prima persona le soddisfazioni morali ed il benessere psicologico per una attività di volontariato che porto avanti anche con spirito di sacrificio – conclude Luigi Palazzoni –, ma con convinzione, determinazione e soprattutto la gioia intima e profonda della consapevolezza di fare qualcosa di utile per tante persone».

La testimonianza di Luigi Palazzoni, da giornalista a volontario Caritas, è pubblicata integralmente sul sito: www.lavoce.it (con breve intervista video). E’ una testimonianza di vita donata di esempio non solo per altri giornalisti, ma per tanti professionisti a riposo dopo anni di carriera.

Perugia – Emergenza Covid-19: Il Malawi chiede aiuto. Don Marco Briziarelli: “Aiutiamoli a prevenire il contagio”

«La pandemia da Coronavirus è ufficialmente arrivata anche in Malawi. E’ iniziata la lotta contro il tempo per prevenire e arginare più possibile il contagio. Non uso la parola curare appositamente, perché in uno Stato flagellato dalla povertà dove già in regime di normalità un’esigua parte della popolazione può accedere alle cure, la grande scommessa è e sarà la prevenzione». Lo afferma don Marco Briziarelli, presidente dell’associazione “Amici del Malawi Onlus”, una delle principali realtà missionarie dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve impegnata nella cooperazione internazionale in campo educativo-formativo e di sviluppo agroalimentare e socio-sanitario in uno degli Stati più poveri del mondo, realizzando progetti anche in collaborazione con aziende e istituzioni civili umbre, come quelli della scuola politecnica di Zomba (Diocesi che ha avviato un rapporto solidale-gemellaggio con quella perugino-pievese), degli asili per orfani, bambini soli e di famiglie in difficoltà e dell’ospedale “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”.

In Malawi appena 47 respiratori. «Da più di 40 anni come associazione “Amici del Malawi” – ricorda don Briziarelli – operiamo nel distretto di Zomba, ma mai come ora stiamo respirando un’aria di grande emergenza. Il Governo sta chiedendo il lockdown, una decisione che sta riscontrando molte resistenze in quanto la popolazione ha necessità estrema di muoversi alla ricerca del pane quotidiano. Se l’epidemia dovesse esplodere come in Italia, il presidente del Malawi Mutharika ha pronosticato almeno 50.000 morti in uno Stato di appena 18 milioni di abitanti, una vera ecatombe. In caso di diffusione dell’epidemia il sistema sanitario sarebbe al collasso in quanto il Paese non ha risorse». Basti pensare, prosegue il sacerdote perugino, che «in tutto lo Stato sono presenti soltanto 47 respiratori ed è difficile reperire ogni tipo di materiale sanitario, medicine, prodotti per la sanificazione e igiene personale».

Vicinanza dal Malawi. «Il grido del presidente Mutharika è stato immediatamente accolto dai vescovi malawiani – sottolinea don Briziarelli – che hanno creato delle vere e proprie Task Force in collaborazione con tutti i missionari presenti. In costante contatto con il vescovo di Zomba, mons. George Desmond Tambala, grazie a Sister Mary, responsabile del nostro ospedale “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”, in collaborazione con DHO (District Health Office, organo sanitario malawiano), siamo scesi subito in campo a servizio e sostegno dei nostri fratellini malawiani, un popolo davvero speciale che i questi giorni di grande sofferenza per la nostra Italia non ha mai smesso di inviarci messaggi di sostegno e vicinanza».

Azioni messe in campo. Tra i progetti messi in campo dagli “Amici del Malawi” quelli della riconversione del “Solomeo Pirimiti Rural Hospital”, l’acquisto di materiale sanitario e di prevenzione e informazione capillare rivolta alle famiglie più povere escluse da ogni forma di comunicazione, grazie a cinque giovani volontari malawiani che distribuiranno materiale informativo e per prevenire il contagio (disinfettanti, sapone, acqua…). Inoltre si sta procedendo alla produzione di mascherine. Quest’attività, spiega il presidente degli “Amici del Malawi”, è resa possibile «grazie all’aiuto del gruppo di sanitari italiani nostri volontari che hanno inviato video tutorial e schede tecniche in lingua inglese, previa autorizzazione necessaria del DHO. Le mascherine vengono prodotte dalle suore Carmelitane che hanno messo a disposizione il loro monastero per questo progetto umanitario garantendo uno spazio di produzione senza rischi. Già le prime mascherine sono state consegnate ai sanitari e raggiungeranno nei prossimi giorni tutti i ricoverati e la popolazione. Oltre a questa attività, tramite l’invio di altre schede e video tutorial, siamo riusciti ad istruire i nostri referenti in Malawi nella costruzione di piccoli macchinari per avere acqua e sapone sempre disponibili per l’igiene personale».

L’epidemia in Africa. Ad oggi i casi dichiarati di Covid-19 in Malawi sembrano contenuti, ma nessuno sa realmente quali siano i dati della diffusione del contagio. «In questi giorni l’Oms – evidenzia don Briziarelli – ha lanciato l’allarme per l’Africa avendo riscontrato in una settimana l’aumento dei casi del 51% e delle morti del 60%».

SoS pro Malawi. Rivolgendosi alla sua comunità diocesana, da sempre solidale con la popolazione del Malawi, don Marco Briziarelli dice: «Non abbiamo altro tempo. Abbiamo bisogno di voi come non mai. Abbiamo bisogno del vostro sostegno e del vostro aiuto economico per rendere più efficaci e possibili queste azioni di prevenzione. Ogni euro è una goccia che può salvare centinaia di persone. Siamo stretti ancora dall’emergenza italiana, ma non volgiamo lo sguardo e le spalle a questi fratelli poveri che dopo tanti anni di collaborazione fanno parte delle nostre vite. Un grazie al nostro cardinale Gualtiero Bassetti per il sostegno continuo alla nostra opera. E allora cari amici il mio appello accorato: Donate, donate, donate! Seguiteci nei costanti aggiornamenti che riporteremo nel sito www.amicidelmalawiperugia.it e nella pagina facebook: Amici del Malawi Onlus di Perugia».

Donazioni all’associazione “Amici del Malawi” possono essere fatte tramite bonifico bancario (IBAN: IT 37 L 05216 03001 000003000735), specificando nella causale: #Emergenza Covid-19 in Malawi.

Perugia: L’omelia del cardinale Bassetti della Domenica della Divina Misericordia. Il presule: «Il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà… La gioia della Pasqua nasce nel farsi carico delle ferite di tanti uomini e donne vicini e lontani da noi».

Il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha celebrato la S. Messa della Domenica della Divina Misericordia (19 aprile) nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia, trasmessa in diretta dai media e sui social, ha introdotto l’omelia raccontando la sua recente esperienza nel visitare, nel tempo del “coronavirus”, «due luoghi dove, per motivi diversi, la sofferenza umana è più acuta e più forte: l’Ospedale della Misericordia di Perugia e il Carcere di Capanne».

Luogo santo e valle di lacrime. «Ho benedetto l’ospedale, quel luogo santo dove la Croce del Signore è così viva e presente. Poi il carcere, che ti si presenta con i suoi recinti, le sue mura e con 430 persone fra uomini e donne più coloro che sono addetti ad accudirli e alla vigilanza. Un’altra valle di lacrime, di solitudine. La vita per i carcerati si è fatta ancora più pesante: non ci sono più le visite dei parenti, non sono accordati i permessi, è terminato anche quel po’ di lavoro che almeno teneva alcuni occupati. Ma il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà».

Esempio evangelico di condivisione. Il cardinale ha raccontato un episodio che l’«ha profondamente commosso, e che si presta – ha sottolineato –, a modo di esempio, ad essere un buon commento al brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato, dove si parla di comunione fraterna e di condivisione dei beni, come avveniva nella primitiva comunità cristiana. I detenuti si sono impegnati a fare una colletta per i malati dell’Ospedale: uno di loro, che aveva sul suo conto corrente tre euro, ne ha dati due. È un miracolo di bontà che si commenta da solo. Ricordate l’episodio della vedova del Vangelo? Aveva soltanto due spiccioli. Dare tutto, è da lì che comincia la carità vera, diceva don Primo Mazzolari. Certamente un gesto del genere è insignificante per il mondo, ma davanti a Dio quanto è grande! I suoi criteri di misura quanto differiscono dai nostri…».

La Divina Misericordia legata all’Umbria. Il presule ha anche ricordato che questa seconda domenica del tempo di Pasqua, «per volontà del Santo Papa Giovanni Paolo II, è anche la domenica della Divina Misericordia: invochiamola per noi e per tutta la società, e ringraziamo il Signore per aver ispirato la Beata Madre Speranza di Gesù a costruire quel grande santuario di Collevalenza che, della Misericordia divina, è evidente espressione».

La rivelazione cristiana. Il cardinale, nel commentare il Vangelo, ha evidenziato che la «rivelazione cristiana» sta nella frase di Gesù mentre appare ai discepoli: “Pace a voi”. «Vorrei che in questo annuncio del Signore Risorto, che dice tutto con la parola “pace”, ci sentissimo presenti anche noi, e soprattutto ci sentissimo presenti con tanta umiltà nella persona di Tommaso, perché lui rappresenta tutti noi nella sua incredulità. Spesso siamo duri nel credere e nel fidarci fino in fondo di Gesù».

Necessario mettere le mani sulle ferite altrui. «Non è necessario mettere le nostre mani sulle ferite di Gesù – ha commentato il cardinale avviandosi alla conclusione –, ma su quelle di tanti corpi feriti, di tante persone malate e indebolite, di tanti poveri, che incontriamo sulla nostra strada: sono loro che ci offrono la possibilità di incontrare il Signore Risorto. La vittoria sulla nostra incredulità e sulla incredulità del mondo inizia proprio da qui: ascoltare il Vangelo di Pasqua e toccare le ferite del corpo di Gesù, ancora piagato in tanti uomini e donne vicini e lontani da noi. È da qui che nasce la gioia della Pasqua. E noi, questa gioia, la vogliamo sperimentare. Anche papa Francesco, visitando per la prima volta Assisi ed incontrando gli assistiti dell’Istituto Serafico, disse: “in quei bambini ci sono le ferite, le piaghe del Corpo di Cristo”. Gesù ci affida il compito di curare tante piaghe, tante lacrime dei nostri fratelli».

Gubbio – #ChiesaProssima: il bilancio del primo mese di interventi. La Diocesi rilancia i servizi per l’emergenza Coronavirus

Centinaia di interventi di vario genere e migliaia di euro in contributi economici di fronte ai vari bisogni incontrati. È un bilancio molto articolato quello stilato dalla diocesi di Gubbio, dopo oltre un mese di attività dei servizi attivati dall’inizio dello “stop” del Paese per l’inizio dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Con il coordinamento della Caritas diocesana, a fine marzo era stata lanciata anche l’iniziativa #ChiesaProssima, per dare ancora maggiore ascolto e risposte concrete alle persone in difficoltà.
Il centro di ascolto Caritas, nelle prime cinque settimane fino a Pasqua, ha incontrato 237 persone, distribuendo 137 pacchi viveri e mettendo in campo 8.865 euro di interventi economici di vario genere.
Il numero telefonico unico per le richieste di aiuto ha ricevuto una settantina telefonate, per attivare i vari servizi. Cioè: aiuto e sostegno spirituale, centro di ascolto della Caritas diocesana, attività di tutoraggio compiti e studio e attività di supporto genitoriale, supporto psicologico, consulenza e mediazione familiare, consulenza su questioni legali, amministrative e fiscali, sostegno alla maternità e genitorialità e altro ancora.
In particolare, la socializzazione telefonica a cura dei volontari di Anteas Gubbio-Gualdo Tadino ha riguardato 48 persone chiamanti, con 103 chiamate ricevute per richieste o il solo bisogno di compagnia e 115 chiamate fatte dagli operatori per ricontattare e assistere gli utenti. Cinque chiamate hanno riguardato il servizio psicologico, con vere e proprie visite o consulti attivati a distanza. Due gli interventi di assistenza legale: uno per la sospensione delle rate di un mutuo e uno per una questione di locazione.
Il contatto mobile numero 3357894562 resta attivo per molte tipologie di assistenza. Dal lunedì alla domenica, dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 18, chi chiama troverà un operatore qualificato, pronto ad ascoltare e a offrire indicazioni utili. Tutti i servizi offerti sono completamente gratuiti e viene garantito il pieno rispetto delle normative in materia di privacy e riservatezza.
La diocesi eugubina sta rilanciando questo progetto per il secondo mese, aggiungendo un conto corrente bancario dove si possono versare aiuti economici per contribuire alle tante attività avviate per il sostegno a povertà e stato di necessità. Si possono inviare fondi con un bonifico sul conto Iban IT21R0103038480000063165776, presso il Monte dei Paschi di Siena, intestato a Diocesi di Gubbio – Caritas, con la causale “Emergenza Coronavirus – Sostegno alle famiglie”.